PIETRO LANDRA (*)
Sono finalmente iniziati e procedono spediti i lavori
per la ristrutturazione dell'ex scuola materna di Via Schio, messa a
disposizione dall'Assessorato all'assistenza del Comuni di Torino, che
ospiterà il centro diurno per dementi, attualmente ubicato in due locali
dell'ospedale Luigi Einaudi (1). È notizia recente l'apertura di un altro
centro presso l'azienda USL 5 collocato nella Certosa Reale, a Collegno (2).
Qualcosa si sta muovendo nel panorama della sanità
piemontese, anche se la strada da percorrere, affinché bisogni e diritti di
questi pazienti siano riconosciuti e soddisfatti, è ancora lunga e irta di
ostacoli.
Ci pare il momento di fare alcune riflessioni sul ruolo
dei centri diurni per dementi e di offrire un resoconto dei primi tre anni di
attività del centro diurno dell'ospedale Luigi Einaudi dell'Azienda USL 4.
Occorre innanzitutto chiarire l’equivoco per cui si
potrebbe contrapporre il centro diurno per dementi alla cura domiciliare.
All'opposto il centro diurno è una struttura che permette al paziente di
continuare a vivere nella propria casa; di più, ha la pretesa legittima, se
bene organizzato, di essere un "prolungamento" della sua casa. Può
sorgere la domanda: "Perché allontanare questi soggetti dal domicilio per
sette ore al giorno e radunarli in una struttura?". Vi sono buoni motivi:
- il paziente, come tutti sappiamo, non può essere
lasciato solo nemmeno per pochi istanti e i care-giver (3) ci chiedono di
essere sollevati almeno per qualche ora al giorno: sarebbe oggettivamente
dispendioso mandare al domicilio di ogni paziente un operatore, quando in un centro
diurno il rapporto può essere di un operatore ogni 4 o 5 pazienti;
- l’accedere al centro può essere per il paziente un
momento di stimolazione, l'occasione per sperimentare dei contatti positivi;
-
il centro diurno pub essere luogo di
riabilitazione.
In
sintesi, gli obiettivi di un centro diurno possono essere così schematizzati:
-
nei confronti dei pazienti:
- tentare un recupero alla funzionalità e all'autonomia, soprattutto se
la loro perdita è recente; - offrire un migliore controllo dei problemi
comportamentali;
- effettuare un periodico controllo delle terapie
psicofarmacologiche onde individuare la dose minima efficace;
-
nei confronti dei familiari:
- offrire un sostegno psicologico ai fini di diminuire
i livelli d'ansia e ritardare o evitare l'istituzionalizzazione;
- fornire una consulenza circa le esigenze dei toro
congiunti al fine di dotarli degli strumenti necessari per la gestione del
malato e per favorire interventi adeguati anche nei casi di emergenza.
II centro diurno per dementi è previsto nel
progetto-obiettivo "Tutela della salute dell'anziano" per il
quinquennio 1990-1995, tra i servizi specialistici semi-residenziali. Tale
previsione è confermata dal DPR 1° marzo 1994, "Approvazione del piano
sanitario nazionale per il triennio 1994-96".
Dal punto di vista spaziale e architettonico, il
centro diurno dovrebbe essere una struttura ampia, senza barriere e pericoli,
al piano terra e con possibilità di accesso a spazi esterni, ove il paziente pub girovagare, magari toccare fiori e
sperimentare la sensazione di essere dentro a qualcosa che lo circonda e lo
protegge. L'ideale sarebbe il chiostro: un porticato con un giardino al centro.
II centro diurno è anche una struttura che organizza e integra l'intervento di
varie figure: l'infermiere, l'educatore, l'assistente sociale, il medico, il
volontario, il terapista della riabilitazione, lo psicologo.
Non ultima, nel centro diurno, possiamo trovare una
dimensione etica: tutti gli individui devono essere trattati come agenti
autonomi; le persone con diminuita autonomia hanno il diritto a una
particolare protezione. II paziente demente è l'emblema della perdita
dell'autonomia ed il centro diurno è una risposta forte a questo diritto di
protezione.
II centro diurno ha inoltre costi economici di gestione
decisamente inferiori a strutture a carattere residenziale.
Occorre che sia presente, anche se minima, una
"rete familiare" (o di altro tipo: qualche mese or sono è stata
accolta presso il nostro centro diurno una donna senza parenti, in cui la
"rete" è rappresentata da vicini di casa).
È necessario che il paziente conservi una certa
competenza motoria (deve camminare, almeno con aiuto) e una competenza
comunicativa e relazionale. Non deve esistere una aggressività marcata (per non
fare correre rischi agli altri pazienti). AI proposito, la nostra esperienza è
che la gestione degli uomini è spesso assai più problematica di quella delle
donne.
È fondamentale che il centro diurno non sia un
contenitore isolato, ma bensì una struttura saldamente collegata con gli altri
servizi geriatrici (cure domiciliari, reparto, ospedale di giorno,
ambulatorio, residenza sanitaria assistenziale, unità di valutazione
geriatrica), secondo un modello operativo che privilegi i bisogni del paziente
(che possono variare nel tempo).
Essendo il centro diurno destinato a malati, pare
ovvio (per certuni non è così) che la sua gestione sia a carico della sanità.
Per una corretta gestione si ritiene opportuno non
superare la presenza di 20-25 soggetti. L'orario di apertura pub essere di 5 0 6 giorni alfa
settimana per almeno 8-10 ore al dì.
Occorre non tralasciare un'osservazione importante:
nella cura del paziente demente non si pub
improvvisare, vi sono cose da fare e da dire e altre assolutamente da
evitare. Vanno previsti corsi di formazione, ma non è sufficiente: occorre una
selezione degli operatori in base a effettive attitudini e non, come in genere
capita, a opportunità personali. Se l'operatore (medico, infermiere, ecc.)
non ha risolto certi suoi problemi "controtrasferali" può manifestare
angoscia, freddezza o pietismi insulsi. II paziente demente ha invece bisogno
di una relazione serena, calda, autentica.
II centro diurno dell'ospedale Luigi Einaudi ospita
solo 6 pazienti al giorno, non coirunica direttamente su di una area verde, è
sito in un locale adiacente all'ospedale di giorno per cui le sue attività
interferiscono, a volte negativamente, con quelle dell'ospedale di giorno e
viceversa. È quindi ben lontano dagli standard che abbiano sopra elencato.
Tuttavia siamo convinti di avere operato correttamente ad iniziare, il 1° marzo
1994, questa esperienza; per chi frequenta dibattiti e conferenze su ogni
questione che riguarda i vecchi non è difficile notare un fatto strano: le
cose giuste vengono dette; a parte sfumature, si è quasi sempre tutti
d'accordo sulla bontà di una data scelta, magari vengono anche elaborati
progetti più o meno ambiziosi e accurati... e poi questi progetti non
decollano.
II centro diurno della nostra azienda è
invece decollato, a tutt'oggi ha curato 38 pazienti, ci ha permesso, anche
attraverso alcuni errori (non c'erano modelli da imitare) di acquisire una certa
esperienza, è stato un punto di partenza per spingere sulla ristrutturazione
dell'adiacente scuola materna, che ospiterà 25 pazienti.
Chi lavora nel centro ha acquisito
professionalità; il Comune di Torino ci ha fornito il contributo dì una
cooperativa di educatori che interviene per 12 ore alla settimana; in più vi è
la preziosa presenza dei volontari dell'AVO; di recente è stato attivato un
servizio di trasporto dalla casa al centro e viceversa.
Non ci dilunghiamo nelle attività del
centro, limitandoci a rimarcare che la filosofia di base è quella di praticare
interventi personalizzati per ogni paziente e che tutto avvenga in un'atmosfera
terapeutica. Si usa il poco materiale a nostra disposizione: carta, colori,
vecchie cassette musicali, lana, ecc. Si cambiano i pannoloni e si controllano
periodicamente le condizioni fisiche dei pazienti. Abbiamo avuto finora
un'utenza caratterizzata da soggetti molto scaduti come condizioni mentali,
basti pensare che il MMS (test comunemente usato per valutare il deterioramento
mentale) medio è di 11/30.
I soggetti accolti sono stati 13 uomini e 25 donne di età compresa tra i
59 e i 93 anni. L'inserimento avviene su segnalazione o del medico di famiglia
o dei servizi sociali, negli ultimi mesi la prerogativa sta per essere assunta
dall'Unità valutativa geriatrica.
La maggior parte dei parenti riferisce che il malato,
dopo qualche tempo che frequenta il centro, è relativamente più tranquillo. In genere
i tranquillanti sono ridotti se non aboliti.
II nostro
obiettivo è di contenere l'ansia e l'agitazione del malato con mezzi non
farmacologici, ad esempio ascoltandolo; assecondandolo sino ad un certo
punto, distraendolo con attività varie. Non equivochiamo: non è certo
l'ambiente familiare a causare certi sintomi; è però innegabile che a volte si
creino circoli viziosi in cui l'esasperazione del congiunto aumenta
l'agitazione del malato.
I pazienti, quasi tutti, vengono volentieri al
centro, ognuno vivendolo in modo diverso, ognuno con la sua personalità: non è
vero che i dementi si assomigliano, è l'ambiente attorno a loro che li omologa
e li appiattisce.
Nel nostro centro diurno si è formato spontaneamente
un gruppo di lavoro che periodicamente si ritrova per escogitare nuove
strategie, per integrare le proprie professionalità, per interrogarsi sul
fenomeno demenza. Del gruppo fanno parte l'infermiere, il volontario,
l'assistente sociale, l'animatore, lo psicologo, il geriatra. Secondo noi, per
rendere il lavoro proficuo, occorre osservare i malati, ascoltarli,
interpretare i loro bisogni.
È da questo gruppo che è nata la proposta di
"far uscire" i pazienti per un'escursione in un parco non lontano da
Torino; al rientro dalla gita le pazienti erano "caricate",
sorridenti; alla domanda su cosa avevano visto e fatto... niente se non
confabulazioni serene, senza ansia.
Se l'obiettivo è di ridare la memoria, di promuovere
una riorganizzazione cognitiva, con questi pazienti la delusione è quasi assicurata;
non così se l'obiettivo è di favorire la presenza di "relazioni
buone". II sapere affettivo, caratterizzato dalla capacità di
identificare un clima relazionale e di ricordarsene, dura molto più a lungo
del sapere intellettuale.
Concludendo, pensiamo che un servizio sanitario
pubblico, con un lavoro di raccordo e coordinato con altre realtà istituzionali
e non (volontariato, famiglia, servizi sociali) possa acquistare una valenza
di qualità che risponde al diritto alle cure e ai bisogni più intimi dei
pazienti e delle loro famiglie.
(*) Medico geriatra, Ospedale Luigi Einaudi, Torino, Azienda
U31. 4.
(1) Cfr. «Deliberato il primo centro
diurno sanitario per f malati di Alzheimer", in Prospettive assistenziali,
n. 106, aprile-giugno 1994.
(2) In occasione dell'inaugurazione
del centro diurno «Oasi" di Collegno, avvenuta il 13 febbraio 1997 sono
state fornito le seguenti notizie:
«Finalità: l'apertura di un centro
specializzato nella cura delle patologie legate alla presenza del morbo di
Alzheimer rappresenta una risposta qualificata, da parte di questa Azienda, per
quanti direttamente interessati de tali tematiche. I prob4*mi che ne derivano
interessano soprattutto le famiglie, obbligate, per le caratteristiche proprie
di questa malattia, a dover garantire la loro costante presenza durante
l'intero arco della giornata.
«Tale iniziativa, che costituisce la
prima esperienza sviluppata, in provincia, all'interno di una Azienda
territoriale, nasce pertanto nella prospettiva di promuovere forme di
assistenza alternative al ricovero, scelta spesso obbligata, ed i cui costi
economici sono notevolmente ridotti grazie all’operatività di queste strutture.
«Insediato nel Distretto di Collegno,
il centro ! aperto a tutti i residenti sul territorio della Azienda regionale
USL 5, tuttavia, nella prospettiva di incontrare la esigenze di quanti
abitanti in prossimità dell'Alta Valle, si è prevista l'opportunità di
sviluppare almeno un'altra esperienza analoga nel distretto di Susa.
«Alla costituzione del centro ha
collaborato il CISAP di Collegno (Consorzio intercomunale dei servizi alla
persona) offrendo la disponibilità di proprio personale dipendente, con oneri
a carico del bilancio sanitario.
«Sede:
Via Martiri XXX Aprile, 30 - Collegno presso i locali situati al 1° piano del
padiglione 6 dell'ex Ospedale psichiatrico di Collegno.
«Apertura: dal
lunedì al venerdì - dalle ore 8.00 alle 16.00.
«Trasporto:
per quanti non in grado di accedere direttamente al centro, con il semplice
aiuto dei propri familiari, l'Azienda sta predisponendo un proprio servizio di
trasporto.
«Struttura:
all'interno della struttura si è lavorato al fine di ricreare un ambiente che
richiami quello domestico. L'area a disposizione 8 stata divisa in tre camere,
di cui una da utilizzare per l'eventuale riposo pomeridiano degli ospiti, una
adibita a sala soggiorno ed una stanza per lo svolgimento delle attività
ludico-riabilitative.
«Posti disponibili: 12 di cui, alla data
odierna, 6 risultano occupati.
«Organizzazione della
giornata: l'organizzazione della giornata si svolge secondo il seguente
schema:
8-9 gli utenti accedono al centro
9-9.30 breve colazione (tra le 8.30 - 9.30
esecuzione prestazioni infermieristiche)
9.30-11.30 atelier per le attività
occupazionali/riabilitative 11.30-12.00 preparazione per il pasto
12-13 pranzo
13-15.30 atelier per le attività
occupazionali/riabilitative
15.30-16 preparazione all'uscita
La
partecipazione alle diverse attività occupazionali/riabilitative è programmata
a livello individuale.
«Personale:
la responsabilità sanitaria del Centro è affidata ad un medico specialista
neurologo al quale si affiancano, in funzione dei vari momenti della giornata:
- un
assistente sociale cui 8 affidata la responsabilità di coordinamento ed
organizzazione del centro
- un
infermiere professionale
- tre assistenti domiciliari e dei servizi tutelari (ADEST)
- un operatore per le attività risocializzanti/riabilitative - volontari
appartenenti ad associazioni di volontariato presenti in zona
- un tecnico
per la riabilitazione (part-time).
È inoltre prevista la presenza di
obiettori di coscienza.
«Obiettivi:
1. rallentare e contenere l'evoluzione della malattia preservando le capacità
residue, soprattutto in termini di autonomia personale; 2. migliorare la
qualità della vita del malato e della sua famiglia; 3. evitare, o quantomeno
far slittare, la necessità di dover far ricorso al ricovero in istituto».
(3) II care-giver è la persona (in genere un familiare) che
volontariamente si assume la responsabilità del proprio congiunto.
www.fondazionepromozionesociale.it