Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

I FIGLI ADOTTIVI DICONO NO ALLA DOPPIA GENITORIALITÀ

 

Continuano le iniziative della sede nazionale e delle sezioni locali dell'ANFAA contro l'art. 37 dei disegno di legge n. 2545/Senato predisposto dal Governo per la ratifica della Convenzione de L'Aja sull'adozione internazionale (1).

Assolutamente inadeguata anche la ristesura pre­disposta dal Governo che non tiene in alcun conto né della ferma opposizione espressa da oltre 3 mila cittadini (figli adulti e genitori adottivi, volontari e altre persone interessate), che avevano sottoscritto una apposita petizione (2), né del parere manifesta­to da qualificati operatori sociali che hanno fatto per­venire un appello in merito al Ministro per la solida­rietà sociale, On. Livia Turco (3).

Riportiamo ora due prese di posizione assunte da figli adottivi.

 

1. Mi chiamo Federico. Sono stato adottato all'età di sei anni; oggi ne ho trentuno. Penso di aver titolo per dire qualcosa a proposito dello schema di legge in discussione in questi giorni alla commissione Affari esteri del Senato col quale il Parlamento ita­liano si accinge a ratificare la convenzione dell'Aja proprio in materia di adozione.

Parto da due aspetti che a me sembrano fonda­mentali. Il primo: i figli adottivi non devono essere considerati di serie 8 e di serie C rispetto a quelli biologici; la filiazione adottiva è eguale a quella bio­logica sotto gli aspetti legali, formali, sociali, perciò i figli adottivi devono poter godere di tutti i diritti con­seguenti a un rapporto pieno di filiazione. Il secon­do: una coppia di coniugi ché adotta un bambino senza famiglia non va considerata né eroica, né di serie 8; è una coppia come tante altre che esprime la disponibilità ad accogliere, allevare e amare una creatura.

La ratifica della Convenzione dell'Aja. Leggo la proposta inserita all'art. 37 del progetto del Governo e rabbrividisco. Si vuole rendere possibile l'accesso ai fascicoli personali da parte dei ragazzi e delle ragazze adottate, per favorire la ricerca delle origini. Con quali conseguenze? lo non metto in dubbio il fatto che, in alcune situazioni, adolescenti figli adot­tivi maturino tale desiderio. Ma è così che li si aiuta a ragionare e a uscire dal problema? Si è pensato che la prospettiva di una identificazione futura dei genitori di origine (in particolare, della madre biolo­gica), anche ad anni e anni di distanza, potrebbe incoraggiare le partorienti che non intendono alleva­re il loro figlio a non più usufruire della possibilità di partorire in anonimato, ma di "disfarsi" con ogni mezzo del nascituro, incrementando in questo modo il fenomeno degli infanticidi? Si è riflettuto a suffi­cienza sui risvolti. psicologici e materiali che una possibilità di ricerca può comportare in seno alle famiglie adottive?

Non abbiamo detto e confermato in tutti questi anni che il rapporto adottivo ha la stessa dignità del rapporto di filiazione biologica e che i "veri" genitori sono quelli che ti desiderano, ti attendono, ti accol­gono, ti amano, ti fanno crescere e crescono con te? Perché dibattere ancora su questo punto?

Comincio a pensare che chi insiste nel proporre modifiche legislative come queste non abbia capito che cosa è l'adozione e metta in dubbio il significa­to più autentico (e fondamentale) di questo impor­tante strumento legislativo (ma soprattutto umano e sociale).

lo non ho sentito il bisogno di andare alla ricerca delle mie origini. La famiglia in cui ho vissuto dall'età di sei anni e sino al giorno del mio matrimonio è stata e continua a essere la "mia" famiglia. Una famiglia composta da papà, mamma e altri tre fra­telli, nati dalle stesse persone che mi hanno adotta­to. Vi sono stati momenti molto sereni e di grande armonia; qualche volta abbiamo anche litigato, come capita in tutte le famiglie dove ci sono più fra­telli. Sarebbe strano se fosse stato il contrario.

lo penso che se un ragazzo o una ragazza adot­tati mostrano grande interesse non solo alle proprie origini ma a conoscere le persone che li hanno generati è necessario aiutarli a esaminare attenta­mente le loro richieste. Però, a mio avviso, è un errore grave consentire loro di rintracciare tali per­sone (spesso, la sola madre biologica, in quanto il padre può restare più defilato u non essere affatto conosciuto).

Ripeto: non mi piace la proposta dell'art. 37. E contesto anche il modo pietistico, spettacolare e poco rispettoso della riservatezza dovuta a ogni per­

sona con cui i mass media, di solito, presentano l'a­dozione.

Una proposta. Invece di affannarsi a esaminare i problemi a metà del loro percorso, non sarebbe meglio affrontarli a mano a mano, offrendo un soste­gno reale e continuativo a tutte le famiglie (compre­se quelle adottive), perché siano in grado di rispon­dere in maniera adeguata ai bisogni dei loro figli (biologici o adottivi)?

Luglio 1997

Federico Milazzo Usmate (Milano)

 

2. Come figlia adottiva desidero esprimere alcune considerazioni in merito al contenuto dell'art. 37 del disegno di legge predisposto dal Governo per la rati­fica ed esecuzione della Convenzione dell Aja in materia di tutela dei minori e cooperazione nell'ado­zione internazionale.

Pur condividendo pienamente il tenore dei primi tre commi dell'articolo in commento, sia pure nel limite in cui sanciscono il dovere di conservazione e comunicazione delle informazioni relative all'anam­nesi sanitaria del minore adottato e al suo status di figlio adottivo, contesto fermamente il dettato del suo quarto comma nella parte in cui prevede che i genitori adottivi esercenti la potestà genitoriale e l'a­dottato maggiore d'età possano ottenere informa­zioni sull'identità dei genitori biologici.

Detto comma, in effetti, sembra rivelare un orien­tamento profondamente fuorviante: quello che sopravvaluta i legami biologici, individuando in essi i mezzi privilegiati attraverso cui arrivare a definire la propria identità personale.

La mia esperienza personale mi induce a rifiutare con fermezza questo orientamento. A mio parere, è "vero" genitore chi si prende cura quotidianamente, responsabilmente e amorevolmente di un bambino, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo sia figlio naturale o adottivo. Guardando la questione da questa prospettiva, il legame biologico non può che passare in secondo piano, lasciando il posto ad un rapporto educativo consapevole, guidato da due persone adulte e responsabili e finalizzato alla sco­perta, alla maturazione e allo sviluppo di tutte le possibilità implicite di un bambino; rapporto in cui ogni individuo (sia biologico che adottivo) dovrebbe rinvenire le "radici" della propria identità (e cioè l'ori­gine dei propri valori, della propria personalità).

Mi domando tra l'altro se, nel compilare il suddet­to comma, si siano realmente valutate le conse­guenze di una presa di posizione tanto netta e soprattutto se all'introduzione di questo nuovo "dirit­to" corrisponda un reale "interesse" dell'adottato, meritevole di una particolare difesa giuridica.

Personalmente, ho sentito il bisogno di conoscere le mie origini famigliari sin da quando ero piccola. Essendo di natura molto curiosa, ho sempre fatto molte domande in merito, ma non essendo stata riconosciuta dai miei “procreatori”; ho dovuto rasse­gnarmi al difetto delle risposte sempre insoddisfa­centi di coloro che mi amavano. Questa sensazione di imperfezione e manchevolezza era comunque, paradossalmente, sempre accompagnata dal forte timore di incontrare realmente la mia famiglia biolo­gica e di dovermi confrontare con delle persone emarginate e problematiche certamente diverse da quelle idealizzate.

Divenuta adulta, ho imparato a convivere con que­sto senso di incertezza ed ho compreso che l'esi­genza di conoscere il mio passato era più legato ad una forma di puerile curiosità che al reale interesse di stabilire un rapporto significativo con degli indivi­dui che mi erano (e mi sono!) del tutto estranei. E che la mia curiosità non possa essere spacciata per una situazione soggettiva particolarmente meritevo­le di tutela giuridica, mi sembra scontato ed inconfu­tabile.

Lo stesso legislatore del resto, consapevole dei pericoli insiti in una eccessiva estensione della legit­timazione attiva, ha tentato di limitare l'esercizio del `diritto" de quo, subordinandolo alla comprovata sussistenza di "gravi motivi" e all'autorizzazione del Tribunale per i minorenni. Tale lodevole proposito tuttavia non ha prodotto i risultati sperati, in quanto non è stato chiarito in termini precisi cosa debba intendersi per "gravi e comprovati motivi". L'ambiguità dell'attuale dettato legislativo mi fa per­tanto temere che possa assurgere al rango di con­dizione legittimante anche una semplice "curiosità", purché comprovata dalla perizia di un medico lega­le compiacente.

Inoltre, sebbene numerosi studi specialistici abbiano rivelato che, nella maggior parte dei casi, l'esigenza di conoscere l'identità dei propri genitori biologici scaturisce dal rapporto conflittuale esisten­te con la famiglia adottiva, non credo sia comunque producente che lo Stato assecondi e soddisfi l'in­contenibile bisogno di conoscenza di un soggetto che si trovi coinvolto in una situazione esistenziale di particolare disagio, favorendo così un suo poten­ziale ancor più tragico secondo abbandono. E poi, perché consentirgli di riaprire vecchie ferite, impo­nendo la sua presenza a persone che, dopo averlo abbandonato, hanno impiegato un certo numero di anni per elaborare e superare eventuali sensi di colpa connessi al compimento di un gesto tanto innaturale?

Del resto, se è vero che nel disegno di legge in questione è espressamente previsto il divieto di tra­smettere le informazioni sull'identità dei genitori bio­logici nell'ipotesi in cui questi ultimi "abbiano dichia­rato di non voler esser nominati o abbiano manife­stato il consenso all'adozione a condizione di rima­nere anonimi"; altrettanto veri sono i prevedibili effetti devastanti che un simile rifiuto potrebbe avere sulla personalità di un individuo già profondamente segnato da un vissuto problematico.

È opportuno infine ricordare che al riconoscimen­to di un "diritto" va sempre necessariamente corre­lato l'adempimento di un "dovere"; che nel caso di specie si identificherebbe nel "dovere" di riconosci­mento da parte dei genitore naturale o, quanto meno, nel dovere di fornire delle informazioni docu­mentali atte a consentirne la futura identificazione. A mio parere, l'unico interesse che merita di essere realmente tutelato, se non si vogliono favorire abor­ti, parti clandestini ed infanticidi, è proprio quello della donna a partorire nella più assoluta riservatez­za, senza sentirsi vincolata a riconoscere un bambi­no che non vuole o a fornire dei dati anagrafici che possano consentire, comunque, il suo rintraccio.

La proposta in questione, infine, sembra mettere in discussione anche i diritti di coloro che serbano un ricordo della loro famiglia biologica, in quanto abbandonati a seguito dei riconoscimento. In effetti, se un giudice ha provveduto a dichiarare lo stato d'adottabilità d'un minore, sciogliendolo definitiva­mente da un legame biologico inadeguato, non si vede come una legge parlamentare possa legittima­mente mettere in dubbio questa decisione passata in giudicato e, più in generale, l'intera ratio della legge 184/1983 sull'adozione e l'affidamento dei minori, facendo entrare dalla "finestra" coloro che ha cacciato precedentemente dalla "porta".

Quanto al coinvolgimento dei genitori adottivi nella ricerca dell'identità dei procreatori biologici dei loro figli adottivi, resta da chiedersi per quale motivo tali genitori dovrebbero assumersi volontariamente una responsabilità tanto grande. La sola risposta plausi­bile mi sembra rinvenibile nel desiderio di risolvere un rapporto adottivo "difficile", recuperando la fidu­cia di un figlio adottivo ribelle o favorendo il suo definitivo allontanamento.

Una scelta legislativa di questo tipo, pertanto, potrebbe mettere definitivamente in crisi l'autenticità e la pienezza dei rapporto adottivo, posto che accanto alla famiglia adottiva permarrebbe sempre, sia pure sullo sfondo, una famiglia di "riserva" (quel­la biologica, appunto!) cui ricorrere in caso di diffi­coltà. E ciò in netto contrasto con gli intenti del legi­slatore del 1983, che ha disciplinato l'istituto dell'a­dozione legittimante alla stregua di una vera e pro­pria "seconda nascita", cui deve necessariamente seguire il definitivo scioglimento dei precedente rap­porto biologico.

Auspicando che queste semplici considerazioni possano fungere da stimolo per la riflessione perso­nale e per un sereno confronto sull'argomento, La ringrazio vivamente per la cortese attenzione e Le porgo distinti saluti (4).

Luglio 1997

Graziella Tagliani -Torino

 

 

 

(1) Bozza dell'art. 37 predisposta dal Ministero per la solidarietà sociale.

1. Il Tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti di cui al presente titolo e l'Autorità centrale conservano ogni informazione disponibile sull'origine del minore in particolare sull'identità dei suoi genitori e sull'anamnesi sanitaria del mino­re e della sua famiglia.

2. 1 genitori adottivi devono informare, non appena possibile, il minore adottato della sua qualità di figlio adottivo e della sua provenienza.

3. I genitori adottivi o, in loro mancanza, il tutore, hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i minorenni le notizie sull'anamnesi sanitaria e sociale del minore e della sua famiglia. Anche l'adotta­to che abbia compiuto i sedici anni ha dirit­to, con una adeguata assistenza e guida, di avere dal Tribunale per i minorenni tali noti­zie.

4. È vietato comunicare notizie che con­sentano l'accesso all'identità dei genitori naturali dell'adottato.

5. L'adottato che abbia compiuto i venti­cinque anni di età e dimostri un rilevante interesse, può chiedere, in deroga al divie­to di cui al comma precedente, al Tribunale per i minorenni di conoscere l'identità dei suoi genitori naturali. Il Tribunale per i minorenni può rivelare tale identità purché:

a) i genitori naturali non abbiano dichia­rato di non voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso alla dichiarazione di adottabilità a condizione di rimanere ano­nimi;

b) il minore non sia nato da una relazio­ne incestuosa;

c) a giudizio dell'Autorità straniera com­petente l'informazione non possa turbare l'equilibrio sociale e psicologico dei genitori naturali.

Testo inserito nel disegno di legge gover­nativo n. 2545/Senato.

1. Le informazioni di carattere sanitario sul minore, sulla famiglia biologica e sulle esperienze di vita dell'adottando, sono comunicate agli aspiranti genitori adottivi dagli enti autorizzati prima della proposta di abbinamento.

2. 11 tribunale dei minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati dall'articolo 34 e l'Alta Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine del mino­re, sull'identità dei suoi genitori biologici e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia di origine.

3. I genitori adottivi sono tenuti ad infor­mare il minore, appena possibile e nelle forme più adeguate, del suo stato di figlio adottivo e della sua provenienza nazionale e culturale.

4. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi esercenti la potestà geni­toriale o all'adottato maggiore di età, solo se sussistono gravi e comprovati motivi, su autorizzazione del tribunale per i minorenni ai sensi dell'articolo 28. L'autorizzazione, in ogni caso, non può essere concessa:

a) se i genitori biologici abbiano dichiara­to di non volere essere nominati o abbiano manifestato il consenso all'adozione a con­dizione di rimanere anonimi;

b) se, fuori dei casi previsti alla lettera a), l'autorità straniera competente, consultata in merito, dichiari che l'informazione può provocare grave turbamento all'equilibrio sociale e psicologico dei genitori biologici:

Proposta di ristesura dell'art. 37 avanza­ta dall'ANFAA.

1. 11 Tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti di cui al presente titolo e l'Autorità centrale conservano ogni informazione sull'origine del minore e in particolare sull'identità dei suoi genitori d'o­rigine e sull'anamnesi sanitaria del minore.

2. 1 genitori adottivi devono informare, non appena possibile, il minore adottato della sua adozione.

3. il Tribunale per i minorenni di cui al comma 1 fornisce, su richiesta scritta del­l'adottato adulto, informazioni sulla sua adozione, omettendo ogni riferimento sui genitori d'origine, le notizie che consentano l'accesso all'identità degli stessi e degli altri congiunti, nonché le informazioni che pos­sano arrecare danno all'adottato.

4. Nella documentazione depositata presso il Tribunale per i minorenni che viene consegnata in copia o data in visione ai sensi delle leggi vigenti devono essere resi non individuabili i riferimenti, le notizie e le informazioni di cui al comma prece­dente.

5. 1 genitori adottivi e gli adottati maggio­renni hanno diritto in qualsiasi momento di ottenere dal Tribunale per i minorenni noti­zie sull'anamnesi sanitaria dell'adottato.

6. Nessuna informazione può essere for­nita dall'Autorità centrale a persone ed enti, compresa l'Autorità giudiziaria.

7. Le norme suddette si applicano in rela­zione al 5° comma dell'art. 22 e all'art. 28 della legge 184/1983.

(2) Il testo della petizione è stato riportato sul n. 116 di Prospettive assistenziali a pag. 53.

(3) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 117, gennaio-marzo 1997.

(4) La lettera è stata inviata al Presidente, ai Vice Presidenti, ai Segretari ed ai Componenti della Commissione Esteri dei Senato (n.d.r.).

 

 

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