PROPOSTA DI LEGGE N. 3666 (ON.
BERTINOTTI E ALTRI - CAMERA DEI DEPUTATI) "LEGGE QUADRO IN MATERIA DI
ASSISTENZA SOCIALE" (*)
Nei numeri
116bis e 119 di Prospettive
assistenziali abbiamo pubblicato le relazioni e gli articolati
delle proposte e disegni di legge sulla riforma del/'assistenza e sui servizi
alla persona presentati alla Camera dei deputati e al Senato.
Riproduciamo
ora la proposta dell'On. Bertinotti e altri, le cui linee fondamentali si
ispirano agli stessi principi da noi sostenuti da trent'anni e ripresi sul n.
117.
È
auspicabile che - finalmente - le forze progressiste (1) assumano in concreto
la difesa dei cittadini più deboli, in particolare gli anziani cronici non autosufficienti
(un milione nel nostro paese). Da anni non è più sufficiente la tutela. delle
persone attive; dopo il pensionamento (e a volte anche prima) vi sono esigenze
vitali (ad esempio le cure sanitarie e le prestazioni assistenziali) che non
devono più essere trascurate. Basti pensare alle attuali rette di ricovero in
istituti di assistenzalbeneficenza, spesso squallidi, che ammontano dai due ai
sei milioni al mese!
Relazione
Lo scopo di questa proposta di legge quadro sull'assistenza
sociale è quello di colmare una grave lacuna del nostro ordinamento giuridico,
causata dalla mancata attuazione del principio di cui all'articolo 38 della
Costituzione. Tale precetto rappresenta una svolta importante, poiché eleva
l'assistenza sociale dal rango inferiore dell'interesse legittimo, totalmente
rimesso alle valutazioni discrezionali ed agli interventi sporadici della
pubblica amministrazione, al rango superiore del diritto soggettivo. Nel
presentare questa proposta di legge siamo ben consapevoli che se tutti i
diritti che la Carta costituzionale prevede come diritti fondamentali (dal
lavoro alla sanità, all'istruzione, eccetera) fossero pienamente realizzati -
come noi chiediamo - l'area di applicazione della normativa specifica
sull'assistenza sarebbe di molto ridotta. Però, nella situazione attuale,
caratterizzata da disoccupazione di massa e dal restringimento dei diritti
universali, è assolutamente necessario normare lo spazio specifico dell'assistenza
in modo che ai soggetti più deboli sia comunque garantito un forte e diretto
intervento dello Stato. Parimenti, siamo molto perplessi verso tutte quelle
proposte che, partendo da un approccio di tipo universalistico, tendono poi,
nei fatti, a determinare due processi che a noi paiono negativi:
in primo luogo a cancellare ogni differenza tra
sanità e assistenza facendo per questa via ricadere dentro il campo
dell'assistenza prestazioni di tipo sanitario che lo Stato dovrebbe fornire
gratuitamente;
in secondo luogo a cancellare il confine tra Stato e
privato sociale, tendendo ad allargare il ruolo di quest'ultimo a scapito dei
diritti che lo Stato deve garantire in quanto tale.
Per questi motivi riteniamo che la definizione di una
normativa specifica sull'assistenza sociale, che stabilisca il diritto
all'assistenza sociale, costituisca oggi un passo di civiltà. Si tratta di una
vera e propria rivoluzione copernicana rispetto ad una concezione tradizionale
che inquadrava l'assistenza come una sorta di beneficio graziosamente
concesso dall'alto. AI riguardo è possibile procedere ad un vero excursus
storico, a partire dallo Stato italiano liberale, là dove l'idea dominante del
soggetto bisognoso come persona improduttiva perché inabile al lavoro
determinava una minimizzazione dell'intervento pubblico; talché le prestazioni
assistenziali venivano allora erogate per lo più da istituti di beneficenza
privati soprattutto cattolici. Durante il regime fascista si assiste ad un maggiore
intervento dello Stato, ma in senso negativo, poiché viene creato un sistema
pubblico, in materia di assistenza sociale, inefficiente e repressivo (basti
pensare alle severe sanzioni previste dal codice Rocco nei confronti dei
mendicanti). Nell'Italia del dopoguerra si registra purtroppo un contrasto tra
il principio affermato dall'articolo 38 della Costituzione ed il tipo di
sistema socio-assistenziale che di fatto viene realizzato. Sicché nel periodo
compreso tra gli anni cinquanta e settanta vi è una proliferazione di enti
pubblici assistenziali, i quali però, speculando spesso sui bisogni delle
famiglie, appaltano le strutture di ricovero presso istituti pubblici e
privati secondo logiche di massima utilizzazione dei profitti e riduzione dei
costi, scavalcando completamente le vere esigenze degli utenti. Le cose
migliorano un poco grazie alla nascita dell'ordinamento regionale e al decreto
del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, che delega alle regioni la
maggior parte delle competenze in materia assistenziale, attuando così i
princìpi di cui agli articoli 117 e 118 della Costituzione. Di conseguenza le
regioni assumono compiti di indirizzo e programmazione (ed emanano leggi che
iniziano ad entrare nella logica dei diritti degli utenti), mentre i comuni
erogano le prestazioni ed i servizi di assistenza sociale. Contestualmente
vengono sciolti gli enti pubblici assistenziali, ma restano in vita le
Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza (IPAB) con facoltà di
trasformarsi in persone giuridiche private. Tuttavia, continua a mancare a
tutt'oggi, un intervento legislativo organico a livello nazionale, visto che gli
unici interventi sono stati di carattere settoriale, quasi a voler assecondare
una concezione frammentaria e non globale della problematica.
Occorre allora una proposta di legge capace di recepire,
in un articolato di base, una lettura dell'articolo 38 coordinata con gli
articoli 2 e 3 della Costituzione, affinché, anche rispetto all'assistenza
quale diritto inviolabile dell'uomo, vi sia l'impegno giuridicamente
vincolante, dello Stato, e di tutto il sistema pubblico, ad intervenire
attivamente per rendere davvero effettiva la tutela del diritto stesso. In
particolare, i punti qualificanti del progetto di legge sono i seguenti.
Individuazione dei soggetti titolari
del diritto all'assistenza sociale e definizione dell'ambito oggettivo
dell'assistenza sociale
Per comprendere bene tale questione, affrontata dagli
articoli 2 e 4 della proposta di legge, bisogna partire dal dato costituzionale
onde sottolineare che, ferma restando l'equiparazione fra salute ed assistenza
sul piano dei diritti inviolabili della persona, vi è una diversità di ambito
soggettivo tra l'articolo 32 e l'articolo 38 della Costituzione. Infatti, il
diritto alla salute è giustamente riconosciuto secondo un'accezione universale,
quale diritto di tutti poiché ogni individuo indistintamente ha bisogno nel
corso della propria vita, di prevenire e curare le malattie. Diversamente non
tutti hanno bisogno di assistenza sociale, ma soltanto coloro che sono inabili
al lavoro 0 comunque sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.
Nel rispetto di questa impostazione di fondo, occorre
dunque elencare, in modo esaustivo e tassativo, gli aventi diritto, definendo
in particolare (articolo 2 della proposta di legge) le condizioni di bisogno
che danno diritto alle prestazioni pubbliche di assistenza sociale, nonché
precisare che tra gli aventi diritto rientrano altresì gli stranieri e gli
apolidi, onde estendere l'assistenza sociale anche agli immigrati
extracomunitari i quali sovente soffrono condizioni di forte disagio sociale.
Lo scopo è quello di evitare la prassi sempre più consolidata per quanto
illecita ed incostituzionale, in base alla quale gli enti pubblici tendono a
scaricare sul sistema assistenziale i soggetti come i malati cronici, gli
anziani non autosufficienti, i malati di mente, i tossicodipendenti, il settore
materno-infantile, che devono invece essere curati ed assicurati dal servizio
sanitario nazionale nonché tutelati sul piano finanziario dalla copertura delle
spese garantita dal fondo sanitario nazionale e regionale. In altri termini,
tali puntualizzazioni servono ad evitare che gli enti erogatori facciano pagare
rette spropositate agli utenti mascherando sotto la comoda etichetta del «
socio-assistenziale » ciò che in realtà attiene alla sanità e pertanto già
finanziato dal destinatario delle prestazioni attraverso l'adempimento degli
obblighi fiscali.
Per completare questa operazione di chiarezza e sempre
allo scopo di prevenire o rimuovere gli abusi di cui sopra occorre aggiungere
la definizione dell'ambito oggettivo dell'area socio assistenziale, perché
qui, purtroppo, la confusione è davvero tanta e molto probabilmente voluta. II
tutto comincia con l'articolo 30 della legge n. 730 del 1983, che istituisce la
categoria ambigua delle attività socio-assistenziali a rilievo sanitario,
successivamente specificata nella sua portata dal decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 8 agosto 1985. Ora per quanto sul piano formale detta
categoria non dovrebbe pregiudicare i diritti degli utenti, poiché la norma
citata garantisce per tali attività socio assistenziali a rilievo sanitario la
copertura del fondo sanitario, sul piano sostanziale questa ambivalente voce
del bilancio ha consentito di ridurre la spesa sanitaria e di caricarla sugli
utenti attraverso un aumento inverosimile delle rette relative alla cosiddetta
«quota alberghiera o socio-assistenziale tout court». In altri termini, le
rette pagate dagli utenti per i servizi socio-assistenziali sono così
scandalosamente alte (si pensi alle residenze sanitarie assistenziali), perché
evidentemente i pubblici amministratori considerano socio-assistenziali, e
dunque non imputabili al fondo sanitario nazionale, prestazioni che in realtà
hanno una valenza essenzialmente sanitaria.
A questo proposito possiamo citare una sentenza della
Corte di Cassazione, la n. 10150 del 20 novembre 1996, che spiega come il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1985 «non ha valore
normativo avendo esclusivamente una funzione di indirizzo e coordinamento
delle attività amministrative regionali e delle province autonome in materia
sanitaria». Tale sentenza chiarisce anche che « le prestazioni sanitarie, al
pari di quelle di rilievo sanitario, sono oggetto di un diritto soggettivo...».
Inoltre, con molta precisione, chiarisce che non può esservi trattamento
giuridico differenziato fra malati acuti e malati cronici, confermando così
quanto già molti sostengono, e cioè che « di tale distinzione nella legge non c
è traccia, che prende in considerazione l'attività di cura, indipendentemente
dal tipo di malattia (acuta o cronica) alla quale è diretta e pertanto se la
disposizione delI'atto di indirizzo e di coordinamento avesse introdotto tale
differenza sarebbe certamente contra
legem e come tale disapplicabile dal giudice ordinario».
Occorre pertanto abolire espressamente la categorìa
del socio-assistenziale a rilievo sanitario, peraltro posta in essere
attraverso lo strumento improprio di una legge finanziaria, che dovrebbe invece
correttamente contenere soltanto norme provvisorie relative alle istanze di
bilancio annuale dello Stato. Non solo: occorre altresì specificare che le
attività rientranti in questa ambivalente categoria, secondo I'elencazione
operata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1985,'sono
da considerare a tutti gli effetti come attività sanitarie. Contestualmente
bisogna chiarire, come vuole fare l'articolo 4 della proposta di legge, quali
sono le attività di assistenza sociale. Come si potrà notare nessuna delle
attività menzionate presenta implicazioni di carattere sanitario e laddove
tali implicazioni possono esservi (si pensi, ad esempio, al caso degli
anziani) è specificato che esse competono al servizio sanitario nazionale.
Diritti dei destinatari delle prestazioni
L'articolo
3 della proposta di legge vuole stabilire due cose fondamentali:
a) una serie dei diritti connessi e strumentali a
dare contenuto effettivo al diritto all'assistenza sociale (diritti
all'informazione, alla partecipazione, all'accesso, eccetera) rafforzati
altresì dal richiamo esplicito della legge n. 241 del 1990 sulla trasparenza
amministrativa;
b) la previsione di una giurisdizione esclusiva del
giudice ordinario, rispetto alle controversie tra destinatario delle
prestazioni ed ente pubblico inerenti all'assistenza sociale, allo scopo di
evitare agli interessati le procedure lunghe e costose delle cause davanti ai
giudici amministrativi e di ribadire ancora una volta che la materia in questione
attiene al rango del diritto soggettivo perfetto, ossia di una posizione
giuridica meritevole, a differenza dell'interesse legittimo, di una tutela
giurisdizionale piena e diretta.
Profili economici
Chiarito, dunque, che la spesa sanitaria non va
confusa con quella relativa all'assistenza sociale, l'articolo 5 della proposta
di legge istituisce un apposito Fondo nazionale per l'assistenza sociale,
precisandone altresì la consistenza economica: visto che l'Italia vuole
entrare in Europa, è giusto che ci entri rispettando anche i parametri relativi
al benessere sociale delle persone più disagiate; sicché l'entità del Fondo in
parola non può essere inferiore a quanto mediamente i Paesi dell'Unione
europea destinano alla spesa pubblica assistenziale .
Inoltre, allo scopo di evitare l'imposizione di rette
agli utenti, ossia veri e propri corrispettivi ai costi effettivi delle
prestazioni di assistenza sociale, nonché le manovre speculative
precedentemente denunziate, viene stabilito che il Fondo nazionale per
l'assistenza sociale deve coprire in via primaria i costi sostenuti dal settore
pubblico dell'assistenza sociale.
Pertanto, al destinatario
delle prestazioni:
a) può essere chiesto solo e soltanto un contributo
alle spese rapportato comunque al reddito e ai beni posseduti;
b) nei casi estremi, destinatario delle prestazioni
unico percettore di reddito all'interno del nucleo familiare, ovvero
indigente, l'entità del contributo deve essere ridotta e, nelle ipotesi più
gravi, eliminata;
c) sono espressamente esclusi da qualsiasi azione di
rivalsa i parenti tenuti agli alimenti degli assistiti maggiorenni, onde
garantire contro gli abusi reiterati degli amministratori pubblici la corretta
applicazione degli articoli 433 e 438 del codice civile, in forza dei quali
soltanto la persona in stato di bisogno può agire nei confronti dei propri
parenti e non l'ente assistenziale, e soltanto l'autorità giudiziaria può
stabilire, nella propria posizione di terzietà, l'entità delle prestazioni
alimentari tenuto conto delle condizioni di bisogno dell'alimentando e delle
disponibilità economiche dei parenti.
Per quanto riguarda le persone che si trovano al di
sotto della soglia di povertà, cioè in condizioni materiali che non consentono
la possibilità di vivere un'esistenza libera e dignitosa, è prevista
l'erogazione, a titolo di assistenza sociale, di un contributo economico di
solidarietà tale da consentire anche il superamento di contingenti situazioni
di difficoltà finanziaria o di emarginazione. Onde evitare equivoci, e al fine
di caratterizzare bene la nostra proposta in un momento storico e politico
delicato in cui molto si discute intorno ai destini dello Stato sociale, si
puntualizza nell'articolo 8 della proposta di legge che detto contributo di
solidarietà non può essere utilizzato come un grimaldello per scardinare
l'attuale sistema degli ammortizzatori sociali e delle provvidenze economiche
già previste dalle leggi vigenti a tutela del singolo e del nucleo familiare.
Criteri organizzativi e finalità del settore
dell'assistenza sociale
L'idea di fondo, sottesa alla proposta di legge, è
quella di evitare qualsiasi forma di emarginazione ed istituzionalizzazione
dei soggetti in condizioni di bisogno. Per questo vanno aboliti gli istituti
totali nonché lo strumento repressivo del ricovero coatto, di cui all'articolo
154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773, a danno delle persone inabili al lavoro e
sprovviste dei mezzi necessari per vivere.
Altra finalità importante da perseguire è quella di inquadrare
non soltanto in termini individuali, ma anche collettivi, il problema del
disagio e dell'emarginazione. Per questo lo scopo istituzionale del settore
dell'assistenza sociale deve essere quello di prevenire e rimuovere le cause
profonde e radicate di tale disagio, e di porre in essere azioni amministrative
che possano avere anche una valenza generale, in termini di informazione,
consulenza, promozione del benessere collettivo, coordinamento dei vari settori
(sanità, lavoro, scuola, eccetera) per realizzare un intervento di sostegno
non riduzionista, ma capace di considerare in termini unitari e globali il
soggetto bisognoso. Anche in relazione alle problematiche organizzative
dell'assistenza sociale, è bene evitare qualsiasi forma di equivoco e
caratterizzare bene la nostra proposta in una direzione di difesa dello Stato
sociale, secondo i princìpi costituzionali vigenti. A tal proposito la proposta
di legge specifica i seguenti punti:
a) non si possono scaricare sull'assistenza compiti
che attengono alla sanità, come, ad esempio, la cura di malati cronici;
b) non si possono scaricare sulle famiglie o sul
volontariato compiti sanitari o di assistenza sociale, che spettano
istituzionalmente, ed in base alla Costituzione, al sistema pubblico.
Destinazione delle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza
Una legge quadro che ambisca a porre in essere una
disciplina unitaria della materia dell'assistenza sociale, deve necessariamente
prevedere l'estinzione delle istituzioni pubbliche di assistenza e di
beneficenza (IPAB) in considerazione del fatto che gli statuti di questi enti
sono impostati invece secondo una logica settoriale, tant'è che dispongono
interventi in favore di particolari categorie e gruppi, alimentando così il
disvalore del clientelismo a pregiudizio della cultura dei diritti. Questo
serve peraltro ad evitare che l'ingente patrimonio di tali enti stimato nell'ordine
di 30/40 mila miliardi di lire venga selvaggiamente privatizzato come
purtroppo sta già accadendo .
Occorre dunque tornare al principio già sancito dal
decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, e deluso da una non
felice sentenza della Corte costituzionale, secondo cui le risorse economiche
e personali delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza devono
essere trasferite ai comuni mantenendo comunque la loro destinazione legata
all'assistenza sociale; per quanto concerne le istituzioni pubbliche di
assistenza e di beneficenza operanti nel settore sanitario il trasferimento
avviene a favore delle aziende sanitarie locali.
Livelli e funzioni di governo del settore
dell'assistenza sociale
Le idee guida della proposta di legge sono le
seguenti: 1) allo Stato devono competere le funzioni di indirizzo e
coordinamento, nonché la distribuzione delle risorse, per assicurare la
sostanziale perequazione dei servizi e la omogenea tutela dei diritti su tutto
il territorio nazionale. Per questo è compito del Governo fissare gli standard
ed i requisiti che devono possedere le strutture assistenziali pubbliche e
private ai fini dell'autorizzazione e dell'accreditamento, nonché gli aspetti
concernenti la qualificazione professionale del personale addetto ai servizi
dell'assistenza sociale;
2) alle regioni spetta la programmazione ed il
coordinamento degli interventi sul suo territorio, l'emanazione della
legislazione attuativa dei princìpi contenuti nella proposta di legge, nonché
l'adozione delle delibere relative all'autorizzazione e all'accreditamento
delle strutture pubbliche e private erogatrici di assistenza sociale;
3) le competenze attualmente attribuite alle province
vengono trasferite, unitamente alle relative risorse, ai comuni;
4)
viene prevista l'istituzione delle unità locali dei servizi di assistenza
sociale, quali complessi di servizi gestiti
dai
comuni e dai consorzi dei comuni di piccole dimensioni, finalizzati ad
assicurare, rispetto all'esercizio di questa funzione pubblica fondamentale, un
decentramento amministrativo, al tempo stesso efficiente e democratico ossia
trasparente ed aperto alla partecipazione dal basso di utenti, famiglie e
formazioni sociali. In particolare, per assicurare i predetti scopi è
necessario che:
a) tali unità abbiano una competenza territoriale
limitata che deve essere infracomunale rispetto alle grandi città in modo che
gli abitanti compresi in ciascun ambito territoriale di competenza non
superino il numero di 100 mila;
b) abbiano un consiglio di amministrazione
controllabile dal basso e dunque espressivo degli organi consiliari dei comuni,
quindi rappresentativo delle minoranze locali;
c) abbiano un comitato di partecipazione attraverso
il quale gli utenti e le loro rappresentanze sociali possano far sentire e
pesare le proprie istanze ed osservazioni critiche anche nei confronti del
direttore dell'unità stessa;
d) abbiano il potere di convenzionarsi con le
strutture pubbliche e private di assistenza sociale operanti nel territorio di
loro competenza e di vigilare su di esse onde verificare il rispetto dei
diritti degli utenti.
Proposta di legge
CAPO I PRINCIPI GENERALI
Art. 1 (Finalità
della legge)
1. AI fine di rimuovere gli ostacoli che impediscono
il pieno sviluppo della persona umana, come richiesto dal secondo comma
dell'articolo 3 della Costituzione e in attuazione dell'articolo 2 della Costituzione,
che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e del primo e
quarto comma dell'articolo 38 della Costituzione, la presente legge definisce
e stabilisce le prestazioni ed i servizi di assistenza sociale cui hanno
diritto i soggetti di cui all'articolo 2.
2. La presente legge ha natura di legge quadro organica
e, al fine di superare la concezione settoriale in materia di assistenza
sociale in favore di una visione globale ed unitaria, stabilisce i princìpi
fondamentali in materia di assistenza sociale, ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 117 della Costituzione.
3. I princìpi generali desumibili dalla presente
legge costituiscono per le regioni a statuto speciale e per le province
autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica.
Art. 2 (Soggetti titolari del diritto all'assistenza
sociale)
1.
Hanno diritto alle prestazioni ed ai servizi di cui alla presente legge i
cittadini italiani, gli stranieri e gli apolidi che si trovano in condizioni di
bisogno perché inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per una
esistenza libera e dignitosa.
2.
In particolare, si considerano titolari del diritto all'assistenza e
all'erogazione dei relativi servizi e delle relative prestazioni da parte degli
enti pubblici competenti le persone che si trovano in una delle seguenti
condizioni:
a)
insufficienza del reddito e dei beni del singolo o del nucleo familiare con cui
il soggetto convive a garantire il superamento della soglia di povertà;
b)
incapacità totale o parziale dell'interessato a provvedere alle proprie
esigenze per cause non determinate da malattie acute o croniche in atto;
c)
sottoposizione del soggetto a provvedimenti della autorità giudiziaria che
rendono necessaria l'erogazione di prestazioni di assistenza sociale;
d)
rischio di emarginazione o di ricovero in istituto tale da rendere necessari
interventi di sostegno sociale e psicologico preordinati a far fronte anche a
temporanee difficoltà di relazione ed inserimento sociali.
Art. 3 - (Diritti dei destinatari delle prestazioni)
1. II diritto alle prestazioni di assistenza sociale
determina altresì nei soggetti di cui all'articolo 2 i seguenti diritti:
a) essere compiutamente informati, da parte dei
responsabili individuati ai sensi dell'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n.
241, sui propri diritti in rapporto ai servizi di assistenza sociale, sulle
prestazioni di cui è possibile usufruire, sulle possibilità di scelta
esistenti, sulle condizioni e sui requisiti per accedere alle prestazioni e
sulle relative procedure, nonché sulle modalità di erogazione delle prestazioni
stesse;
b) ottenere che le modalità di organizzazione e di
svolgimento dei servizi garantiscano in concreto lo sviluppo della personalità
nel pieno rispetto della libertà e della dignità personale, nonché
dell'eguaglianza sostanziale;
c) accedere e fruire di tutte le prestazioni e di
tutti i servizi contemplati dalla legge;
d) esprimere il proprio consenso sulle proposte di
interventi da attuarsi nei propri confronti;
e) partecipare alla definizione delle modalità di
gestione dei servizi e di erogazione delle prestazioni;
f) essere garantiti nella propria riservatezza;
g) formulare osservazioni ed opposizioni ai
responsabili dei servizi e dei procedimenti, i quali sono tenuti a rispondere
motivatamente entro i termini di cui all'articolo 2 della legge 7 agosto 1990,
n. 241.
2. Ai fini della tutela piena e diretta del diritto
all'assistenza sociale, come previsto dal primo comma dell'articolo 38 della
Costituzione e specificato dalla presente legge, resta in ogni caso ferma la
facoltà dell'interessato, ovvero del suo rappresentante legale, di adire
l'autorità giudiziaria ordinaria che ha giurisdizione esclusiva in materia.
Art. 4 (Definizione delle competenze e dei compiti
dell'assistenza sociale)
1. Ai fini dell'applicazione della presente legge e
del principio di cui al primo comma dell'articolo 38 della Costituzione si fa
obbligo di prevenire e rimuovere le cause del disagio sociale, e di promuovere
il benessere individuale e collettivo; in particolare, devono essere garantiti:
a) l'informazione ai cittadini singoli o associati
sui problemi generali e specifici dell'assistenza, dell'emarginazione e
dell'esclusione sociale;
b) l'azione promozionale nei confronti degli uffici
preposti al lavoro, alla sanità, all'assistenza, alla scuola, alla cultura e
allo sport, al fine di evitare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti
delle persone in condizioni di bisogno;
c) le attività dirette a fornire ai singoli e ai
nuclei familiari la consulenza ed il sostegno necessari per il superamento
delle condizioni di disagio;
d) gli aiuti economici continuativi e straordinari
per i soggetti inabili al lavoro o con età inferiore ad anni diciotto 0
superiore ad anni cinquantacinque per le donne e sessanta per gli uomini, le
cui entrate non consentano un reddito superiore alla soglia di povertà;
e) l'avvio di attività lavorative garantite e
promosse dallo Stato, che diano luogo ad una congrua retribuzione, per tutti
gli altri soggetti in condizioni di bisogno che non ricadano nella fattispecie
di cui alla lettera d);
t) l'assistenza domestica, la pulizia dell'alloggio,
l'igiene personale, l'acquisto di derrate alimentari, gli accompagnamenti, e
così via per le persone parzialmente non autosufficienti e non in grado di
ottenere tale assistenza con propri mezzi economici;
g) l'assistenza scolastica, l'igiene personale, gli
accompagnamenti, e cosi via per gli alunni disabili parzialmente o totalmente non
autosufficienti;
h) l'inserimento presso famiglie, persone e comunità
alloggio dei minori, degli adulti e degli anziani incapaci di una vita
autonoma, purché l'incapacità non sia derivante da motivi sanitari nel qual
caso, come previsto dalla legislazione vigente, deve essere attivato il
Servizio sanitario nazionale;
) l'istituzione di centri diurni per i soggetti
portatori di gravi handicap ultraquindicenni non inseribili nel lavoro a causa
di gravi limitazioni della loro autonomia, fermo restando che rimangono a
carico del Servizio sanitario nazionale gli interventi sanitari di tipo
preventivo, diagnostico e riabilitativo;
I) l'autorizzazione preventiva al funzionamento delle
strutture pubbliche e private di assistenza sociale;
m) l'accreditamento delle strutture pubbliche e
private sulla base della previa verifica del funzionamento dell'organizzazione
e dell'efficacia delle medesime strutture;
n) convenzionamento con le strutture pubbliche e
private di assistenza sociale autorizzate ed accreditate;
o) la vigilanza sulle strutture pubbliche e private
di assistenza sociale;
p) i rapporti con l'autorità giudiziaria in materia
di interdizione, inabilitazione, tutela e curatela;
q) le prestazioni di protezione sociale nei confronti
dei minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili;
r) le prestazioni di protezione sociale nei confronti
delle persone dedite alla prostituzione, dei nomadi e dei senza fissa dimora;
s) l'assistenza sociale alle gestanti e madri nubili
e coniugate in difficoltà, compresa l'assistenza economica per le donne il cui
reddito non consenta loro di superare la soglia della povertà, nonché le
attività dirette a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono
riconoscere il proprio nato;
t) l'assistenza sociale alle donne che hanno subito
violenze, assistenza da attuare anche attraverso l'istituzione di soccorsi
telefonici, assistenza legale, psicologica ed economica, istituzione di case di
accoglienza, l'inserimento presso famiglie, persone e comunità alloggio.
2. L'articolo 30 della legge 27 dicembre 1983, n.
730, è abrogato. Le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali,
di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1985, sono
da considerare a tutti gli effetti come attività sanitarie, come tali
rientranti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, ed inderogabilmente
imputabili sul piano della spesa al Fondo sanitario nazionale.
Art 5 (Istituzione del Fondo nazionale per
l'assistenza sociale. Profili economici)
1.
È istituito il Fondo nazionale per l'assistenza sociale con il compito di
finanziare i servizi e le prestazioni di cui all'articolo 4.
2. In attuazione degli articoli 2, 3 e 38 della
Costituzione, con particolare riguardo alla finalità di assicurare
l'effettività dell'esercizio del diritto di assistenza sociale, quale posizione
giuridica soggettiva che può essere pregiudicata in concreto a causa delle
condizioni economiche degli utenti, il Fondo nazionale per l'assistenza sociale
di cui al comma 1 è destinato a coprire in via primaria i costi sostenuti dagli
enti pubblici per l'erogazione delle prestazioni e dei servizi di assistenza
sociale.
3. La dotazione del Fondo nazionale per l'assistenza
sociale non deve essere comunque inferiore alla media della spesa pubblica
relativa all'assistenza sociale dei Paesi dell'Unione europea.
4. In relazione alle attività di assistenza sociale,
per i destinatari delle prestazioni è previsto un contributo alle spese in
rapporto al reddito disponibile e ai beni posseduti.
5. L'erogazione del servizio è gratuita allorché
l'utente non disponga di un reddito e di beni personali sufficienti a
garantirgli un'esistenza libera e dignitosa.
6. L'entità del contributo deve essere ridotta e nei
casi estremi eliminata qualora l'utente sia l'unico percettore di reddito
all'interno del nucleo familiare di convivenza e pertanto il pagamento totale
del contributo comprometta per sé e per gli altri familiari la possibilità di
una esistenza libera e dignitosa.
7. Nessun contributo economico può essere richiesto
dagli enti pubblici alle persone tenute agli alimenti nei confronti dei
soggetti assistiti maggiorenni.
Art 6 (Criteri di organizzazione e di attività)
1. L'organizzazione e l'attività del sistema dei
servizi di assistenza sociale devono muovere da una approfondita analisi
qualitativa e quantitativa dei bisogni e rispettare i seguenti criteri:
a)
uguaglianza dei livelli delle prestazioni e dei servizi su tutto il territorio
nazionale;
b) unitarietà dei servizi in relazione alla
concezione unitaria delle persone e dei nuclei familiari in condizioni di
bisogno, in modo che sia garantita l'integrazione con il Servizio sanitario
nazionale ed il coordinamento con tutti i servizi sociali con particolare riguardo
ai settori previdenziale, giudiziario, penitenziario, scolastico, culturale,
formazione professionale, edilizio, di assetto del territorio e di sviluppo
economico;
c)
partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni sociali del territorio e di
sviluppo economico;
d) partecipazione di tutti gli operatori delle
strutture pubbliche o convenzionate, secondo le rispettive professionalità,
alla definizione degli obiettivi e dei programmi di intervento anche
attraverso verifiche periodiche dei metodi e dei risultati e attraverso la
diffusione delle conoscenze e delle esperienze;
e) utilizzo coordinato e programmato del personale
operante nell'insieme delle strutture pubbliche o convenzionate in ciascun
ambito territoriale, secondo le rispettive professionalità e continuità nei
processi di formazione e aggiornamento di tutti gli operatori;
f) impiego coordinato e programmato di tutte le
risorse finanziarie globalmente disponibili per il complesso dei servizi e loro
utilizzazione secondo criteri di massimizzazione tra benefici sociali e
relativi costi, anche mediante l'impiego di apposite forme di controllo e di
gestione per evitare abusi a danno degli utenti.
Art. 7 (Prevenzione dell'emarginazione e della
dipendenza assistenziale)
1. Allo scopo di prevenire l'emarginazione, il
ricovero in istituto e la dipendenza assistenziale, le istituzioni dello Stato,
delle regioni e degli enti locali e degli organismi pubblici devono assicurare,
nell'ambito delle proprie competenze:
a) le prestazioni sanitarie preventive, riabilitative
e di cura, in particolare garantendo che persone malate croniche non
autosufficienti possano usufruire dei servizi sanitari;
b) i servizi prescolastici e scolastici dalla scuola
materna e dell'obbligo a quella superiore e universitaria, e le iniziative di
formazione professionale e prelavorativa;
c)
le strutture abitative con particolare riguardo a quelle dell'edilizia
sovvenzionata con fondi pubblici;
d) le opportunità lavorative presso imprese pubbliche
e private, assicurando, inoltre, piena attuazione alle norme relative al
collocamento obbligatorio;
e)
i servizi culturali, ricreativi, sportivi e sociali in genere.
Art. 8 (Rimozione del bisogno economico)
1.
Ai sensi della presente legge è corrisposto un contributo economico allo scopo
di:
a) garantire il superamento della soglia di povertà
alle persone ed ai nuclei familiari impossibilitati per qualsiasi motivo a
procurarsi con il lavoro e con i redditi e i beni di cui dispongono il
necessario economico per vivere;
b) superare contingenti difficoltà di ordine
finanziario, che possono determinare situazioni di emarginazione sociale o il
ricovero in istituto.
2. Le prestazioni economiche con finalità
terapeutiche restano di competenza del comparto sanitario.
3. Sono fatte salve le competenze dello Stato in materia
di sussidi e di iniziative concernenti la disoccupazione, nonché le altre
provvidenze in favore del singolo o del nucleo familiare, già previste dalle
leggi vigenti.
Art. 9 (Superamento delle situazioni di emarginazione)
1. Allo scopo di superare le situazioni di
emarginazione personale, familiare e sociale dei soggetti di cui all'articol0
2 e dei loro nuclei familiari, è abrogato l'articolo 154 dei testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.
773.
2. Allo scopo di evitare il ricovero coatto in
istituto, anche a fronte di situazioni indifferibili, sono attuati:
a)
i servizi di assistenza domiciliare e di aiuto personale e familiare;
b) l'accoglienza in comunità alloggio con una
disponibilità massima di otto utenti non accorpate tra loro ed inserite in
normale contesto abitativo, destinate a coloro che non possono vivere
autonomamente o essere accolti dai propri congiunti o da terzi;
c)
i centri diurni di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 4 ;
d)
gli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184; e) l'accoglienza di
adulti e anziani in difficoltà da parte di terze persone;
fl
i centri di accoglienza per extracomunitari e per persone senza fissa dimora;
g)
i centri di accoglienza per donne maltrattate e che hanno subito violenza.
3. È vietata l'apertura di
istituzioni totali. Gli istituti già
esistenti
e privi delle caratteristiche di cui alla lettera b) del comma 2 cessano ogni
attività decorsi cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
Art. 10 (Destinazione delle istituzioni pubbliche di
assistenza e di beneficenza - IPAB)
1. È abrogata la legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive
modificazioni, nonché i relativi decreti d'attuazione.
2. Le istituzioni pubbliche di assistenza e di
beneficenza, sia quelle in corso di privatizzazione sia quelle non ancora
privatizzate, sono estinte; il personale è trasferito alle unità locali dei
servizi di assistenza sociale ed il patrimonio e i relativi redditi sono
trasferiti al comune nel cui territorio l'istituzione ha la propria sede
legale, fermo restando che detto patrimonio e i relativi redditi conservano la
loro destinazione finalizzata a finanziare l'erogazione delle prestazioni e
dei servizi di assistenza sociale.
3. II personale e il patrimonio, con i relativi
redditi, delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza che
svolgono attività sanitarie vengono trasferiti alle aziende sanitarie locali.
4. Per quanto riguarda le istituzioni pubbliche di
assistenza e di beneficenza che, a seguito della privatizzazione, hanno
acquisito la personalità giuridica privata, le regioni, entro e non oltre sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono a:
a) verificare che sia stata effettuata la
registrazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza
privatizzate nel pubblico registro di cui all'articolo 33 del codice civile;
b) censire i loro fondi
mobiliari e immobiliari;
c) controllare che i beni alienati dalle istituzioni
pubbliche di assistenza e di beneficenza privatizzate siano destinati, nel
pieno rispetto della volontà dei fondatori e secondo quanto previsto dai
rispettivi statuti, ad attività di assistenza sociale.
5.
L'articolo 17 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 17. - (Acquisto di immobile e accettazione di
disposizioni, eredità e legati). - La persona giuridica non può acquistare e
alienare beni mobili e immobili, né accettare donazioni o eredità, né conseguire
legati senza autorizzazione governativa o regionale. Senza questa autorizzazione,
l'acquisto, l'alienazione e l'accettazione non hanno effetto».
CAPO lI - LIVELLI E
FUNZIONI DI GOVERNO
Art. 11 (Unità locali per i servizi di assistenza
sociale)
1. AI fine di garantire una gestione dei servizi
democratica e rispondente alle esigenze delle persone, delle famiglie e delle
comunità, nonché l'effettiva partecipazione dei cittadini e delle formazioni
sociali, sono istituite le unità locali per i servizi di assistenza sociale,
quali complessi di servizi gestiti dai comuni e dai consorzi di comuni.
L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, è abrogato.
2. Le regioni provvedono a definire gli ambiti
territoriali delle unità locali per i servizi di assistenza sociale nel
rispetto dei seguenti criteri:
a) l'ambito territoriale di ogni unità locale per i
servizi di assistenza sociale deve tendere a corrispondere all'ambito
territoriale di ogni azienda sanitaria locale di riferimento, nonché delle
caratteristiche e dei bisogni della popolazione residente;
b) qualora l'ambito territoriale dell'azienda
sanitaria locale comprenda un numero superiore a 100 mila abitanti, l'unità
locale per i servizi di assistenza sociale deve essere istituita in ogni
distretto socio-sanitario di base, salvo che nelle città con un numero di
abitanti superiore ai 100 mila, dove l'unità locale dei Servizi per
l'assistenza sociale deve coincidere con il territorio comunale;
c) per i comuni di piccole dimensioni si fa obbligo
di istituire il consorzio tra i medesimi, secondo quanto previsto
dall'articolo 25, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142, allo scopo di
attuare la gestione a livello sovracomunale.
Art. 12 (Competenze dello Stato)
1. Nel rispetto degli articoli 3 e 5 della
Costituzione, e secondo quanto previsto dall'articolo 24 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, compete allo Stato la
funzione di indirizzo e coordinamento, in materia di servizi sociali, delle
attività della regione che attengono ad esigenze di carattere unitario, allo
scopo di garantire omogeneità e perequazione su tutto il territorio nazionale
nell'erogazione dei servizi stessi.
2. II Governo, entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, stabilisce gli standard ed i requisiti che devono possedere le strutture
pubbliche e private di assistenza sociale per essere preventivamente autorizzate
al funzionamento, nonché i requisiti organizzativi, funzionali e professionali
per l'accreditamento delle medesime strutture.
3. Spetta inoltre allo
Stato:
a) regolare le questioni di ordine internazionale ed
i rapporti con organismi stranieri ed internazionali operanti nel settore
dell'assistenza sociale;
b) provvedere agli oneri per l'assistenza sociale
degli stranieri in relazione alle convenzioni internazionali ed in conformità
con quanto disposto dall'articolo 2 della presente legge;
c) predisporre in base alle leggi vigenti idonei
interventi in caso di calamità o per altre esigenze di carattere eccezionale e
straordinario.
Art. 13 (Delega al Governo in materia di profili
professionali e di formazione del personale)
1. II Governo è delegato ad emanare, entro e non
oltre un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e
nell'osservanza dei princìpi in essa contenuti, uno o più decreti legislativi
per definire:
a)
la regolamentazione delle professioni concernenti i servizi di assistenza
sociale;
b) le disposizioni generali per l'ordinamento e la
durata delle scuole di formazione, nonché i requisiti per accedere ai relativi
corsi, al fine di garantire al personale dei servizi di assistenza sociale una
adeguata preparazione professionale di base;
c) la determinazione delle norme per la convalida dei
titoli professionali conseguiti prima della data di entrata in vigore dei
decreti di cui al presente articolo;
d) la riqualificazione e l'aggiornamento
professionale obbligatori per il personale dei servizi di assistenza sociale;
e)
i requisiti dei direttori delle unità locali per i servizi di assistenza
sociale.
Art 14 (Competenze delle regioni)
1. La potestà legislativa e la funzione
amministrativa riguardante il sistema dei servizi di assistenza sociale, che a
norma degli articoli 117 e 118 della Costituzione competono alle regioni, sono
esercitate nell'ambito dei princìpi contenuti nella presente legge.
2. Le regioni, per attuare le finalità di cui alla
presente legge, adottano il metodo della programmazione degli interventi di
assistenza sociale in conformità alle norme degli statuti regionali da
coordinare con gli obiettivi generali dello sviluppo regionale.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge le regioni nonché le province autonome di Trento e di
Bolzano emanano proprie leggi allo scopo di attuare i princìpi della presente
legge nonché fissare:
a) le norme generali per l'istituzione,
l'organizzazione e la gestione delle unità locali per i servizi per
l'assistenza sociale, come previsto dall'articolo 11;
b)
i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni, privilegiando gli
interventi diretti alla prevenzione.
4. La regione provvede alla autorizzazione e
all'accreditamento delle strutture pubbliche e private di assistenza sociale
previa verifica della loro compatibilità con i requisiti definiti dall'atto di
indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 12, comma 2.
5. La regione provvede altresì alla qualificazione e
riqualificazione del personale e assicura la necessaria assistenza tecnica per
i servizi sociali.
Art. 15 (Trasferimento di competenze dalle province
ai comuni)
1.
Sono trasferite ai comuni le competenze attualmente attribuite alle province concernenti
l'assistenza sociale:
a)
alle madri nubili e coniugate, comprese le attività dirette a garantire il
segreto del parto delle donne che non intendono riconoscere i propri nati;
b) ai figli di ignoti e ai
bambini esposti;
c) ai nati fuori dal matrimonio a condizione che al
momento della prima richiesta di assistenza non abbiano compiuto sei anni;
d) ai ciechi e ai sordomuti
poveri rieducabili;
e)
ai minori già di competenza della disciolta Opera nazionale maternità ed
infanzia (ONMI).
2. Sono assegnati ai comuni il personale, le
strutture, le attrezzature ed i finanziamenti destinati alle attività assistenziali
di cui al presente articolo.
Art. 16 (Competenze delle unità locali per i servizi
di assistenza sociale)
1. Le unità locali per i
servizi di assistenza sociale:
a) assicurano l'esercizio degli interventi di
assistenza sociale secondo le finalità generali della presente legge e secondo
la normativa regionale, attraverso la gestione diretta del complesso dei
servizi di assistenza sociale localizzati nel territorio di loro competenza;
b) assicurano il fondamentale diritto dei cittadini
di partecipare ai livelli e momenti della programmazione, della gestione e del
controllo dei servizi sociali;
c) concorrono alla formazione degli obiettivi del programma
regionale di sviluppo di cui all'articolo 14;
d) stipulano apposite convenzioni con le strutture
pubbliche e private autorizzate ed accreditate, operanti nel loro territorio,
erogatrici di prestazioni e servizi di assistenza sociale, ed operano su
queste una vigilanza per verificare se le prestazioni ed i servizi di
assistenza sociale vengono erogati secondo le prescrizioni contenute nella
presente
legge e nel pieno rispetto dei diritti degli utenti, potendo revocare, in caso
di riscontrate violazioni, la convenzione precedentemente stipulata.
Art. 17 (Organi delle unità locali per i servizi di
assistenza sociale)
1. Le unità locali per i servizi di assistenza
sociale sono enti dotati di propria personalità giuridica, con autonomia
gestionale e con statuto approvato dal consiglio comunale ovvero dai consigli
dei comuni consorziati ai sensi dell'articolo 11 della presente legge.
2. Le unità locali per i servizi di assistenza
sociale sono amministrate da un consiglio di amministrazione e da un direttore
generale.
3. II consiglio di amministrazione è nominato dal
consiglio comunale ovvero dai consigli comunali consorziati. Deve essere
comunque garantita all'interno del consiglio di amministrazione la presenza
delle minoranze. II consiglio di amministrazione elegge nel suo seno il
presidente.
4. II direttore generale viene nominato dal consiglio
di amministrazione sulla base di criteri fissati preventivamente dal consiglio
stesso.
Art. 18 (Istituzione del comitato di partecipazione
dell'unità locale per i servizi di assistenza sociale)
1. Per garantire effettivamente il diritto alla
partecipazione, le regioni istituiscono in ogni unità locale per i servizi di
assistenza sociale il comitato di partecipazione degli utenti e operatori.
2. II comitato è formato per due terzi dai
rappresentanti delle associazioni dei familiari, delle associazioni del
volontariato, delle associazioni dei diritti, delle organizzazioni sindacali e
delle altre formazioni sociali operanti nel territorio e per un terzo dai
rappresentanti degli operatori dell'unità locale per i servizi di assistenza
sociale.
3. II comitato elegge al proprio interno un
presidente, che deve essere comunque un rappresentante degli utenti.
4. II comitato verifica il funzionamento dei servizi
di assistenza sociale erogati sul territorio, presenta istanze di critica e
proposta ai responsabili dei servizi e, se del caso, anche al direttore
dell'unità locale per i servizi di assistenza sociale.
5. II comitato è obbligatoriamente sentito dal
consiglio di amministrazione e dal direttore generale ogni due mesi e comunque
ogni volta che lo richiede.
Art. 19 (Ruolo delle organizzazioni e delle
associazioni di volontariato)
1. Le organizzazioni e le associazioni di
volontariato iscritte all'albo regionale del volontariato che svolgano
un'attività nell'ambito del settore dell'assistenza sociale, partecipano in
maniera integrata all'iniziativa delle strutture e dei servizi pubblici senza
mai ad essi sostituirsi.
2. La programmazione regionale definisce il ruolo e
gli ambiti di attività degli organismi di volontariato, articolandoli per
settori. In questo ambito gli organismi di volontariato svolgono attività di
allargamento dei servizi resi dall'ente pubblico ai sensi della presente
legge.
3. Le unità locali per i servizi di assistenza
sociale predispongono programmi di informazione alla popolazione e programmi
di formazione dei volontari al fine di favorire fattività del volontariato o
renderne più efficace l'azione.
4. Per «volontariato» si intende, fatti salvi
documentati rimborsi di spese, l'attività resa a titolo gratuito e quindi non
retribuita.
CAPO Ill - NORME
FINALI E TRANSITORIE
Art. 20 (Norme finali e transitorie)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono ad emanare o adeguare le norme legislative per l'attuazione della
stessa.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore
delle leggi regionali e provinciali attuative della presente legge, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano i relativi regolamenti
d'attuazione.
3. Nel caso siano inutilmente decorsi i termini di
cui ai commi 1 e 2 si provvede entro i successivi sei mesi rispettivamente con
legge nazionale e con regolamento emanato con decreto del Presidente della
Repubblica.
Art. 21 (Coordinamento con la legge 5 febbraio 1992,
n. 104)
1. Ai fini della piena armonizzazione tra i princìpi
di cui alla presente legge e le disposizioni vigenti in materia di assistenza
sociale, con particolare riguardo alla affermazione, in attuazione
dell'articolo 38 della Costituzione, di un diritto soggettivo perfetto
all'assistenza sociale e di un conseguente obbligo istituzionale a carico degli
enti pubblici competenti in ordine alla erogazione dei relativi servizi e
prestazioni, le attività in materia di assistenza prevista dalla legge 5
febbraio 1992, n. 104, hanno natura vincolata e non discrezionale.
2.
Alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 dell'articolo 9 è sostituito dal
seguente: c1. II servizio di aiuto
personale, che deve essere istituito dai comuni, singoli o consorziati, con le
proprie ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai cittadini in temporanea o
permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile attraverso
la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno
rivolte a facilitare l'autosufficienza e la possibilità di integrazione dei
cittadini stessi e comprende il servizio di interpretariato per non udenti»;
b) il comma 1 dell'articolo 10 è sostituito dal
seguente: c1. I comuni anche
consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e
le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi
sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, devono realizzare
con le loro ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto
all'integrazione sociale e scolastica nel rispetto delle priorità degli
interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità alloggio e centri
socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità»;
c) ai commi 1 e 2 dell'articolo 39 le parole: «Le
regioni possono» sono sostituite dalle seguenti: «Le regioni devono».
Art. 22 (Norma finanziaria)
1. II Fondo nazionale per l'assistenza sociale di cui
al comma 1 dell'articolo 5 è finanziato a carico della fiscalità generale.
(") La proposta di legge n. 3666
"Legge quadro in materia di assistenza sociale" è stata presentata
alla Camera dei deputati il 7 maggio 1997 dagli On. Bertinotti, Armando Cossutta,
Diliberto, Maura Cossutta, Saia, Valpiana, Borghetta, Bonato, Brunetti, Eduardo
Bruno, Cangemi, Carazzi, De Cesaris, De Murtas, Galdelli, Giordano, Grimaldi,
Lenti, Malentacchi, Mantovani, Meloni, Michelangeli, Moroni, Muzio, Nardini,
Nesi, Ortolano, Pisapia, Pistone, Marco Rizzo, Edo Rossi, Santoli, Strambi,
Vendola.
(1)
Resta
incomprensibile, a causa dei contenuti quasi sempre opposti a quella della
proposta Bertinotti, la presentazione da parte della Sen. Ersilia Salvato di
Rifondazione comunista del disegno di legge n. 2062/Senato. Cfr. l'articolo "II sistema dei servizi alla persona:
tre proposte di legge", Prospettive assistenziali, n. 119.
www.fondazionepromozionesociale.it