Prospettive assistenziali, n. 120, ottobre-dicembre 1997

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

OSSERVAZIONI E PROPOSTE IN MERITO AL TESTO UNIFICATO PER LA RIFORMA DELL'ASSISTENZA

 

In data 17 novembre 1997 la Presidente nazionale dell ANFAA, Donata Micucci, ha inviato la nota, che riportiamo integralmente, al Presidente, al Relatore ed ai Componenti del Comitato ristretto della Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, incaricato di esaminare il testo unificato per la riforma dell'assistenza, riprodotto in questo nume­ro di Prospettive assistenziali.

 

Questa Associazione, che opera ininterrottamente dal 1962 per la tutela dei diritti dei minori con difficoltà familiari o in stato di abbandono, ritiene necessario portare a conoscenza dei componenti del Comitato ristretto alcune considerazioni sul testo unificato per la riforma dell'assistenza, considerazioni che nasco­no dall'impegno quotidiano "dalla parte dei bambini".

La legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'ado­zione e dell'affidamento dei minori" ha affermato il diritto di ogni minore a crescere in una famiglia, anzi­tutto la sua, quella di origine, e quando questo non è possibile, in una adottiva (se viene accertato il suo stato di abbandono morale e materiale) o in una affi­dataria nel caso di inidoneità temporanea dei suoi genitori o parenti, o, quale quarta soluzione, in una comunità di tipo familiare.

In base alla legge suddetta, il ricovero in istituto è solo consentito ove non sia possibile realizzare le ini­ziative sopra indicate.

Per la creazione delle alternative al ricovero in isti­tuto le competenze sono attribuite ai servizi sociali degli enti locali.

La legge 184/1983 non è stata attuata in modo pieno in quanto molte sono le Regioni e moltissimi i Comuni che non hanno predisposto le misure neces­sarie per rispettare le priorità di intervento stabilite dalla stessa legge.

Ne consegue che ancora oggi circa 40 mila minori trascorrono gli anni fondamentali della loro vita in isti­tuto, nonostante siano conosciute da decenni le con­seguenze negative, spesso irreparabili, della istituzio­nalizzazione. AI riguardo si richiama quanto recente­mente scritto nel "Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia: diritto di crescere e disagio" della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sul futuro dei 40 mila bambini e ragazzi istituziona­lizzati va rilevato che essi sono solo in minima parte adottabili (sono stati circa un migliaio le adozioni pro­nunciate nel 1996 di minori nati in Italia). La maggior parte di essi potrebbe rientrare a casa se le loro fami­glie fossero adeguatamente aiutate e supportate (attraverso la messa a disposizione dei servizi prima­ri e adeguati interventi assistenziali) oppure se venis­sero affidati a nuclei affidatari.

Per una percentuale limitata di essi, soprattutto adolescenti, è necessario provvedere alla istituzione di comunità alloggio.

Di fronte alla preoccupante situazione dei 40 mila minori ricoverati in istituto da più parti viene invocata una modifica della legge n. 184/1983.

L'ANFAA ritiene invece che sia indispensabile una legge quadro sulla assistenza che crei le condizioni giuridico-istituzionali per la piena attuazione del diritto del minore alla famiglia.

Ma, condizione assolutamente indispensabile affin­ché questi supporti vengano forniti e siano istituiti i relativi servizi è la creazione di organi di governo (Comuni singoli o obbligatoriamente associati) in grado di organizzare una rete adeguata compren­dente, in particolare: l'informazione, le prestazioni di servizio sociale a sostegno delle persone e dei nuclei familiari in difficoltà, l'assistenza economica, gli aiuti domiciliari, le attività per il reperimento, la selezione e preparazione delle famiglie adottive e affidatarie, la creazione delle comunità alloggio, la preparazione del personale, la vigilanza sulle istituzioni private, ecc.

Ne deriva l'esigenza che vengano definiti gli organi di governo e siano stabiliti gli interventi che debbono essere obbligatoriamente istituiti.

Nel testo unificato:

1) non c'è alcun riferimento alla citata legge 184/1983, alle relative priorità già richiamate e alle competenze attribuite in merito agli Enti locali;

2) non vengono richiamate le importantissime com­petenze dei Comuni nei confronti dei minori soggetti a provvedimenti della autorità giudiziaria minorile, secondo quanto disposto dall'art. 23 del DPR n. 616 del 1977;

3) non sono specificate le modalità del trasferimen­to delle competenze assistenziali dalle Province ai Comuni (v. art. 8): occorre prevedere non solo il tra­sferimento delle funzioni, ma anche dei fondi, del per­sonale, delle strutture e delle attrezzature. Altrimenti si ripeteranno i vuoti di intervento seguiti, proprio a questo riguardo, all'entrata in vigore della legge n. 142/1990.

Inoltre I'ANFAA ritiene che:

1) gli interventi assistenziali debbano essere riser­vati - secondo quanto previsto dall'art. 38 della Costituzione - solo a chi è «inabile al lavoro e sprov­visto dei mezzi necessari per vivere». È pertanto assurdo prevedere la possibilità di erogare il reddito minimo di inserimento a coloro che hanno proprietà immobiliari e mobiliari;

2) gli ingenti patrimoni delle IPAB non debbano essere in nessun caso privatizzati (e cioè regalati ai privati): essi sono destinati ai poveri e per essi deb­bono essere utilizzati, tenendo conto anche della evoluzione degli interventi assistenziali;

3) non è accettabile il trasferimento dalla sanità (caratterizzata dalla presenza di diritti esigibili) all'as­sistenza delle competenze da intervenire nei confron­ti di soggetti malati definiti "non autosufficienti" (V. artt. 16 e 17) e cioè anche di fanciulli colpiti da gravi malattie che pertanto necessitano di cure sanitarie intensive da praticare a domicilio oppure presso cen­tri diurni, ospedali, case di cura private.

Infine I'ANFAA ritiene che debba essere riformulato l'art. 12 che prevede la possibilità per i Comuni di delegare alle organizzazioni di volontariato o del pri­vato-sociale la gestione delle proprie competenze e quindi di privatizzare, anche totalmente, la gestione.

Dovrebbero essere invece ben precisate nel testo, per quanto riguarda i minori, le funzioni che i Comuni devono gestire direttamente e quelle che possono essere gestite tramite convenzioni.

Riteniamo che non possa, ad esempio, essere affi­dato ai privati lo svolgimento delle competenze dei Comuni singoli o associati nei procedimenti di adotta­bilità (valutazione dello stato di abbandono e dell'ido­neità degli aspiranti genitori adottivi, ecc.) o nella rea­lizzazione degli affidamenti familiari. Infatti ci sono problemi di riservatezza, di collegamento e coordina­mento fra gli interventi socio-assistenziali e i provve­dimenti delle autorità giudiziarie minorili, che devono essere coordinati e raccordati direttamente dagli ope­ratori dei Comuni.

Su questa delicata materia sarebbe necessario uno specifico approfondimento per evitare ulteriori dispa­rità di trattamento nelle diverse realtà, nonché per garantire una migliore tutela dei bambini e ragazzi in stato di abbandono o con gravi difficoltà familiari.

In considerazione della ampiezza e della importan­za dei punti accennati, I'ANFAA chiede un'audizione per poter esporre in modo approfondito le osserva­zioni e proposte presentate.

 

 

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