Interrogativi
CHE COSA HANNO FATTO LA
REGIONE LAZIO E IL COMUNE DI ROMA PER L'UTILIZZO DELL'INGENTE PATRIMONIO DELLE
IPAB?
Estremamente cospicuo il patrimonio immobiliare
delle IPAB, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, romane.
L'Istituto di S. Maria in Aquiro possiede, oltre
all'ospizio, i Conservatori della Divina Provvidenza e della Speranza, l'Opera
pia Agostini, il Palazzo Rinaldi, 8 stabili con 80 appartamenti, un terreno di
30 mila metri quadrati in Via di Val Cannuta.
A sua volta l'istituto S. Michele è proprietario di 2
cinema, 3 alberghi, 6 scuole, 2 gallerie d'arte, 4 bar, 2 impianti sportivi, 8
laboratori per artigiani, 5 magazzini, un terreno di 15 mila metri quadrati e
22 appartamenti.
Le proprietà dell'Istituto per ciechi S. Alessio
consistono in 130 appartamenti, in gran parte situati in Via Margutta, una
tenuta di 360 ettari vicino a Siena, terreni a Fiano Romano e alla Madonna del
riposo, 6.500 metri quadrati in Via Gregorio VII e altri 7 immobili (1).
Com'è noto, questi beni ed i relativi redditi devono
obbligatoriamente
essere destinati alle attività assistenziali.
Da quanto risulta dall'articolo
"I Comuni e le IPAB: reciprocità di interessi" di Amedeo Piva,
Assessore alle politiche sociali del Comune di Roma (2), «la metà delle IPAB esistenti (a Roma, n.d.r.) non persegue più le finalità assistenziali originarie, né finalità sostitutive. li 36 per cento, infatti, non ha nessun tipo di
assistenza sociale, e il 15 per cento si limita ad inviare un po' di denaro
alle IPAB attive o alla Caritas. Eppure, tra queste IPAB inattive ve ne sono
alcune che hanno in piedi un'attività assistenziale assolutamente minimale
rispetto all'entità (talvolta straordinaria) dei propri patrimoni».
Che cosa aspettano la Regione Lazio e il Comune di
Roma per avviare le procedure di estinzione delle suddette IPAB con il
contestuale trasferimento dei beni mobili e immobili allo stesso Comune di
Roma?
La Regione Lazio e il Comune di Roma (che provvede alla
nomina di molti amministratori delle suddette IPAB) quali controlli hanno
finora esercitato? Con quali esiti?
Sono stati predisposti programmi, anche solo di
massima al fine di utilizzare il suddetto patrimonio per adeguare le strutture
assistenziali alle esigenze dell'utenza?
Ad esempio, sono sufficienti e idonee le comunità
alloggio attualmente destinate ai minori ed agli handicappati adulti?
Aspettiamo
con molto interesse una risposta dall'Assessore Piva e dal Sindaco Rutelli.
LA CGIL VUOLE VERAMENTE LA
COLLABORAZIONE DEL VOLONTARIATO?
Parlando ai delegati dell'AUSER, Associazione per
l'autogestione dei servizi, promossa dal Sindacato pensionati, Sergio
Cofferati, Segretario generale della CGIL, ha affermato che «tra il mondo del volontariato (di cui
I'AUSER è espressione) e il movimento sindacale bisogna stabilire una
relazione stretta, assai più di quanto non sia stata finora. Chi lavora per la
solidarietà, chi promuove l'economia "non profit'; chi attraverso
l'associazionismo e il volontariato si sforza di dare risposte ai bisogni
antichi ma anche nuovi della società, non può che essere alleato del movimento
sindacale; con esso val la pena di definire un protocollo di rapporti» (3).
Per quanto ci riguarda, siamo ben lieti di aderire
alla proposta del Segretario generale della CGIL, anche perché da più di
vent'anni ci adoperiamo, in verità con scarsi risultati, di coinvolgere i
Sindacati sulle problematiche inerenti le esigenze fondamentali di vita ed i
diritti della fascia più debole della popolazione, esigenze e diritti che
riguardano direttamente anche una quota non indifferente di aderenti e di ex
iscritti al Sindacato. Ad esempio, nel lontano 1971, è stato organizzato dai
Sindacati e dai movimenti di base torinesi l'importantissimo convegno
"Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a tutti" (4).
A seguito della suddetta iniziativa venne costituito il collettivo
intersindacale (CGIL, CISL e UIL) e interassociativo sui problemi
dell'assistenza (5), che fu sciolto senza alcuna spiegazione dai Sindacati nel
1976.
Successivamente, tre intese sui corsi prelavorativi
per handicappati intellettivi furono sottoscritte dal Comune di Torino, i
Sindacati CGIL, CISL, UIL e dal CSA - Coordinamento sanità e assistenza tra i
movimenti di base.
Sono state realizzate altre iniziative comuni, ma
restano profonde divergenze soprattutto sul ruolo dell'assistenza sociale, sul
diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie e sul
collocamento obbligatorio delle persone con handicap.
Un'altra questione, a nostro avviso non marginale,
riguarda la contrattazione in materia di servizi sanitari e assistenziali.
Finora le istituzioni pubbliche non hanno riconosciuto
ai movimenti associativi alcun ruolo. II Governo, le Regioni, gli Enti locali,
le USL trattano esclusivamente con i Sindacati dei lavoratori dipendenti e, in
certi casi, anche con quelli dei commercianti, degli artigiani e dei coltivatori
diretti.
A questo proposito sarebbe auspicabile che -
finalmente - le istituzioni considerassero i movimenti associativi, in
particolare il volontariato, non solo come gruppi che operano in concreto, ma
anche come entità in grado di proporre, programmare e verificare.
Sarebbe, inoltre, estremamente positivo che i
Sindacati dei lavoratori dipendenti e autonomi ed i movimenti associativi di
base stabilissero confronti sulle proprie linee di intervento, confronti che
dovrebbero essere fondati non sul numero degli aderenti, ma sui problemi
concreti.
Che
cosa intende fare il Sindacato per stabilire rapporti non occasionali con il
volontariato?
NON È UN ESEMPIO DI SPRECO
DI DENARO PUBBLICO?
Mentre per aiutare le persone prive di mezzi le
risorse economiche sono sempre scarse o addirittura non ci sono, per fatti
assolutamente banali il denaro pubblico viene sprecato.
A Torino, il 28 febbraio 1997 c'è stato un incontro
del Ministro della sanità e degli Assessori delle Regioni italiane, durato ben
3 ore.
Non avendo né la Regione Piemonte, né il Comune e la
Provincia di Torino un locale idoneo, è stato chiesto all'Opera Barolo di
mettere a disposizione un salone. La cifra spesa è stata di tremilioni.
Poi c'è stata la necessità di allestire un tavolo e
80 sedie (L. 4.463.000), di predisporre un servizio di amplificazione (L. 1.681.000).
Naturalmente si è dovuto provvedere al Coffee-break (L. 7 milioni), ai fiori (710 mila) e alle cartelle-congresso (L.
1.310.000 per 50 esemplari).
Infine 6 milioni sono stati stanziati per il servizio
di trasporto, gli atti di ospitalità non elencati in precedenza e per le altre
spese impreviste.
In parole povere, ai contribuenti piemontesi le 3 ore
di incontro del Ministro della sanità Rosy Bindi sono costate oltre 24 milioni!
Non
è una somma assolutamente esagerata e ingiustificata?
(1) I dati sono stati tratti da IPAB
Oggi, n. 1, gennaio-febbraio 1996.
(2) Ibidem.
(3) Cfr. l'unità del 22 maggio
1996.
(4) Gli atti sono stati pubblicati dalla SEI.
(5) Cfr. il Quaderno sindacale dei Comitati Regionali Piemonte CGIL, CISL, UIL, Esperienze di lavoro e di lotta sui problemi dell'assistenza, Torino, settembre 1971 - maggio 1972.
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