Prospettive assistenziali, n. 117, gennaio-marzo 1997

 

 

CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE

EUGENIA MONZEGLIO (*)

 

 

A 18 anni dall'emanazione del DPR 384/1978 (Regolamento concernente le norme di attuazio­ne dell'art. 27 della legge 30 marzo 1971, n. 118, in favore degli invalidi civili in materia di barriere architettoniche e di trasporti pubblici) è uscito il nuovo DPR 503/1996 (riportato in questo nume­ro) che abroga quello precedente: le prescrizio­ni tecniche del DPR 503/1996 riguardano edifici e spazi pubblici, di pubblica proprietà e gestio­ne, cioè quelli di cui una pubblica istituzione ha disponibilità o godimento e nei quali svolge le proprie funzioni.

La necessità di revisione e di aggiornamento del DPR 384/1978 nasce sia per le novità intro­dotte dal DM 236/1989 e dalla legge-quadro 104/1992, sia per l'esigenza di affrontare il di­scorso tecnico sull'eliminazione delle barriere architettoniche e sull'accessibilità in termini più moderni e flessibili che superino la logica delle disposizioni tecniche prescrittive, fisse, rigide, immutabili.

Dall'entrata in vigore del DM 236/1989 ci si era trovati di fronte ad un doppio regime per quel che riguarda la normativa tecnica sull'ac­cessibilità: infatti per due edifici, uno di proprie­tà pubblica e l'altro di proprietà privata, nei quali si svolge uno stesso tipo di attività o di servizio di interesse pubblico o aperto al pubblico, oc­correva far ricorso a due differenti normative tecniche. Più in dettaglio, per uno stesso tipo di edificio (ad esempio per una scuola, per un cen­tro riabilitativo, per un museo, per un centro congressi) potevano cambiare le prescrizioni tecniche per conseguire l'accessibilità a secon­da che la proprietà fosse un ente pubblico (per il quale valeva il DPR 384/1978) o un privato (per il quale vige il DM 236/1989).

Si ricorda che attualmente il campo di appli­cazione del DM 236/1989 riguarda due settori: - l'edilizia abitativa (che è "privata" rispetto all'uso) nella sua globalità (edilizia residenziale sovvenzionata, agevolata, convenzionata, priva­ta);

- i luoghi aperti al pubblico (ma "privati" ri­spetto alla proprietà): essi comprendono: l'edili­zia per attività sociali (scolastiche, sanitarie, as­sistenziali, culturali, sportive), gli ambienti lavo­rativi, le strutture ricettive e quelle per riunioni e

spettacoli, i luoghi di culto e le altre strutture aperte al pubblico.

Pertanto l'entrata in vigore del DPR 503/1996 mette fine a questa "strana" ed inaccettabile si­tuazione poiché prevede che le disposizioni tec­niche per l'accessibilità, contenute nel DM 236/ 1989, siano estese anche a edifici e spazi pub­blici (di pubblica proprietà e gestione).

Le prescrizioni del DPR 503/1996 non si ap­plicano nello stesso modo dovunque, ma sono diversificate in relazione alle attività svolte nei diversi edifici: questa gradazione dei livelli di ac­cessibilità è stata introdotta nel 1989 dalla legge n. 13 e dal suo decreto di attuazione, il DM 236/ 1989, ed oggi è stata ripresa nel DPR 503/1996.

In altre parole, se l'obiettivo dell'accessibilità e della non realizzazione di barriere architettoni­che è valido per qualsiasi edificio e struttura, gli strumenti per raggiungere tale finalità sono arti­colati.

A tal fine il DPR 503/1996 riprende le disposi­zioni del DM 236/1989, che ha introdotto un livello minimo di accessibilità per qualsiasi tipo di edificio, relativo agli spazi esterni ed alle parti comuni (ingresso, scale, ascensori), e dei livelli differenziati di uso dello spazio (l'accessibilità, la visitabilità, l'adattabilità), collegati alle destina­zioni funzionali degli immobili.

Infatti:

- per alcuni edifici (scolastici, sanitari, assistenziali, culturali, sportivi) è richiesta la totale accessibilità in tutti i locali e in ogni piano dell'edificio;

- per altri (ad esempio i luoghi per riunioni, spettacoli, ristorazione, culto e le strutture ricet­tive) un'accessibilità parziale, limitata ad alcune parti dell'edificio (visitabilità). Ad esempio, per un ristorante o per una mensa si chiede l'acces­sibilità di una zona della sala di consumazione e di un servizio igienico; se la sala è organizzata su due livelli non è richiesta l'accessibilità alla zona superiore;

- per altri ancora (come nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non sog­getti alla normativa sul collocamento obbligato­rio) è richiesta un'accessibilità futura, differita nel tempo (adattabilità), intesa come possibilità di trasformazione in accessibilità in virtù di un'originaria previsione progettuale.

È evidente che, per una corretta applicazione delle richieste tecniche, è necessaria una preci­sa conoscenza, da parte del progettista, dei si­gnificati di tali termini.

Ulteriore articolazione o limitazione del criterio generale di accessibilità è prevista nel DPR 503/ 1996 in relazione a normative specifiche riguar­danti singoli tipi edilizi. In questo caso occorre conoscere bene le normative dei singoli servizi e attività.

 

Campo di applicazione

II campo di applicazione delle norme tecniche del DPR 503/1996 riguarda:

- gli interventi di nuova costruzione e di ri­strutturazione di edifici e spazi pubblici, anche temporanei;

- qualsiasi altro tipo di intervento edilizio, eseguito su edifici e spazi pubblici, almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso;

- edifici e spazi pubblici, totalmente o par­zialmente soggetti a cambiamento di destinazio­ne d'uso, se tale cambiamento è volto all'uso pubblico;

- servizi di pubblica utilità e precisamente:

- tranvie, filovie, linee automobilistiche, metropolitane;

- treni, stazioni, ferrovie; - navigazione marittima;

- navigazione interna;

- aerostazioni;

- impianti telefonici pubblici.

II campo di applicazione del DPR 503/1996 ri­sulta notevolmente ampliato rispetto al DPR 384/1978 in quanto esso richiede che qualsiasi opera, fatta su edifici e spazi pubblici, debba te­ner conto del requisito dell'accessibilità, almeno nella porzione di edificio o di spazio oggetto dell'intervento edilizio. Questa prescrizione ten­de ad ottenere, almeno per edifici e spazi pub­blici, un progressivo adeguamento ad irrinun­ciabili richieste di accessibilità. Tale disposizio­ne rafforza quanto già stabilito dalla legge-qua­dro 104/1992 che, al primo comma dell'art. 24 richiedeva che tutte le opere edilizie, eseguite su edifici pubblici e su edifici privati aperti al pubblico dovessero rispettare le prescrizioni tecniche emanate per l'accessibilità (DPR 384/ 1978 e DM 236/1989).

È importante che tale "apertura" del campo di applicazione sia presente in una normativa tec­nica (il DPR 503/1996) almeno per due motivi: perché essa non riguarda solo le persone con handicap e perché è più probabile che la nor­mativa tecnica sia conosciuta dai tecnici (che invece possono non conoscere normative di ti­po sociale ed assistenziale) e quindi sia più fa­cilmente applicata.

Leggendo il DPR 503/1996 congiuntamente con il DM 236/1989, al quale fa continuamen­te riferimento, si può vedere che edifici e spazi pubblici normati dal DPR 503/1996 com­prendono:

- l'edilizia per attività sociali (scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali, sportive);

- gli ambienti lavorativi;

- le strutture ricettive e quelle per riunioni e spettacoli;

- i luoghi di culto;

- le altre strutture aperte al pubblico;

- le aree edificabili, gli spazi pedonali, i mar­ciapiedi, gli attraversamenti pedonali, le scale e le rampe, i servizi igienici pubblici, l'arredo urba­no, i parcheggi.

Quest'ultimo blocco di spazi, che sono essen­zialmente luoghi pubblici all'aperto, sono trattati solo nel DPR 503/1996.

In particolare le disposizioni relative alla strut­tura edilizia dell'edificio pubblico riguardano: - le unità ambientali e le loro parti componenti (porte, pavimenti, infissi esterni, arredi fissi, ter­minali degli impianti, servizi igienici, cucine, bal­coni e terrazze, percorsi orizzontali, scale, ram­pe, ascensore, servoscala e piattaforma eleva­trice, autorimesse);

- gli spazi esterni (percorsi, pavimentazioni, parcheggi);

- la segnaletica.

 

Prestazionalità e modificabilità della normativa tecnica

Le disposizioni tecniche del DPR 503/1996, così come quelle del DM 236/1989, sono ispira­te ad una concezione di tipo prestazionale, che valuta il cosiddetto comportamento in uso del­l'oggetto edilizio, in relazione quindi all'attività svolta, agli utenti, alla destinazione d'uso. Detto con altri termini, si chiede a chi progetta di ri­spondere ad obiettivi dati (in questo caso di ac­cessibilità e di non realizzazione di barriere ar­chitettoniche) attraverso dimensionamenti e so­luzioni tecniche, di volta in volta pensate per lo specifico intervento e non assunte a priori come rigide ed inamovibili.

Pertanto l'impostazione di fondo del DPR 503/ 1996 e del DM 236/1989 si riallaccia all'approc­cio esigenziale ed è diretta a fornire elementi di definizione e di controllo degli obiettivi richiesti (accessibilità, visitabilità, adattabilità) indipen­dentemente da soluzioni dimensionali univoche ed indiscutibili.

Anzi si permette libertà progettuale nell'indivi­duare le soluzioni tecniche atte a garantire ac­cessibilità ed il progettista può proporre soluzio­ni alternative a quelle indicate nella normativa, purché rispondenti ai criteri di progettazione in­dividuati dalla normativa.

Di questa opportunità il DM 236/1989 fornisce alcune esemplificazioni, per dimostrare come si possono soddisfare gli obiettivi posti dal DM 236/1989 pur proponendo altre soluzioni. Sono presentate alcune soluzioni tecniche "conformi", intendendo per "conforme" la rispondenza al re­quisito, non alle specifiche dimensionali indivi­duate dal DM 236/1989. Vengono infatti illustrate alcune unità ambientali minime relative ai per­corsi orizzontali (corridoi e disimpegni), nelle quali il ridotto dimensionamento è ritenuto ac­cettabile perché è accompagnato da un'attenta valutazione di manovra della persona in carroz­zina, dei sensi e dei modi di apertura delle porte, degli spazi antistanti e retrostanti le porte.

Anche nella proposta di aggiornamento del DM 236/1989 sono presentati ulteriori casi esemplificativi: essi sono relativi ai servizi igieni­ci, per i quali sono indicate le modalità di mano­vra della carrozzina (a marcia avanti o indietro) per poter entrare nel locale e le manovre per l'accostamento e l'uso dei vari apparecchi sani­tari.

 

Aspetti positivi ed innovativi del DPR 503/1996

Elementi innovativi o di parziale novità (in quanto erano già stati trattati, se pur velocemen­te, in precedenti disposizioni, come ad esempio nella legge-quadro 104/1992) sono di seguito elencati.

1) Per edifici e spazi pubblici, non sottoposti ad interventi edilizi si chiede, nel DPR 503/1996, che comunque vengano apportati accorgimenti utili a migliorare la fruibilità: in attesa dell'ade­guamento, si dispone che l'edificio sia dotato di un sistema di chiamata per attivare un servizio di aiuto e accompagnamento (accessibilità condizionata). Se da un lato si ritiene positiva quest'ultima attenzione (servizio su chiamata a richiesta), dall'altro occorre ribadire che, da so­la, è un palliativo, il cui utilizzo potrebbe essere consentito in aggiunta agli accorgimenti edilizi e tecnologici per l'accessibilità e non come ele­mento ad essi sostitutivo.

2) Si ribadisce quanto già predisposto dalla legge 41/1986 e ricordato anche nella legge­quadro 104/1992: non possono essere dati contributi o agevolazioni da parte di enti pubblici o dallo Stato (prestare attenzione al termine agevolazioni!) per opere o servizi pubblici non conformi alle richieste del DPR 503/1996.

3) Altro aspetto innovativo riguarda la richie­sta di evidenziare la simbologia dell'accessibili­tà, dell'accessibilità condizionata e il simbolo internazionale di accesso per le persone sorde: si ritiene che questa disposizione, volta a dare una precisa informazione e quindi a facilitare la pos­sibilità di accesso, sia utile in un momento come l'attuale in cui molti edifici e spazi non sono ac­cessibili o sono di limitata accessibilità: in futuro non dovrebbe essere più necessaria, anzi po­trebbe anche essere non gradita.

4) Ulteriore elemento positivo é costituito dalle disposizioni riguardanti le aree edificabili, le opere di urbanizzazione (spazi pedonali, mar­ciapiedi, attraversamenti pedonali, scale e ram­pe, servizi igienici pubblici) e di arredo urbano, i parcheggi. Fondamentale è l'esigenza di rende­re fruibili i luoghi all'aperto deputati alla circola­zione pedonale, perché senza di essi diventa impossibile o estremamente difficoltosa la pos­sibilità di raggiungere servizi, di svolgere attività, di recarsi in visita, ecc. Inoltre viene sottolineata l'importanza di una corretta localizzazione e di un buon posizionamento degli elementi di arre­do urbano e di quelli ad essi assimilabili (tabelle, manifesti pubblicitari, strutture di sostegno di vario tipo) sia per permettere un'agevole percor­ribilità sia per evitare possibili fonti di rischio e di pericolo.

5. Viene accordata attenzione (già presente nella legge-quadro 104/1992) agli edifici esi­stenti con valenze storiche ed ambientali. Se in questi edifici la realizzazione di interventi "defi­nitivi", finalizzati alla soppressione di barriere ar­chitettoniche, può compromettere il valore este­tico, storico, ambientale dell'edificio, si può ri­correre ad opere "provvisionali", ad attrezzature di ausilio e ad apparecchiature rimovibili. Pur non essendo definito con chiarezza il significato del termine "provvisionali", l'obiettivo sembra essere quello di invitare il progettista di interve­nire sull'esistente e scegliere soluzioni anche con caratteristiche di provvisorietà, ma tali da ri­spondere all'esigenza di accessibilità. II DPR 503/1996 concede anche la possibilità di dero­gare dalle prescrizioni tecniche (in relazione a forma, dimensione) in esso contenute, ma non di rinunciare alla prestazione costituita dalla fruizione generalizzata dell'edificio o dello spazio storico-ambientale. Un'altra attenzione alle problematiche degli interventi sull'esistente consiste nel fatto che si dispone che gli even­tuali volumi aggiuntivi per gli impianti tecnici di sollevamento non siano computabili ai fini della volumetria utile.

6) Alcune estensioni delle disposizioni tecni­che del DM 236/1989 sono previste nel DPR 503/1996. In particolare per quanto riguarda scale e rampe si chiede che i percorsi superiori ai 6 metri di larghezza abbiano, di norma, anche un corrimano centrale.

7) Una parte del DPR 503 tratta dei mezzi di trasporto, ampliando alcune disposizioni già presenti nel precedente DPR 384/1978. AI fine di conseguire l'accessibilità nei mezzi di tra­sporto sono previsti:

- interventi volti a modificare le caratteristiche fisiche dei punti di arrivo, sosta e partenza e dei vari tipi di convogli;

- agevolazioni e facilitazioni (riserva di posti, possibilità di accedere anche dalla porta di uscita).

È ampliata la richiesta di accessibilità in tutte le stazioni della metropolitana (nel DPR 384 si diceva «almeno nelle stazioni principali»).

È estesa la possibilità di utilizzo delle rampe per superare i dislivelli (nel DM 236/1989, a cui fa riferimento il DPR 503 per le indicazioni dimensionali, si diceva che non è considerato accessibile il superamento di un dislivello mag­giore di m 3,20 solo con rampe). Infatti, in rela­zione alle specifiche esigenze tecniche degli impianti ferroviari, è concesso il superamento, con rampe inclinate,di dislivelli anche superiori a m 3,20.

Viene anche disposto che, in assenza di ram­pe o ascensori, la persona in carrozzina possa usare i passaggi a raso, purché accompagnata da persone di stazione, e che, nelle principali stazioni con presenza di personale, sia attivato un centro di assistenza e siano adeguatamente evidenziati e pubblicizzati i servizi rivolti alla per­sona disabile.

Per quanto riguarda i servizi di navigazione, si chiede che le rampe e le passerelle di accesso alle navi siano di pendenza contenuta e comun­que non superiore all'8%, mentre nel DPR 384 si chiedeva che la pendenza delle rampe non su­perasse I'8% in generale ed era pertanto possi­bile superare tale pendenza.

Nei posti telefonici pubblici la novità, rispetto al DPR 384, consiste nella richiesta che siano accessibili almeno un apparecchio e una cabina (il DPR 384 richiedeva l'accessibilità di un appa­recchio e, in alternativa, di una delle cabine).

 

Alcune perplessità

Globalmente può essere considerato apprez­zabile lo sforzo del DPR 503/1996 per le impli­cazioni che comporta nei confronti della richie­sta di accessibilità, o che potrebbe comportare, se attentamente interpretato. Si pensi alle di­sposizioni per gli edifici a valenza storica ed am­bientale, dove si può leggere I’invito a non usare per attività aperte al pubblico quegli edifici che non consentono possibilità di accesso e di uti­lizzo a tutti, comprese le persone con limitazioni.

Nonostante gli aspetti positivi, si possono sot­tolineare alcuni elementi che sollevano perples­sità.

1) Per i servizi igienici pubblici si chiede che, per ogni nucleo di servizi igienici, almeno un la­vabo ed un vaso siano accessibili. Si può intra­vedere un "rischio" latente in quella disposizio­ne, ovvero che si continui a perpeturare una si­tuazione ormai diffusa: la presenza del servizio igienico accessibile separata dai "normali" ser­vizi igienici maschili e femminili. Occorreva forse ribadire l'esigenza che, all'interno della "norma­le" dotazione di servizi igienici per maschi e femmine (laddove la divisione fra i due sessi sia richiesta) si debba prevedere un servizio igieni­co accessibile e dotato al suo interno sia di la­vabo sia di vaso.

La presenza nello stesso ambiente dei due elementi non è ridondante ma serve per agevo­lare le operazioni igieniche che in genere si ef­fettuano nei servizi igienici dei luoghi aperti al pubblico di uso pubblico. Perplessità può anche suscitare il fatto che nel DPR 503/1996 non ven­ga ben definito il concetto di visitabilità per i ser­vizi igienici, concetto nato in ambito residenziale nel DM 236/1989, ma che si ritiene assoluta­mente inadeguato nell'ambito di strutture e ser­vizi ad uso pubblico o aperti al pubblico. Nel DM 236/1989 si intende per visitabilità di un servizio igienico la possibilità di raggiungere un vaso e un lavabo da parte di una persona in carrozzina, ossia di arrivare sino alla "diretta prossimità" di vaso e lavabo anche senza accostamento late­rale per il primo e accostamento frontale per il secondo. Poteva forse essere sfruttata l'occa­sione dell'emanazione del DPR 503/1996 sia per precisare aspetti un po' oscuri o affrontati in modo un po' affrettato (come i concetti di adat­tabilità e di visitabilità dei servizi igienici), sia per poter integrare tali aspetti con ulteriori disposi­zioni.

2) Suscitano anche forte perplessità alcune disposizioni contenute nell'articolo relativo agli edifici scolastici, che prevede che in edifici sco­lastici pluripiano, sprovvisti di ascensore, la classe dell'alunno non deambulante sia situata al piano terreno. Tale disposizione è criticabile perché:

- limita l'autonoma possibilità di movimento; - presuppone che l'attività didattica si svolga solo nell'aula;

- trascura il problema delle disabilità tempo­ranee che possono essere anche molto fre­quenti;

- non tiene conto che nella scuola la persona disabile può essere anche un docente, un ope­ratore, un genitore;

- non invita a studiare le soluzioni edilizie o tecnologiche atte a conseguire un accettabile li­vello di accessibilità.

Occorre però ricordare un aspetto positivo presente nelle disposizioni per gli edifici sco­lastici: infatti si chiede che arredi, attrezzatu­re e materiali didattici siano scelti con caratteri­stiche tali da andare incontro a diversi tipi di di­sabilità.

AI di là degli elementi che generano alcune perplessità e di una certa "macchinosità" nel­l'interpretare le disposizioni tecniche e di con­seguenza nell'attuarle ("macchinosità" che deri­va dal DM 236/1989), si ritiene che il DPR 503/ 1996 costituisca un ulteriore passo positivo nei confronti proprio dell'accessibilità e non solo dell'eliminazione delle barriere architettoniche. Infatti l'attuale normativa tecnica, costituita dal DPR 503/1996 e dal DM 236/1989, ha finalmen­te considerato in maniera positiva il problema dell'uso dello spazio:

- ponendo l'accento proprio sul requisito del­l'accessibilità per tutti, non solo per qualcuno, e superando il concetto negativo e restrittivo di barriere architettoniche;

- contrapponendosi alla logica degli edifici "speciali";

- occupandosi non solo di disabili motori, ma anche di quelli sensoriali.

L'accessibilità esprime quindi la possibilità, anche per chi ha ridotte o impedite capacità motorie e sensoriali, di raggiungere un edificio, di entrare in esso, di utilizzare i suoi spazi ed at­trezzature in modo sicuro ed autonomo.

 

(*) Architetto - Ricercatore del Dipartimento Casa-Città del Politecnico di Torino.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it