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I VESCOVI DEL PIEMONTE SI
SONO DIMENTICATI DELLE PERSONE CON HANDICAP
In occasione dell'Assemblea ecclesiale regionale
svoltasi a Torino il 12 ottobre 1997, i Vescovi piemontesi e della Valle
d'Aosta, come risulta dal documento appositamente elaborato dagli stessi «a conclusione di due anni di riflessione sulla realtà
del Piemonte, sulla crisi che sta vivendo, sulle sue problematiche e sul suo
futuro possibile», si sono completamente dimenticati delle persone con
handicap.
Nel citato documento i Vescovi scrivono «siamo convinti
che il futuro dipende sì da soluzioni a gravi problemi sociali, ma anche che bisogna sapersi dare, come
obiettivo a cui puntare, un più alto livello di umanità».
Ma, allora, perché i Vescovi non hanno preso in
considerazione le condizioni degli handicappati, nei cui confronti l'attuale
crisi economica e sociale produce effetti ancor più devastanti di quelli
provocati ai cittadini non colpiti da minorazioni?
L'omissione è ancora più preoccupante se si tiene
conto che un componente del CSA aveva illustrato a voce e per iscritto al
Vescovo piemontese incaricato della pastorale del lavoro i pressanti problemi
delle migliaia di persone con handicap emarginate dal lavoro e, spesso, anche
dal contesto sociale.
UNA
INTERROGAZIONE PER L'ESTENSIONE DEL DIVIETO Di SEGNALAZIONE ALLE ASSOCIAZIONI
DEI NOMINATIVI DI INVALIDI
Riportiamo
l'interrogazione presentata alla Camera dei Deputati in data 1° ottobre 1997 dall'On. Novelli al Ministro dell'interno.
«Per sapere - premesso che:
il Prefetto di Novara con circolare del 12 giugno
1997 (protocollo 113/CIS Uff. M.C.) ha informato i sindaci, le ASL, le
associazioni di categoria, i patronati e le case di riposo, che, a seguito
dell'entrata in vigore della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sulla tutela delle
persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali,
"il rilascio di elenchi nominativi degli assistiti alle associazioni di
categoria non appare giustificato";
il suddetto Prefetto ha precisato che a "dette
associazioni potranno essere consegnati soltanto elenchi nominativi degli
iscritti alle medesime che abbiano rilasciato apposita delega per la trattenuta
d'ufficio della quota associativa" -:
se non intenda estendere l'iniziativa del Prefetto di
Novara a tutto il territorio nazionale, per mettere fine agli illegittimi invii
alle associazioni di invalidi dei nominativi dei cittadini che hanno presentato
domanda per l'accertamento della loro invalidità».
IN AUSTRALIA 100 MILA
BAMBINI ABORIGENI STRAPPATI ALLE LORO MADRI
Secondo
quanto ha riferito Alberto Annichiarico su "Avvenire" del 19 giugno
1997, è stato recentemente pubblicato in Australia un documento di 700 pagine,
elaborato dalla Commissione nazionale sui diritti umani dopo tre anni di
lavoro.
Numerose le
testimonianze raccolte sull'allontanamento forzato di circa 100 mila bambini
aborigeni dalle loro famiglie nell'arco di ben sessant'anni, fra il 1910 e il
1970.
I bambini
erano strappati alle madri anche a poche ore dalla nascita per essere affidati
a istituzioni statali, famiglie e missioni cristiane.
Secondo il
rapporto stilato dalla commissione d'inchiesta, istituita dal precedente
governo laburista, l'Australia, adesso, sarebbe obbligata dalle leggi
internazionali a risarcire le vittime della politica di
"assimilazione", giudicata "un crimine contro l'umanità".
In pratica, un genocidio per il quale hanno presentato scuse ufficiali,
finora, soltanto le Chiese coinvolte e quasi tutti i parlamenti degli stati che
compongono la federazione, ma non il governo centrale di Canberra.
Non va
dimenticato che soltanto con il referendum del 1967, l'Australia bianca, nata
poco più di due secoli fa, ha riconosciuto agli abitanti originari, una civiltà
antica di oltre 60 mila anni, il diritto di essere censiti e di votare. In
altre parole di essere visti come esseri umani, seppure confinati in ghetti
urbani o rurali nei quali povertà e violenza sono la norma.
«Le comunità aborigene di oggi - si legge nel rapporto
sulle generazioni rubate - come risultato della politica di assimilazione soffrono di gravi disfunzioni,
con conflitti familiari endemici e abuso generalizzato di droga e di alcol. I giovani aborigeni hanno una probabilità trenta volte maggiore degli altri
australiani di finire in carcere e presentano
il tasso più alto di suicidi nel Paese». Negli istituti la "rieducazione" non
risparmiava punizioni corporali, soprattutto frustate. E per le ragazze non
mancava l'umiliazione della violenza sessuale.
Tragedie indicibili, spesso "tramandate"
dai genitori ai figli. Una delle migliaia di testimoni che hanno deposto in
commissione, Joy Williams, ha raccontato di come lei stessa, sua madre e sua
figlia abbiano subito un identico terribile trattamento: strappate ai genitori
dopo poche ore di vita. Unico motivo, il colore della pelle.
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