Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997

 

 

L'INFORMAZIONE AL FIGLIO ADOTTIVO E LA DOPPIA GENITORIALITÀ 'PREVISTA DA UN DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO

 

DONATA MICUCCI - FRANCESCO SANTANERA

 

 

 

L'iniziativa dell'ANFAA di raccogliere firme per contrastare l'approvazione dell'art. 37 della boz­za di proposta di legge predisposta dal Governo per la ratifica della Convenzione de L'Aja sull'adozione (1) non è stata condivisa da Anna Rossi Giraudi che ha inviato la seguente lettera:

«Dopo più di un quarto di secolo di apparte­nenza all'ANFAA, sono molto dispiaciuta di dis­sentire dalla vostra iniziativa che vuole raccoglie­re firme per la soppressione dell'art. 37 dei dise­gno di legge governativo di ratifica della conven­zione de L Aja per la tutela dei bambini e la coo­perazione nell'adozione internazionale.

«Come coppia abbiamo sempre pensato di la­sciare aperta la possibilità di risalire alla cono­scenza delle origini di nostro figlio adottivo quan­do e come l'avesse voluto (ora ha 25 anni e que­sta richiesta non è mai stata fatta).

«Sull'informazione al figlio adottivo, siamo sempre stati concordi in ANFAA, di darla sempre, in tempi adeguati e il più presto possibile.

«Ho sempre ritenuto una grossa lacuna non conoscere l'anamnesi sanitaria. L'unica perples­sità che posso avere, sull'informazione data a 16 anni, è sull'assistenza e guida adeguata perché il minore possa arrivare all'informazione, ma se

questa fosse assicurata non avrei nulla da obiet­tare.

«Sul punto 4) penso siamo tutti d'accordo nel mantenere il divieto.

«Sono perfettamente in linea con il punto 5) che prevede che un adulto che lo voglia con de­terminazione possa cercare questa informazione e molto meglio sarà se questa sua ricerca avver­rà con il filtro e l'aiuto dei Tribunale per i mino­renni piuttosto che per conto proprio con il ri­schio di arrecare danni anche gravissimi a sé e agli altri.

«Comunque non vedo come le famiglie adotti­ve vengano lese e considerate di serie B, mentre restano validi tutti i valori acquisiti nella famiglia adottiva che - si è sempre sottolineato - non de­ve appropriarsi dei "figlio voluto", ma accompa­gnarlo in un percorso di vita che lo lasci libero e autonomo di fare le proprie scelte. Questo princi­pio vale per tutti i figli, naturali o acquisiti».

 

Rispondiamo alla signora Anna Rossi Giraudi

Com'è stato giustamente scritto nell'ordinanza dei 5 febbraio 1997 dei Presidente dei Tribunale per i minorenni di Torino, Camillo Losana (che riportiamo integralmente in questo numero a pag. 17): «dire che l'adottato avrebbe "un diritto a conoscere i primi genitori" ; significa implicita­mente dire che un legame tra il primo ed i secon­di sussiste ancora; significa, in altre parole, far ri­ferimento ad una "doppia genitorialità" che inve­ce l'adozione legittimante italiana ha chiaramen­te voluto escludere».

È proprio il concetto della doppia genitori3lità, introdotto dall'art. 37 dei disegno di legge gover­nativo di ratifica della convenzione de L'Aja, che collocherebbe la famiglia adottiva ad un livello inferiore rispetto alla famiglia biologica.

Questa svalorizzazione dell'adozione (altro che serie B!) viene operata in un modo subdolo in quanto inclusa in una proposta di ratifica di una convenzione internazionale e non in una ini­ziativa di riforma dell'adozione, rendendo in questo modo più difficile la mobilitazione delle persone interessate (adottati e adottanti) e delle organizzazioni sociali.

Inoltre - e questo aspetto non deve essere sottovalutato - le norme sulla doppia genitoriali­tà sono inserite nel disegno di legge governativo nonostante che non siano indispensabili per la ratifica della Convenzione de L'Aja.

A questo proposito, è ovvio che l'inserimento della doppia genitorialità nell'adozione interna­zionale provocherebbe immediatamente la tra­sposizione di questa deleteria concezione nel­l'adozione nazionale, sia per quanto riguarda le disposizioni legislative, sia in merito agli aspetti culturali.

Crollerebbe, pertanto, il presupposto etico­sociale che ha guidato l'azione dell'ANFAA fin dalla costituzione (1962) e che è a fondamento delle leggi sull'adozione 431/1967 e 184/1983: si diventa figli di coloro - genitori biologici o adottivi - che ci hanno accolti, protetti e amati, che ci hanno cresciuti e che, insieme a noi, so­no cresciuti essi stessi. A questo proposito ri­cordiamo che nel messaggio del Cardinale Mar­tini riportato in questo numero «la maternità e la paternità non si identificano semplicemente con la procreazione biologica, perché "nato da" non è sinonimo di "figlio di"».

Nessuna sottovalutazione del ruolo dei pro­creatori che non hanno allevato i loro nati: oc­corre, al riguardo, considerare che essi hanno dato loro la vita.

Mentre non vi sono dubbi di sorta sul diritto dell'adottato di essere edotto fin dalla più tenera età dell'avvenuta adozione e sul rispetto dovuto a coloro che l'hanno messo al mondo, occorre anche valutare, sul piano della mera opportuni­tà, se devono essere previsti dei limiti all'infor­mazione: essa deve riguardare, come riteniamo, solo la situazione di figlio adottivo, oppure deve concernere anche le altre notizie comunque di­sponibili sui suoi procreatori (motivi della di­chiarazione di adottabilità dei minori riconosciuti legittimi, violenze, generalità, ecc.).

Ovviamente, questa analisi non significa ri­nunciare alla fondamentale e a nostro avviso in­valicabile questione di principio circa l'essenza della filiazione, della maternità e della paternità.

Infatti, com'è stato giustamente affermato «mentre la procreazione è un fatto unilaterale che vede coinvolti solo gli adulti, nella filiazione (e aggiungiamo noi nella maternità e nella pater­nità), il vero protagonista è il bambino» (2) che come precisa A. Canevaro «deve essere accet­tato per quello che è e, nello stesso tempo, deve essere desiderato per quello che sarà al di là di quello che noi vorremmo che lui diventi» (3).

Precisato quanto sopra, è giusto consentire all'adottato di poter conoscere l'identità di colo­ro che l'hanno procreato? È accettabile sul pia­no etico e sotto il profilo della convenienza che lo stesso adottato li possa interpellare?

A noi non è mai sembrato né giusto né oppor­tuno.

Alcune limitazioni sono contenute nello stesso art. 37 in cui è stabilito che non possa essere ri­velata l'identità dei genitori che abbiano dichia­rato «di non voler essere nominati o abbiano ma­nifestato il consenso alla dichiarazione d'adotta­bilità a condizione di rimanere anonimi».

Suscettibile di sollevare questioni di difficile soluzione è la disposizione dell'art. 37 secondo cui l'identità dei genitori d'origine può essere ri­velata dal Tribunale per i minorenni purché «il minore non sia nato da una relazione incestuo­sa». In questo caso come dovrà comportarsi il Tribunale per i minorenni? Riferirà all'adottato che non possono essergli fornite le generalità perché nato da un incesto? Possono essere in­serite nel nostro ordinamento norme dirette ad impedire la consultazione degli atti processuali da cui risultano le nascite incestuose? E che cosa succede se questi fatti vengono divulgati, sia pur illegalmente?

Oltre alle fondate obiezioni contenute nella già citata ordinanza del Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino (cfr. in particolare il punto 9 a pag. 23), occorrerebbe stabilire se, nel caso in cui venisse approvato l'art. 37, sa­rebbe ammesso il ricorso quando il provvedi­mento della magistratura di primo grado non fosse ritenuto soddisfacente. Inoltre sarebbe necessario precisare chi può ricorrere: gli adot­tati e gli adottanti? I loro ascendenti e discen­denti? I genitori d'origine? I loro congiunti?

A parte le rilevanti difficoltà giuridiche e pro­cedurali, a nostro avviso, resta il problema di fondo: quali reali vantaggi hanno i figli adottivi dalla conoscenza dei loro procreatori? E se ve­nissero alla luce situazioni anche estremamente gravi di maltrattamento o altro ancora?

Non dimentichiamo che, in base alla nostra legislazione i bambini sono adottati solo dopo che l'Autorità giudiziaria ha accertato la loro si­tuazione di abbandono materiale e morale, si­tuazione che spesso è anche caratterizzata da maltrattamenti da parte dei loro procreatori.

Sono prevedibili norme per scongiurare i pos­sibili ricatti perpetrati dai figli e dai genitori adot­tivi o da quelli di origine o da terzi?

L'art. 37 del disegno di legge governativo pre­vede, altresì, che le generalità dei genitori d'ori­gine non possano essere fornite nei casi in cui «a giudizio della autorità straniera competente l'informazione non possa turbare l'equilibrio so­ciale e psicologico dei genitori naturali». L'istrut­toria sarà segreta o pubblica? Verranno inter­pellati anche i congiunti e gli altri figli dei genitori i cui nati sono stati adottati? E se, invece, si pre­sumesse che le conseguenze potessero essere devastanti per I figli ed i genitori adottivi, verran­no comunicate le generalità dei procreatori? Perché non si tiene conto delle ripercussioni ne­gative nei confronti delle eventuali famiglie co­stituite dai genitori d'origine prima o dopo la na­scita dell'adottato?

Noi riteniamo che l'adozione dei minori in si­tuazione d'abbandono materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti debba essere considerata una seconda nascita, che non can­cella la prima, ma non ne conserva alcun lega­me giuridico. Non si tratta - ovviamente - di cancellare ricordi e rapporti instaurati con i loro genitori. Occorre, invece, aiutare questi minori, soprattutto se adottati grandicelli, a rimarginare le ferite subite.

Come ricorda il già citato provvedimento dei Presidente del Tribunale per i minorenni di Tori­no, con l'adozione legittimante «l'adottato diven­ta figlio "soltanto" della famiglia adottiva e "non più" della famiglia d'origine».

A nostro avviso la rottura dei rapporti giuridici fra l'adottato e la famiglia d'origine deve essere totale. A questo riguardo rilanciamo la proposta di legge n. 1911 presentata alla Camera dei De­putati dall'On. Cassanmagnago e da altri parla­mentari in data 22 marzo 1973, così redatta: «L'ufficio dello stato civile del luogo di nascita dell'adottato, ricevuta la comunicazione di cui all'art. 313, provvede altresì a trascrivere il prov­vedimento di adozione nei registri dello stato ci­vile. Per gli adottati di nazionalità straniera la tra­scrizione ha luogo nei registri dello stato civile di residenza dell'adottato al momento della pronun­zia dell'adozione.

«Nella trascrizione sono indicati la data, il luo­go di nascita, il sesso e il cognome dell'adottato assunto a seguito dell'adozione. Essa contiene inoltre l'indicazione del Tribunale che ha emesso la pronuncia, la menzione "adozione"; seguita dai nomi, cognomi, data e luogo di nascita degli adottanti. Essa non contiene alcuna indicazione relativa ai genitori d'origine dell'adottato.

«La trascrizione vale quale atto integrale di na­scita dell'adottato.

«Qualsiasi altra attestazione deve essere rila­sciata senza l'indicazione dell'avvenuta adozio­ne; in dette attestazioni gli adottanti, se prescrit­to, sono indicati padre e madre e l'adottato è in­dicato figlio.

«L'atto integrale originario dl nascita dell'adot­tato viene contrassegnato dall'ufficio dello stato civile con la menzione "adozione"; esso può es­sere consultato solo dagli ufficiali dello stato civi­le e dal procuratore della Repubblica. Dell'atto integrale di nascita originario dell'adottato non possono essere rilasciate copie e gli atti relativi al procedimento di adozione possono essere consultati solo dagli ufficiali dello stato civile o dal procuratore della Repubblica».

Occorrerebbe anche valutare se una siffatta disposizione non favorirebbe la tempestiva ado­zione di molti minori in situazione di abbandono. È infatti possibile che vi siano genitori che si op­pongono all'adozione del loro nato, nonostante la sussistenza incontrovertibile della situazione di abbandono materiale e morale, al solo scopo di precostituire un alibi da utilizzare nei confronti di parenti e conoscenti, e nel caso in cui in futu­ro lo stesso loro nato si presentasse.

Pertanto, si può ipotizzare che, se fosse ga­rantito il segreto della loro identità, verrebbero presentati meno ricorsi (4) contro la dichiarazio­ne di adottabilità, consentendo in tal modo di anticipare anche di molti anni la definitiva siste­mazione adottiva di numerosi minori.

Si tratterebbe, in sostanza, di una norma simi­le a quelle in vigore da decenni in base alla qua­le le donne possono partorire con la totale ga­ranzia del segreto. Infatti, in questi casi, l'atto in­tegrale di nascita del bambino reca la scritta «nato da donna che non consente di essere no­minata».

 

 

(1) L'art. 37 è così redatto:

«1. Il Tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedi­menti di cui al presente titolo e l’Autorità centrale conserva­no ogni informazione disponibile sull'origine dei minore e in particolare sull'identità dei suoi genitori e sull'anamnesi sa­nitaria dei minore e della sua famiglia.

«2. I genitori adottivi devono informare, non appena pos­sibile, il minore adottato della sua qualità di figlio adottivo e della sua provenienza.

«3. I genitori adottivi o, in loro mancanza, il tutore, hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i minorenni le notizie sull'anamnesi sanitaria e sociale dei mi­nore e della sua famiglia. Anche l'adottato che abbia com­piuto i sedici anni ha diritto, con una adeguata assistenza e guida, di avere dal Tribunale per i minorenni tali notizie.

«4. È vietato comunicar c notizie che consentano l'acces­so all'identità dei genitori naturali dell'adottato.

«5. L'adottato che abbia compiuto i venticinque anni di età e dimostri un rilevante interesse, può chiedere, in dero­ga al divieto di cui al comma precedente, al Tribunale per i minorenni di conoscere l'identità dei suoi genitori naturali. Il `Tribunale per i minorenni può rivelare tale identità purché: a) i genitori naturali non abbiano dichiarato di non voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso alla di­chiarazione di adottabilità a condizione di rimanere anoni­mi;

b) il minore non sia nato da una relazione incestuosa; c) a giudizio dell'Autorità straniera competente l'informa­zione non possa turbare l'equilibrio sociale e psicologico dei genitori naturali».

(2) Cfr. F. Santanera, F. Tonizzo, E. Aliberti, Ti racconto l'adozione - Inserto per i genitori adottivi di bambini italiani e stranieri, UTET Libreria, Torino, 1995.

(3) Ibidem.

(4) Ricordiamo che attualmente è possibile presentare ricorso al Tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità e, in seguito, alla Sezione per i mino­renni della Corte d'appello e, infine, alla Corte di Cassazio­ne.

 

 

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