Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997

 

 

Interrogativi

 

 

SONO CORRETTI I FINANZIAMENTI PUBBLICI ALLE SCUOLE PRIVATE?

 

Si fa un gran parlare dei finanziamenti statali (1) alle scuole private, che sono gestite soprattutto da organizzazioni religiose.

In primo luogo non occorrerebbe valutare se que­sti finanziamenti possono essere erogati?

L'art. 33 della Costituzione non afferma che «enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato»?

Senza, significa ancora "senza" o va interpretato "con"?

In secondo luogo quali sono le benemerenze sociali della scuola privata? È più libera di quella pubblica? Quali garanzie ha il personale docente quando non condivide l'ideologia del proprietario della scuola?

Inoltre, le scuole private, in particolare quelle reli­giose, sono veramente aperte a tutti gli scolari, siano essi bianchi o neri, allievi handicappati o sog­getti non colpiti da disabilità?

Che cosa è successo dopo la gravissima denun­cia fatta da Salvatore Nocera, Consigliere del Movimento Apostolico Ciechi alla VII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sul tema: «Le vostre membra sono il corpo di Cristo - Le persone handi­cappate nella società», svoltasi a Roma il 19, 20 e 21 novembre 1992?

Quale svolta è stata data all'inquietante dichiara­zione di Nocera secondo cui «purtroppo si constata che ancora molte scuole cattoliche rifiutano la fre­quenza ad alunni con handicap, invitando i genitori a iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le migliori prestazioni professionali, i bambini e i gio­vani perdono la ricchezza degli scambi relazionali con compagni non handicappati e vengono posti in un circuito di emarginazione che li escluderà dall'in­serimento sociale»?

È possibile avere dai fautori del finanziamento pubblico l'elenco delle scuole materne, elementari e medie delle dieci principali città italiane che accol­gono anche bambini con handicap intellettivo o auti­stici o psicotici o con disturbi caratteriali?

 

 

IL NO PROFIT: EVASIONE FISCALE E OCCASIONE DI PROFITTO?

 

Nel n. 113 di Prospettive assistenziali avevamo pubblicato l'articolo del Prof. Giuliano Tabet "II non profit e chi può approfittarne".

Riportiamo dalla "Rivista del volontariato", maggio 1997 la nota "Licenza d'evadere?".

«"Settanta denunce e 33 miliardi di evasione del no profit". Con questo brutto biglietto da visita, un mese fa, la notizia dei risultati delle verifiche esegui­te negli ultimi quattro anni dalla Guardia di finanza ha incominciato a fare il giro delle redazioni dei gior­nali.

«L'informazione è venuta direttamente dal Ministro Visco che in Parlamento, rispondendo a un'interrogazione, ha reso noto che protagoniste di questo reato di evasione (99 miliardi di redditi non dichiarati ai fini delle imposte dirette, irregolarità IVA per 213 milioni) sono state otto associazioni private impegnate in ambiti di utilità sociale (in particolare: ricerca sul cancro, tutela degli handicappati).

«Notizie come questa non aiutano certo il cammi­no dei decreti legislativi sulla disciplina fiscale del non profit (enti non commerciali e organizzazioni non lucrative di utilità sociale) in quanto generano zone d'ombra e di diffidenza che spuntano le armi a quanti cercano di sostenere economicamente le organizzazioni socialmente impegnate.

D'altro lato la circostanza può essere letta come stimolo a promuovere una disciplina tributaria non profit a prova di reato, realisticamente cosciente che la purezza di intenzioni e di atti appartiene ad altri mondi; anche se resta la convinzione che lungo questa traiettoria il settore non profit - e il volonta­riato in particolare -, per alcune motivazioni che lo distinguono, può dare per propria scelta morale un contributo di trasparenza, senza rincorrere furbizie o mimetismi».

Un altro attacco alle cooperative è giunto da Sergio Cofferati, Segretario generale della CGIL che, durante la festa di "Libera" svoltasi a Vignola il 20 luglio 1997 ha affermato: «Ci sono settori della cooperazione che danno vita a cooperative che con­siderano il lavoro come occasione di profitto sulla pelle di giovani. Trovo ciò inconcepibile per la cultu­ra della sinistra e sono preoccupato che pulsioni di questa natura siano alimentate da Ministri di questo Governo».

Nel n. 117, gennaio-marzo 1997, di Prospettive assistenziali avevamo riportato una inquietante let­tera sugli stipendi da fame di alcune cooperative sociali.

Possiamo chiedere alle cooperative e ai loro coor­dinatori di precisare le loro posizioni in merito ai pro­blemi sopra segnalati?

 

 

(1) Non bisogna dimenticare i numerosi e spesso cospicui finanziamenti erogati alle scuole private da Regioni, Comuni, Province, Comunità montane e altri enti pubblici.

 

 

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