Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997

 

 

Editoriale

 

MESSAGGIO DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI PER IL CONVEGNO EUROPEO SUI BAMBINI SENZA FAMIGLIA E L'ADOZIONE

 

 

Con la partecipazione di oltre 450 persone (esperti, operatori, figli e genitori adottivi, volon­tari, ecc.), nei giorni 15 e 16 maggio 1997 si è svolto a Milano presso l'Aula Magna (g.c.), dell'Università statale, il convegno europeo "Bambini senza famiglia e adozione: esigenze e diritti - Legislazione ed esperienze europee a confronto”, organizzato dall'Istituto Italiano di Medicina sociale, dall'Associazione nazionale fa­miglie adottive e affidatarie (ANFAA), dalla Scuo­la dei diritti "Daniela Sessano" dell'ULCES e dalla Rivista "Prospettive assistenziali".

Nelle prossime settimane verrà redatto dalI'ANFAA una relazione di sintesi dei lavori che verrà inviata a tutti coloro che la richiederanno.

Di particolare importanza il messaggio inviato dal Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, che riportiamo integralmente.

 

 

Seguo sempre con interesse le attività e le ini­ziative dell'ANFAA per promuovere la difesa dei diritti dei bambini, soli e in difficoltà, special­mente per trovare loro una famiglia in cui cre­scere.

E rivolgo quindi un cordiale saluto a quanti parteciperanno al Convegno europeo che si ce­lebrerà a Milano il 15 e il 16 maggio prossimo.

Ritengo infatti importante far conoscere il prezioso servizio che la famiglia può offrire alla so­cietà mediante l'adozione e l'affido, pur se non è così facile aprire le porte di casa. Tuttavia il donarsi agli altri resta un principio da sostenere con forza e convinzione, e non è mai una partita persa.

Oggi, più che nel passato, bisogna assicurare ad ogni bambino la certezza che non sarà la­sciato solo e, nel contempo, è necessario ga­rantirgli un'esperienza di regole, di ritmi affettivi, di quei legami continui che soltanto una famiglia è in grado di dare. Normalmente il luogo privilegiato in cui tutto ciò si può realizzare è la fami­glia d'origine. D'altra parte sappiamo che, in di­versi casi e per vari motivi, per tempi brevi o per tempi meno brevi, talora essa non è capace di attuare pienamente il cammino di formazione e di crescita del bambino.

Ecco allora che l'impegno della sua educazio­ne si fa dovere grave della società, soprattutto quando vengono a mancare le figure del padre e della madre, e non è nemmeno possibile contare su una rete di parenti, amici e conoscenti che intervengano con un sostegno adeguato. È in questi casi che l'adozione e l'affido fami­liari costituiscono un aiuto concreto proposto da qualcuno che ne ha disponibilità a chi in quel momento ne ha bisogno. L'esperienza ci attesta che tali forme di accoglienza, di solidarietà, di sincera e profonda condivisione possono rico­struire affetto, amicizia, rapporti di autentico amore. Mi preme anzi sottolineare l'esigenza, molto avvertita da coloro che vivono personalmente queste forme di accoglienza, di vedere riconosciuti la piena dignità e il valore della filia­zione e della genitorialità adottiva quale filiazio­ne e genitorialità vere. La maternità e la paterni­tà non si identificano semplicemente con la pro­creazione biologica, perché "nato da" non é si­nonimo di "figlio di".

La vostra lodevole Associazione, anche me­diante il prossimo Convegno europeo, ha il com­pito di evidenziare quelle nobili esperienze che, mentre aiutano bambini in difficoltà, irradiano una cultura di amore e di comunione.

Vi auguro quindi di continuare proficuamente l'opera di diffusione della cultura di amore in fa­vore di bambini soli o bisognosi di speciale sostegno; in tale linea si colloca l'impegno delle comunità cristiane.

Vorrei terminare citando alcune parole dal Di­rettorio pastorale familiare della Chiesa italiana: «Modalità particolari attraverso le quali la fa­miglia, nell'ottica specifica dell'amore e della vi­ta, può realizzare il servizio all'uomo sono l'affi­damento e l'adozione di quei figli che sono privati dei genitori o da essi abbandonati. Le famiglie sperimentino l'adozione e l'affidamento come segno di carità operosa e di annuncio della paterni­tà di Dio, li riconoscano e li vivano come una for­ma di fecondità spirituale, che nasce dalla dispo­nibilità ad accogliere e ad aiutare anche i figli de­gli altri, nella consapevolezza che tutti sono figli di Dio, unico e universale Padre, e che mira ad offri­re il calore affettivo di una famiglia a chi ne è rima­sto privo definitivamente o temporaneamente. A tale riguardo, sappiano prepararsi ed educarsi a vivere secondo le specifiche diverse attitudini ri­chieste dall'adozione o dall'affidamento».

Per quanto già fate e per l'impegno che scatu­rirà dalle riflessioni del Convegno, vi ringrazio di cuore auspicando buon lavoro a tutti i partecipanti.

 

 

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