PROPOSTA DI LEGGE N. 2743 (ON. LUCA E ALTRI - CAMERA DEI DEPUTATI)
"LEGGE-QUADRO SUL SISTEMA DEI SERVIZI ALLA PERSONA" (*)
Relazione
Onorevoli colleghi
1. Diritti e doveri sociali
I diritti sociali sono stati riconosciuti a livello
interno, dalla Costituzione e, a livello internazionale, in diverse occasioni,
ad esempio dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali,
dalla Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia, dalla Carta sociale europea.
Sono riferibili ad alcune categorie generali: il
lavoro, l'assistenza sociale e sanitaria, la casa, l'educazione, l'istruzione,
la formazione professionale, la socializzazione.
Sono diritti condizionanti, perché diventano
esigibili nella misura in cui vengono predisposte condizioni per renderli
operanti, prevedendo risorse adeguate sul piano programmatorio, gestionale e
professionale. Si tratta di condizioni che chiamano in gioco responsabilità
istituzionali, sociali, professionali e personali. Diventano operanti quanto
più si investe per facilitare incontri di responsabilità e di risorse, con
l'obiettivo di produrre beni pubblici, disponibili per tutta la popolazione,
anche per i soggetti più deboli, a partire dal livello sociale.
La realtà attuale risulta contraddittoria. A partire
dagli anni settanta era stata avviata un'ampia azione riformatrice. II suo
obiettivo principale era quello di costruire un assetto istituzionale ed
organizzativo dei servizi, a partire dalle autonomie locali ed in grado di
favorire un approccio efficace e globale ai bisogni dei cittadini.
Oggi tuttavia non esistono ancora garanzie di
esigibilità dei diritti sociali e ci sono forti sperequazioni tra regioni. Non
è stato realizzato un sistema integrato di risposte. I soggetti titolari della
gestione dei servizi sono differenziati, spesso in competizione tra loro e non
si investe per riportare ad unitarietà le responsabilità sulle politiche
sociali. Le cause sono da ricercare:
nella mancanza di volontà politica di completare il
progetto riformatore avviato, approvando una legge quadro sui servizi sociali;
nell'incapacità degli amministratori di superare
interessi campanilistici e di utilizzare correttamente gli strumenti previsti
dalle leggi in vigore, ad esempio, l'associazionismo tra comuni per la
gestione dei servizi;
nell'esplosione di interessi corporativi, che
ostacolano una crescita culturale comune e necessaria per realizzare beni
pubblici;
nei
fenomeni degenerativi della politica, che hanno incrinato il rapporto di
fiducia tra cittadini e pubbliche amministrazioni.
La successiva proposta tiene conto di queste
difficoltà e dell'evoluzione economica, culturale e istituzionale che ha
caratterizzato il nostro Paese dal 1948 ad oggi.
II punto di partenza sono gli articoli 2 e 3 della
Costituzione, che riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo e
I'eguale dignità sociale di tutte le persone. Si tratta, cioè, di superare la
logica della "legge Crispi" del 1890 e le interpretazioni riduttive
degli articoli 32 e 38 della Costituzione. Queste interpretazioni vorrebbero
regolare in modo più moderno l'assistenza e la beneficenza ai poveri. Per
questa ragione non è opportuna l'approvazione di una legge quadro
sull'assistenza, perché equivarrebbe al mantenimento di questa cultura.
Nella Costituzione si è invece pensato di poter
attuare gli articoli 2 e 3 con uno Stato che garantisse i diritti sociali
attraverso un sistema di servizi fondamentali, finanziati a monte, chiedendo a
tutti i cittadini di pagare le tasse secondo il loro reddito. La situazione attuale
contraddice queste aspettative, soprattutto perché il sistema fiscale non ha
ancora trovato soluzioni efficaci, tali da vedere coinvolti tutti i cittadini
nel finanziamento dei servizi di cui comunque fruiscono.
Uno Stato impegnato nella promozione e nella salvaguardia
dei diritti individuali e sociali costituisce un traguardo da raggiungere per
ogni Paese civile, a consolidamento della democrazia, come lo sono stati
analoghi obiettivi, che hanno segnato profondamente l'evoluzione sociale: il
superamento della schiavitù, della discriminazione razziale, della disparità
tra uomini e donne, dello sfruttamento minorile, delle minoranze, eccetera,
cioè di condizioni in cui una parte della società fruiva di privilegi,
utilizzando in modo distorto le regole del consenso democratico per mantenere
o rafforzare le disuguaglianze.
L'utilizzo strumentale che spesso viene fatto della
cosiddetta "crisi dello Stato sociale" va in questa direzione,
quando, oltre a mettere in discussione scelte politicamente e storicamente
caratterizzate, viene addotta a giustificazione generale per ridurre la
portata dei doveri di solidarietà sociale sanciti dalla Costituzione, che
verrebbero sostituiti con formule di tutela a responsabilità limitata, di
tipo assicurativo o pseudomutualistico, tali da garantire alcune categorie di
persone, riservando ai poveri e ai disoccupati interventi (sociali e sanitari)
di basso profilo, a carattere assistenzialistico.
I proponenti ritengono che sarebbe più corretto e più
aderente ai fatti parlare di crisi di un progetto non ancora realizzato. II
decentramento dello Stato, la valorizzazione delle autonomie locali, la
valorizzazione delle forme intermedie di partecipazione, l'incontro fra
soggettività diverse, eccetera, sono altrettanti tasselli di un progetto ancora
da compiere e quindi scarsamente valutabile.
Questo ha potuto avvenire anche perché si è operato
in un campo divaricato da integralismi culturali e da interessi contrapposti:
tra chi ha privilegiato la costruzione di uno Stato liberale, teso
esclusivamente a garantire le libertà individuali e chi ha operato per
contrapporvi un modello statalistico, in cui la centralità dello Stato poteva e
doveva bastare per garantire gli interessi collettivi.
Le ragioni della conflittualità hanno fatto il resto,
ostacolando il riconoscimento delle strategie che chiedono alla solidarietà di
essere presente nei processi costruttivi dello Stato sociale, che 1o vedono
impegnato a garantire libere iniziative in un quadro solidaristico, basato
sull'incontro e la collaborazione fra responsabilità diverse, terreno di
giustizia, di democrazia economica, luogo e condizione per produrre beni di
pubblica utilità.
II conseguimento di questi obiettivi richiede una
nuova cultura del bene comune, basato sull'incontro tra titolarità diverse:
istituzionali, sociali, imprenditoriali, solidaristiche. Si assiste, invece, al
rischio di delegittimare il pubblico nei suoi doveri di garantire opportunità a
tutti i cittadini, soprattutto quelli più deboli, delegando al volontariato,
alla solidarietà organizzata, a soggetti imprenditoriali di terzo sistema,
compiti riparativi e di sostituzione di altre responsabilità.
La prospettiva costituzionale di solidarietà sociale
pone invece le persone e le comunità al centro della costruzione sociale, per
garantire diritto di cittadinanza a tutti, anche ai più deboli, per rimuovere
gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo di ogni persona, per coniugare
i diritti individuali con quelli sociali, cioè per promuovere lo sviluppo
globale della società.
Mettere in discussione questa prospettiva, e non le
insufficienti e contraddittorie sue realizzazioni, equivale di fatto a mettere
in discussione una parte fondamentale del patto costituzionale, che sta alla
base della nostra convivenza civile, con conseguenze che diventerebbero delegittimanti
anche per l'intero sistema. Si tratta invece di consolidarla, legando fra loro
i diritti con i doveri di solidarietà sociale. È in questo mancato incontro
che vanno ripensate le esperienze fin qui realizzate, per trovare soluzioni ai
problemi di sicurezza, di tutela e di promozione umana non ancora risolti.
2. Da prestazioni assistenziali a sistema di servizi
La proposta di legge quadro sui servizi alle persone
muove da queste premesse per definire il sistema di responsabilità idoneo a
rendere operanti le garanzie necessarie per attuare gli articoli 2 e 3 della
Costituzione, cioè per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo di ogni persona e l'effettiva partecipazione di tutti
all'organizzazione politica, economica e sociale.
In questa direzione è anche possibile affrontare la
crisi di fiducia che in questi ultimi anni sta compromettendo il rapporto fra
cittadini e istituzioni, evidenziando le responsabilizzazioni necessarie
perché i servizi diano risposte efficaci, senza assecondare le rendite di
posizione, le passività che producono assistenzialismo, la frammentazione
degli interventi e lo spreco delle risorse.
Fra i passaggi fondamentali, attuativi del testo
costituzionale, possono essere ricordati la legge 22 luglio 1975, n. 382, con
la quale il Parlamento conferisce delega al Governo per l'emanazione di una
serie di decreti legislativi finalizzati a completare il trasferimento alle
regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative previste dall'articol0
117 della Costituzione; il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
1977, n. 616, che attua il trasferimento alle regioni e agli enti locali di
funzioni amministrative inerenti i settori organici dell'ordinamento
amministrativo, dei servizi sociali, dello sviluppo economico e dell'assetto
territoriale; la legge 23 dicembre 1978, n. 833, di riforma sanitaria; la legge
8 giugno 1990, n. 142, «Ordinamento delle
autonomie locali»; la legge 7 agosto 1990, n. 241, «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi»; la legge 11 agosto 1991, n. 266, «legge quadro sul volontariato»; la
legge 8 novembre 1991, n. 381, «Disciplina delle cooperative sociali»; la legge
5 febbraio 1992, n. 104, «Legge quadro
per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate»; i decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993, di
riordino del Sistema sanitario nazionale.
Nel quadro qui sommariamente richiamato c'è una linea
evolutiva che collega in modo coerente il decreto del Presidente della
Repubblica n. 616 del 1977 con la legge n. 142 del 1990, ma ci sono anche
fattori di discontinuità, con l'approvazione del decreto legislativo n. 502 del
1992, e successive modificazioni, per quanto attiene ai rapporti fra assistenza
sanitaria e sociale.
Molti problemi nascono dalla separazione di
titolarità che è stata introdotta nell'esercizio delle funzioni istituzionali
dì assistenza sanitaria e di assistenza sociale: la prima (quella sanitaria)
attribuita alle regioni e la seconda ai comuni.
Le conseguenze maggiori sono meglio riconoscibili
quando è richiesto un esercizio unitario o quantomeno integrato di queste due
titolarità, per evitare vuoti di assistenza e vuoti di tutela, in particolare
nei confronti dei soggetti più deboli.
A questo scopo la presente proposta di legge
individua le collaborazioni necessarie per costruire un sistema omogeneo di
servizi nel territorio, valorizzando le autonomie locali, la sussidiarietà, gli
investimenti zonali e la capacità delle comunità locali di promuovere il loro
sviluppo.
La separazione delle responsabilità politiche e
gestionali nell'esercizio delle funzioni di assistenza sanitaria e sociale va
sanata alla radice, riunificando le due titolarità in capo ad un unico soggetto
istituzionale, l'ente locale,
coerentemente con il quadro normativo più generale, con la prospettiva di
responsabilizzare maggiormente le comunità locali e con le istanze, sempre più
diffuse, di federalismo e di sussidiarietà, distinguendo chiaramente tra
titolarità politica propria dell'ente locale e condizioni per esercitarla in
modo efficace.
In altri termini, l'esercizio della funzione, a
fronte di un centro unitario di responsabilità politica e di rappresentanza
dei bisogni e degli interessi dei cittadini, chiaramente delineate nella legge
n. 142 del 1990, deve essere realizzato con modalità aziendali appropriate,
coerenti con gli obiettivi da conseguire e con le risorse istituzionali e
comunitarie.
Va cioè regolamentato il rapporto fra titolarità e
gestione, tenendo conto della differenza tra responsabilità di tipo politico e
responsabilità di tipo gestionale, riconoscendo i significati propri di
soluzioni gestionali capaci di allargare e diversificare i centri di
produzione, organizzandoli in modo complementare sul territorio, all'interno
di contenitori organizzativi unitari: le aziende
per i servizi alle persone (ASP) e i distretti per la erogazione dei
servizi.
Sulla base di questa prospettiva, non è più il
soggetto erogatore a qualificare in termini pubblici o privati la produzione e
la fruizione di un servizio, ma è la natura del servizio che, più propriamente,
va a definire se esso deve essere gestito sotto una sfera di responsabilità
propria del pubblico interesse o se esso deve essere affidato alla libera
negoziazione fra le parti, sottraendolo ad un controllo diretto delle istituzioni.
Le ragioni di efficacia gestionale possono chiamare
in gioco responsabilità diverse e solidali (pubbliche e solidaristiche, non profit o profit) nel raggiungimento di obiettivi comuni. Questa logica è
particolarmente necessaria quando si tratta di operare per produrre Servizi ad
elevata integrazione socio-sanitaria. Si tratta, infatti, di servizi che non
possono essere realizzati in modo autonomo da un singolo soggetto (sanitario e
sociale), ma si realizzano solo nella forma dell'incontro delle responsabilità
e delle risorse.
Le conseguenze sono di varia natura, nella sfera pubblica
e nella sfera privata. Ad esempio, quando soggetti privati concorrono al
funzionamento dei servizi alle persone, di fatto entrano nel campo di
responsabilità di chi promuove e produce beni pubblici e servizi di pubblica
utilità, che per loro natura sono soggetti alla rappresentanza politica degli
interessi e ai controlli, come pure alle garanzie previste a tutela delle
persone e dei loro diritti. In questi casi i soggetti privati, non profit e profit, che concorrono alla realizzazione di servizi di pubblica
utilità sono tenuti ai vincoli di trasparenza e di imparzialità dell'azione
amministrativa, previsti dalla legge n. 241 del 1990, come pure ad operare
secondo logiche unitarie, ottimizzando l'uso delle risorse disponibili.
In questi casi non si tratta, cioè, di operare in
termini di passaggio dalla sfera pubblica a quella privata della titolarità
del servizio, ma di riconoscere i significati propri di soluzioni gestionali
che, pur diversificando le responsabilità in ordine alla produzione dei
servizi, li organizza in modo organico sul territorio, all'interno di centri
unitari di responsabilità.
La proposta di legge ritiene pertanto necessario superare
le contraddizioni e i conflitti di interessi presenti nei servizi, anche
ripensando la tradizionale distinzione tra sanitario e sociale, che impedisce
l'esercizio unitario ed efficace della funzione di tutela del diritto alla
salute da parte delle comunità locali e degli enti che le rappresentano.
Questa esigenza è da tempo avvertita da quanti operano
a diretto contatto con particolari aree di bisogno (famiglie con gravi carichi
assistenziali, persone disabili, malati mentali, minori, persone anziane non
autosufficienti, persone affette da dipendenze, eccetera) dove solo un'elevata
integrazione socio-sanitaria risulta efficace per la soluzione dei problemi.
A ben vedere la distinzione fra assistenza sociale e
sanitaria è, alla prova dei fatti, limitativa e impropria, soprattutto quando
viene utilizzata come criterio per la definizione dei bisogni, ed è artificiosa
sul piano gestionale, nella misura in cui produce segmentazione delle risposte
e dei finanziamenti, spreco di risorse e conseguenti costi aggiuntivi,
penalizzanti le stesse risposte ai bisogni.
3. Servizi alle persone
3.1. La gestione dei servizi.
La proposta di legge, affermata la titolarità unica
in capo al comune singolo od obbligatoriamente associato dalle regioni, e ciò
per garantire un'efficace tutela dei bisogni della popolazione, individua la
soluzione in grado di realizzare una gestione aziendale efficiente.
La formula proposta per la gestione dei servizi è
quella dell'azienda per i servizi alle
persone (Asp). Questa soluzione coniuga la garanzia del carattere pubblico
con quella della gestione manageriale, anche superando le disfunzioni
presenti nelle attuali aziende sanitarie e le loro burocratizzazioni.
L'azienda è retta da un direttore generale, con i
poteri previsti dall'attuale normativa relativa alle unità sanitarie locali,
affiancato da tre direttori per le competenze sanitarie, sociali ed
amministrative.
II
consiglio comunale ovvero l'assemblea dei comuni:
definisce gli indirizzi strategici dell'azienda a
garanzia degli interessi della popolazione amministrata;
approva
il bilancio di esercizio (si tratta ovviamente di un bilancio unico);
nomina
il direttore generale, a cui viene affidata ogni competenza gestionale e la
rappresentanza dell'azienda;
provvede
all'eventuale e motivata sua rimozione, qualora le verifiche effettuate
rendano ciò necessario;
verifica
la corretta attuazione delle attività e il conseguimento degli obiettivi.
II budget unico
dell'azienda è composto dalle quote assegnate dal comune singolo o dai comuni
associati, dalla quota assegnata annualmente dall'amministrazione regionale
(parte del fondo nazionale e parte del fondo regionale) e dalle entrate per
alcuni servizi e prestazioni rese ai cittadini.
Per la copertura di oneri relativi a servizi resi
oltre gli standard definiti a livello
nazionale, ovvero regionale, il titolare della funzione (comune singolo o
associato) provvede attraverso l'autonomia impositiva locale.
A livello nazionale andranno previsti meccanismi compensativi
tra regioni, oltre l'assegnazione ordinaria, a garanzia della tutela dei
diritti delle persone, su basi di equità territoriale.
3.2. L'organizzazione dei servizi
L'azienda per i servizi alle persone è organizzata in
distretti, che coincidono con il territorio di uno o più comuni o, nel caso di
grandi città, con quello di una o più circoscrizioni. Nei distretti si
realizza:
l'integrazione operativa tra interventi e servizi;
l'integrazione operativa tra servizi territoriali e residenziali (in primo
luogo con l'ospedale), al fine di garantire continuità terapeutica;
l'integrazione tra i diversi soggetti che realizzano
la politica dei servizi sul territorio: pubblici, privati, di terzo settore,
sia nel momento della programmazione che in quello dell'operatività, come pure
in sede di valutazione dei risultati.
Ciò potrà avvenire in forza di strumenti quali il
piano di zona dei servizi, accordi di programma, protocolli d'intesa, contratti
di programma, convenzioni e forme di accreditamento.
II distretto è, in sintesi, l'ambito privilegiato e
il fulcro per l'attivazione dei servizi alle persone di rilievo territoriale e
domiciliare. È inoltre premessa operativa per l'avvio di iniziative di
promozione nel campo del benessere, attraverso la promozione della salute e la
prevenzione. È soprattutto condizione strategica per realizzare un rapporto
dinamico tra soggetti diversi, in grado di liberare opportunità e risorse
aggiuntive su scala locale.
La proposta di legge, nel rendere operante il sistema
dei servizi alle persone, definisce gli standard minimi di servizio per ogni
ambito territoriale designato per la gestione unitaria degli interventi,
evitando la sovrapposizione delle competenze e la settorializzazione delle prestazioni,
collocando anche le prestazioni economiche a favore di singole persone e delle
famiglie in un più ampio quadro di intervento finalizzato alla promozione e
alla integrazione sociale di chi è in difficoltà, cioè favorendo la sua
autonoma capacità di affrontare i problemi.
A questo scopo le eventuali erogazioni economiche
dovranno essere definite nel progetto di sostegno, contrastando la dipendenza
assistenziale ed evitando le erogazioni meccanicamente collegate a categorie
preordinate o basate su meri accertamenti formali.
Pertanto i servizi e gli operatori sociali, a fronte
delle domande loro rivolte, dovranno analizzare in modo globale il bisogno,
individuare i problemi da affrontare ed intervenire sulla base della
metodologia di lavoro per progetti, tenendo conto delle priorità stabilite in
sede politica e della conseguente dotazione di risorse, privilegiando la forma
dell'incontro, della collaborazione e della verifica sistematica dei. processi
e dei loro risultati.
4. A partire dal livello locale, con un nuovo sistema
di garanzie
Le comunità locali e gli enti pubblici che, ai sensi
della legge n. 142 del 1990, ne rappresentano gli interessi, sono la condizione
fondamentale per costruire il sistema dei servizi alle persone. Su questa base
la proposta di legge individua:
le
responsabilità necessarie per un efficace funzionamento dei servizi;
le
condizioni per definire gli ambiti territoriali per la gestione unitaria dei
servizi;
le
condizioni gestionali necessarie per il loro funzionamento;
gli
standard minimi di servizio da garantire in ogni ambito territoriale;
le
condizioni per il governo del sistema locale dei servizi, con riferimento alla
elaborazione dei piani di zona.
In particolare con i piani di zona si introduce il
piano regolatore dei servizi alle persone, con il quale gli enti locali interessati,
coinvolgendo gli altri soggetti istituzionali, solidaristici e imprenditoriali
presenti nel territorio realizzano un monitoraggio sistematico dei bisogni
della popolazione in modo da definire le priorità, programmare gli interventi
e organizzare le risorse necessarie.
Le province favoriscono processi collaborativi fra
enti locali, fornendo supporti di natura informativa e amministrativa, anche
al fine di equilibrare e rendere omogenei gli interventi nel territorio,
salvaguardando le diverse specificità.
La nuova capacità di incontro e di collaborazione
richiesta ai soggetti istituzionali titolari di funzioni sociali non è
tuttavia sufficiente per costruire un adeguato sistema di sicurezza sociale, se
nel contempo le comunità locali non sanno esprimere al meglio i loro doveri di
solidarietà.
I soggetti presenti al loro interno sono, ad esempio,
chiamati a collaborare con le istituzioni e i servizi nelle diverse fasi
realizzative del piano di zona: quella di analisi di bisogni, di
collaborazione alla programmazione, di attuazione degli interventi, di concorso
ai momenti di verifica.
In questo modo le, comunità locali sono
chiamate a costruire il loro sviluppo, aggregando le risorse necessarie per
incrementare e qualificare i servizi. I cittadini utenti e le loro famiglie
sono chiamati a contribuire alle spese di funzionamento dei servizi, sulla base
di criteri fissati dalla normativa nazionale e regionale, in rapporto al loro
reddito e con condizioni di equità. Per questo motivo i criteri relativi alla
partecipazione alla spesa, concernenti i ricoveri in strutture residenziali di
persone non autosufficienti non potranno differire da quelli eventualmente stabiliti
per i ricoveri ospedalieri.
Volendo sintetizzare i piloni portanti del sistema
dei servizi alle persone previsti dalla proposta di legge, si può affermare
che esso parte dal livello locale, in base al principio di sussidiarietà e
nella prospettiva del federalismo solidale, che trova nel comune il soggetto
titolare di tutte le funzioni amministrative relative ai servizi alle persone,
che non siano espressamente riservate alle regioni o allo Stato.
Per la gestione dei servizi, i comuni si avvalgono
delle aziende di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e
successive modificazioni e integrazioni, opportunamente rimodellate per
garantire prestazioni unitarie e globali ai bisogni delle persone.
L'organizzazione dei servizi si basa su! piano di
zona e sul distretto. Entrambi per loro natura devono garantire i servizi essenziali,
a fronte delle priorità stabilite e delle risorse disponibili, dando
particolare attenzione alle fami
glie
con difficoltà economiche, di relazione o con gravi carichi assistenziali. Nel
piano di zona vengono affrontati anche i problemi di integrazione con gli altri
servizi della comunità, in particolare scuola, lavoro, educazione.
II livello intermedio è costituito dalla regione, che
ha funzione di programmazione, vigilanza e controllo e, per quanto previsto
dalla legge n. 142 del 1990, dalle province per facilitare le collaborazioni
interistituzionali.
Allo Stato spetta il compito di definire il piano
nazionale dei servizi alle persone, attraverso un comitato di coordinamento
interministeriale costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e
composto dai Ministri per la solidarietà sociale, della sanità e del tesoro, e
costituendo un fondo nazionale per i servizi alle persone, aggregando le somme
oggi disperse fra diversi Ministeri.
Per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
è prevista una nuova regolamentazione definita con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, tale da garantire la destinazione dei patrimoni secondo le
finalità originarie, adeguate, se necessario, alle attuali esigenze.
II titolo III della proposta di legge è interamente
dedicato alle garanzie di esigibilità dei diritti sociali tenendo in
considerazione le indicazioni contemplate nella direttiva del Presidente del
Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, alle attività sostitutive della
regione che si rendano necessarie nei casi di inadempienza dei comuni, alle
attività di controllo dello Stato sulle regioni. Le funzioni del servizio di
garanzia dei diritti sociali del cittadino sono specificate con riferimento al
suo ruolo di intervento e di tutela di interessi individuali e diffusi, oltre
che di promozione della partecipazione del volontariato, dell'associazionismo
di impegno sociale, nonché di forme di coinvolgimento, tramite apposite
convenzioni, del ruolo e dell'azione degli enti del patronato che, con i
segretariati sociali, dovranno altresì predisporre programmi formativi, di
informazione e di monitoraggio per una valutazione quantitativa e qualitativa
dei servizi e delle prestazioni esigibili.
Proposta di legge
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1 (Finalità)
1. In attuazione degli articoli 2, 3 e 38 della
Costituzione, la presente legge ha il fine di assicurare il soddisfacimento dei
bisogni fondamentali della persona mediante un sistema integrato di interventi
e servizi, anche con riferimento al patto internazionale relativo ai diritti
economici, sociali e culturali, adottato ed aperto alla firma a New York il 16
dicembre 1966 e ratificato dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881.
2.
Gli interventi e i servizi di cui al comma 1, che devono ispirarsi al
principio di unitarietà, sono funzionali a:
a) eliminare o ridurre le condizioni di disagio e di
povertà legate a patologie, a limitazioni funzionali, a inadeguatezze di
reddito, a difficoltà umane, mediante interventi di promozione della salute
individuale e sociale, forme di tutela economica, forme di sostegno psico-sociale
e di promozione umana al fine di sviluppare l'autonomia delle persone e la loro
partecipazione alla vita sociale;
b)
realizzare adeguati processi informativi e formativi, tendenti a sviluppare
l'autonomia della persona, la valo-rizzazione delle risorse individuali e
familiari, lo sviluppo dei rapporti sociali.
3. La promozione delle persone, in attuazione del precetto
costituzionale secondo cui la Repubblica garantisce i diritti della persona sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,
comporta, accanto alla tutela del singolo, anche la soddisfazione dei bisogni
collettivi, la promozione e il miglioramento delle condizioni di vita e di
sviluppo, della famiglia e della comunità locale.
Art. 2 (Diritti e doveri)
1. Ai bisogni fondamentali della persona, come individuati
all'articolo 1, corrispondono diritti individuali e sociali che la comunità
deve riconoscere e attuare.
2. I soggetti di cui agli articoli 7, 20 e 25, hanno
l'obbligo di realizzare un organico sistema di servizi per rendere
concretamente esigibili i diritti, sia sollecitando le responsabilità
personali, sia promuovendo le solidarietà familiari e comunitarie, sia
organizzando i servizi e prevedendo risorse adeguate sul piano programmatorio
professionale e gestionale.
3.
Gli interventi e i servizi si realizzano, tenuto conto delle risorse disponibili:
a) sul piano generale, predisponendo un programma che
definisce le priorità dei bisogni a cui dare risposta su scala locale,
regionale e nazionale;
b) sul piano operativo realizzando analisi
personalizzate della condizione di bisogno, sulla base di criteri predefiniti,
evitando erogazioni meccanicamente collegate alla semplice appartenenza a
categorie giuridiche o basate su meri accertamenti formali.
Art. 3 (Unitarietà degli interventi)
1. L'attuazione dei diritti di cui all'articolo 2 è
garantita mediante politiche ed interventi coordinati nei vari settori della
vita sociale, al fine di realizzare risposte unitarie e globali ai bisogni
delle persone.
2. AI fine di cui al comma 1 gli interventi devono
essere integrati fra loro per ottimizzare l'efficacia delle risorse investite
ed evitare:
a) la sovrapposizione delle
competenze; b) la frammentazione delle risposte;
c) la settorializzazione
delle prestazioni.
3. Per realizzare l'unitarietà degli interventi i
servizi alle persone devono essere improntati sulla metodologia del lavoro per
progetti verificando sistematicamente i risultati in termini di efficacia e di
efficienza.
Art. 4 (Sistema dei servizi alla persona)
1. II sistema dei servizi alla persona, di seguito
denominato «sistema dei servizi», è comprensivo dei servizi di assistenza
sociale e sanitaria e si articola in tre livelli istituzionali: locale,
regionale e nazionale.
2. II sistema dei servizi opera con riferimento a
funzioni di promozione, prevenzione, cura e riabilitazione, alle quali sono
destinate adeguate risorse specificamente vincolate. Per ogni livello del
sistema, nell'ambito delle specifiche competenze, è previsto un centro
unitario di decisione.
3. In attesa di una organica revisione dell'assetto
istituzionale dello Stato, facendo salva l'autonoma determinazione delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, lo Stato e gli enti
locali, nell'ambito delle diverse competenze, conformano le proprie strutture
organizzative alle finalità di cui alla presente legge, in modo da garantire
l'unitarietà dei processi decisionali e l'integrazione degli apparati.
Art. 5 (Progetti assistenziali)
1. Gli interventi a favore dei soggetti in stato di
bisogno sono organizzati in un progetto assistenziale unitario, comprensivo
delle eventuali erogazioni economiche, tendente alla soluzione dei problemi
causa del bisogno, nonché al potenziamento e allo sviluppo delle risorse
individuali necessarie per il superamento della dipendenza assistenziale.
Art. 6 (Fruitori del sistema dei servizi)
1. Sono titolari del diritto di usufruire del sistema
dei servizi tutti i cittadini e gli stranieri appartenenti a Stati membri
dell'Unione europea.
2. Hanno diritto ad usufruire del sistema dei servizi
anche i soggetti non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, nel caso
di tutela ed attuazione dei diritti umani e sociali fondamentali, con le
modalità ed i limiti definiti dalla legislazione nazionale e da apposite leggi
regionali, nel rispetto dei patti internazionali.
TITOLO Il
SISTEMA DEI SERVIZI
Capo I
SISTEMA DEI SERVIZI A LIVELLO LOCALE
Sezione I
FONDAMENTI
ISTITUZIONALI E GESTIONALI
Art. 7 (Titolarità delle funzioni a livello locale)
1. Nell'ambito dei servizi alla persona di cui
all'articolo 4, il comune è titolare di tutte le funzioni amministrative
relative ai medesimi che non siano espressamente riservate alle regioni, alle
province autonome di Trento e di Bolzano e allo Stato.
2. I comuni esercitano le titolarità loro attribuite
in via esclusiva e congiunta, in ambiti territoriali adeguati, definiti dalla
regione, ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
3. I comuni gestiscono i servizi alla persona
mediante le aziende di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, che assumono la denominazione di
aziende per i servizi alla persona (ASP) nonché delle aziende ospedaliere di
cui all'articolo 4 dello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992, e
successive modificazioni.
Art. 8 (Organi dell'azienda per i servizi alla
persona)
1.
Gli Organi dell'azienda per i servizi alla persona (ASP) sono:
a) l'assemblea dei sindaci;
b) il direttore generale;
c) il collegio dei revisori
dei conti.
Art. 9 (Assemblea dei sindaci)
1.
L'assemblea dei sindaci dell'ASP ha il compito di: a) approvare il piano di
zona, di cui all'articolo 15; b) approvare il bilancio di esercizio;
c)
verificare la corretta attuazione delle attività;
d)
nominare il direttore generale;
e)
provvedere all'eventuale e motivata rimozione del direttore generale;
f)
definire il concorso finanziario dei comuni, da assegnare all'ASP, per la
realizzazione del piano di zona;
g)
negoziare con la regione la dotazione finanziaria da assegnare all'ASP;
h)
definire gli ambiti territoriali dei distretti di cui all'articolo 12.
2. L'assemblea dei sindaci, in cui i singoli sindaci
possono farsi rappresentare da un componente della giunta comunale, determina,
con proprio regolamento, le modalità di funzionamento dell'assemblea stessa,
che è presieduta dal sindaco del comune avente il maggior numero di abitanti.
Art. 10 (Direzione dell'azienda peri servizi alla
persona)
1. Sono attribuite al direttore generale dell'ASP le
funzioni che non sono riservate all'assemblea dei sindaci ai sensi
dell'articolo 9.
2. II direttore generale ha la rappresentanza legale
dell'ASP; nomina il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il
direttore sociale, che lo coadiuvano nella direzione dell'azienda.
3. I dirigenti di cui al comma 2 sono assunti con contratto
di diritto privato, quinquennale e rinnovabile; non possono avere superato il
sessantacinquesimo anno di età, devono possedere requisiti specifici di titolo
di studio e d'esperienza nei rispettivi settori di competenza, ovvero
amministrativo, sanitario e sociale.
4. AI collegio dei revisori dei conti dell'ASP si
applicano le disposizioni previste in materia dal decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
Art. 11 (Direzione dell'azienda ospedaliera)
1. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera, di
cui al comma 3 dell'articolo 7, hanno la stessa struttura organizzativa,
escluso il direttore sociale, prevista per I'ASP istituita nel loro ambito
territoriale.
Art. 12 (Articolazione delle aziende per i servizi
alla persona)
1. Le ASP sono organizzate in due ambiti: quello dei
servizi residenziali e quello dei servizi territoriali; entrambi gli ambiti
devono garantire integrazione e continuità nei processi assistenziali.
2.Appartengono all'ambito dei servizi residenziali
gli ospedali e le altre strutture residenziali socio-assistenziali, sociali a
rilievo sanitario e sanitarie, aventi almeno sessanta posti letto.
3. Appartengono all'ambito dei servizi territoriali
tutti i servizi non elencati al comma 2, compresi quelli residenziali, con
meno di sessanta posti letto.
4. I servizi territoriali sono organizzati per
distretti, diretti da un responsabile; ad essi sono assicurate risorse adeguate
all'attuazione dei compiti istituzionali.
Art. 13 (Consiglio degli operatori)
1. II consiglio degli operatori delle ASP svolge le
funzioni già esercitate dal consiglio dei sanitari ed è costituito in modo
paritario da figure professionali aventi responsabilità dirigenziali in ambito
sanitario e sociale.
Art. 14 (Risorse finanziarie)
1.
La dotazione finanziaria dell'ASP è costituita dai trasferimenti effettuati da
parte di tutti i soggetti titolari di funzioni inerenti il sistema dei
servizi, ovvero comuni, regioni, province autonome e Stato.
2. II finanziamento eccedente la dotazione finanziaria
assegnata all'ASP necessario per raggiungere il pareggio del bilancio, si
realizza anche mediante l'adozione di provvedimenti da parte dei comuni che
compongono l'assemblea dei sindaci, quando le spese in esubero sono state
previste in sede di approvazione del bilancio di esercizio. In tale caso i
comuni hanno facoltà di incrementare le aliquote delle imposte comunali fino
al raggiungimento della cifra necessaria, tenuto conto anche della
partecipazione alla spesa degli utenti di cui all'articolo 27.
3. In sede di approvazione del piano di zona di cui
all'articolo 15 sono definiti i criteri di ripartizione della spesa a carico
di ciascun comune.
Sezione II
ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI
Art. 15 (Piano di zona)
1. II piano di zona, in attuazione delle leggi
nazionali e regionali, specifica gli indirizzi strategici dell'ASP a tutela dei
diritti della popolazione ed individua gli strumenti per realizzare gli
obiettivi e regolare il funzionamento dei servizi.
2. La partecipazione di altre amministrazioni
pubbliche alla elaborazione e all'attuazione del piano di zona avviene tramite
la sottoscrizione di uno specifico accordo di programma, promosso dal
presidente dell'assemblea dei sindaci ai sensi dell'articolo 27 della legge 8
giugno 1990, n. 142. Con tale accordo sono individuati, altresì, nelle varie
forme convenzionali, gli strumenti mediante i quali anche i soggetti non
pubblici collaborano all'attuazione del piano.
Art. 16 (Criteri per la programmazione degli
interventi)
1.
Con il piano di zona di cui all'articolo 15, nel quadro della programmazione
regionale, sono individuati:
a) la tipologia dei servizi
alla persona;
b) i modelli organizzativi e
di funzionamento; c) gli standard quantitativi e qualitativi;
d) le risorse strutturali,
professionali ed economiche;
e)
le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e prestazioni;
f) le modalità per realizzare il coordinamento con
gli organi periferici delle amministrazioni statali nonché con gli altri enti
pubblici interessati;
g) le forme di collaborazione dei servizi
territoriali con i soggetti operanti nell'ambito della solidarietà sociale a livello
locale e con le altre risorse della comunità;
h)
le forme di rilevazione dei dati nell'ambito del sistema informativo regionale.
2.
In sede di predisposizione del piano di zona si deve, inoltre, avere cura di:
a)
favorire la formazione di sistemi locali di interventi fondati su servizi e
prestazioni complementari e flessibili;
b)
corresponsabilizzare i cittadini nella programmazione nella verifica dei
servizi;
c)
qualificare la spesa, attivando risorse che permettano di offrire servizi e
prestazioni diversificate;
d) prevedere iniziative di formazione e aggiornamento
degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi con
risorse vincolate a tale scopo.
Art. 17 (Servizi essenziali)
1. I livelli di assistenza da assicurare in condizioni
di uniformità sul territorio nazionale e i relativi finanziamenti di parte corrente e in conto capitale sono stabiliti
contestualmente per i servizi di assistenza sociale e sanitaria con il Piano
sanitario nazionale di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, che assume la denominazione di Piano
nazionale dei servizi alla persona, ai sensi dell'articolo 25 della presente
legge.
2. Nella programmazione locale e nella destinazione
delle risorse, tenuto conto di quanto previsto dalla legge 23 dicembre 1978, n.
833, deve essere data priorità alla realizzazione e al funzionamento dei
servizi alla persona, con riferimento alle seguenti aree:
a)
l'informazione ai cittadini per favorire la conoscenza e l'esigibilità dei
diritti;
b) il sostegno alle famiglie, in particolare a quelle
con difficoltà economiche, di relazione e con difficoltà derivanti da gravi
carichi assistenziali;
c)
il sostegno delle persone non autosufficienti quali minori, anziani,
handicappati ed inabili;
d) il recupero di persone affette da dipendenza da
sostanze tossiche, psicotrope e droghe e di persone con problemi di devianza;
e)
il superamento delle condizioni di povertà e di emarginazione;
f) la promozione culturale e di competenze sociali
tali da ridurre gli svantaggi ed agevolare la partecipazione sociale.
3. In particolare, in ogni ASP devono essere
realizzati, nei relativi distretti, i seguenti servizi essenziali:
a)
segretariato sociale; b) pronto intervento;
c)
erogazione dell'assegno di minimo vitale, di cui all'articolo 18;
d)
servizio consultoriale,-di mediazione e di sostegno alla famiglia;
e)
servizio domiciliare;
I)
servizi di accoglienza e di riabilitazione diurni e residenziali;
g)
servizio psico-socio-educativo per la prima infanzia e l'età evolutiva.
Art. 18 (Minimo vitale)
1. II cittadino maggiorenne che, per ragioni
indipendenti dalla propria volontà, non raggiunga la soglia di reddito minimo,
determinato dalle regioni e dalle province autonome comunque in misura non
inferiore all'entità dell'assegno sociale stabilita in sede nazionale, ove non
abbia possibilità di usufruire di un adeguato sostegno economico sulla base
della normativa vigente per i soggetti tenuti agli alimenti, ha diritto ad un
assegno di minimo vitale, ovvero ad una integrazione economica per raggiungere
il livello di cui al presente comma.
2. Nel caso in cui il cittadino di cui al comma 1
abbia a carico figli minori, la soglia di reddito minimo viene elevata sulla
base di un parametro familiare fissato su scala nazionale
Art. 19 (Globalità e integrazione)
1. AI fine di salvaguardare l'unitarietà della
persona e del nucleo familiare deve essere assicurata la programmazione
coordinata ed integrata tra le varie istituzioni interessate al funzionamento
del sistema dei servizi alla persona, nonché tra servizi diversi a valenza
sociale, sanitaria, culturale, educativa, scolastica, occupazionale, di tempo
libero, della giustizia e degli altri organi periferici dello Stato.
2.
Nel piano di zona di cui all'articolo 15, devono essere coinvolti i diversi
soggetti istituzionali e sociali presenti
e
operanti a livello locale, in modo da assicurare l'adeguato coordinamento
delle responsabilità e delle risorse. 3. I modelli e gli strumenti per assicurare
l'integrazione sono individuati nei piani regionali e zonali, garantendo al
singolo utente ed alla famiglia unitarietà e globalità dell'intervento nelle
sue diverse fasi: analisi del bisogno, predisposizione del progetto, sua
attuazione, verifica e valutazione.
Capo Il
SISTEMA DEI SERVIZI A LIVELLO INTERMEDIO
Art. 20 (Competenze della regione e delle province
autonome)
1. La regione o la provincia autonoma, in attuazione
dei compiti indicati dalla Carta costituzionale, svolge tutte le funzioni previste
dalla legislazione vigente in materia ed, in particolare, è di sua competenza:
a) la definizione dei criteri per la definizione
degli ambiti territoriali relativi a ciascuna ASP, tenendo presenti le
condizioni socio-economiche, le tradizioni storiche e culturali e le
caratteristiche morfologiche del territorio al fine di garantire il rapporto
ottimale tra domanda e offerta dei servizi, la partecipazione dei cittadini e
la razionalizzazione del rapporto fra efficacia ed efficienza;
b)
lo svolgimento delle funzioni di programmazione ai sensi dell'articolo 3 della
legge 8 giugno 1990, n. 142;
c) la definizione dei criteri e delle procedure per
la formazione degli atti e degli strumenti per la programmazione delle ASP;
d)
la definizione del sistema informativo dei servizi alla persona;
e)
la definizione dei criteri per l'assegnazione delle dotazioni finanziarie alle
ASP;
t) la predisposizione degli strumenti e definizione
delle modalità per il monitoraggio dell'andamento della gestione delle ASP e per
la verifica dell'attuazione del piano poliennale dei servizi alla persona;
g) la definizione degli standard strutturali,
organizzativi e funzionali relativi ai servizi, nonché le funzioni di controllo
e vigilanza da esercitare da parte delle ASP;
h) la definizione delle priorità formative per
garantire nelle ASP la presenza di personale qualificato con titoli di Stato o
con qualifiche regionali, fissando i termini per l'adeguamento agli standard
di cui alla lettera g);
i) la definizione delle modalità di accreditamento
dei soggetti privati che intendono collaborare nella realizzazione dei servizi
alla persona, estendendo anche ai servizi di assistenza sociale gli istituti e
le procedure di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n
502, e successive modificazioni;
l) la definizione del regime di autorizzazione e
controllo dei servizi alla persona;
m) la predisposizione dei criteri generali in ordine
alla collaborazione con i soggetti privati;
n) la costituzione dell'osservatorio di cui
all'articolo 21; o) la prestazione di interventi di primo soccorso in caso di
emergenze insorte nell'ambito regionale o provinciale. 2. Le regioni e le
province autonome esercitano tutte le funzioni amministrative già attribuite
dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dalla legge
23 dicembre 1978, n. 833, e dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, fatta eccezione per le funzioni attribuite ai comuni
ed alle province dalla presente legge.
3.
Gli enti di cui al comma 2, nel definire i criteri e le procedure per la
formazione e l'attuazione degli atti e degli strumenti della programmazione
sociale locale, assicurano la partecipazione e il coinvolgimento di tutti i
soggetti interessati a concorrere sia alla definizione degli obiettivi sia alla
determinazione delle modalità e delle risorse necessarie per raggiungere tali
obiettivi.
Art 21 (Organi di supporto all'attività del sistema
dei servizi)
1. La regione e la provincia autonoma, per favorire
lo sviluppo del sistema dei servizi e promuoverne la qualificazione,
realizzano:
a)
l'osservatorio sul sistema dei servizi;
b) l'ufficio per la tenuta dei registri e degli albi regionali; c) i
servizi di supporto alle attività degli enti locali;
d)
un ufficio ispettivo.
2. In caso di particolari bisogni o problemi non
risolvibili in ambito territoriale locale, la regione o la provincia autonoma
attua i necessari interventi e servizi.
Art. 22 (Risorse regionali)
1. II fondo regionale per i servizi alla persona è
costituito dal prelievo fiscale regionale e dalle quote del fondo nazionale
attribuite alle regioni, di cui all'articolo 26.
Art. 23 (Controlli regionali)
1. Le regioni e le province autonome svolgono una
ordinaria attività di vigilanza sul rispetto degli standard strutturali e di
funzionamento dei servizi alla persona e sull'effettiva attuazione dei piani
di zona.
2. Per l'esercizio delle funzioni di controllo e
vigilanza sulle attività svolte da soggetti diversi dalle ASP, gli enti interessati
si avvalgono delle stesse ASP.
Art. 24 (Supporti alla programmazione locale da parte
delle province)
1. Le province promuovono la formazione e la realizzazione
della programmazione dei servizi alla persona in particolare attraverso:
a) la raccolta delle conoscenze sui bisogni e sulle
risorse acquisite dai comuni e da altri soggetti istituzionali presenti in
ambito provinciale;
b) la sistematizzazione ed integrazione dei dati, con analisi mirate su
specifici fenomeni;
c)
forme di verifica e valutazione degli interventi e dei servizi considerati in
ambito provinciale;
d) la realizzazione di opere e la messa a
disposizione di beni per la realizzazione di servizi di interesse sovracomunale;
e)
l'assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali relativamente alla
realizzazione dei servizi;
f) la realizzazione di iniziative di formazione, con
particolare riguardo alla formazione professionale di base necessaria per il
funzionamento dei servizi.
2. L'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 è
finalizzato anche alla realizzazione dei compiti previsti dall'articolo 15
della legge 8 giugno 1990, n. 142, con riferimento agli strumenti della
programmazione locale.
3. La provincia partecipa, per quanto di propria
competenza, alla definizione ed attuazione dei piani di zona dei servizi alla
persona, sottoscrivendo un accordo di programma ai sensi dell'articolo 27
della legge 8 giugno 1990, n. 142.
4. In deroga a quanto previsto dall'articolo 14 della
legge 8 giugno 1990, n. 142, è esclusa la gestione diretta di servizi alla
persona da parte delle province. È abrogato l'articolo 5 del decreto-legge 18
gennaio 1993,
n. 9, convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67.
Capo II
SISTEMA DEI SERVIZI A LIVELLO NAZIONALE
Art. 25 (Piano nazionale dei servizi alla persona)
1. II piano nazionale dei servizi alla persona,
sostitutivo del piano di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, è predisposto da un comitato di
coordinamento interministeriale istituito presso la Presidenza del Consiglio
dei ministri e composto dai Ministri per la solidarietà sociale, della sanità e
del tesoro. II piano è approvato con le modalità di cui al citato articolo 1
del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni.
Art. 26 (Fondo dei servizi alla persona)
1. Il fondo nazionale dei servizi alla persona è
costituito mediante il prelievo fiscale e ad esso affluiscono le somme
destinate a finalità di assistenza sanitaria e sociate presenti nei bilanci
dei vari Ministeri.
Art. 27 (Partecipazione alla spesa)
1. I cittadini utenti e le loro famiglie sono
chiamati a contribuire alle spese di funzionamento dei servizi istituiti dalla
presente legge sulla base di criteri fissati dalla normativa regionale e
nazionale, distinguendo tra la copertura mediante le risorse finanziarie delle
ASP e le contribuzioni lasciate alla responsabilità individuale dell'utente.
2. In particolare, i criteri relativi alla
partecipazione alla spesa concernenti i ricoveri in strutture residenziali di
persone non autosufficienti non possono differire da quelli eventualmente
stabiliti per i ricoveri ospedalieri.
Capo IV
COINVOLGIMENTO Di ALTRI SOGGETTI NEL SISTEMA DEI SERVIZI
Art. 28 (Partecipazione solidale al sistema dei
servizi)
1. Tutti i cittadini, nel quadro dei diritti e doveri
di solidarietà sociale, sono chiamati a collaborare alla costruzione e alla
concreta attuazione del sistema dei servizi di cui alla presente legge, per
consentire risposte efficaci ai bisogni fondamentali delle persone, che la sola
efficienza del sistema non può garantire autonomamente.
2. AI fine di cui al comma 1, l'impegno solidaristico
si attua nelle varie forme della solidarietà organizzata, che si esprime
attraverso l'impegno dell'associazionismo sociale, delle organizzazioni di
volontariato, di organismi di assistenza senza finalità di lucro, della
cooperazione sociale, dei patronati e dei soggetti di tutela dei diritti del
cittadino e della famiglia e di ogni altra forma di mutualismo, di aiuto e di
promozione umana.
Art. 29 (Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza)
1. II Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro
per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell'interno e per la
funzione pubblica e gli affari regionali, un decreto legislativo contenente
norme per la revisione del regime delle istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza (IPAB) prevedendo:
a) la trasformazione in associazioni o fondazioni di
diritto privato o in istituzioni. di cui all'articolo 22 della legge 8, giugno
1990, n. 142, avuto riguardo alla originé ed alle
finalità delle IPAB, quale
risulta dalla tavola di fondazione e dagli statuti degli istituti stessi;
b) la garanzia della destinazione dei patrimoni
secondo le originarie finalità, adeguate, se necessario, alle attuali esigenze.
Art. 30 (Collaborazione di soggetti collettivi nel
sistema dei servizi)
1. I soggetti collettivi di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo
28 che collaborano alla produzione dei servizi di cui alla presente legge, nel
quadro dei piani di zona, sono autorizzati dalle ASP a svolgere attività di
servizio, sulla base della verifica di requisiti di idoneità e di standard di
qualità.
2. L'autorizzazione di cui al comma 1 può essere data
in via esclusiva per un determinato territorio in ragione della particolarità
del servizio o con formule di accreditamento, che consentano la libera scelta
dell'utente. L'autorizzazione può essere revocata per inadempimento in entrambi
i casi. Gli obblighi e i diritti dei soggetti interessati sono definiti con
apposite convenzioni.
TITOLO III
GARANZIE NEL
SISTEMA DEI SERVIZI
Art. 31 (Esigibilità dei diritti)
1.
Le leggi regionali e delle province autonome devono prevedere:
a)
le forme e i tempi per l'attuazione dei servizi essenziali;
b) le modalità attraverso cui il cittadino può
esigere la costituzione dei servizi e la erogazione delle prestazioni previste
dalla normativa regionale;
c)
le sanzioni per le eventuali inadempienze dei responsabili e degli operatori.
2. Le caratteristiche dei servizi, la loro
esigibilità, i livelli qualitativi degli stessi sono indicati nella carta dei
servizi di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27
gennaio 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 1994,
che deve essere adottata da ogni ASP sulla base dello schema generale di
riferimento della carta dei servizi pubblici sanitari che deve essere riformulata
in relazione alle disposizioni della presente legge.
3. Ai fini della esigibilità dei diritti e della
valutazione quantitativa e qualitativa degli stessi, presso i segretariati
sociali ed attraverso gli enti di patronato di cui all'articolo 34, comma 2,
sono predisposti programmi formativi, di informazione e di monitoraggio.
Art. 32 (Attività sostitutive della regione)
1. La giunta regionale o delle province autonome, in
casi eccezionali, può intervenire per assicurare la messa in atto del sistema
dei servizi quando gli enti locali responsabili omettono di adottare gli atti
fondamentali per la costituzione e il funzionamento del sistema dei servizi e
le ASP non li realizzano.
2. La regione o la provincia autonoma, con provvedimento
del presidente della rispettiva giunta, previa deliberazione della stessa
giunta e dopo aver provveduto a formale diffida, nomina un commissario ad acta
per lo svolgimento delle funzioni omesse.
Art. 33 (Attività di controllo da parte dello Stato)
1. In caso di mancata approvazione dei piani
regionali dei servizi alla persona entro i termini fissati dal piano nazionale
di cui all'articolo 25, la regione o la provincia autonoma interessata è
sollecitata ad approvare il rispettivo piano nel termine di quattro mesi.
Decorso inutilmente tale termine, è sospesa la erogazione della quota del
fondo nazionale di cui all'articolo 26, fino all'avvenuta approvazione.
Art. 34 (Servizio per la garanzia dei diritti sociali
del cittadino)
1. In ogni regione e provincia autonoma è istituito
un servizio per la garanzia dei diritti sociali del cittadino con il compito
di:
a) svolgere azioni per la tutela dei diritti dei
singoli o degli interessi diffusi sul piano sanitario, socio-assistenziale e
degli altri diritti sociali fondamentali, anche attraverso la possibilità di
adire alla autorità giudiziaria;
b)
verificare la corretta predisposizione dei piani di zona;
c)
verificare l'efficace attuazione dei servizi alla persona;
d) intervenire in situazioni particolari la cui
soluzione abbia riflessi positivi per una più vasta area di cittadini
interessati dal medesimo problema;
e) concorrere allo sviluppo della partecipazione
popolare nonché alla realizzazione di una adeguata informazione dei cittadini
circa l'ubicazione, il funzionamento e la concreta esigibilità dei servizi e
delle prestazioni;
1)
controllare la trasparenza dei comportamenti delle istituzioni.
2. II servizio per la garanzia dei diritti sociali
del cittadino, ai fini della tutela dei diritti soggettivi e collettivi previsti
nell'ambito della presente legge, si avvale degli Istituti di patronato di cui
al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n.
804, stipulando con gli stessi apposite convenzioni, sulla base di criteri di
capillarità della presenza territoriale e di qualificazione del loro operato.
L'attività di tutela si esercita attraverso istanze rivolte agli organi delle
ASP preposti ai diversi livelli di gestione dell'azienda, attraverso il ricorso
in un'unica istanza al garante regionale, di cui al comma 4, in casi di diniego
o di provvedimenti insoddisfacenti, ed in ultima istanza attraverso la tutela
legale nell'azione giudiziaria.
3. II servizio di garanzia ha inoltre l'obbligo di
inviare ogni anno una relazione al consiglio regionale o della provincia
autonoma, sui problemi emergenti nella zona di propria competenza e
sull'andamento dei servizi, nonché la possibilità di segnalare al consiglio
stesso, in ogni momento, problemi e disfunzioni. Ha anche la possibilità di
svolgere udienze ed indagini conoscitive convocando i responsabili dei servizi,
delle associazioni e i cittadini utenti. II servizio di garanzia ha altresì il
compito di indicare alle ASP modalità operative e di riorganizzazione dei
servizi, nonché di prescrivere l'erogazione di servizi e prestazioni a singoli
cittadini, in accoglimento dei ricorsi collettivi o individuali di cui al
comma 2.
4. II servizio è diretto dal garante dei diritti
sociali del cittadino, il quale è nominato dal consiglio regionale o della
provincia autonoma, con la maggioranza dei due terzi dei partecipanti e dura in
carica tre anni. II garante può nominare suoi rappresentanti in ambito
provinciale. La regione struttura il servizio su base provinciale e definisce
le modalità di esercizio della responsabilità del servizio a tale livello. La
regione assicura i mezzi finanziari e stabilisce le modalità di finanziamento
del servizio proprio e convenzionato, ove opportuno, anche attraverso il cancorso
degli utenti non bisognosi di assistenza gratuita.
5. Presso la sede regionale del servizio è costituita
una consulta regionale o della provincia autonoma in cui sono rappresentati i
soggetti di cui agli articoli 28 e 34, comma 2.
(*) La proposta di legge n. 2743 "Legge
quadro sul sistema dei servizi alla persona" è stata presentata alla
Camera dei deputati dagli On. Lucà, Giovanni Bianchi, Chiusoli, Lucidi,
Maselli, Stellati, Saonara, Riva, Bova, Gambale e Rogna. La relazione e
l'articolato, tratti da una elaborazione predisposta dalla Caritas italiana e dalla
Fondazione Zancan, sono praticamente uguali ai contenuti della proposta di
legge n. 2752 "Legge quadro sul sistema dei servizi alla
persona" presentata alla Camera dei deputati il 25 novembre 1996 dagli
On. Jervolino, Russo, Mattarella, Carotti, Giovanni Bianchi, Fioroni, Polenta e
Gambale, e del disegno di legge n. 2062 "Legge quadro sul sistema dei
servizi alle persone" depositato al Senato della Repubblica in data 30 gennaio
1996 dalla
Sen. Ersilia Salvato.
www.fondazionepromozionesociale.it