RICHIESTA DI MODIFICHE DELLA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP
In data 12 maggio 1997 le seguenti organizzazioni:
AIAS, AISM, ANFFAS, Associazione Papa Giovanni XXIII, Associazione Persone
Down, Associazione Willy, ASVAP 5, GRH, Lega per il diritto al lavoro, Lega
per l'emancipazione, LILA di Casale sul Sile (TV), Medicina Democratica, ULCES
e UTIM hanno indirizzato all'On. Livia Turco, Ministro per la solidarietà
sociale, la seguente lettera: «Si invia
la presente proposta di modifica degli artt. 9 e 10 della legge 5 febbraio 1992
n. 104 "Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate" al fine di sollecitare la Sua attenzione
sulla necessità e l'urgenza di una legge che renda obbligatorio per gli enti
locali l'istituzione di quanto è stato previsto nella legge su citata solo come
facoltativo.
«Sono
passati più di cinque anni dall'entrata in vigore della legge 104/1992 e, a
tutt'oggi, si registra nel nostro territorio una grande carenza dei servizi
indispensabili per le persone handicappate con limitata o nulla autonomia.
«Salvo rare
eccezioni vi è infatti un livello di prestazioni insufficienti e disomogenee
che richiedono un preciso impegno da parte del Ministero della solidarietà
sociale.
«Confidiamo
pertanto in una Sua attenta valutazione del nostro contributo, che speriamo di
poter commentare in un incontro».
TESTO DELLE PROPOSTE DI
MODIFICA DELLA LEGGE 104/1992 (*)
La legge 104/92 "Legge
quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate"
introduce due importanti temi e precisamente:
- il servizio di aiuto personale (art
9);
- gli interventi a favore di persone
con handicap in "situazione di gravità" (art 10) (1).
Come tutti ormai sanno, la legge quadro non prevede
però l'obbligatorietà della istituzione dei servizi di cui sopra da parte
degli Enti locali preposti. Ne consegue che sono enormi le disparità di offerta
di servizi esistenti sul territorio nazionale, con maggior ricorso al ricovero
in istituto, come unica soluzione possibile, laddove la famiglia e la persona
handicappata non possono usufruire di centri diurni assistenziali o di un
servizio di aiuto alla persona.
Per tali ragioni le Associazioni firmatarie chiedono
alla Commissione affari sociali la seguente legge di modifica:
Art. 1 - Prestazioni di sostegno alla singola persona
o al nucleo familiare
Gli
articoli 9 e 10 della legge 104/1992 sono così modificati:
1.1 -
Assistenza economica, finalizzata ad
assicurare il minimo vitale alle persone handicappate che, non potendo
accedere ad una vita lavorativa, non dispongano di un reddito sufficiente per
vivere autonomamente. Per la determinazione del minimo vitale, non si tiene
conto dell'indennità di accompagnamento.
1.2 -
Assistenza domiciliare e personale, attuata
mediante la creazione di servizi specifici attraverso la concessione al
soggetto handicappato di un contributo economico. II servizio di assistenza
domiciliare e di aiuto personale vanno assicurati ogni qualvolta sia possibile
(attraverso la loro erogazione) prevenire o sostituire la richiesta di
ricovero della persona handicappata, che, a causa della mancanza di autonomia e
autosufficienza personale non potrebbe altrimenti continuare a vivere a casa
propria.
Qualora l'Ente locale non sia in grado di erogare i
servizi di assistenza domiciliare e di aiuto personale (in proprio o in
convenzione) transitoriamente, e comunque fino alla loro istituzione, viene
assicurato alla persona handicappata un contributo tenuto conto dei bisogni
determinati dal grado di autonomia e autosufficienza accertati dalla
commissione di cui all'art. 3 della legge 104/92, può essere corrisposto fino
ad un importo pari ai 2/3 di una retta di ricovero mediamente versata dall'Ente
locale per il ricovero in una struttura residenziale assistenziale.
Priorità che sarà data ai soggetti aventi un reddito
inferiore al livello del minimo vitale che dovrà essere stabilito dalle
Regioni entro e non oltre 90 giorni dall'approvazione delle presenti norme.
Commento punti 1.1 e 1.2
1.1 - In assenza
di una legge quadro sull'assistenza si assume a riferimento l'art. 38 della
Costituzione - secondo comma - in base al quale lo Stato deve assicurare
assistenza solo agli inabili e sprovvisti di mezzi di sussistenza. Si auspica la definizione a livello
nazionale (legge di riforma dell'assistenza), dell'importo del minimo vitale e
dei criteri di definizione dello stesso che dovranno essere stabiliti con
normativa regionale, ma in modo tale da assicurare condizioni di vita dignitosa
a chi è sprovvisto - temporaneamente o definitivamente - dei mezzi di
sussistenza.
È compito dei servizi assistenziali accertare redditi e patrimoni degli
utenti, che richiedono gli interventi di cui sopra, avvalendosi di tutti gli
strumenti di accertamento di cui hanno facoltà.
1.2 - In specifico
per quanto riguarda il servizio di aiuto alla persona, i riferimenti assunti
sono i seguenti:
a) viene previsto anche l'opportunità di erogare un contributo, in
sostituzione del servizio di aiuto alla persona, laddove ciò non sia
facilmente organizzabile da parte dell'ente pubblico, in proprio o avvalendosi
del supporto di enti convenzionati. La verifica spetta sempre ai servizi
socio-assistenziali, che elaborano il progetto, d'intesa con il diretto
interessato o con i familiari (anche adottivi o affidatari) o con eventuali
terze persone;
b) si prevede l'erogazione del contributo fino ai due terzi di una retta
di ricovero in istituto o in comunità, in quanto mantenere I'handicappato a
domicilio rappresenta di per sé, un notevole risparmio economico per l'Ente
locale, che deve tuttavia assicurare mezzi adeguati per poter davvero
permettere all'interessato di restare a casa propria.
Art. 2 - Interventi
di sostituzione, anche solo temporanea, del nucleo familiare ove le iniziative
previste al punto precedente risultino assolutamente impraticabili
2.1 - Segnalazione all'autorità giudiziaria per minori handicappati privi di
assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a
provvedervi, compresi quelli ricoverati in istituti di assistenza: si rimanda a
quanto previsto dalla legge 184/1983. Gli enti di volontariato e di patronato,
nonché le altre organizzazioni di tutela della popolazione e/o di specifiche
categorie, sono obbligati a segnalare le persone
che necessitano di urgenti interventi assistenziali essendo privi dei mezzi
necessari per vivere. La segnalazione deve essere fatta immediatamente e per
iscritto al Sindaco del luogo in cui il soggetto bisognoso si trova. Per le
persone minorenni o maggiorenni colpite da malattie croniche e da non
autosufficienza è tenuto ad intervenire, senza limiti di durata, il servizio
sanitario nazionale.
2.2 - Affidamenti familiari e inserimenti presso famiglie. Per i minori e adulti
handicappati in situazione di difficoltà non risolvibili con gli interventi di
cui ai punti precedenti e con altre prestazioni psico/sociali, gli Enti locali
assicurano la diffusione dell'affidamento familiare.
2.3 - Inserimenti in appartamenti protetti con un massimo di 4 posti per
appartamento, per soggetti handicappati in grado di autogestirsi con l'appoggio
saltuario di idoneo personale, sempre che i soggetti interessati non scelgano
l'assegnazione di alloggi individuali dell'edilizia economica e popolare.
2.4 - Inserimenti in comunità
alloggio o in case famiglia aventi una capienza massima di 8 posti, non accorpate tra
loro ed inserite in normali contesti sociali ed abitativi. II fabbisogno
presunto è di almeno 1 comunità ogni 30.000 abitanti, tenuto conto delle
specificità del singolo territorio.
Per l'attuazione del presente
punto si rimanda tra l'altro a quanto previsto dal primo comma dell'art. 4
della legge 17 febbraio 1992, n. 179 "Norme per l'edilizia residenziale
pubblica"; all'art. 31 della legge 104/1992; agli stanziamenti previsti
dall'art. 42 della legge 104/1992.
2.5 - Inserimento in case famiglie ovvero comunità di tipo familiare guidate da figure
stabili di riferimento - coppia di coniugi o volontari a tempo pieno - nelle
quali possono trovare una risposta individualizzata persone di età e
condizione psicofisiche eterogenee accolte secondo il criterio della paternità
e maternità responsabile.
2.6 - Pronto intervento. Vanno previsti sia nelle comunità alloggio che nelle case
famiglia alcuni posti (1-2) per interventi di pronta accoglienza come supporto
temporaneo alle famiglie, e ai disabili che vivono da soli, in momenti di
particolare difficoltà.
Commento punti 2.3
- 2.4:
Il primo comma
dell'art. 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 stabilisce quanto segue:
«Le Regioni, nell'ambito delle disponibilità loro attribuite, possono
riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e
sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di
problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate, di volta in
volta, dalle Regioni stesse. Per tali interventi i requisiti oggettivi e
soggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti
dalla legge 5 agosto 1978 n. 457, e successive modificazioni». .
Ne consegue che dovrebbero proprio essere le Regioni a stabilire i
criteri per la costruzione e assegnazione degli alloggi e prevedere, ad
esempio, che l'erogazione dei contributi stessi (oggi previsti per gli enti e
istituti statali, assicurativi, bancari...) siano destinati anche alle
Associazioni che concorrono alla realizzazione delle strutture di cui sopra.
Si rammentano inoltre i patrimoni IPAB (e di tutti gli Enti assistenziali
disciolti), che possono essere riconvertiti e impiegati per l'acquisto di
alloggi da destinare a comunità alloggio o appartamenti...
Art. 3 - Inserimenti in centri
diurni socio-assistenziali
I centri diurni
socio-assistenziali a valenza educativa, perseguono lo scopo di favorire la
vita di relazione di persone con grave handicap intellettivo (con età non
inferiore ai quindici anni), che a causa delle loro condizioni fisiche e
intellettive non sono in grado di svolgere con continuità attività lavorative
proficue.
Hanno accesso ai centri diurni
anche i soggetti, con deficit intellettivi pluriminorati.l centri diurni
socio-assistenziali sono aperti per almeno 5 giorni alla settimana, e per un
monte ore complessivamente non inferiore a 40. II centro è aperto 12 mesi. II
fabbisogno presunto è di almeno 1 centro diurno ogni 30.000 abitanti.
In considerazione della gravità
dei soggetti inseriti nei centri diurni assistenziali, la capienza ottimale è
di 20 utenti articolati in nuclei di attività, che considerano le diverse
autonomie dei soggetti frequentanti.
Nei centri diurni assistenziali
non vengono inseriti soggetti con handicap psichici (ad es. psicotici) di
competenza del settore sanitario.
Commento
Si fa presente che, laddove sono stati diffusi i centri diurni
assistenziali sono diminuiti sensibilmente i ricoveri in istituto di
handicappati intellettivi in situazione di gravità o, in ogni caso, sono stati
di molto ritardate le richieste da parte dei familiari.
L'istituzione dei centri diurni rappresenta quindi un investimento sia in
termine di risorse umane (I'handicappato resta maggiormente in famiglia), sia
di risorse per l'Ente locale (il centro diurno costa decisamente meno del
ricovero).
Risorse: art. 42,
L. 104/92; fondi Unione Europea; IPAB e altri enti disciolti.
Art. 4 - Obblighi dei Comuni
4.1 - Obblighi dei Comuni - I Comuni, singoli o associati, nell'ambito delle
competenze in materia di servizi socio-assistenziali, loro attribuiti dalla
Legge 8 giugno 1990 n. 142, devono entro e non oltre 24 mesi dall'entrata in
vigore della presente legge istituire i servizi di cui agli artt. 1-2-3.
Art. 5 - Norme relative alla
contribuzione degli assistiti ai servizi socio-assistenziali
Si rimanda a quanto previsto dall'art. 433 e segg. del
codice civile per cui spetta esclusivamente all'assistito chiedere contributi
economici ai propri parenti; in caso di controversia fra i congiunti, solo il
giudice può stabilire se i contributi devono essere versati dai parenti ed il
loro eventuale importo.
Ciò
premesso è stabilito quanto segue:
• divieto agli enti pubblici di
richiedere ai parenti di assistiti maggiorenni il pagamento di contributi per
prestazioni assistenziali;
• gratuità delle prestazioni per
i soggetti handicappati maggiorenni frequentanti i centri diurni e aventi un
reddito non superiore al minimo vitale (si rammenta che l'indennità di
accompagnamento non è considerata reddito ai fini del computo);
• pagamento da parte dei soggetti
ricoverati a tempo pieno delle rette di ricovero, in base al proprio reddito
personale. In questo caso l'indennità di accompagnamento spetta all'ente che
ricovera, che deve ovviamente provvedere alle necessità del soggetto.
Commento
Com'è stato affermato dal teologo don Giannino Piana (2) «.., il problema dell'handicap non può essere delegato esclusivamente
alla famiglia: reclama l'assunzione di precise responsabilità sociali,
soprattutto da parte di chi, all'interno della società è deputato alla prestazione
dei servizi socio-assistenziali».
Sulla base quindi
di un forte richiamo etico si ritiene che:
a) il figlio handicappato maggiorenne debba rispondere esclusivamente in
base al proprio reddito personale (da lavoro, da patrimonio, da pensione...);
b) la famiglia, che continua ad accoglierlo, svolge un compito
considerevole, che produce un notevole risparmio alla collettività e un
indiscusso vantaggio alla persona handicappata;
c) nel caso in cui il soggetto handicappato maggiorenne usufruisca di un
servizio assistenziale diurno (Centro diurno) concorrerà dunque alle spese
eventuali solo se in possesso di un adeguato reddito personale (o di beni).
Qualora si tratti però della sola pensione di invalidità (circa 390.000 lire al
momento attuale - 1.1.1997) è evidente che nulla sarà dovuto all'Ente che offre
il servizio, in quanto, con questa cifra irrisoria, egli non riesce nemmeno ad
assicurarsi tutto ciò che gli occorre per vivere: vitto, alloggio, indumenti...
d) se I'handicappato maggiorenne è ricoverato in una struttura
residenziale (comunità alloggio, istituto di ricovero assistenziale)
contribuisce al pagamento della retta:
• con il proprio
reddito da lavoro (o con il proprio patrimonio);
• con il versamento della pensione d'invalidità e dell'indennità
d'accompagnamento se inabile al lavoro; in questo caso sarà lasciato al
soggetto una piccola somma perle sue piccole necessità.
Da quanto sopra risulta ingiustificata la richiesta avanzata da molti
Enti locali ai familiari di handicappati maggiorenni assistiti, di
contribuzione al pagamento della retta o di parte dei servizi (mensa,
trasporto...).
Per il ruolo svolto dalla famiglia la società non solo non deve chiedere,
ma, anzi, dovrebbe cominciare a riconoscere il sacrificio a cui -
volontariamente - (3) queste famiglie si rendono disponibili.
Inoltre, si richiamano gli artt. 433 e segg. del Codice Civile, le sole
norme vigenti che regolamentano la materia degli alimenti, materia che nessuna
Regione può modificare, con proprie leggi, in quanto non fa parte dei loro
poteri. In base alle norme sopra richiamate i comportamenti attualmente
adottati dagli Enti Locali non possono che essere ritenuti illegittimi.
(*) II presente testo si è ispirato
al documento "Handicappati e società: principi e proposte da cui ripartire
con il prossimo Parlamento", pubblicato sulla rivista "Prospettive
assistenziali" n. 112, ottobre/dicembre 1995, che può essere richiesto
alla segreteria del Gruppo nazionale "Handicappati e Società", c/o
M.G. Breda, Via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011-812.44.69, fax 011812.25.95.
(1) Per situazione di gravità si
intende quanto indicato nella stessa legge all'art. 3.3: «Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia
personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento
assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in
quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni
riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi
dei servizi pubblici».
(2) Relazione tenuta all'incontro/dibattito "Perché non
devono essere versati contributi dai parenti di handicappati intellettivi
maggiorenni ricoverati o assistiti da enti pubblici: aspetti etici e
giuridici" (Tarino, 16.10.1993). Cfr. Prospettive
assistenziali, n. 106, aprile-giugno 1994.
(3) Si tenga presente che il genitore
non ha alcun obbligo giuridico di tenere presso di sé un handicappato adulto
non autosufficiente, mentre ai sensi del regio decreto 19 novembre 1889 n.
6535 e del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto 18
giugno 1931 n. 773) i Comuni sono obbligati ad assistere le persone che «per
insanabili difetti fisici od intellettuali non possono procacciarsi il modo di
assistenza».
www.fondazionepromozionesociale.it