Editoriale
MESSAGGIO DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI PER IL CONVEGNO EUROPEO SUI BAMBINI SENZA FAMIGLIA E L'ADOZIONE
Con la partecipazione di oltre 450 persone (esperti, operatori, figli e
genitori adottivi, volontari, ecc.), nei giorni 15 e 16 maggio 1997 si è
svolto a Milano presso l'Aula Magna (g.c.), dell'Università statale, il
convegno europeo "Bambini senza famiglia e adozione: esigenze e diritti -
Legislazione ed esperienze europee a confronto”, organizzato dall'Istituto
Italiano di Medicina sociale, dall'Associazione nazionale famiglie adottive e
affidatarie (ANFAA), dalla Scuola dei diritti "Daniela Sessano"
dell'ULCES e dalla Rivista "Prospettive assistenziali".
Nelle prossime settimane verrà redatto dalI'ANFAA una relazione di sintesi dei
lavori che verrà inviata a tutti coloro che la richiederanno.
Di particolare importanza il
messaggio inviato
dal Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, che riportiamo
integralmente.
Seguo sempre con interesse le
attività e le iniziative dell'ANFAA per promuovere la difesa dei diritti dei
bambini, soli e in difficoltà, specialmente per trovare loro una famiglia in
cui crescere.
E rivolgo quindi un cordiale
saluto a quanti parteciperanno al Convegno europeo che si celebrerà a Milano
il 15 e il 16 maggio prossimo.
Ritengo infatti importante far
conoscere il prezioso servizio che la famiglia può offrire alla società mediante l'adozione e l'affido, pur
se non è così facile aprire le porte di casa. Tuttavia il donarsi agli altri
resta un principio da sostenere con forza e convinzione, e non è mai una
partita persa.
Oggi, più che nel passato,
bisogna assicurare ad ogni bambino la certezza che non sarà lasciato solo e,
nel contempo, è necessario garantirgli un'esperienza di regole, di ritmi
affettivi, di quei legami continui che soltanto una famiglia è in grado di
dare. Normalmente il luogo privilegiato in cui tutto ciò si può realizzare è la famiglia
d'origine. D'altra parte sappiamo che, in diversi casi e per vari motivi, per
tempi brevi o per tempi meno brevi, talora essa non è capace di attuare
pienamente il cammino di formazione e di crescita del bambino.
Ecco allora che l'impegno della
sua educazione si fa dovere grave della società, soprattutto quando vengono a
mancare le figure del padre e della madre, e non è nemmeno possibile contare su una rete di parenti, amici e conoscenti che
intervengano con un sostegno adeguato. È in questi casi che l'adozione e
l'affido familiari costituiscono un aiuto concreto proposto da qualcuno che ne
ha disponibilità a chi in quel momento ne ha bisogno. L'esperienza ci attesta
che tali forme di accoglienza, di solidarietà, di sincera e profonda
condivisione possono ricostruire affetto, amicizia, rapporti di autentico
amore. Mi preme anzi sottolineare l'esigenza, molto avvertita da coloro che
vivono personalmente queste forme di accoglienza, di vedere riconosciuti la
piena dignità e il valore della filiazione e della genitorialità adottiva
quale filiazione e genitorialità vere. La maternità e la paternità non si
identificano semplicemente con la procreazione biologica, perché "nato
da" non é sinonimo di "figlio di".
La vostra lodevole Associazione,
anche mediante il prossimo Convegno europeo, ha il compito di evidenziare
quelle nobili esperienze che, mentre aiutano bambini in difficoltà, irradiano
una cultura di amore e di comunione.
Vi auguro quindi di continuare
proficuamente l'opera di diffusione della cultura di amore in favore di
bambini soli o bisognosi di speciale sostegno; in tale linea si colloca
l'impegno delle comunità cristiane.
Vorrei terminare citando alcune
parole dal Direttorio pastorale familiare
della Chiesa italiana: «Modalità particolari attraverso le quali la famiglia,
nell'ottica specifica dell'amore e della vita, può realizzare il servizio
all'uomo sono l'affidamento e l'adozione di quei figli che sono privati dei
genitori o da essi abbandonati. Le famiglie sperimentino l'adozione e
l'affidamento come segno di carità operosa e di annuncio della paternità di
Dio, li riconoscano e li vivano come una forma di fecondità spirituale, che
nasce dalla disponibilità ad accogliere e ad aiutare anche i figli degli
altri, nella consapevolezza che tutti sono figli di Dio, unico e universale
Padre, e che mira ad offrire il calore affettivo di una famiglia a chi ne è
rimasto privo definitivamente o temporaneamente. A tale riguardo, sappiano
prepararsi ed educarsi a vivere secondo le specifiche diverse attitudini richieste
dall'adozione o dall'affidamento».
Per quanto già fate e per
l'impegno che scaturirà dalle riflessioni del Convegno, vi ringrazio di cuore
auspicando buon lavoro a tutti i partecipanti.
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