Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre
1996
TIMORI E SPERANZE PER LE CURE SANITARIE ALL'ANZIANO DOPO IL NUOVO SISTEMA DI TARIFFAZIONE DELLE PRESTAZIONI OSPEDALIERE
PIERANTONIO VISENTIN (') .
II cittadino si sarà chiesto se i cambiamenti introdotti
in questi anni nella sanità pubblica (decreto legislativo 30.12.1992 n. 502,
come modificato con il decreto legislativo 7.12.1993 n. 517) siano in grado di
indurre un miglioramento delle prestazioni sanitarie. In particolare, il
lettore della rivista si domanda se la nuova legge abbia delle ripercussioni
sull'assistenza dei malati socialmente più deboli e dei malati cranici, quali
gli anziani non autosufficienti. Per rispondere a questi interrogativi è
necessario analizzare alcuni punti della nuova normativa e le problematiche
legate alla loro applicazione in ambito ospedaliero.
La più importante novità introdotta nel Servizio
sanitario nazionale (SSN) è rappresentata dall'aziendalizzazione delle Unità
sanitarie locali (USL), trasformate in Aziende sanitarie locali e Aziende
ospedaliere. AI di là delle etichette, ciò ha comportato la sostituzione del
precedente organismo direttivo collegiale (il Comitato di gestione) con una
figura di referente unico (il Direttore generale), in possesso di maggiore
autonomia gestionale e responsabilità. Ma, soprattutto, ciò ha comportato
l'adozione di un diverso sistema amministrativo, che impone alle aziende delle
restrizioni in tema di finanziamento e di bilancio. In pratica, mentre in
precedenza ogni USL riceveva dalla Regione finanziamenti idonei a pareggiare le
spese sostenute e tali da impedire il verificarsi di un deficit di bilancio,
oggi l'entità del finanziamento è definita con criteri oggettivi sulla base
dell'attività svolta e ogni azienda sanitaria è tenuta a raggiungere il pareggio
del bilancio. Nell'attuale fase di transizione sono ancora previste forme di
intervento delle Regioni per impedire il verificarsi di passività, ma nei
prossimi anni le aziende sanitarie dovranno conseguire autonomamente il
pareggio del bilancio razionalizzando l'uso delle risorse disponibili.
II dispositivo che rende possibile questo cambiamento
è il nuovo sistema di tariffazione e rimborso delle prestazioni ospedaliere, i
cui criteri sono fissati da un decreto ministeriale del 15.4.1994. Questo
sistema è di origine statunitense ed è noto come sistema dei DRG (Diagnosis
Related Groups), basandosi sulla premessa che i pazienti ricoverati in ospedale
siano classificabili in gruppi omogenei per patologia. In italiano il sistema
è abbreviato con la sigla ROD (Raggruppamenti omogenei di diagnosi), ma è più
diffusa l'abbreviazione inglese. I DRG si fondano sul principio che in un
gruppo di soggetti curati in ospedale per la stessa affezione dovrebbe
verificarsi un impiego di risorse piuttosto simile tra i singoli pazienti, da
rimborsare con una medesima tariffa, prestabilita a livello regionale. La
classificazione per DRG e il calcolo della conseguente tariffa sono operazioni
automaticamente svolte dall'amministrazione alla dimissione sulla base di
quattro livelli variabili: a) l'età del paziente; b) la diagnosi principale,
eventuali patologie associate e complicanze segnalate dal medico che effettua
la dimissione; c) gli interventi chirurgici eseguiti; d) le modalità di dimissione.
I dimessi dagli ospedali sono raggruppabili in 24 categorie diagnostiche
principali e in 447 DRG specifici, con una rappresentazione sintetica e
clinicamente significativa di categorie di pazienti omogenee per consumo di
risorse. Ogni DRG è rimborsato con una tariffa propria. Per esempio, per un
ricovero con intervento chirurgico per frattura di femore in un paziente senza
patologie associate è previsto un rimborso di circa 15 milioni di lire. Sia
che il ricovero si risolva in cinque giorni, sia che si prolunghi a dieci,
saranno sempre rimborsati 15 milioni. In base al numero e alla tipologia dei
pazienti ricoverati, ogni ospedale è a conoscenza del finanziamento che
riceve per effettuare le prestazioni, e deve evitare gli sprechi e lavorare in
modo ottimale per non esaurire le risorse disponibili e andare in deficit. Le
buone cure, che prima erano un dovere deontologico, diventano anche un obbligo
amministrativo. Se l'azienda sanitaria non raggiunge il pareggio del bilancio,
ne risponde il Direttore generale. È ovvio che per evitare sanzioni il
Direttore generale esiga da parte dei suoi collaboratori una condotta in linea
con le esigenze aziendali, e questi a loro volta terranno analoghi
comportamenti nei confronti delle altre figure professionali dell'ospedale,
con una responsabilizzazione di tutti i dipendenti fino alla base della
piramide gerarchica.
Fin qui il lettore non troverà nulla di anomalo, anzi
dovrebbe apparire strana la tolleranza della situazione precedente che, non
ponendo limiti alla spesa, incoraggiava gli sprechi. Tuttavia anche il profano
potrà obiettare che le aziende sanitarie non possono avere molte analogie con
le industrie e che le loro attività non sono paragonabili alle attività
fondate sulla vendita dei prodotti. La fortuna di un'industria si costruisce
sulla qualità del prodotto, che è una misura abbastanza facile da ottenere, e
che comunque viene decretata in maniera incontrovertibile dal comportamento
del prodotto sul mercato. Invece, il giudizio di merito su un'azienda sanitaria
è molto più complesso, e la qualità delle prestazioni è assai difficile da
valutare.
In Italia spesso la qualità dei servizi sanitari non
è giudicata soddisfacente dall'utenza, e questa è diventata sempre più
consapevole dei propri diritti. Ciò ha coinciso con un periodo di crisi
economica che ha imposto un contenimento della spesa anche per i servizi
giudicati più carenti. Si è creata la necessità di operare contemporaneamente
nella direzione del risparmio e del miglioramento del servizio, e questa è la
condizione di lavoro più difficile per chi si occupa di politica e di
programmazione sanitaria. Merita però ricordare che nella sanità queste
operazioni apparentemente impossibili sono invece realizzabili, specie quando
misure razionali e fondate sull'evidenza scientifica possono spazzare via forme
di malcostume da tempo radicate. Un esempio molto significativo è rappresentato
dai provvedimenti che hanno portato alla riclassificazione dei farmaci ai fini
della rimborsabilità da parte del SSN (legge 24.12.1993 n. 537 e successive
modificazioni). Prima che entrasse in vigore questa legge era piuttosto esiguo
il numero di farmaci concedibili senza spesa per l'utente, mentre il gruppo dei
farmaci concesso al 50%, o a percentuali inferiori di contributo pubblico, era largamente
rappresentato (il paziente doveva pagare la metà o più della metà del prezzo
della confezione). Dal 1994 la condizione si è quasi invertita: buona parte
delle confezioni è a totale carico del SSN, un più esiguo numero di prodotti è
concesso con un contributo di spesa del 50% e i farmaci restanti sono a
totale carico del paziente. II legislatore ha operato gli spostamenti di fascia
dei farmaci in base ad un criterio di utilità, giudicando più equo assicurare
la gratuità per un numero elevato di farmaci di comprovata efficacia, e chiedendo
invece il contributo dell'utenza per i prodotti di efficacia dubbia, per i
quali se ne può prospettare l'uso in termini di "farmaco di conforto"
(si pensi all'impiego dei cosiddetti ricostituenti, assai in voga alcuni
decenni or sono, e ai numerosissimi farmaci che vengono prescritti senza che ne
sia dimostrata l'utilità). Se per molti cittadini ciò ha significato non dover
più pagare le medicine necessarie, per il SSN il provvedimento ha avuto come
immediata conseguenza l'abbattimento della spesa per i farmaci. Questo è un
esempio di come una razionalizzazione in base a criteri di efficacia possa
contemporaneamente salvaguardare esigenze apparentemente distanti quali la
tutela della salute e il contenimento dei costi. II vero problema è stato
spiegare al cittadino perché si è resa necessaria quella legge e perché i
farmaci cui ha dovuto rinunciare servivano a poco o a nulla, contrariamente a
quanto gli veniva detto in precedenza.
Tornando al tema dei DRG, adesso il problema è più
arduo: spiegare al cittadino perché non è ospite gradito in ospedale se deve
essere ricoverato a lungo, anche se ne ha bisogno. Ma per chiarire questo punto
bisogna entrare nel merito delle voci che concorrono a determinare il costo
effettivo di un ricovero, per valutare i maggiori pregi e difetti dei DRG e
prevedere se il nuovo sistema di tariffazione possa contribuire a migliorare i
servizi sanitari contenendone la spesa.
Riprendendo l'esempio dell'intervento chirurgico per
frattura di femore, si possono così descrivere le prestazioni che rendono il
ricovero ideale e conveniente per l'Azienda Ospedaliera: pronta esecuzione dei
soli esami preoperatori ritenuti utili, intervento chirurgico precoce, assenza
di complicanze e decorso post-operatorio buono con dimissione rapida.
L'ospedale riceverà il rimborso previsto dal DRG con il minimo impiego di
risorse. Questa è anche la situazione ideale per il paziente? Sì, a condizione
che per risparmiare non sia stata omessa l'esecuzione di esami necessari e a
condizione che il paziente dopo la dimissione sappia dove andare per eseguire
prontamente la riabilitazione. Dando per soddisfatte queste due condizioni (e
cioè che non siano risparmiati degli esami importanti e che venga assicurata la
riabilitazione), soffermiamoci sui fattori che possono determinare uno
scadimento della qualità delle cure, un maggiore impiego di risorse e un
prolungamento della degenza, con conseguente aggravio di spesa per l'ospedale:
richiesta di esami preoperatori in esubero (basti pensare alla consuetudine,
non sempre giustificata ma molto diffusa, di eseguire una radiografia del
torace prima di ogni intervento), ritardo nell'esecuzione degli esami, rinvio
dell'intervento per indisponibilità degli esami o della sala operatoria,
comparsa di sequele che compromettono il buon esito dell'intervento (per
inadeguata prevenzione delle possibili complicanze chirurgiche e internistiche),
comparsa di effetti indesiderati da farmaci. Per alcuni di questi eventi il
rischio non è completamente eliminabile, ma l'ospedale che lavora bene riesce
a contenerli sotto una soglia minima (per alcuni parametri esistono degli
standard di riferimento che consentono un monitoraggio della qualità). Ove si
esca da questi standard l'ospedale deve sostenere delle spese supplementari,
ma il suo rimborso non cambia perché il sistema dei DRG non lo consente. In
pratica, per rimanere in pareggio di bilancio un'Azienda Ospedaliera non può
permettersi molti fallimenti nelle cure. Questo è uno degli aspetti più importanti
dei DRG, che sono uno strumento potenziale di contenimento della spesa con
aumento dell'efficacia delle prestazioni.
Ripetiamo ora l'esempio della frattura di femore
riferendolo ad un soggetto fragile: età avanzata, concomitanza di più
patologie, maggiore suscettibilità alle infezioni e alle complicazioni dopo
l'intervento chirurgico, guarigione più lenta, insufficiente sostegno
assistenziale e difficoltà di collocazione alla dimissione. Frequentemente
questi malati vanno incontro ad un prolungamento della degenza. II sistema dei
DRG non prevede in nessun caso rimborsi superiori in funzione dell'età
avanzata, condizione che spesso si associa al prolungamento della degenza. La
versione dei DRG attualmente adottata ammette correttivi soltanto per le età
pediatriche e neonatali, per le quali vi sono i maggiori problemi di
adattamento al sistema, mentre esiste una sola patologia (il diabete) che
prevede rimborsi superiori in funzione di un'età soglia, fissata a 36 anni. La
mancanza di correttivi specifici per gli anziani è sicuramente uno dei punti
più discutibili e più discussi dei DRG, ma sarebbe semplicistico obiettare che
questi sono sbagliati solo perché non sono previsti gli aggiustamenti per
l'età. Infatti bisogna ricordare che negli Stati Uniti i DRG sono stati
testati proprio negli ultrasessantacinquenni che venivano ricoverati
nell'ambito del sistema pubblico Medicare,
e che in Italia sono stati modificati analizzando ì dati delle attività di
alcuni ospedali campione, la cui utenza comprendeva percentuali di anziani
trasferibili alla generalità degli ospedali nazionali. La scelta del sistema
dei DRG è una scelta di politica sanitaria atta a consentire il ricorso
all'ospedale solo per brevi periodi, per la cura di eventi limitati nel tempo,
e non ammette giornate di degenza a bassa richiesta di prestazioni o, meglio,
con prestazioni erogabili anche con servizi alternativi, dando per scontato
(sic!) che questi servizi esistano e soddisfino le esigenze dell'utenza,
proprio come nel sistema Medicare. Ma
se l'indicazione del ricovero breve deve valere per tutte le età, e se i DRG
sono stati impostati sulla popolazione generale, allora è innegabile che
qualche dubbio sulla loro trasferibilità si ponga per quei reparti che
ricoverano solo una determinata fascia di età (nelle divisioni di geriatria
non vi sono giovani).
Una seconda possibilità di adeguamento della .
tariffa, e questa possibilità è prevista per tutti, è quella che permette di
correggere il DRG per le patologie concomitanti o complicanti. Questo
accorgimento ha lo scopo di non sfavorire i ricoveri dei malati più fragili e
dei più anziani, ma il lettore avrà compreso che il sistema, per i motivi già
spiegati, è giustamente teso a limitare i rimborsi per le complicanze più che a
giustificarle. Una terza possibilità è quella di aumentare il rimborso quando
una degenza si prolunga molto, oltre un limite soglia stabilito per ogni patologia.
In questo caso per ogni giorno in più trascorso in ospedale è previsto un
rimborso pari al 60% del costo medio della giornata di degenza, costo
specifico per ogni DRG di appartenenza (per chi desiderasse approfondire il
tema si rimanda all'esauriente testo di Taroni citato in bibliografia). Anche
considerando cumulativamente i correttivi per la patologia concomitante e il
prolungamento della degenza, è verosimile che per gli ospedali il ricovero dei
pazienti anziani sia meno remunerativo rispetto a quello dei pazienti giovani.
Alcuni avanzano un'obiezione più forte, ritenendo che il rimborso sia insufficiente
a pareggiare le spese delle divisioni che ricoverano il più alto numero di
anziani (medicine e geriatrie), ma al riguardo non sono disponibili
dimostrazioni dirette e non ne esisteranno fino a quando le Aziende
ospedaliere non saranno in grado di esibire una contabilità analitica per ogni
servizio.
Un commento a parte meritano le critiche avanzate
sull'effetto di riduzione della degenza indotto dai DRG e rilevato in diverse
regioni. Di per sé, questo è un effetto auspicato e atteso, che diventa
condannabile nel caso in cui la dimissione sia un fatto sfavorevole per la
salute del paziente. Per ovviare al problema del prolungamento della degenza
dei malati cronici si sta assistendo alla comparsa di soluzioni singolari,
quali la frammentazione di un lungo ricovero in più ricoveri, con dimissioni e
reingressi successivi che consentono più rimborsi (condizione favorevole per
l'Azienda ospedaliera ma non per la Regione e per la collettività). Alla base
di tutto vi è l'identificazione dell'ospedale come il luogo per curare i malati
acuti. Conseguentemente, il sistema dei DRG dovrebbe essere un sistema
concepito ad esclusivo uso del paziente acuto, considerando la sua condizione
antitetica a quella del malato cronico. Probabilmente l'antitesi non è tanto
fra i malati, quanto fra le malattie o le diverse fasi delle malattie. L'acuzie
ha la propria antitesi nella cronicità, ma un evento acuto in un anziano
cronico (ad esempio una polmonite) fa iniziare una fase di acuzie così come la
fa cominciare nel giovane sano. II vero problema è che il primo continua ad
essere considerato un malato cronico. Entrambi possono essere curati a casa
(non sempre, ma in molti casi è così) e nel corso degli anni le indicazioni
assolute al ricovero ospedaliero si sono ridotte e sono delineate in modo più
incerto. In assenza di chiare linee guida che stabiliscano quali siano i casi
che possono trarre maggior beneficio da una modalità di cura piuttosto che da
un'altra, la scelta del luogo di cura è condizionata dall'accessibilità o meno
ad un servizio. Nella maggior parte dei casi il ricorso all'ospedale
rappresenta l'unica possibilità.
Evidentemente il legislatore ha operato confortato
dal fatto che le strutture alternative al ricovero ospedaliero sono previste
dalla legge, e non ha tenuto conto delle disattese esistenti. E probabilmente
ha agito sotto il peso della priorità del fattore economico, nella convinzione
che nel panorama nazionale vi fossero così ampi margini di miglioramento nel
campo della scelta delle cure basate sull'evidenza di efficacia e foriere di
risparmio di risorse, che tutti i servizi ospedalieri sarebbero stati in grado
di diventare economicamente sostenibili. Ritengo che questo giudizio sia in gran
parte condivisibile. Ma, al tempo stesso, non va misconosciuto il pericolo che
alcune Aziende ospedaliere adottino comportamenti dissuasivi per limitare i
ricoveri dei malati cronici, e che decidano strategie di sviluppo tese a
privilegiare gli interventi sanitari meglio rimborsati, ad elevato impiego di
tecnologie e più rivolti alla popolazione giovane, a scapito di quelli peggio
rimborsati, per i quali esiste una maggiore richiesta perché è più elevata la
percentuale di malati fra gli anziani. La logica della competizione aziendale
potrebbe favorire queste tendenze fino all'estrema conseguenza della
differenziazione delle aziende sanitarie in classi di pregio, in base al
fatturato, alla disponibilità di risorse e al censo degli assistiti (si pensi
alla possibilità che, grazie ai finanziamenti privati, vengano creati flussi
preferenziali di utenti). Alle Regioni spetterebbe il compito di mantenere il
sistema nell'ambito della competizione controllata, in virtù del principio che
le aziende sanitarie svolgono una funzione sociale e devono curare i malati che
si presentano loro. In ogni caso, penso sia superfluo ricordare che la nuova
legislazione non dà adito alla negazione del diritto alle cure per alcuno.
Tuttavia è poco chiaro come possano essere esercitate le necessarie funzioni
di controllo, data la carenza di organi ispettivi in molti settori della
sanità. Sei anni fa un docente di economia sanitaria disse che il giorno in cui
in Italia fossero entrati in vigore i DRG, lui si sarebbe fatto ricoverare in
ospedale solo avvertendo il suo avvocato. Forse se vi fossero segni tangibili
dell'esercizio della funzione di controllo l'utenza si sentirebbe maggiormente
tutelata.
Nell'attuale nuovo sistema i punti più deboli sono la
carenza di valide alternative al ricovero ospedaliero e la difficoltà di dare
una idonea collocazione alla dimissione per le persone non autosufficienti o
bisognose di riabilitazione. Pur con molte differenze tra le varie regioni, ciò
determina un prolungamento delle degenze che diverrà critico per molti
ospedali, quando ai problemi di presunta o reale mancanza di posti letto si
aggiungeranno quelli di bilancio. Oggi gli operatori della programmazione
sanitaria sono più inclini ad adottare provvedimenti in grado di ridurre i
costi ospedalieri abbreviando le degenze, piuttosto che potenziare le
iniziative a sostegno dei pazienti anziani. Si sottovaluta il fatto che la
situazione attuale produce un incremento della spesa, giacché gravano sulle
Aziende ospedaliere prestazioni che non sono previste o che potrebbero essere
fornite diversamente. Lo stesso sistema dei DRG non facilita la risoluzione
del problema, perché prevede la tariffazione solo delle prestazioni di ricovero
ordinario, di day hospital e di
ambulatorio, e non delle forme alternative di ricovero, come l'ospedalizzazione
a domicilio. Risulta fortemente limitata la propensione all'intervento sul
territorio, che un ospedale deve sviluppare se vuole creare aree di
integrazione tra medicina ospedaliera e territoriale. Nell'ottica della
competizione controllata fra le aziende sanitarie, uno degli obiettivi minimi
di un ospedale dovrebbe essere quello di garantirsi l'utenza dell'area
limitrofa alla struttura, e ciò è possibile aumentando i legami con il territorio.
L'ospedale con pochi pazienti avrà scarse possibilità di sopravvivere.
I periodi di transizione richiedono l'adozione di
correttivi. Poiché non è facile prevedere gli adeguamenti necessari, durante il
percorso è opportuno non perdere il legame con alcuni principi su cui si
fondano i cambiamenti in atto. Quella che gli anglosassoni chiamano
"medicina basata sull'evidenza" (un'evidenza di efficacia
riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale) è una medicina che
migliora la qualità delle cure e fa risparmiare risorse perché elimina le
procedure inutili o dannose. Nel nostro Paese il primo intervento in questa
direzione è stato quello sulla riclassificazione dei farmaci. II secondo, che
passa attraverso I'aziendalizzazione degli ospedali e l'adozione dei DRG, è
appena iniziato e saranno necessari alcuni anni perché funzioni a regime e ne
possano essere valutati i risultati. Poiché l'utenza non può aspettare, è
inevitabile che emergano con evidenza i punti critici, alcuni dei quali sono sintetizzabili
nella difficile sostenibilità economica di un sistema che non ha ancora
sviluppato le necessarie forme di cura e assistenza extraospedaliera previste
per molte tipologie di malati. Questi servizi erano carenti prima dei DRG e lo
sono adesso, indipendentemente dai DRG, con la differenza che ora il problema
non è più rinviabile perché le Aziende ospedaliere hanno maggiori difficoltà a
sostenere i prolungamenti delle degenze. È da augurarsi che l'introduzione dei
DRG possa rappresentare uno stimolo per la realizzazione dei servizi carenti.
Ma oltre a chiedere nuovi servizi, è anche necessario domandarsi, sulla base
della propria esperienza, delle conoscenze scientifiche disponibili e dei
comportamenti seguiti dagli altri Paesi, se siano così frequentemente meritevoli
di spesa provvedimenti quali l'esecuzione di esami di sangue preventivi, la
vaccinazione antinfluenzale, l'ecografia prenatale (quante?), la
quantificazione e la correzione del rischio di frattura ossea, le iniezioni
sclerosanti alle vene, l'impiego degli antibiotici più recenti, il ricorso alle
cure termali, ...
Bibliografia essenziale
Costa G. - Faggiano F., L'equità della salute in Italia. Rapporto sulle diseguaglianze sociali
in sanità, Franco Angeli, Milano, 1994.
Fabris F. - Visentin P. - Assistenza domicillare ed extraospedaliera, in Crepaldi G. (Ed), Trattato di Gerontologia e Geriatria,
Edizioni UTET, Torino, 1993.
Pagni
A., Luci e ombre della medicina
scientifica, Federazione medica 1995;
29: 306-15.
Taroni F., DRG/ROD
e nuovi sistemi di finanziamento degli ospedali, il Pensiero Scientifico
Editore, Roma, 1996.
(*) Divisione di geriatria universitaria - Azienda ospedaliera
S. Giovanni Battista di Torino.
www.fondazionepromozionesociale.it