L'INFORMAZIONE
AL FIGLIO ADOTTIVO E LA DOPPIA GENITORIALITÀ 'PREVISTA DA UN DISEGNO DI LEGGE
DEL GOVERNO
DONATA MICUCCI - FRANCESCO
SANTANERA
L'iniziativa dell'ANFAA di
raccogliere firme per contrastare l'approvazione dell'art. 37 della bozza di
proposta di legge predisposta dal Governo per la ratifica della Convenzione
de L'Aja sull'adozione (1) non è stata condivisa da Anna Rossi Giraudi che ha
inviato la seguente lettera:
«Dopo più di un quarto di secolo di appartenenza all'ANFAA, sono molto
dispiaciuta di dissentire dalla vostra iniziativa che vuole raccogliere firme
per la soppressione dell'art. 37 dei disegno di legge governativo di ratifica
della convenzione de L Aja per la tutela dei bambini e la cooperazione
nell'adozione internazionale.
«Come coppia abbiamo sempre pensato di lasciare aperta la possibilità di
risalire alla conoscenza delle origini di nostro figlio adottivo quando e
come l'avesse voluto (ora ha 25 anni e questa richiesta non è mai stata
fatta).
«Sull'informazione al figlio adottivo, siamo sempre stati concordi in
ANFAA, di darla sempre, in tempi adeguati e il più presto possibile.
«Ho sempre ritenuto una grossa lacuna non conoscere l'anamnesi sanitaria.
L'unica perplessità che posso avere, sull'informazione data a 16 anni, è
sull'assistenza e guida adeguata perché il minore possa arrivare
all'informazione, ma se
questa fosse assicurata non avrei
nulla da obiettare.
«Sul punto 4) penso
siamo tutti d'accordo nel mantenere il divieto.
«Sono perfettamente in linea con il punto 5) che prevede che un adulto
che lo voglia con determinazione possa cercare questa informazione e molto
meglio sarà se questa sua ricerca avverrà con il filtro e l'aiuto dei
Tribunale per i minorenni piuttosto che per conto proprio con il rischio di
arrecare danni anche gravissimi a sé e agli altri.
«Comunque non vedo come le famiglie adottive vengano lese e considerate
di serie B, mentre restano validi tutti i valori acquisiti nella famiglia
adottiva che - si è sempre sottolineato - non deve appropriarsi dei
"figlio voluto", ma accompagnarlo in un percorso di vita che lo
lasci libero e autonomo di fare le proprie scelte. Questo principio vale per
tutti i figli, naturali o acquisiti».
Rispondiamo alla signora Anna Rossi Giraudi
Com'è stato giustamente scritto
nell'ordinanza dei 5 febbraio 1997 dei
Presidente dei Tribunale per i minorenni di Torino, Camillo Losana (che riportiamo integralmente in questo
numero a pag. 17): «dire che l'adottato
avrebbe "un diritto a conoscere i primi genitori" ; significa
implicitamente dire che un legame tra il primo ed i secondi sussiste ancora;
significa, in altre parole, far riferimento ad una "doppia
genitorialità" che invece l'adozione legittimante italiana ha chiaramente
voluto escludere».
È proprio il concetto della
doppia genitori3lità, introdotto dall'art. 37 dei disegno di legge
governativo di ratifica della convenzione
de L'Aja, che collocherebbe la famiglia adottiva ad un livello inferiore
rispetto alla famiglia biologica.
Questa svalorizzazione dell'adozione (altro
che serie B!) viene operata in un modo subdolo in quanto inclusa in una proposta di ratifica di una convenzione internazionale e non in una
iniziativa di riforma dell'adozione,
rendendo in questo modo più difficile la mobilitazione delle persone interessate (adottati e adottanti) e delle organizzazioni sociali.
Inoltre - e questo aspetto non
deve essere sottovalutato - le norme sulla doppia genitorialità sono inserite nel
disegno di legge governativo nonostante che non siano indispensabili per
la ratifica della Convenzione de L'Aja.
A questo proposito, è ovvio che
l'inserimento della doppia genitorialità nell'adozione internazionale
provocherebbe immediatamente la trasposizione di questa deleteria concezione
nell'adozione nazionale, sia per quanto riguarda le disposizioni legislative,
sia in merito agli aspetti culturali.
Crollerebbe, pertanto, il
presupposto eticosociale che ha guidato l'azione dell'ANFAA fin dalla
costituzione (1962) e che è a fondamento delle leggi sull'adozione 431/1967 e
184/1983: si diventa figli di coloro - genitori biologici o adottivi - che ci
hanno accolti, protetti e amati, che ci hanno cresciuti e che, insieme a noi,
sono cresciuti essi stessi. A questo proposito ricordiamo che nel messaggio
del Cardinale Martini riportato in questo numero «la maternità e la paternità non si identificano
semplicemente con la procreazione biologica, perché
"nato da" non è sinonimo di "figlio di"».
Nessuna sottovalutazione del
ruolo dei procreatori che non hanno allevato i loro nati: occorre, al
riguardo, considerare che essi hanno dato loro la vita.
Mentre non vi sono dubbi di
sorta sul diritto dell'adottato di essere edotto fin dalla più tenera età
dell'avvenuta adozione e sul rispetto dovuto a coloro che l'hanno messo al
mondo, occorre anche valutare, sul piano della mera opportunità, se devono
essere previsti dei limiti all'informazione: essa deve riguardare, come
riteniamo, solo la situazione di figlio adottivo, oppure deve concernere anche
le altre notizie comunque disponibili sui suoi procreatori (motivi della dichiarazione
di adottabilità dei minori riconosciuti legittimi, violenze, generalità, ecc.).
Ovviamente, questa analisi non
significa rinunciare alla fondamentale e a nostro avviso invalicabile
questione di principio circa l'essenza della filiazione, della maternità e
della paternità.
Infatti, com'è stato giustamente
affermato «mentre la procreazione è un
fatto unilaterale che vede coinvolti solo gli adulti, nella filiazione (e
aggiungiamo noi nella maternità e nella paternità), il vero protagonista è il bambino» (2)
che come precisa A. Canevaro «deve essere
accettato per quello che è e, nello stesso tempo, deve essere desiderato per quello che sarà al di là di quello che noi vorremmo che lui diventi» (3).
Precisato quanto sopra, è giusto
consentire all'adottato di poter conoscere l'identità di coloro che l'hanno
procreato? È accettabile sul piano etico e sotto il profilo della convenienza
che lo stesso adottato li possa interpellare?
A noi non è mai sembrato né giusto né opportuno.
Alcune limitazioni sono
contenute nello stesso art. 37 in cui è stabilito che non possa essere rivelata
l'identità dei genitori che abbiano dichiarato «di non voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso alla dichiarazione d'adottabilità a condizione di rimanere anonimi».
Suscettibile di sollevare
questioni di difficile soluzione è la disposizione dell'art. 37 secondo cui
l'identità dei genitori d'origine può essere rivelata dal Tribunale per i
minorenni purché «il minore non sia nato da una relazione
incestuosa».
In questo caso come dovrà comportarsi il Tribunale per i minorenni? Riferirà
all'adottato che non possono essergli fornite le generalità perché nato da un
incesto? Possono essere inserite nel nostro ordinamento norme dirette ad
impedire la consultazione degli atti processuali da cui risultano le nascite
incestuose? E che cosa succede se questi fatti vengono divulgati, sia pur
illegalmente?
Oltre alle fondate obiezioni
contenute nella già citata ordinanza del Presidente del Tribunale per i
minorenni di Torino (cfr. in particolare il punto 9 a pag. 23), occorrerebbe
stabilire se, nel caso in cui venisse approvato l'art. 37, sarebbe ammesso il
ricorso quando il provvedimento della magistratura di primo grado non fosse
ritenuto soddisfacente. Inoltre sarebbe necessario precisare chi può ricorrere:
gli adottati e gli adottanti? I loro ascendenti e discendenti? I genitori
d'origine? I loro congiunti?
A parte le rilevanti difficoltà
giuridiche e procedurali, a nostro avviso, resta il problema di fondo: quali
reali vantaggi hanno i figli adottivi dalla conoscenza dei loro procreatori? E
se venissero alla luce situazioni anche estremamente gravi di maltrattamento o
altro ancora?
Non dimentichiamo che, in base
alla nostra legislazione i bambini sono adottati solo dopo che l'Autorità
giudiziaria ha accertato la loro situazione di abbandono materiale e morale,
situazione che spesso è anche caratterizzata da maltrattamenti da parte dei
loro procreatori.
Sono prevedibili norme per
scongiurare i possibili ricatti perpetrati dai figli e dai genitori adottivi
o da quelli di origine o da terzi?
L'art. 37 del disegno di legge
governativo prevede, altresì, che le generalità dei genitori d'origine non
possano essere fornite nei casi in cui «a
giudizio della autorità straniera competente l'informazione non
possa turbare l'equilibrio sociale e psicologico dei
genitori naturali». L'istruttoria sarà segreta o pubblica? Verranno interpellati anche i
congiunti e gli altri figli dei genitori i cui nati sono stati adottati? E se,
invece, si presumesse che le conseguenze potessero essere devastanti per I figli ed i genitori adottivi, verranno
comunicate le generalità dei procreatori? Perché non si tiene conto delle
ripercussioni negative nei confronti delle eventuali famiglie costituite dai
genitori d'origine prima o dopo la nascita dell'adottato?
Noi riteniamo che l'adozione dei minori in situazione
d'abbandono materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti debba essere
considerata una seconda nascita, che non cancella la prima, ma non ne conserva
alcun legame giuridico. Non si tratta - ovviamente - di cancellare ricordi e
rapporti instaurati con i loro genitori. Occorre, invece, aiutare questi
minori, soprattutto se adottati grandicelli, a rimarginare le ferite subite.
Come ricorda il già citato provvedimento dei
Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino, con l'adozione
legittimante «l'adottato diventa figlio "soltanto" della
famiglia adottiva e "non più"
della famiglia d'origine».
A nostro avviso la rottura dei rapporti giuridici fra
l'adottato e la famiglia d'origine deve essere totale. A questo riguardo
rilanciamo la proposta di legge n. 1911 presentata alla Camera dei Deputati
dall'On. Cassanmagnago e da altri parlamentari in data 22 marzo 1973, così
redatta: «L'ufficio dello stato civile del luogo di nascita dell'adottato, ricevuta la comunicazione di cui all'art. 313,
provvede altresì a trascrivere il provvedimento di adozione nei registri dello stato civile. Per gli adottati di nazionalità straniera la trascrizione ha
luogo nei registri dello stato civile di
residenza dell'adottato al momento della pronunzia dell'adozione.
«Nella
trascrizione sono indicati la data, il
luogo di nascita, il sesso e il cognome dell'adottato
assunto a seguito dell'adozione. Essa
contiene inoltre l'indicazione del Tribunale che ha emesso la pronuncia, la menzione "adozione"; seguita dai nomi, cognomi, data e luogo di nascita degli
adottanti. Essa non contiene alcuna
indicazione relativa ai genitori d'origine
dell'adottato.
«La trascrizione vale quale atto
integrale di nascita dell'adottato.
«Qualsiasi
altra attestazione deve essere rilasciata senza l'indicazione dell'avvenuta adozione; in dette attestazioni gli adottanti,
se prescritto, sono indicati padre
e madre e l'adottato è indicato figlio.
«L'atto
integrale originario dl nascita dell'adottato
viene contrassegnato dall'ufficio
dello stato civile con la menzione "adozione";
esso può essere consultato solo dagli ufficiali dello stato civile e dal
procuratore della Repubblica. Dell'atto
integrale di nascita originario dell'adottato
non possono essere rilasciate copie e gli atti relativi al procedimento di adozione possono essere
consultati solo dagli ufficiali dello stato civile o dal procuratore della Repubblica».
Occorrerebbe anche valutare se una siffatta
disposizione non favorirebbe la tempestiva adozione di molti minori in
situazione di abbandono. È infatti possibile che vi siano genitori che si oppongono
all'adozione del loro nato, nonostante la sussistenza incontrovertibile della
situazione di abbandono materiale e morale, al solo scopo di precostituire un
alibi da utilizzare nei confronti di parenti e conoscenti, e nel caso in cui in
futuro lo stesso loro nato si presentasse.
Pertanto, si può ipotizzare che, se fosse garantito
il segreto della loro identità, verrebbero presentati meno ricorsi (4) contro
la dichiarazione di adottabilità, consentendo in tal modo di anticipare anche
di molti anni la definitiva sistemazione adottiva di numerosi minori.
Si tratterebbe, in sostanza, di una norma simile a
quelle in vigore da decenni in base alla quale le donne possono partorire con
la totale garanzia del segreto. Infatti, in questi casi, l'atto integrale di
nascita del bambino reca la scritta «nato
da donna che non consente di essere nominata».
(1) L'art. 37 è così redatto:
«1. Il Tribunale per i minorenni che
ha emesso i provvedimenti di cui al presente titolo e l’Autorità centrale
conservano ogni informazione disponibile sull'origine dei minore e in
particolare sull'identità dei suoi genitori e sull'anamnesi sanitaria dei
minore e della sua famiglia.
«2. I genitori adottivi devono informare, non appena
possibile, il minore adottato della sua qualità di figlio adottivo e della sua
provenienza.
«3. I genitori adottivi o, in loro mancanza, il
tutore, hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i
minorenni le notizie sull'anamnesi sanitaria e sociale dei minore e della sua
famiglia. Anche l'adottato che abbia compiuto i sedici anni ha diritto, con
una adeguata assistenza e guida, di avere dal Tribunale per i minorenni tali
notizie.
«4.
È vietato comunicar c notizie che consentano l'accesso all'identità dei
genitori naturali dell'adottato.
«5. L'adottato che abbia compiuto i venticinque anni
di età e dimostri un rilevante interesse, può chiedere, in deroga al divieto
di cui al comma precedente, al Tribunale per i minorenni di conoscere
l'identità dei suoi genitori naturali. Il `Tribunale per i minorenni può
rivelare tale identità purché: a) i genitori naturali non abbiano dichiarato di
non voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso alla dichiarazione
di adottabilità a condizione di rimanere anonimi;
b)
il minore non sia nato da una relazione incestuosa; c) a giudizio dell'Autorità
straniera competente l'informazione non possa turbare l'equilibrio sociale e
psicologico dei genitori naturali».
(2) Cfr. F.
Santanera, F. Tonizzo, E. Aliberti, Ti
racconto l'adozione - Inserto per i genitori adottivi di bambini italiani e
stranieri, UTET Libreria, Torino, 1995.
(3) Ibidem.
(4) Ricordiamo
che attualmente è possibile presentare ricorso al Tribunale per i minorenni che
ha dichiarato lo stato di adottabilità e, in seguito, alla Sezione per i minorenni
della Corte d'appello e, infine, alla Corte di Cassazione.
www.fondazionepromozionesociale.it