CONSIDERAZIONI
SULLA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE
EUGENIA MONZEGLIO (*)
A 18 anni dall'emanazione del DPR
384/1978 (Regolamento concernente le norme di attuazione dell'art. 27 della
legge 30 marzo 1971, n. 118, in favore degli invalidi civili in materia di
barriere architettoniche e di trasporti pubblici) è uscito il nuovo DPR
503/1996 (riportato in questo numero) che abroga quello precedente: le
prescrizioni tecniche del DPR 503/1996 riguardano edifici e spazi pubblici, di
pubblica proprietà e gestione, cioè quelli di cui una pubblica istituzione ha
disponibilità o godimento e nei quali svolge le proprie funzioni.
La necessità di revisione e di
aggiornamento del DPR 384/1978 nasce sia per le novità introdotte dal DM
236/1989 e dalla legge-quadro 104/1992, sia per l'esigenza di affrontare il discorso
tecnico sull'eliminazione delle barriere architettoniche e sull'accessibilità
in termini più moderni e flessibili che superino la logica delle disposizioni
tecniche prescrittive, fisse, rigide, immutabili.
Dall'entrata in vigore del DM
236/1989 ci si era trovati di fronte ad un doppio regime per quel che riguarda
la normativa tecnica sull'accessibilità: infatti per due edifici, uno di
proprietà pubblica e l'altro di proprietà privata, nei quali si svolge uno
stesso tipo di attività o di servizio di interesse pubblico o aperto al
pubblico, occorreva far ricorso a due differenti normative tecniche. Più in
dettaglio, per uno stesso tipo di edificio (ad esempio per una scuola, per un
centro riabilitativo, per un museo, per un centro congressi) potevano cambiare
le prescrizioni tecniche per conseguire l'accessibilità a seconda che la
proprietà fosse un ente pubblico (per il quale valeva il DPR 384/1978) o un
privato (per il quale vige il DM 236/1989).
Si ricorda che attualmente il campo di applicazione del DM
236/1989 riguarda due settori: - l'edilizia abitativa (che è
"privata" rispetto all'uso) nella sua globalità (edilizia
residenziale sovvenzionata, agevolata, convenzionata, privata);
- i luoghi aperti al pubblico (ma
"privati" rispetto alla proprietà): essi comprendono: l'edilizia
per attività sociali (scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali,
sportive), gli ambienti lavorativi, le strutture ricettive e quelle per riunioni
e
spettacoli,
i luoghi di culto e le altre strutture aperte al pubblico.
Pertanto l'entrata in vigore del DPR
503/1996 mette fine a questa "strana" ed inaccettabile situazione
poiché prevede che le disposizioni tecniche per l'accessibilità, contenute nel
DM 236/ 1989, siano estese anche a edifici e spazi pubblici (di pubblica
proprietà e gestione).
Le prescrizioni del DPR 503/1996 non
si applicano nello stesso modo dovunque, ma sono diversificate in relazione
alle attività svolte nei diversi edifici: questa gradazione dei livelli di accessibilità
è stata introdotta nel 1989 dalla legge n. 13 e dal suo decreto di attuazione,
il DM 236/ 1989, ed oggi è stata ripresa nel DPR 503/1996.
In altre parole, se l'obiettivo
dell'accessibilità e della non realizzazione di barriere architettoniche è
valido per qualsiasi edificio e struttura, gli strumenti per raggiungere tale
finalità sono articolati.
A tal fine il DPR 503/1996 riprende
le disposizioni del DM 236/1989, che ha introdotto un livello minimo di accessibilità per qualsiasi tipo di edificio,
relativo agli spazi esterni ed alle parti comuni (ingresso, scale, ascensori),
e dei livelli differenziati di uso dello
spazio (l'accessibilità, la visitabilità, l'adattabilità), collegati alle
destinazioni funzionali degli immobili.
Infatti:
- per alcuni edifici (scolastici,
sanitari, assistenziali, culturali, sportivi) è richiesta la totale accessibilità in tutti i locali e in ogni piano
dell'edificio;
- per altri (ad esempio i luoghi per
riunioni, spettacoli, ristorazione, culto e le strutture ricettive) un'accessibilità parziale, limitata ad
alcune parti dell'edificio (visitabilità). Ad esempio, per un ristorante o per
una mensa si chiede l'accessibilità di una zona della sala di consumazione e
di un servizio igienico; se la sala è organizzata su due livelli non è
richiesta l'accessibilità alla zona superiore;
- per altri ancora (come nei luoghi
di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggetti alla
normativa sul collocamento obbligatorio) è richiesta un'accessibilità futura, differita nel tempo (adattabilità), intesa
come possibilità di trasformazione in accessibilità in virtù di un'originaria
previsione progettuale.
È evidente che, per una corretta
applicazione delle richieste tecniche, è necessaria una precisa conoscenza, da
parte del progettista, dei significati di tali termini.
Ulteriore articolazione o
limitazione del criterio generale di accessibilità è prevista nel DPR 503/ 1996
in relazione a normative specifiche riguardanti singoli tipi edilizi. In
questo caso occorre conoscere bene le normative dei singoli servizi e attività.
Campo di applicazione
II campo di applicazione delle norme tecniche del DPR
503/1996 riguarda:
- gli interventi di nuova
costruzione e di ristrutturazione di edifici e spazi pubblici, anche
temporanei;
- qualsiasi altro tipo di intervento
edilizio, eseguito su edifici e spazi pubblici, almeno per la parte oggetto
dell'intervento stesso;
- edifici e spazi pubblici,
totalmente o parzialmente soggetti a cambiamento di destinazione d'uso, se
tale cambiamento è volto all'uso pubblico;
- servizi di pubblica utilità e precisamente:
- tranvie, filovie, linee automobilistiche, metropolitane;
- treni, stazioni, ferrovie; -
navigazione marittima;
- navigazione interna;
- aerostazioni;
- impianti telefonici pubblici.
II campo di applicazione del DPR
503/1996 risulta notevolmente ampliato rispetto al DPR 384/1978 in quanto esso
richiede che qualsiasi opera, fatta su edifici e spazi pubblici, debba tener
conto del requisito dell'accessibilità, almeno nella porzione di edificio o di
spazio oggetto dell'intervento edilizio. Questa prescrizione tende ad
ottenere, almeno per edifici e spazi pubblici, un progressivo adeguamento ad
irrinunciabili richieste di accessibilità. Tale disposizione rafforza quanto
già stabilito dalla legge-quadro 104/1992 che, al primo comma dell'art. 24
richiedeva che tutte le opere edilizie, eseguite su edifici pubblici e su
edifici privati aperti al pubblico dovessero rispettare le prescrizioni
tecniche emanate per l'accessibilità (DPR 384/ 1978 e DM 236/1989).
È importante che tale
"apertura" del campo di applicazione sia presente in una normativa
tecnica (il DPR 503/1996) almeno per due motivi: perché essa non riguarda solo
le persone con handicap e perché è più probabile che la normativa tecnica sia
conosciuta dai tecnici (che invece possono non conoscere normative di tipo
sociale ed assistenziale) e quindi sia più facilmente applicata.
Leggendo il DPR 503/1996
congiuntamente con il DM 236/1989, al quale fa continuamente riferimento, si
può vedere che edifici e spazi pubblici normati dal DPR 503/1996 comprendono:
- l'edilizia per attività sociali (scolastiche, sanitarie,
assistenziali, culturali, sportive);
- gli ambienti lavorativi;
- le strutture ricettive e quelle per riunioni e spettacoli;
- i luoghi di culto;
- le altre strutture aperte al pubblico;
- le aree edificabili, gli spazi
pedonali, i marciapiedi, gli attraversamenti pedonali, le scale e le rampe, i
servizi igienici pubblici, l'arredo urbano, i parcheggi.
Quest'ultimo blocco di spazi, che
sono essenzialmente luoghi pubblici all'aperto, sono trattati solo nel DPR
503/1996.
In particolare le disposizioni
relative alla struttura edilizia dell'edificio pubblico riguardano: - le unità
ambientali e le loro parti componenti (porte, pavimenti, infissi esterni,
arredi fissi, terminali degli impianti, servizi igienici, cucine, balconi e
terrazze, percorsi orizzontali, scale, rampe, ascensore, servoscala e
piattaforma elevatrice, autorimesse);
- gli spazi esterni (percorsi, pavimentazioni, parcheggi);
- la segnaletica.
Prestazionalità e modificabilità
della normativa tecnica
Le disposizioni tecniche del DPR
503/1996, così come quelle del DM 236/1989, sono ispirate ad una concezione di
tipo prestazionale, che valuta il cosiddetto comportamento in uso dell'oggetto
edilizio, in relazione quindi all'attività svolta, agli utenti, alla
destinazione d'uso. Detto con altri termini, si chiede a chi progetta di rispondere
ad obiettivi dati (in questo caso di accessibilità e di non realizzazione di
barriere architettoniche) attraverso dimensionamenti e soluzioni tecniche, di
volta in volta pensate per lo specifico intervento e non assunte a priori come
rigide ed inamovibili.
Pertanto l'impostazione di fondo del
DPR 503/ 1996 e del DM 236/1989 si riallaccia all'approccio esigenziale ed è
diretta a fornire elementi di definizione e di controllo degli obiettivi
richiesti (accessibilità, visitabilità, adattabilità) indipendentemente da
soluzioni dimensionali univoche ed indiscutibili.
Anzi si permette libertà progettuale
nell'individuare le soluzioni tecniche atte a garantire accessibilità ed il
progettista può proporre soluzioni alternative a quelle indicate nella
normativa, purché rispondenti ai criteri di progettazione individuati dalla
normativa.
Di questa opportunità il DM 236/1989 fornisce alcune
esemplificazioni, per dimostrare come si possono soddisfare gli obiettivi posti
dal DM 236/1989 pur proponendo altre soluzioni. Sono presentate alcune
soluzioni tecniche "conformi", intendendo per "conforme" la
rispondenza al requisito, non alle specifiche dimensionali individuate dal DM
236/1989. Vengono infatti illustrate alcune unità ambientali minime relative
ai percorsi orizzontali (corridoi e disimpegni), nelle quali il ridotto
dimensionamento è ritenuto accettabile perché è accompagnato da un'attenta
valutazione di manovra della persona in carrozzina, dei sensi e dei modi di
apertura delle porte, degli spazi antistanti e retrostanti le porte.
Anche nella proposta di
aggiornamento del DM 236/1989 sono presentati ulteriori casi esemplificativi:
essi sono relativi ai servizi igienici, per i quali sono indicate le modalità
di manovra della carrozzina (a marcia avanti o indietro) per poter entrare nel
locale e le manovre per l'accostamento e l'uso dei vari apparecchi sanitari.
Aspetti positivi ed innovativi del
DPR 503/1996
Elementi innovativi o di parziale
novità (in quanto erano già stati trattati, se pur velocemente, in precedenti
disposizioni, come ad esempio nella legge-quadro 104/1992) sono di seguito
elencati.
1) Per edifici e spazi pubblici, non
sottoposti ad interventi edilizi si chiede, nel DPR 503/1996, che comunque
vengano apportati accorgimenti utili a migliorare la fruibilità: in attesa
dell'adeguamento, si dispone che l'edificio sia dotato di un sistema di
chiamata per attivare un servizio di aiuto e accompagnamento (accessibilità condizionata).
Se da un lato si ritiene positiva quest'ultima attenzione (servizio su chiamata
a richiesta), dall'altro occorre ribadire che, da sola, è un palliativo, il
cui utilizzo potrebbe essere consentito in aggiunta agli accorgimenti edilizi e
tecnologici per l'accessibilità e non come elemento ad essi sostitutivo.
2) Si ribadisce quanto già
predisposto dalla legge 41/1986 e ricordato anche nella leggequadro 104/1992:
non possono essere dati contributi o agevolazioni da parte di enti pubblici o
dallo Stato (prestare attenzione al termine agevolazioni!) per opere o servizi
pubblici non conformi alle richieste del DPR 503/1996.
3) Altro aspetto innovativo riguarda
la richiesta di evidenziare la simbologia dell'accessibilità,
dell'accessibilità condizionata e il simbolo internazionale di accesso per le
persone sorde: si ritiene che questa disposizione, volta a dare una precisa
informazione e quindi a facilitare la possibilità di accesso, sia utile in un
momento come l'attuale in cui molti edifici e spazi non sono accessibili o
sono di limitata accessibilità: in futuro non dovrebbe essere più necessaria,
anzi potrebbe anche essere non gradita.
4) Ulteriore elemento positivo é
costituito dalle disposizioni riguardanti le aree edificabili, le opere di
urbanizzazione (spazi pedonali, marciapiedi, attraversamenti pedonali, scale e
rampe, servizi igienici pubblici) e di arredo urbano, i parcheggi.
Fondamentale è l'esigenza di rendere fruibili i luoghi all'aperto deputati
alla circolazione pedonale, perché senza di essi diventa impossibile o
estremamente difficoltosa la possibilità di raggiungere servizi, di svolgere
attività, di recarsi in visita, ecc. Inoltre viene sottolineata l'importanza di
una corretta localizzazione e di un buon posizionamento degli elementi di arredo
urbano e di quelli ad essi assimilabili (tabelle, manifesti pubblicitari,
strutture di sostegno di vario tipo) sia per permettere un'agevole percorribilità
sia per evitare possibili fonti di rischio e di pericolo.
5. Viene accordata attenzione (già
presente nella legge-quadro 104/1992) agli edifici esistenti con valenze
storiche ed ambientali. Se in questi edifici la realizzazione di interventi
"definitivi", finalizzati alla soppressione di barriere architettoniche,
può compromettere il valore estetico, storico, ambientale dell'edificio, si può
ricorrere ad opere "provvisionali", ad attrezzature di ausilio e ad
apparecchiature rimovibili. Pur non essendo definito con chiarezza il
significato del termine "provvisionali", l'obiettivo sembra essere
quello di invitare il progettista di intervenire sull'esistente e scegliere
soluzioni anche con caratteristiche di provvisorietà, ma tali da rispondere
all'esigenza di accessibilità. II DPR 503/1996 concede anche la possibilità di
derogare dalle prescrizioni tecniche (in relazione a forma, dimensione) in
esso contenute, ma non di rinunciare alla prestazione costituita dalla
fruizione generalizzata dell'edificio o dello spazio storico-ambientale.
Un'altra attenzione alle problematiche degli interventi sull'esistente consiste
nel fatto che si dispone che gli eventuali volumi aggiuntivi per gli impianti
tecnici di sollevamento non siano computabili ai fini della volumetria utile.
6) Alcune estensioni delle
disposizioni tecniche del DM 236/1989 sono previste nel DPR 503/1996. In
particolare per quanto riguarda scale e rampe si chiede che i percorsi
superiori ai 6 metri di larghezza abbiano, di norma, anche un corrimano
centrale.
7) Una parte del DPR 503 tratta dei
mezzi di trasporto, ampliando alcune disposizioni già presenti nel precedente
DPR 384/1978. AI fine di conseguire l'accessibilità nei mezzi di trasporto
sono previsti:
- interventi volti a modificare le
caratteristiche fisiche dei punti di arrivo, sosta e partenza e dei vari tipi
di convogli;
- agevolazioni e facilitazioni
(riserva di posti, possibilità di accedere anche dalla porta di uscita).
È ampliata la richiesta di
accessibilità in tutte le stazioni della metropolitana (nel DPR 384 si diceva
«almeno nelle stazioni principali»).
È estesa la possibilità di utilizzo
delle rampe per superare i dislivelli (nel DM 236/1989, a cui fa riferimento il
DPR 503 per le indicazioni dimensionali, si diceva che non è considerato
accessibile il superamento di un dislivello maggiore di m 3,20 solo con
rampe). Infatti, in relazione alle specifiche esigenze tecniche degli impianti
ferroviari, è concesso il superamento, con rampe inclinate,di dislivelli anche
superiori a m 3,20.
Viene anche disposto che, in assenza
di rampe o ascensori, la persona in carrozzina possa usare i passaggi a raso,
purché accompagnata da persone di stazione, e che, nelle principali stazioni
con presenza di personale, sia attivato un centro di assistenza e siano
adeguatamente evidenziati e pubblicizzati i servizi rivolti alla persona
disabile.
Per quanto riguarda i servizi di
navigazione, si chiede che le rampe e le passerelle di accesso alle navi siano
di pendenza contenuta e comunque non superiore
all'8%, mentre nel DPR 384 si chiedeva che la pendenza delle rampe non superasse I'8% in generale ed era pertanto possibile superare tale pendenza.
Nei posti telefonici pubblici la
novità, rispetto al DPR 384, consiste nella richiesta che siano accessibili
almeno un apparecchio e una cabina (il DPR 384 richiedeva l'accessibilità di un
apparecchio e, in alternativa, di una delle cabine).
Alcune perplessità
Globalmente può essere considerato
apprezzabile lo sforzo del DPR 503/1996 per le implicazioni che comporta nei
confronti della richiesta di accessibilità, o che potrebbe comportare, se
attentamente interpretato. Si pensi alle disposizioni per gli edifici a
valenza storica ed ambientale, dove si può leggere I’invito a non usare per
attività aperte al pubblico quegli edifici che non consentono possibilità di
accesso e di utilizzo a tutti, comprese le persone con limitazioni.
Nonostante gli aspetti positivi, si
possono sottolineare alcuni elementi che sollevano perplessità.
1) Per i servizi igienici pubblici
si chiede che, per ogni nucleo di servizi igienici, almeno un lavabo ed un
vaso siano accessibili. Si può intravedere un "rischio" latente in
quella disposizione, ovvero che si continui a perpeturare una situazione
ormai diffusa: la presenza del servizio igienico accessibile separata dai
"normali" servizi igienici maschili e femminili. Occorreva forse
ribadire l'esigenza che, all'interno della "normale" dotazione di
servizi igienici per maschi e femmine (laddove la divisione fra i due sessi sia
richiesta) si debba prevedere un servizio igienico accessibile e dotato al suo
interno sia di lavabo sia di vaso.
La presenza nello stesso ambiente
dei due elementi non è ridondante ma serve per agevolare le operazioni
igieniche che in genere si effettuano nei servizi igienici dei luoghi aperti
al pubblico di uso pubblico. Perplessità può anche suscitare il fatto che nel
DPR 503/1996 non venga ben definito il concetto di visitabilità per i servizi
igienici, concetto nato in ambito residenziale nel DM 236/1989, ma che si
ritiene assolutamente inadeguato nell'ambito di strutture e servizi ad uso
pubblico o aperti al pubblico. Nel DM 236/1989 si intende per visitabilità di
un servizio igienico la possibilità di raggiungere un vaso e un lavabo da parte
di una persona in carrozzina, ossia di arrivare sino alla "diretta
prossimità" di vaso e lavabo anche senza accostamento laterale per il
primo e accostamento frontale per il secondo. Poteva forse essere sfruttata
l'occasione dell'emanazione del DPR 503/1996 sia per precisare aspetti un po'
oscuri o affrontati in modo un po' affrettato (come i concetti di adattabilità
e di visitabilità dei servizi igienici), sia per poter integrare tali aspetti
con ulteriori disposizioni.
2) Suscitano anche forte perplessità
alcune disposizioni contenute nell'articolo relativo agli edifici scolastici,
che prevede che in edifici scolastici pluripiano, sprovvisti di ascensore, la
classe dell'alunno non deambulante sia situata al piano terreno. Tale
disposizione è criticabile perché:
- limita l'autonoma possibilità di movimento; - presuppone
che l'attività didattica si svolga solo nell'aula;
- trascura il problema delle
disabilità temporanee che possono essere anche molto frequenti;
- non tiene conto che nella scuola
la persona disabile può essere anche un docente, un operatore, un genitore;
- non invita a studiare le soluzioni
edilizie o tecnologiche atte a conseguire un accettabile livello di
accessibilità.
Occorre però ricordare un aspetto positivo presente nelle
disposizioni per gli edifici scolastici: infatti si chiede che arredi,
attrezzature e materiali didattici siano scelti con caratteristiche tali da
andare incontro a diversi tipi di disabilità.
AI di là degli elementi che generano
alcune perplessità e di una certa "macchinosità" nell'interpretare
le disposizioni tecniche e di conseguenza nell'attuarle
("macchinosità" che deriva dal DM 236/1989), si ritiene che il DPR
503/ 1996 costituisca un ulteriore passo positivo nei confronti proprio
dell'accessibilità e non solo dell'eliminazione delle barriere architettoniche.
Infatti l'attuale normativa tecnica, costituita dal DPR 503/1996 e dal DM 236/1989,
ha finalmente considerato in maniera positiva il problema dell'uso dello
spazio:
- ponendo l'accento proprio sul
requisito dell'accessibilità per tutti, non solo per qualcuno, e superando il
concetto negativo e restrittivo di barriere architettoniche;
- contrapponendosi alla logica degli edifici
"speciali";
- occupandosi non solo di disabili motori, ma anche di quelli
sensoriali.
L'accessibilità esprime quindi la
possibilità, anche per chi ha ridotte o impedite capacità motorie e sensoriali,
di raggiungere un edificio, di entrare in esso, di utilizzare i suoi spazi ed
attrezzature in modo sicuro ed autonomo.
(*) Architetto - Ricercatore del
Dipartimento Casa-Città del Politecnico di Torino.
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