LA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP: DOPO CINQUE ANNI DALL'APPROVAZIONE RESTA
UNA SCATOLA VUOTA
Fin dall'approvazione della legge 5 febbraio 1992 n.
104 "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti
delle persone handicappate, ne avevamo messo in rilievo le vistose carenze,
scrivendo quanto segue (1):
1. Le norme non esplicitano in modo inequivocabile i diritti degli
handicappati, salvo l'enunciazione di quelli all'educazione e all'istruzione
nelle sezioni e classi comuni (art. 12);
2. non vengono
sanciti nuovi diritti sostanziali rispetto a quelli
già previsti dalle altre leggi in vigore; 3. la legge non prevede procedure
specifiche per rendere i servizi direttamente esigibili; essi possono essere
attuati o non essere istituiti, senza alcuna possibilità di intervento o di
ricorso degli handicappati e dei loro familiari nei confronti della pubblica
amministrazione;
4. le prestazioni riguardano indifferentemente tutti gli handicappati,
senza che di volta in volta venga fatto riferimento alla piena, ridotta o nulla
autonomia, con il rischio di un inutile assistenzialismo;
5. non vi sono adeguamenti o modifiche alla legge 482/1968 sul
collocamento obbligatorio al lavoro, nonostante che la Corte costituzionale -
con la sentenza n. 50 del 1990 - abbia per l'ennesima volta rivolto «un
pressante invito a che il Parlamento possa sollecitamente apprestare una
completa normativa in tema di avviamento al lavoro dei soggetti invalidi»;
6. è prevista l'erogazione di fondi a enti, associazioni, cooperative
che non sono tenute ad assumere handicappati, essendo solamente richiesto che
«svolgano attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa
di persone handicappate»;
7. fra le forme di "integrazione lavorativa" (art. 18) sono
inclusi i centri di lavoro guidato e cioè i vecchi, sorpassati e deleteri
«laboratori protetti» nessun strumento concreto viene invece assicurato per
l'effettivo inserimento nei posti di lavoro normali e per incentivarne la
realizzazione;
8. nulla è stabilito per l'aggregazione dei Comuni con poche decine o
poche centinaia di abitanti, che da soli non sono in grado di istituire i
servizi previsti dalla legge;
9. non essendo sancito il diritto degli handicappati a numerosi servizi
(ad esempio, la frequenza dei centri diumi per coloro che, a causa delle loro
condizioni intellettive e/o fisiche, non sono in grado di svolgere alcuna
attività lavorativa), le norme sulla astensione facoltativa dal lavoro dei loro
familiari (art. 33) rischiano di essere usate dalle Amministrazioni (Comuni,
USL) per addossare ai congiunti compiti e funzioni che competono ai servizi;
10. la copertura finanziaria è fortemente inadeguata ai veti bisogni
(vengono stanziati 120 miliardi di lire per il 1992 e 150 miliardi a partire
dal 1993, per un totale di 270 miliardi e non di 420 miliardi come è stato
comunicato dal Ministro degli affari sociali alle Agenzie di stampa e
successivamente mai corretto); ma l'aspetto ancora più grave è che le
"condizioni" imposte dalla Commissione Bilancio della Camera dei
deputati hanno stravolto radicalmente il significato di molti articoli-chiave,
col risultato di non sancire più diritti inalienabili, ma di concedere
"per favore" ciò che invece va garantito per diritto;
11. non vengono affrontati i temi dell'interdizione e della
inabilitazione, nonostante che le norme in vigore non rispondano più alle
esigenze delle persone handicappate prive di autonomia e che - da anni -
eminenti giuristi abbiano formulato significative proposte di modifica.
Sono trascorsi cinque anni ed ormai è noto a tutti,
anche a coloro che avevano criticato il nostro giudizio negativo (2) che la
legge 104/1992, salvo alcuni aspetti marginali (agevolazioni fiscali, permessi
lavorativi, ecc.) è una vera e propria presa in giro per i soggetti
interessati, i loro congiunti e le organizzazioni che operano per
l'affermazione delle esigenze e dei diritti delle persone con handicap.
La relazione del Governo sulla legge quadro
In data 15 aprile 1997, il Dipartimento per gli
affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha reso nota la
"Relazione sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per
l'handicap in Italia, nonché sugli indirizzi che saranno seguiti (legge 5 febbraio
1992 n. 104, art. 41, comma 8), relativa all'anno 1996".
Significativa l'affermazione del Ministro Livia Turco
che riconosce «la necessità di un'ampia e approfondita
analisi per valutare i risultati conseguiti (che non vengono
indicati, n.d.r.), ma ancor
più per comprendere quali siano state in questo periodo le motivazioni
principali che ne hanno limitato la sua piena attuazione».
Aggiunge il Ministro che «si
impone
oggi una riflessione più attenta anche al fine di offrire nuove proposte per
ridefinire le politiche per l'handicap nel nostro paese».
Zeppa di affermazioni del tutto infondate è la presentazione
predisposta dai funzionari del Dipartimento per gli affari sociali. Citiamo
alcune perle:
- La legge 104/1992 «ha segnato una profonda inversione
di tendenza rispetto agli interventi legislativi del passato»;
- «Sono state
poste le basi per la costruzione di una rete di
risposte organiche, atte a
coinvolgere tutte le istituzioni e le opportunità territoriali al fine di garantire alla persona disabile l'esercizio dei diritti di cittadinanza e la piena partecipazione alla vita sociale»;
- «La
legge-quadro 5 febbraio 1992 n. 104 rappresenta tuttora un punto di riferimento normativo e di orientamento culturale per continuare a
migliorare lo stato delle politiche sociali per l'handicap nel nostro paese»;
- «Nel corso
di questi anni da parte delle diverse
Amministrazioni dello Stato, sia
centrali che locali, si è riscontrato un costante impegno nel concretizzare i
principi sanciti dalla legge 104/1992».
Quest'ultima affermazione è inesatta per il semplice
fatto che non hanno nemmeno risposto alla richiesta di dati sull'attuazione
della legge quadro sull'handicap i Ministeri dei trasporti e della
navigazione, dei lavori pubblici, del bilancio e della programmazione
economica, dell'ambiente, delle risorse agricole e forestali, nonché le Regioni
Puglia, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta, e la Provincia autonoma di Trento.
D'altra parte, con le notizie trasmesse dalle altre
Regioni e dalla Provincia autonoma di Bolzano, è assolutamente impossibile
valutare la situazione attuale dei servizi e la loro evoluzione rispetto agli
anni precedenti.
O il Dipartimento per gli affari sociali fornirà per
il 1997 elementi utilizzabili per verificare quali siano state le prestazioni
effettuate e la loro efficacia, oppure è preferibile evitare ogni perdita di
tempo e di denaro per raccogliere, stampare e diffondere dati inservibili.
Una pubblicazione del Dipartimento per gli affari
sociali
Anche la recente pubblicazione (finita di stampare
nel dicembre 1996), curata da Danilo Massi "Handicap e legislazione: i
diritti in gioco" edita dal Dipartimento per gli affari sociali della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, tenta invano di coprire le vistose
carenze della legge 104/1992.
Forse è per questo motivo che l'Autore, nella elencazione
delle leggi approvate in passato, non cita il regio decreto 19 novembre 1889 n.
6535, il quale imponeva ai Comuni di intervenire nei confronti delle persone «inabili a
qualsiasi lavoro proficuo che (...) per insanabili
difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di
sussistenza».
Si tratta di una norma tuttora in vigore che può
essere utilizzata da qualsiasi cittadino per ottenere il ricovero in una
struttura assistenziale di un soggetto handicappato privo di sostegno familiare
e di autonomia (3).
L'Autore
non ricorda nemmeno che il r.d. 3 marzo 1934 n. 383, Testo unico della legge
comunale e provinciale, prevedeva come obbligatorie:
a)
per i Comuni (art. 91) le spese relative al «mantenimento
degli inabili al lavoro»;
b) per le Province (art. 144) gli oneri concernenti
l'assistenza «dei ciechi e dei sordomuti
poveri rieducabili».
Ricordiamo quanto sopra per contestare le affermazioni
contenute nel volume del Dipartimento per gli affari sociali secondo cui «è soltanto nell'immediato primo dopoguerra che lo Stato, per la prima
volta, interviene con specifici
provvedimenti diretti a soggetti portatori di handicap».
È,
invece, vero che i diritti esigibili sanciti nel 1934 sono stati volutamente
soppressi nel 1978/9 con l'abrogazione dell'obbligatorietà delle spese
assistenziali dei Comuni e delle Province (4) e che non sono stati richiamati
(e adeguati alle nuove esigenze) i r.d. prima citati 6535/1889 e 77/1931.
Dunque, mentre in altri settori (attività prescolastiche
e scolastiche, non creazione ed eliminazione delle barriere architettoniche,
ecc.) sono stati compiuti negli ultimi anni notevoli passi in avanti, nel
campo dell'assistenza sociale (e cioè delle persone più deboli e sovente
incapaci di autodifendersi, vi è stato sul piano dei diritti concreti un
arretramento.
Conclusione
È inaccettabile che Ministri, Parlamentari (5),
Amministratori e Tecnici continuino a sostenere che i 22 "possono"
contenuti nella legge 104/1992 potrebbero anche essere interpretati come
"devono".
Se si rispettano i diritti delle persone con handicap
ed il buon senso dei cittadini, occorre che la legge suddetta sia profondamente
riscritta dal Parlamento stabilendo - finalmente - diritti esigibili per il
soddisfacimento delle esigenze fondamentali dei soggetti handicappati, e in
primo luogo, di quelli non autosufficienti.
(1) Cfr. l'editoriale del n. 97,
gennaio-marzo 1992 di Prospettive
assistenziali, "La legge-quadro sull'handicap: una scatola
vuota". Si veda, inoltre, l'articolo "Analisi sintetica della
legge-quadro sull"handicap".
(2) Ad esempio, Salvatore Nocera nel
secondo rapporto "Le frontiere del sociale" edito dalla Fondazione
Zancan nel 1997, riconosce - finalmente - che «l'esigibilità dei diritti proclamati (nella legge 104/1992,
n.d.r.) è rimessa alla discrezionalità
politica delle Regioni, che avrebbero dovuto approvare le leggi applicative
dei principi della legge quadro». Da notare che finora nessuna Regione ha
approvato, a seguito della legge 10411992, norme che riconoscano diritti
esigibili per le persone handicappate.
(3) L'intervento assistenziale può
essere ottenuto anche tramite l'autorità di pubblica sicurezza. Infatti il
vigente art. 154 del r.d. 18 giugno 1931 n. 77, richiamandosi alla disposizione
prima citata, recita al comma 2: «Le
persone riconosciute dalla Autorità di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi
lavoro proficuo e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per
legge agli alimenti e in condizioni di poterli prestare sono proposte dal
Prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al
Ministero dell'interno per il ricovero in un istituto di assistenza o
beneficenza del luogo di altro Comune». AI riguardo si vedano le note di M.
Dogliotti "Gli enti pubblici non possono pretendere contributi economici
dai parenti tenuti agli alimenti di persone assistite", Prospettive assistenziali, n. 87,
luglio-settembre 1989; l'articolo "Facciamo il punto sui contributi
economici indebitamente richiesti dagli enti pubblici ai parenti degli
assistiti maggiorenni", Ibidem„ n. 116, ottobre-dicembre 1996 e la
sentenza del Tribunale si Verona, Ibidem,
n. 117, gennaio-marzo 1997.
(4) Cfr. l'art. 7 del decreto legge 10 novembre 1978 n. 702,
convertito nella legge 8 gennaio 1979 n. 3.
(5) Ad esempio, l'On. Luigi Giacco,
nell'articolo «La "104" cinque anni dopo», pubblicato su "Punto
di vista"„ 1 ° trimestre 1997, dopo aver affermato che «la legge quadro n. 104 è all'avanguardia»,
propone che vengano approvate dalla Conferenza permanente Stato-Regioni «linee-guida perla realizzazione
obbligatoria da parte degli enti locali dei servizi d'aiuto alle persone
disabili e delle strutture indicate in particolare all'art. 8, lettera i) e I)
comunità alloggio, case famiglia, residenze protette, centri riabilitativi
diurni, nonché all'art. 10, comma 1, per le persone con handicap in situazione
di gravità», dimenticando (volutamente?) che per ottenere l'obbligatorietà
di una disposizione è assolutamente necessaria l'approvazione di una legge.
www.fondazionepromozionesociale.it