Prospettive assistenziali, n. 117, gennaio-marzo 1997

 

 

L'UNEBA CONTINUA A SOSTENERE I VILLAGGI SOS

 

 

Su "Specchio nero" di Prospettive assistenzia­li del n. 111, luglio-settembre 1995, avevamo stigmatizzato l'appoggio dato dall'UNEBA, Unio­ne nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale, ai villaggi SOS, che, secondo la stessa UNEBA «si prendono cura dei bambini in stato di abbandono o di grave precarietà familiare».

AI riguardo scrivevamo: «Ma come si fa, nel 1995, a sostenere una struttura che, alla prova dei fatti, non è altro che una forma un po' meno arcaica dei tradizionali, deleteri istituti di ricovero assistenziale?». Inoltre ponevamo la seguente domanda: «Perché I'UNEBA non promuove e so­stiene, in alternativa ai villaggi SOS, l’adozione dei minori in stato di abbandono e, in particolare, di quelli grandicelli o colpiti da handicap o da malattie, e l'affidamento familiare a scopo educa­tivo dei fanciulli in situazione di grave precarietà familiare?».

II nostro intervento era motivato anche, se non soprattutto, dal fatto che gran parte dei 35-40 mila minori ricoverati lo è in strutture gestite da organizzazioni laiche e religiose aderenti all'UNEBA.

Le nostre considerazioni hanno scatenato le ire del Prof. Ivo Pini, Consigliere nazionale dell'UNEBA, che nell'articolo "Villaggi SOS e adozioni di minori" apparso su "Nuova Propo­sta", n. 6, giugno 1996, sostiene che Prospettive assistenziali ha espresso «la sua aprioristica ostilità verso i villaggi SOS, senza soffermarsi o contestare in alcun modo le loro reali caratteri­stiche, finalità, funzionamento, ecc., ma limitan­dosi a definirli "antiquati" (!) e socialmente supe­rati (!!)».

Definendo "antiquati e superati" i villaggi SOS, noi non pensavamo che fosse necessario ricor­dare al Prof. Pini e all'UNEBA le migliaia di ri­cerche scientifiche condotte negli ultimi 50 anni nei vari paesi del mondo, fra le quali ricordiamo lo studio effettuato dal Prof. John Bowlby per conto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ricerche che hanno dimostrato in modo incon­trovertibile i nefasti e spesso irreparabili effetti causati dalla carenza di cure familiari e del con­seguente ricovero in istituto di assistenza. Que­ste deleterie conseguenze si verificano anche nelle strutture organizzate nei cosiddetti gruppi­famiglia, come lo sono i villaggi SOS.

Ricordiamo, inoltre, che nel n. 15, luglio-set­tembre 1971 (e cioè 25 anni fa) di Prospettive assistenziali avevamo riportato quanto aveva scritto sul n. 107, maggio-giugno 1964 di "Infor­mations" Mulock Houwer, allora Segretario ge­nerale dell'Union Internationale de Protection de I'Enfance, organizzazione avente voto consultivo presso le Nazioni Unite: «Ciò che mi colpisce nella lettura delle pubblicazioni dei villaggi SOS è il modo di scrivere e cioè una propaganda che idealizza Gmeiner e che non fa mai riferimento ai problemi reali dei villaggi: viene infatti ripetuto soprattutto che tutto va benissimo, che queste istituzioni sono la formula più economica e mi­gliore delle altre. Tutto ciò è favorito da immagini meravigliose piene di sole e di cielo blu. È certa­mente un eccellente materiale per convincere l'uomo della strada che tutto ciò è il risultato del­la sua quota di poche lire versata ogni mese ai villaggi SOS. In realtà coloro che lavorano in isti­tuzioni per minori sono confrontati con problemi che li portano a una critica personale costruttiva, ma ciò non esiste nelle pubblicazioni SOS. In ef­fetti queste pubblicazioni non fanno mai alcun accenno alla lotta che molte persone conducono nel campo delle istituzioni per migliorare la politi­ca ed i programmi ( ..). Dovunque vi è una consi­derevole necessità di asili nido, di scuole mater­ne, elementari e superiori. In conclusione i villag­gi SOS comprovano le carenze esistenti nella protezione dell'infanzia, carenze di cui siamo co­scienti e, anche se essi attirano l'attenzione dei pubblico su di esse (fatto che può essere un aspetto positivo), i villaggi SOS non rappresenta­no una soluzione. Essi non apportano certamen­te nulla di rivoluzionario e non hanno pertanto in­novato per niente nel campo della protezione all'infanzia».

E più avanti l'Autore pone in rilievo l'inaccetta­bile funzione attuale dell'iniziativa di Gmeiner af­fermando: «I villaggi SOS rappresentano una sfi­da su una più vasta scala. Infatti essi attaccano l'affidamento familiare il cui valore è considerato incerto».

A nostro avviso, i villaggi SOS sono un attacco non solo all'affidamento familiare dei minori con gravi difficoltà familiari, ma anche all'adozione di fanciulli in condizione di totale abbandono ma­teriale e morale (1).

La difesa dei villaggi SOS da parte dell'UNE­BA ci preoccupa molto, tenuto anche conto che il Prof. Pini, nell'articolo in oggetto, prendendo lucciole per lanterne, scrive che «gli insoddisfa­centi risultati della legge sull'adozione sono da tempo motivo di profondo rammarico per l'Asso­ciazione delle famiglie adottive e affidatarie, so­stenitrice di "Prospettive assistenziali"» (2) ag­giungendo che «la delusione per la spesso inuti­le attesa di poter adottare qualche bambino ben può spiegare la ripetuta e spesso irragionevole messa in stato di accusa degli istituti e delle stes­se "case-famiglia" ; che accolgono minori in stato di abbandono o di pericolo».

Ma non sanno il Prof. Pini e I'UNEBA che i mi­nori in stato di abbandono devono essere obbli­gatoriamente segnalati all'autorità giudiziaria dagli istituti in cui sono ricoverati e che in base all'art. 70 della legge 4 maggio 1983 n. 184 «i rappresentanti degli istituti pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente al giu­dice tutelare l'elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire 2.000.000»?

Del tutto strumentale è, poi, l'affermazione di Pini secondo cui vi sarebbero «pur sempre dei casi (ad esempio i nuclei di fratellini e sorelline che, per non separarli, vengono affidati ai villaggi SOS) per i quali l'adozione, almeno in prima istanza, non è possibile». Infatti, in questi casi, si pub procedere o all'affidamento educativo a fa­miglie o persone che si impegnano a mantenere i rapporti fra i bambini, oppure procedere al loro accoglimento temporaneo presso una comunità alloggio.

 

L'internamento degli zingarelli

Vivissime preoccupazioni sono sorte in noi collegando il sostegno dell'UNEBA ai villaggi SOS con un altro articolo di Ivo Pini, quello pub­blicato sul n. 2, febbraio 1996, di "Nuova Propo­sta ".

Dopo aver affermato che «in alcune grandi cit­tà, e particolarmente a Roma, sta montando il senso di fastidio, e addirittura di ostilità, verso i piccoli nomadi che praticano il vagabondaggio e il borseggio come attività quotidiana», il Prof. Pini asserisce quanto segue: «Checché se ne dica, appare arduo sperare di "recuperare" questa mi­crodevianza giovanile, obbligando gli "zingare/li" alla frequenza scolastica o diffidando i loro geni­tori dal lasciarli liberi di circolare per la città».

Pertanto, «non potendosi - secondo Ivo Pini - ricorrere alla drastica misura dell'espulsione del­le famiglie nomadi (verso quale destinazione, poi?...)», il Consigliere nazionale dell'UNEBA so­stiene che «convenga collocare quei piccoli "ir­regolari" in istituzioni minorili adatte; le prospetti­ve vanno dal vero e proprio "ricovero" in istituti di recupero al loro affidamento a comunità più ido­nee a casi difficili e anomali, come le "case-fami­glia "».

Forse perché questi utenti sono poco nume­rosi, il Prof. Pini ritiene di «escludere la soluzione di destinare piccole case-famiglie soltanto agli zingarelli».

Ignorando le leggi vigenti (3), Ivo Pini sostiene addirittura che «non si può aspettare che un così complesso e delicato problema sociale, gravido di rischi e di incognite per l'avvenire, venga af­frontato e risolto dall'autorità costituita e dai ser­vizi pubblici» e propone di «chiamare a raccolta opere del "privato sociale" e gruppi di impegno ecclesiale».

 

 

 

(1) Cfr. il citato n. 15, luglio-settembre 1971, di Prospetti­ve assistenziali. Si vedano, inoltre, i numeri 55, luglio-set­tembre 1981 e 93, gennaio-marzo 1991.

(2) Come sanno bene i lettori di Prospettive assistenziali, I'ANFAA continua a sostenere la validità dell'adozione, gra­zie alla quale sono stati inseriti in famiglia oltre 60 mila mi­nori già ricoverati in istituto e vi è stata una drastica ridu­zione dei fanciulli istituzionalizzati: dai 300 mila del 1962 agli attuali 35-40 mila.

(3) Com'è noto anche ai non esperti, la legge 184/1983 stabilisce all'art. 1 che «il minore ha diritto di essere educa­to dalla propria famiglia» e che «il minore che sia tempora­neamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familia­re, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione». La stessa legge 184/1983 stabilisce il diritto all'adozione dei fanciulli in situazione di abbandono mate­riale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi.

 

 

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