Prospettive assistenziali, n. 119, luglio-settembre 1997

 

 

Specchio nero

 

 

IL VIDAS E L'ISTITUTO DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA

 

1. All'Istituto dell'Autodisciplina pubblicitaria il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti ha indirizzato I'11 febbraio 1997 la seguente segnala­zione: «Questo Comitato protesta vivamente per l'informazione gravemente inesatta comparsa nella pubblicità dell'Associazione Vidas "Fidatevi di un quindicenne" pubblicata su La Stampa del 10 feb­braio 1997 in cui è scritto, contrariamente al vero, che "lo Stato nega un letto in ospedale" a coloro che hanno solo pochi mesi di vita.

«Al riguardo si fa presente che non solo non esi­ste alcuna legge che confermi quanto falsamente sostenuto dall'Associazione Vidas, ma si ricorda che la legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833 stabiliva e stabilisce l'obbligatorietà della cura, compresa - occorrendo - quella ospedaliera, "degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenome­nologia e la durata".

«Questo Comitato segnala inoltre che non è la prima volta che l'Associazione Vidas fornisce segnalazioni fuorvianti, come risulta dalle note "Informazioni gravemente inesatte dell'Associazione Vidas" e "11 Vidas continua a fornire notizie grave­mente inesatte" pubblicate su Prospettive assisten­ziali, n. 102, aprile-giugno 1993 e 107, luglio-set­tembre 1994, di cui si allega fotocopia (1).

«Ciò premesso, si chiede che la pubblicità in oggetto non venga più diffusa e che siano fomite ai cittadini precisazioni circa le leggi vigenti che sanci­scono l'obbligatorietà delle cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, ai malati, anche terminali».

2. Successivamente il CSA - Comitato per la dife­sa dei diritti degli assistiti inviava all'Istituto dell'Autodisciplina pubblicitaria un breve promemo­ria sulle vigenti disposizioni di legge che garantisco­no il diritto alle cure sanitarie dei malati, compresi quelli in fase terminale.

3. Con encomiabile sollecitudine, in data 18 feb­braio 1997 il Segretario generale dell'Istituto del­l'Autodisciplina pubblicitaria segnalava che il caso sarebbe stato sottoposto all'esame del proprio Comitato di controllo nella riunione prevista per il giorno successivo.

4. L'Istituto per l'Autodisciplina pubblicitaria infor­mava il 24 giugno 1997 il CSA di aver «archiviato il caso in data 25 marzo sulla base dell'impegno assunto da VIDAS a modificare la frase "lo Stato nega un letto in ospedale"» e che «in considerazio­ne della natura non-profit dell'inserzionista, aveva, tuttavia, ritenuto che tale modifica potesse essere realizzata compatibilmente con i tempi necessari per l'esaurimento del materiale pubblicitario già tra­smesso ai terzi».

5. In data 25 giugno 1997 il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti inviava all'Istituto per l'Autodisciplina pubblicitaria la seguente lettera: «In merito al Suo fax di ieri, siamo allibiti di fronte alla decisione del Comitato di Controllo dell'Istituto dell'Autodisciplina pubblicitaria che ha archiviato la nostra segnalazione sulla base di un asserito impe­gno del VIDAS di modificare (speriamo in modo sostanziale e non solo formale) l'affermazione: "Lo Stato nega un letto in ospedale".

«Siamo anche vivamente preoccupati per l'auto­rizzazione concessa dallo stesso Comitato di con­trollo ad apportare tale modifica "compatibilmente con i tempi tecnici necessari per l'esaurimento dei materiale pubblicitario trasmesso a terzi".

«Al riguardo confidiamo che non occorrano mesi o addirittura anni, anche perché avevamo già informa­to il VIDAS nel 1993 e nel 1994 circa le notizie gra­vemente inesatte che forniva.

«Prendiamo atto - con molta amarezza - che a decine di migliaia di cittadini è già stato e sarà tra­smesso un messaggio falso, che disconosce il vigente fondamentale diritto alle cure sanitarie delle persone malate, comprese quelle in fase terminale.

«Infine, Le segnaliamo che non ci sono apparse convincenti le motivazioni circa il grave ritardo (3 mesi!) del riscontro alla nostra segnalazione dell'11 febbraio 1997, esaminato dal Comitato di controllo dell'Istituto dell'Autodisciplina il 25 maggio u.s;, riscontro peraltro trasmessoci solo dopo il nostro sollecito del 18 giugno 19970.    '

6. Come il CSA aveva previsto nella lettera invia­ta all'Istituto per l'Autodisciplina pubblicitaria il 25 giugno 1997, il VIDAS ha modificato solo in modo formale la frase contestata «lo Stato nega un letto in ospedale». Infatti è stata sostituita dall'espressione «senza un posto in ospedale». Modifica che, ad avviso dell'Istituto per l'Autodisciplina pubblicitaria «non costituisce una non giustificata denuncia delle carenze del sistema ospedaliero pubblico», in quan­to rappresenta «una situazione che può verificarsi magari per un breve periodo».

7. In data 26 febbraio 1997 l'On. Novelli ha pre­sentato alla Camera dei deputati la seguente inter­rogazione: «Al Ministro della sanità. - Per conosce­re quali iniziative intenda assumere il Governo in merito alla fuorviante pubblicità dell'associazione Vidas (si veda ad esempio, La Stampa del 10 feb­braio 1997) da cui risulta, contrariamente al vero, che "lo Stato nega un letto in ospedale" ai malati che hanno davanti solo pochi mesi di vita. Come è noto, invece, il servizio sanitario nazionale è tenuto dalla legge istitutiva ad intervenire nei confronti di tutti i malati, compresi quelli colpiti da malattie inguaribili (ma pur sempre curabili). Le cure domiciliari sono certamente prioritarie, come riconosciuto anche nel­l'ultimo piano sanitario nazionale, ma quando esse non sono praticabili, il ricovero presso una struttura sanitaria è un atto dovuto».

8. Segnaliamo, infine, che il Consigliere Pippo Torri ha presentato il 10 marzo 1997, al Consiglio della Regione Lombardia la seguente interrogazio­ne: «Premesso che:

«l'Associazione VIDAS, malgrado l'opera merito­ria che svolge ne! campo del volontariato, ha fatto pubblicare sul giornale "La Stampa" del 10 febbraio 1997 una pubblicità dal titolo "Fidatevi di un quindi­cenne"; in cui è scritto che che "lo Stato nega un letto in ospedale" a coloro che hanno solo pochi mesi di vita;

- che tale informazione è gravemente inesatta, poiché non esiste alcuna legge che confermi quan­to fatto falsamente pubblicare dall'Associazione VIDAS;

- che, anzi, la legge 23 dicembre 1978 n. 833 sta­bilisce espressamente all'art. 2, punto 2, l'obbligo per il Servizio sanitario nazionale di garantire cure a tutti; a fronte di qualsiasi evento morboso quale ne sia la causa, la fenomenologia e la durata;

- che il CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base ha denunciato la cosa al Direttore dell'Istituto dell'Autodisciplina pubblicitaria con un ricorso di cui alleghiamo copia;

si interroga la Giunta per sapere

1) quali iniziative intenda assumere per evitare che notizie false di tal genere, rispetto ad una mate­ria così delicata e di interesse collettivo quale la salute dei cittadini, vengano in futuro nuovamente diffuse;

2) se non intenda intervenire al fine di divulgare, invece, notizie corrette in ordine ai principi costitu­zionali e legislativi vigenti in materia sanitaria, con particolare riguardo ai diritti degli ammalati, e, nello specifico, al diritto dei malati cronici ad essere cura­ti presso strutture sanitarie».

 

 

SFACCIATO CLIENTELISMO NELLA REGIONE PIEMONTE

 

Con delibera del 30 dicembre 1996 n. 113-15760, la Giunta della Regione Piemonte ha stabilito «di consentire agli enti interessati di stipulare, a partire dal 1997, convenzioni per prestazioni socio-assi­stenziali, debitamente motivate, con gli enti gestori di RSA (Residenze sanitarie assistenziali) e RAF (Residenze assistenziali flessibili) (2), che offrano progetti socio-assistenziali particolarmente qualifi­cati sia in ordine alle prestazioni, che alle tipologie dei destinatari, riconoscendo tariffe socio-assisten­ziali superiori fino ad un massimo del 30% di quelle previste dalla DGR 41-42433 del 9 gennaio 1995».

Nella delibera in oggetto non è indicata nessun cri­terio per l'individuazione e valutazione dei «progetti socio-assistenziali particolarmente qualificati».

Letta, «con estremo interesse» la deliberazione in oggetto, l'Assessore ai Servizi sociali del Comune di Torino, con evidente sarcasmo, in data 28 febbraio 1997 ha scritto al Responsabile del settore "Assistenza" della Regione Piemonte quanto segue: «Come è evidente, la Città di Torino, sia nella sua qualità di ente gestore di strutture, sia nella sua generale qualità di ente tenuto a programmare e promuovere una sempre maggiore qualità dei servi­zi destinati alle fasce deboli, è particolarmente inte­ressata ad acquisire maggiori conoscenze in merito a tali programmi socio-assistenziali. In particolare mi pare interessante conoscere gli indici di qualità adottati per verificarne il rapporto costo-efficacia in termini di verifica di esito sulle condizioni degli ospi­ti; l'analisi quali-quantitativa dei maggiori costi regi­strati e le modalità di ripartizione degli stessi, utiliz­zando i quattro macrolivelli di spesa indicati, dalle linee guida n. 1/94, e dalla DGR 41-42433 del 9 gennaio 19950.

Finora nessuna risposta.

 

(1) Nel n. 102 veniva segnalato che «nella pubblicità "II suo prossimo assegno potrebbe essere il più importante della sua vita", l'Associazione V1DAS (Assistenza domiciliare gratuita agli inguaribili di cancro), richiede denaro alla gente sostenendo che i contributi sono destinati "a dare una mano ai malati di cancro soli, poveri, non più assistiti dagli ospedali perché il ciclo tera­peutico si è esaurito".

«In un altro annuncio, VIDAS sostiene che "ogni anno in Italia oltre 140.000 malati terminali di cancro vengono abbandonati al loro destino. Sono inguaribili e in ospedale per loro non c'è più posto".

«È noto, invece, che le cure sanitarie devono essere fomite ai malati acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti per tutto il tempo necessario in base alle esigenze delle persone malate.

«In un'altra pubblicità, la stessa associazione sostiene: "conta­te su VIDAS anche per i prossimi 100 anni".

«Ritiene forse VIDAS che i servizi pubblici di ospedalizzazione a domicilio o quelli privati convenzionati con le USL non devono essere istituiti?

«Ma non è compito del volontariato fornire notizie esatte sui diritti delle persone e sollecitare gli enti a istituire i relativi servi­zi?».

A sua volta nel n. 107 era riportato quanto segue: «Nel n. 102, aprile-giugno 1993, di Prospettive assistenziali avevamo segna­lato che nella campagna promossa dal VIDAS (Assistenza gra­tuita agli inguaribili di cancro) per la raccolta di fondi, venivano fomite alla popolazione informazioni gravemente inesatte. Infatti sugli annunci pubblicitari era scritto quanto segue: "Ogni anno in Italia oltre 140.000 malati terminali di cancro vengono abbando­nati al loro destino. Sono inguaribili e in ospedale per loro non c'è più posto".

«Nelle scorse settimane il VIDAS ha lanciato una nuova rac­colta di fondi. Negli annunci continua a sostenere il falso, affer­mando che il malato di cancro "è abbandonato al suo destino. Dichiarato inguaribile, per lui non sono previste né cure né posti letto".

«Perché il VIDAS non dice ai cittadini che le leggi vigenti impongono al Servizio sanitario nazionale, ospedali compresi, di fornire le necessarie cure a tutti i malati, comprese le persone colpite da cancro?

«Perché il VIDAS sostiene di aver "creato l'ospedale in casa", quando si tratta di un servizio istituito dall'Ospedale Molinette di Torino fin dal 1984, che funziona ininterrottamente dal 1985 mediante prestazioni mediche e infermieristiche gratuite per i malati, anziani e non, aventi gravi patologie acute e croniche?

«Perché il VIDAS non dice nulla in merito al servizio di ospe­dalizzazione a domicilio istituito a Milano dall'USSL 75/5 e gesti­to dal Pio Albergo Trivulzio?».

(2) Le RAF sono strutture di ricovero assistenziale con una quota di posti letto destinata ad anziani in tutto o in parte auto­sufficienti, ed un'altra per i vecchi colpiti da malattie inguaribili e da non autosufficienti.

 

 

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