I FIGLI
ADOTTIVI DICONO NO ALLA DOPPIA GENITORIALITÀ
Continuano le iniziative della
sede nazionale e delle sezioni locali dell'ANFAA contro l'art. 37 dei disegno
di legge n. 2545/Senato predisposto dal Governo per la ratifica della
Convenzione de L'Aja sull'adozione internazionale (1).
Assolutamente inadeguata anche la
ristesura predisposta dal Governo che non tiene in alcun conto né della ferma
opposizione espressa da oltre 3 mila cittadini (figli adulti e genitori
adottivi, volontari e altre persone interessate), che avevano sottoscritto una
apposita petizione (2), né del parere manifestato da qualificati operatori
sociali che hanno fatto pervenire un appello in merito al Ministro per la
solidarietà sociale, On. Livia Turco (3).
Riportiamo ora due prese di posizione assunte da figli
adottivi.
1. Mi chiamo
Federico. Sono stato adottato all'età di sei anni; oggi ne ho trentuno. Penso
di aver titolo per dire qualcosa a proposito dello schema di legge in
discussione in questi giorni alla commissione Affari esteri del Senato col
quale il Parlamento italiano si accinge a ratificare la convenzione dell'Aja
proprio in materia di adozione.
Parto da due
aspetti che a me sembrano fondamentali. Il primo: i figli adottivi non devono
essere considerati di serie 8 e di serie C rispetto a quelli biologici; la
filiazione adottiva è eguale a quella biologica sotto gli aspetti legali,
formali, sociali, perciò i figli adottivi devono poter godere di tutti i
diritti conseguenti a un rapporto pieno di filiazione. Il secondo: una coppia
di coniugi ché adotta un bambino senza famiglia non va considerata né eroica,
né di serie 8; è una coppia come tante altre che esprime la disponibilità ad
accogliere, allevare e amare una creatura.
La ratifica
della Convenzione dell'Aja. Leggo la proposta inserita all'art. 37 del progetto
del Governo e rabbrividisco. Si vuole rendere possibile l'accesso ai fascicoli
personali da parte dei ragazzi e delle ragazze adottate, per favorire la
ricerca delle origini. Con quali conseguenze? lo non metto in dubbio il fatto
che, in alcune situazioni, adolescenti figli adottivi maturino tale desiderio.
Ma è così che li si aiuta a ragionare e a uscire dal problema? Si è pensato che
la prospettiva di una identificazione futura dei genitori di origine (in
particolare, della madre biologica), anche ad anni e anni di distanza,
potrebbe incoraggiare le partorienti che non intendono allevare il loro figlio
a non più usufruire della possibilità di partorire in anonimato, ma di
"disfarsi" con ogni mezzo del nascituro, incrementando in questo modo
il fenomeno degli infanticidi? Si è riflettuto a sufficienza sui risvolti.
psicologici e materiali che una possibilità di ricerca può comportare in seno
alle famiglie adottive?
Non abbiamo
detto e confermato in tutti questi anni che il rapporto adottivo ha la stessa
dignità del rapporto di filiazione biologica e che i "veri" genitori
sono quelli che ti desiderano, ti attendono, ti accolgono, ti amano, ti fanno
crescere e crescono con te? Perché dibattere ancora su questo punto?
Comincio a
pensare che chi insiste nel proporre modifiche legislative come queste non
abbia capito che cosa è l'adozione e metta in dubbio il significato più
autentico (e fondamentale) di questo importante strumento legislativo (ma
soprattutto umano e sociale).
lo non ho
sentito il bisogno di andare alla ricerca delle mie origini. La famiglia in cui
ho vissuto dall'età di sei anni e sino al giorno del mio matrimonio è stata e
continua a essere la "mia" famiglia. Una famiglia composta da papà,
mamma e altri tre fratelli, nati dalle stesse persone che mi hanno adottato.
Vi sono stati momenti molto sereni e di grande armonia; qualche volta abbiamo
anche litigato, come capita in tutte le famiglie dove ci sono più fratelli.
Sarebbe strano se fosse stato il contrario.
lo penso che
se un ragazzo o una ragazza adottati mostrano grande interesse non solo alle
proprie origini ma a conoscere le persone che li hanno generati è necessario
aiutarli a esaminare attentamente le loro richieste. Però, a mio avviso, è un
errore grave consentire loro di rintracciare tali persone (spesso, la sola
madre biologica, in quanto il padre può restare più defilato u non essere
affatto conosciuto).
Ripeto: non
mi piace la proposta dell'art. 37. E contesto anche il modo pietistico,
spettacolare e poco rispettoso della riservatezza dovuta a ogni per
sona con cui i mass media, di solito, presentano l'adozione.
Una
proposta. Invece di affannarsi a esaminare i problemi a metà del loro percorso,
non sarebbe meglio affrontarli a mano a mano, offrendo un sostegno reale e
continuativo a tutte le famiglie (comprese quelle adottive), perché siano in
grado di rispondere in maniera adeguata ai bisogni dei loro figli (biologici o
adottivi)?
Luglio
1997
Federico Milazzo Usmate (Milano)
2. Come
figlia adottiva desidero esprimere alcune considerazioni in merito al contenuto
dell'art. 37 del disegno di legge predisposto dal Governo per la ratifica ed
esecuzione della Convenzione dell Aja in materia di tutela dei minori e
cooperazione nell'adozione internazionale.
Pur
condividendo pienamente il tenore dei primi tre commi dell'articolo in
commento, sia pure nel limite in cui sanciscono il dovere di conservazione e
comunicazione delle informazioni relative all'anamnesi sanitaria del minore
adottato e al suo status di figlio adottivo, contesto fermamente il dettato del
suo quarto comma nella parte in cui prevede che i genitori adottivi esercenti
la potestà genitoriale e l'adottato maggiore d'età possano ottenere informazioni
sull'identità dei genitori biologici.
Detto comma,
in effetti, sembra rivelare un orientamento profondamente fuorviante: quello
che sopravvaluta i legami biologici, individuando in essi i mezzi privilegiati
attraverso cui arrivare a definire la propria identità personale.
La mia
esperienza personale mi induce a rifiutare con fermezza questo orientamento. A
mio parere, è "vero" genitore chi si prende cura quotidianamente,
responsabilmente e amorevolmente di un bambino, indipendentemente dal fatto che
quest'ultimo sia figlio naturale o adottivo. Guardando la questione da questa
prospettiva, il legame biologico non può che passare in secondo piano,
lasciando il posto ad un rapporto educativo consapevole, guidato da due persone
adulte e responsabili e finalizzato alla scoperta, alla maturazione e allo
sviluppo di tutte le possibilità implicite di un bambino; rapporto in cui ogni
individuo (sia biologico che adottivo) dovrebbe rinvenire le "radici"
della propria identità (e cioè l'origine dei propri valori, della propria
personalità).
Mi domando
tra l'altro se, nel compilare il suddetto comma, si siano realmente valutate
le conseguenze di una presa di posizione tanto netta e soprattutto se all'introduzione
di questo nuovo "diritto" corrisponda un reale "interesse"
dell'adottato, meritevole di una particolare difesa giuridica.
Personalmente, ho sentito il bisogno di
conoscere le mie origini famigliari sin da quando ero piccola. Essendo di
natura molto curiosa, ho sempre fatto molte domande in merito, ma non essendo
stata riconosciuta dai miei “procreatori”; ho dovuto rassegnarmi al difetto
delle risposte sempre insoddisfacenti di coloro che mi amavano. Questa
sensazione di imperfezione e manchevolezza era comunque, paradossalmente,
sempre accompagnata dal forte timore di incontrare realmente la mia famiglia
biologica e di dovermi confrontare con delle persone emarginate e
problematiche certamente diverse da quelle idealizzate.
Divenuta
adulta, ho imparato a convivere con questo senso di incertezza ed ho compreso
che l'esigenza di conoscere il mio passato era più legato ad una forma di
puerile curiosità che al reale interesse di stabilire un rapporto significativo
con degli individui che mi erano (e mi sono!) del tutto estranei. E che la mia
curiosità non possa essere spacciata per una situazione soggettiva
particolarmente meritevole di tutela giuridica, mi sembra scontato ed inconfutabile.
Lo stesso
legislatore del resto, consapevole dei pericoli insiti in una eccessiva
estensione della legittimazione attiva, ha tentato di limitare l'esercizio del
`diritto" de
quo, subordinandolo alla comprovata sussistenza di "gravi motivi" e
all'autorizzazione del Tribunale per i minorenni. Tale lodevole proposito
tuttavia non ha prodotto i risultati sperati, in quanto non è stato chiarito in
termini precisi cosa debba intendersi per "gravi e comprovati
motivi". L'ambiguità dell'attuale dettato legislativo mi fa pertanto
temere che possa assurgere al rango di condizione legittimante anche una
semplice "curiosità", purché comprovata dalla perizia di un medico
legale compiacente.
Inoltre,
sebbene numerosi studi specialistici abbiano rivelato che, nella maggior parte
dei casi, l'esigenza di conoscere l'identità dei propri genitori biologici
scaturisce dal rapporto conflittuale esistente con la famiglia adottiva, non
credo sia comunque producente che lo Stato assecondi e soddisfi l'incontenibile
bisogno di conoscenza di un soggetto che si trovi coinvolto in una situazione
esistenziale di particolare disagio, favorendo così un suo potenziale ancor
più tragico secondo abbandono. E poi, perché consentirgli di riaprire vecchie
ferite, imponendo la sua presenza a persone che, dopo averlo abbandonato,
hanno impiegato un certo numero di anni per elaborare e superare eventuali
sensi di colpa connessi al compimento di un gesto tanto innaturale?
Del resto,
se è vero che nel disegno di legge in questione è espressamente previsto il
divieto di trasmettere le informazioni sull'identità dei genitori biologici
nell'ipotesi in cui questi ultimi "abbiano dichiarato di non voler esser
nominati o abbiano manifestato il consenso all'adozione a condizione di rimanere
anonimi"; altrettanto veri sono i prevedibili effetti devastanti che un
simile rifiuto potrebbe avere sulla personalità di un individuo già
profondamente segnato da un vissuto problematico.
È opportuno
infine ricordare che al riconoscimento di un "diritto" va sempre
necessariamente correlato l'adempimento di un "dovere"; che nel caso
di specie si identificherebbe nel "dovere" di riconoscimento da
parte dei genitore naturale o, quanto meno, nel dovere di fornire delle
informazioni documentali atte a consentirne la futura identificazione. A mio
parere, l'unico interesse che merita di essere realmente tutelato, se non si
vogliono favorire aborti, parti clandestini ed infanticidi, è proprio quello
della donna a partorire nella più assoluta riservatezza, senza sentirsi
vincolata a riconoscere un bambino che non vuole o a fornire dei dati
anagrafici che possano consentire, comunque, il suo rintraccio.
La proposta
in questione, infine, sembra mettere in discussione anche i diritti di coloro
che serbano un ricordo della loro famiglia biologica, in quanto abbandonati a
seguito dei riconoscimento. In effetti, se un giudice ha provveduto a
dichiarare lo stato d'adottabilità d'un minore, sciogliendolo definitivamente
da un legame biologico inadeguato, non si vede come una legge parlamentare
possa legittimamente mettere in dubbio questa decisione passata in giudicato
e, più in generale, l'intera ratio della legge 184/1983 sull'adozione e
l'affidamento dei minori, facendo entrare dalla "finestra" coloro che
ha cacciato precedentemente dalla "porta".
Quanto al
coinvolgimento dei genitori adottivi nella ricerca dell'identità dei
procreatori biologici dei loro figli adottivi, resta da chiedersi per quale
motivo tali genitori dovrebbero assumersi volontariamente una responsabilità
tanto grande. La sola risposta plausibile mi sembra rinvenibile nel desiderio
di risolvere un rapporto adottivo "difficile", recuperando la fiducia
di un figlio adottivo ribelle o favorendo il suo definitivo allontanamento.
Una scelta
legislativa di questo tipo, pertanto, potrebbe mettere definitivamente in crisi
l'autenticità e la pienezza dei rapporto adottivo, posto che accanto alla
famiglia adottiva permarrebbe sempre, sia pure sullo sfondo, una famiglia di
"riserva" (quella biologica, appunto!) cui ricorrere in caso di
difficoltà. E ciò in netto contrasto con gli intenti del legislatore del
1983, che ha disciplinato l'istituto dell'adozione legittimante alla stregua
di una vera e propria "seconda nascita", cui deve necessariamente
seguire il definitivo scioglimento dei precedente rapporto biologico.
Auspicando
che queste semplici considerazioni possano fungere da stimolo per la
riflessione personale e per un sereno confronto sull'argomento, La ringrazio
vivamente per la cortese attenzione e Le porgo distinti saluti (4).
Luglio
1997
Graziella Tagliani -Torino
(1)
Bozza
dell'art. 37 predisposta dal Ministero per la solidarietà sociale.
1. Il Tribunale per i minorenni che ha emesso i
provvedimenti di cui al presente titolo e l'Autorità centrale conservano ogni
informazione disponibile sull'origine del minore in particolare sull'identità
dei suoi genitori e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia.
2. 1 genitori adottivi devono informare, non appena
possibile, il minore adottato della sua qualità di figlio adottivo e della sua
provenienza.
3. I genitori adottivi o, in loro mancanza, il
tutore, hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i
minorenni le notizie sull'anamnesi sanitaria e sociale del minore e della sua
famiglia. Anche l'adottato che abbia compiuto i sedici anni ha diritto, con
una adeguata assistenza e guida, di avere dal Tribunale per i minorenni tali
notizie.
4. È vietato comunicare notizie che consentano l'accesso all'identità
dei genitori naturali dell'adottato.
5. L'adottato che abbia compiuto i venticinque anni
di età e dimostri un rilevante interesse, può chiedere, in deroga al divieto
di cui al comma precedente, al Tribunale per i minorenni di conoscere
l'identità dei suoi genitori naturali. Il Tribunale per i minorenni può
rivelare tale identità purché:
a) i genitori naturali non abbiano dichiarato di non
voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso alla dichiarazione di
adottabilità a condizione di rimanere anonimi;
b) il minore non sia nato da una relazione incestuosa;
c) a giudizio dell'Autorità straniera competente
l'informazione non possa turbare l'equilibrio sociale e psicologico dei
genitori naturali.
Testo inserito nel disegno di legge governativo n. 2545/Senato.
1. Le informazioni di carattere sanitario sul minore,
sulla famiglia biologica e sulle esperienze di vita dell'adottando, sono
comunicate agli aspiranti genitori adottivi dagli enti autorizzati prima della
proposta di abbinamento.
2. 11 tribunale dei minorenni che ha emesso i
provvedimenti indicati dall'articolo 34 e l'Alta Commissione conservano le
informazioni acquisite sull'origine del minore, sull'identità dei suoi
genitori biologici e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia di
origine.
3. I genitori adottivi sono tenuti ad informare il minore,
appena possibile e nelle forme più adeguate, del suo stato di figlio adottivo e
della sua provenienza nazionale e culturale.
4. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono
essere fornite ai genitori
adottivi esercenti la potestà genitoriale o all'adottato maggiore di età, solo
se sussistono gravi e comprovati motivi, su autorizzazione del tribunale per i
minorenni ai sensi dell'articolo 28. L'autorizzazione, in ogni caso, non può
essere concessa:
a) se i genitori biologici abbiano dichiarato di non
volere essere nominati o abbiano manifestato il consenso all'adozione a condizione
di rimanere anonimi;
b) se, fuori dei casi previsti alla lettera a),
l'autorità straniera competente, consultata in merito, dichiari che l'informazione
può provocare grave turbamento all'equilibrio sociale e psicologico dei
genitori biologici:
Proposta di ristesura dell'art. 37 avanzata dall'ANFAA.
1. 11 Tribunale per i minorenni che ha emesso i
provvedimenti di cui al presente titolo e l'Autorità centrale conservano ogni
informazione sull'origine del minore e in particolare sull'identità dei suoi
genitori d'origine e sull'anamnesi sanitaria del minore.
2. 1 genitori adottivi devono informare, non appena
possibile, il minore adottato della sua adozione.
3. il Tribunale per i minorenni di cui al comma 1 fornisce, su richiesta
scritta dell'adottato adulto, informazioni sulla sua adozione, omettendo ogni
riferimento sui genitori d'origine, le notizie che consentano l'accesso
all'identità degli stessi e degli altri congiunti, nonché le informazioni che
possano arrecare danno all'adottato.
4. Nella documentazione depositata presso il
Tribunale per i minorenni che viene consegnata in copia o data in visione ai
sensi delle leggi vigenti devono essere resi non individuabili
i riferimenti, le notizie e le informazioni di cui al comma precedente.
5. 1 genitori adottivi e gli adottati maggiorenni
hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i minorenni
notizie sull'anamnesi sanitaria dell'adottato.
6. Nessuna informazione può essere fornita
dall'Autorità centrale a persone ed enti, compresa l'Autorità giudiziaria.
7. Le norme suddette si applicano in relazione al 5°
comma dell'art. 22 e all'art. 28 della legge 184/1983.
(2) Il testo della petizione è
stato riportato sul n. 116 di Prospettive
assistenziali a pag. 53.
(3) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 117, gennaio-marzo 1997.
(4) La lettera è stata inviata al Presidente, ai Vice
Presidenti, ai Segretari ed ai Componenti della Commissione Esteri dei Senato
(n.d.r.).
www.fondazionepromozionesociale.it