TESTO UNIFICATO PER LA LEGGE QUADRO DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA (*)
Riproduciamo il testo unificato perla
legge quadro di riforma dell'assistenza nella versione predisposta il 18
settembre 1997 dalla relatrice l'On. Signorino.
TITOLO I
CAPO I - Disposizioni generali
Art. 1 (Finalità)
1.
In attuazione degli articoli 2, 3, 38, commi primo e quarto, dell'articolo 117
della Costituzione e degli indirizzi comunitari in materia di diritti civili e
di cittadinanza, la presente legge provvede alla istituzione di un sistema di
protezione sociale per garantire pari opportunità, per prevenire, per
eliminare o per ridurre le condizioni di bisogno e di disagio sociale legate ad
inadeguatezza di reddito, difficoltà umane, sociali e a condizioni di non
autonomia.
2.
Gli interventi di protezione sociale previsti dalla presente legge sono
realizzati attraverso una rete di servizi di promozione della cittadinanza
individuale e sociale finalizzata a prevenire e a rimuovere condizioni di
disagio sociale e di povertà, a sviluppare l'autonomia della persona e
valorizzarne le risorse ai fini del reinserimento sociale e produttivo, a
sostenere l'esercizio delle responsabilità familiari anche attraverso
interventi integrati con gli interventi sanitari, scolastici, con le politiche
attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro, secondo
quanto stabilito dagli articoli 5 e 6.
3.
Le funzioni di indirizzo, di programmazione e di gestione della rete dei
servizi di protezione sociale sono, rispettivamente, di competenza dello Stato,
delle Regioni e degli Enti Locali, secondo le modalità previste dal titolo II
della presente legge e in modo tale da assicurare la coerenza dei processi
decisionali, l'integrazione degli apparati produttivi, la verifica dei risultati
in termini di qualità, di esiti, di efficacia e di appropriatezza dei servizi.
4.
Gli interventi di protezione sociale realizzati nell'ambito della rete di cui
al comma 2 sono costituiti dalla erogazione in forma diretta dei servizi di
prestazioni economiche, dalla offerta di buoni servizio e dalle detrazioni
fiscali, disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 19, 21, 22 e 23,
nell'ambito di percorsi assistenziali a favore del cittadino o del suo nucleo
familiare, predisposti sulla base di analisi personalizzate delle condizioni di
bisogno. Alla offerta di tali servizi provvedono i soggetti di cui al titolo
li, capo III della presente legge.
5.
Ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione è garantita
libertà di costituzione e di attività alle associazioni, fondazioni o altre
istituzioni private che perseguano finalità assistenziali, anche a scopo di
lucro, a condizione che le stesse esercitino tali attività, in conformità alle
presenti disposizioni ed alle norme regionali in materia.
6.
Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali ai
sensi dell'articolo 117 della Costituzione nonché, per le regioni a statuto
speciale e per le province autonome, norme fondamentali di riforma economica e
sociale della Repubblica.
TITOLO II
CAPO I - Riordino delle funzioni assistenziali nel Ministero per la
solidarietà sociale, istituzione della Commissione delle politiche sociali e
Sistema informativo nazionale
Art. 2 (Riordino delle funzioni assistenziali già
attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alle amministrazioni
dello Stato e all'INPS)
1.
Ai fini previsti dall'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, il Governo
è delegato ad emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge un decreto legislativo per riordinare nel Ministero per la solidarietà
sociale le funzioni di protezione sociale già attribuite alla Presidenza del
Consiglio dei ministri e ai Ministeri dell'interno, del tesoro e della sanità
nonché all'Istituto della previdenza sociale, sulla base di seguenti principi e
criteri direttivi:
a)
attribuzione delle funzioni di assistenza sociale svolte alla medesima data
dal Ministero dell'interno e dall'INPS in materia di accertamento e concessione
degli emolumenti economici continuativi a favore degli invalidi civili, dei
ciechi e dei sordomuti e in materia di integrazione e maggiorazione sociale
dei trattamenti minimi di pensione di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222,
nonché dei trattamenti per i cittadini privi di reddito, titolari dei benefici
previsti dall'articolo 3, commi 14 e 15, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
b)
attribuzione delle funzioni di collegamento e di coordinamento con i programmi
di protezione sociale dell'Unione europea;
c)
trasferimento del personale addetto alle funzioni di cui alla lettera a), nei
ruoli del Ministero ovvero nei ruoli delle regioni o degli enti locali, in
ragione delle competenze ad essi attribuite;
d) attribuzione delle
competenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni previste.
Art. 3 (Osservatorio sui
fenomeni sociali)
1.
Nell'ambito della Conferenza di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, è istituita una commissione nazionale per le politiche
sociali della quale fanno parte i ministri del tesoro e per la solidarietà
sociale, rappresentanti di 9 regioni e di 9 amministrazioni comunali, secondo
un criterio di distribuzione geografica. Alle riunioni della Commissione
partecipa anche il ministro della sanità per la trattazione della materia
socio-sanitaria.
2.
La commissione svolge funzioni di verifica sulla realizzazione del sistema di
protezione sociale, funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del
Governo per la determinazione delle linee generali della politica sociale
nazionale nonché per gli indirizzi da fornire in materia di volontariato.
3. Con decreto del Ministro
per la solidarietà sociale, emanato d'intesa con la Conferenza di cui
all'articolo 8 del decreto degislativo 28 agosto 1997, n. 281, è istituito un
Osservatorio permanente per il monitoraggio dei fenomeni sociali, con
particolare riferimento alla tutela della qualità della vita dei cittadini,
alla povertà, ai problemi della famiglia e dei minori, all'integrazione sociale
dei portatori di handicap e degli anziani, all'emarginazione ed al disagio
sociale. II decreto di cui al presente comma prevede forme adeguate di
coordinamento e di collaborazione tra l'osservatorio e gli analoghi organismi
previsti dalla legislazione vigente.
Art. 4 (Sistema informativo
dei servizi sociali - Siss)
1.
Per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, della rete dei
servizi, nonché per poter disporre tempestivamente dei dati e delle
informazioni necessarie per la programmazione e la gestione delle politiche sociali,
per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche
del lavoro e dell'occupazione lo Stato, le Regioni e i Comuni concorrono
all'istituzione di un sistema informativo dei servizi sociali (Siss).
2.
Le modalità relative alla istituzione del sistema informativo di cui al comma
1 sono definite con atto di indirizzo e coordinamento, adottato ai sensi
dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro dodici mesi dalla data
di entrata in vigore del decreto legislativo.
CAPO Il - Competenze istituzionali
Art. 5 (Livello dello Stato)
1. Sono di competenza dello
Stato:
a)
le funzioni relative alla programmazione degli interventi di protezione
sociale attraverso l'adozione del piano nazionale di cui all'articolo 6;
b) gli interventi
straordinari di prima necessità, richiesti da eventi eccezionali e urgenti;
c)
gli interventi di prima assistenza in favore di connazionali profughi e
rimpatriati in conseguenza di eventi straordinari ed eccezionali, nonché gli
interventi in favore dei profughi stranieri, limitatamente al periodo
strettamente necessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento
della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al
trasferimento in altri Paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale,
nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino
alla concessione del permesso di soggiorno o alla definizione della posizione
di acquisizione di cittadinanza;
d)
i rapporti, in materia di assistenza e di integrazione sociale, con organismi
stranieri ed internazionali e gli adempimenti previsti dagli accordi
internazionali e dai regolamenti comunitari;
e)
la determinazione del reddito minimo di inserimento; fJ la ripartizione tra le
regioni del fondo sociale nazionale di cui alla presente legge, distintamente
per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale, tenuto conto della
struttura demografica della popolazione, dei nuclei familiari, degli indici di
disoccupazione e del reddito, nonché dei livelli di prestazione effettivamente
assicurati, secondo quanto stabilito dall'articolo 6;
g)
l'emanazione di atti sostitutivi nel caso di riscontrata inadempienza delle
singole regioni, sentita la Conferenza Stato-regioni;
h)
la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali
degli operatori sociali, le disposizioni generali in materia di ordinamento e
durata dei corsi e la determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione
agli stessi.
Art. 6 (Programmazione e realizzazione dei servizi di
protezione sociale)
1.
Alla programmazione degli obiettivi fondamentali del sistema di protezione
sociale si provvede con il Piano Nazionale triennale dei Servizi di Protezione
Sociale (PNSPS). II Piano è predisposto dal Governo, sentite le Commissioni
parlamentari competenti, che si esprimono entro 30 giorni dalla data di
presentazione dell'atto. II Piano è adottato ai sensi dell'articolo 1 della
legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 8 della legge 15
marzo 1997, n. 15.
2.
II Piano nazionale di protezione sociale, che ha durata triennale, è adottato
entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente e può
essere modificato con la procedura di cui al comma 1.
3. II Piano nazionale
indica:
a)
i livelli essenziali delle prestazioni da garantire al cittadino ed alle
famiglie, secondo quanto stabilito dall'articolo 14;
b) le priorità di intervento, definendo a tal fine i progetti obiettivo e
le azioni programmate con particolare riferimento alla diffusione dei servizi
di informazione al cittadino e alle famiglie, agli interventi e ai percorsi
assistenziali attivi nei confronti delle persone in condizione di povertà,
degli anziani, dei portatori di handicap e, più in generale, degli emarginati
sociali;
c)
le azioni da coordinare con l'intervento sanitario, con le politiche della
scuola, della formazione professionale e del lavoro;
d) gli indirizzi per lo
sviluppo dei patti territoriali per la costruzione di reti di solidarietà
sociale;
e) gli indirizzi relativi
alla formazione di base e all'aggiornamento del personale;
f) i finanziamenti relativi
a ciascun anno di vigenza del Piano, in coerenza con i livelli uniformi di
assistenza;
g)
le misure e gli indicatori per la verifica dei livelli essenziali di assistenza
effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti, individuando anche i
principi generali per il concorso al costo dei servizi da parte del cittadino.
4.
II Ministro per la solidarietà sociale promuove direttamente o su richiesta
delle regioni forme di collaborazione, nonché l'elaborazione di apposite linee
guida in funzione dell'applicazione coordinata del Piano e della normativa di
settore, salva l'autonoma determinazione delle regioni in ordine al loro
recepimento.
5.
II Ministro per la solidarietà sociale presenta annualmente al Parlamento una
relazione sullo stato di attuazione del Piano e sui risultati conseguiti
rispetto agli obiettivi dallo stesso fissati.
6.
Le regioni entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del Piano nazionale
adottano, con le modalità previste dai relativi statuti i piani regionali di
protezione sociale, assicurando, comunque, la consultazione dei cittadini e
delle associazioni iscritte al registro di cui all'articolo 13.
Art. 7 (Livello delle Regioni)
1. Sono di competenza delle
regioni:
a)
la determinazione, d'intesa con i Comuni, degli ambiti territoriali per la
gestione della rete di protezione sociale, individuando nel distretto l'unità
territoriale di base per l'offerta dei servizi alla persona, valutando altresì
le delimitazioni territoriali delle comunità montane;
b) la definizione dei requisiti per l'autorizzazione, l'accreditamento e
la vigilanza delle strutture gestite da soggetti privati;
c)
la definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per la
erogazione delle prestazioni;
d)
il coordinamento delle politiche in materia di assistenza, sanità e
istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività
lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;
e) la promozione ed il coordinamento delle
azioni di assistenza tecnica per la creazione e la gestione dei servizi di
protezione sociale, da parte degli enti locali;
f)
la promozione di forme innovative di sperimentazione di modelli organizzativi e
gestionali con particolare riferimento ai patti territoriali per la
costruzione di reti di solidarietà sociale;
g) la istituzione dei
registri regionali, secondò le disposizioni di cui all'articolo 13;
h) la definizione dei criteri per l'emissione dei buoni servizio da parte
dei Comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale;
i)
la definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte dei
cittadini al costo delle prestazioni, tenendo come punto di riferimento i
principi generali definiti in sede nazionale;
j)
la determinazione e la ripartizione del fondo sociale regionale, e le eventuali
integrazioni al RMI. Per incentivare la razionalizzazione, la funzionalità e
l'economicità dei servizi pubblici, come previsto dalla legge 15 marzo 1997, n.
59 e dalla legge 15 maggio 1997, n. 127, ai comuni di un ambito territoriale omogeneo,
quale il distretto, che provvedono ad associarsi, la Regione, nel riparto dei
finanziamenti sussidiari, eroga incentivi di incremento delle somme da
liquidare, pari ad almeno il 20 per cento dell'accredito da effettuare;
k)
la predisposizione ed il finanziamento dei piani per la formazione e per
l'aggiornamento professionale per il personale addetto ai servizi sociali;
I) l'esercizio di poteri
sostitutivi nei confronti degli enti locali che risultino inadempienti;
m) la determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i
Comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati.
2.
Le Regioni individuano, con la stessa periodicità della redazione dei piani e
programmi regionali, metodi e strumenti per il controllo di gestione, rivolti
ad accertare il livello di efficacia e di efficienza dei servizi ed i
risultati delle azioni previste. Le risultanze dei rapporti di gestione sono
trasmesse al Ministero della Solidarietà Sociale.
3.
Nella predisposizione degli strumenti
della programmazione regionale allo scopo di garantire il costante adeguamento
delle strutture e delle prestazioni socio-assistenziali alle esigenze dei
cittadini, le Regioni adottano forme di consultazione, di organismi associativi
di tutela dei diritti del cittadino e del volontariato e dei soggetti indicati
al titolo li, capo III.
Art. 8 (Livello delle Province)
1. Le attività assistenziali
gestite dalle Province, sono trasferite ai Comuni.
2. Le Province concorrono
alla programmazione dei servizi di protezione sociale attraverso:
a) la raccolta delle conoscenze sui bisogni e sulle risorse acquisite dai
comuni e da altri soggetti istituzionali presenti in ambito provinciale;
b) forme di verifica e valutazione degli interventi e dei servizi, tramite
la raccolta e sistematizzazione dei dati di offerta, con analisi mirate su
fenomeni rilevanti in ambito provinciale;
c)
la realizzazione di opere pubbliche e la messa a disposizione di beni per i
servizi di interesse sovracomunale;
d) la promozione, d'intesa con i comuni, di iniziative di formazione, con
particolare riguardo alla formazione pro fessionale di base.
3.
L'esercizio delle funzioni di cui al comma 2 è finalizzato alla realizzazione
dei compiti previsti dall'articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, con
riferimento agli strumenti della programmazione locale; in tal senso, la
provincia partecipa, per quanto di propria competenza, alla definizione dei
piani di zona dei servizi alla persona sottoscrivendo, se del caso, anche gli
accordi di programma effettuati tra le amministrazioni comunali ai sensi dell'articolo
13 e dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
Art. 9 (Livello dei Comuni)
1.
I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti l'assistenza,
la protezione sociale e i diritti locali di cittadinanza. Tali funzioni sono
esercitate dai Comuni adottando sul piano territoriale gli assetti organizzativi
più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini
tramite associazioni intercomunali o decentramento delle aree metropolitane
secondo le modalità previste dalle leggi 8 giugno 1990, n. 142 e 15 marzo 1997,
n. 59.
2. Sono di competenza dei
Comuni:
a) le funzioni relative alla erogazione dei servizi del reddito minimo di
inserimento e dei buoni servizio, secondo quanto stabilito dalla presente
legge;
b) le funzioni relative all'autorizzazione, alla vigilanza e al controllo
delle strutture della rete di protezione sociale a ciclo residenziale e diurno
e delle prestazioni erogate dai soggetti accreditati, anche prevedendo lo
svolgimento di controlli a campione;
c) le funzioni relative
all'accreditamento dei soggetti indicati dal titolo II della presente legge.
3. Nell'esercizio delle
funzioni di cui ai commi 1 e 2, i Comuni provvedono:
a)
a realizzare un modello a rete per facilitare l'accesso della persona ai
servizi, attraverso la istituzione del distretto sociale di base e la
promozione di un'efficace azione di informazione al singolo e ai nuclei
familiari;
b) ad assicurare il coordinamento dei programmi e delle attività degli enti
interessati, secondo le modalità fissate dalla Regione; realizzando, in
particolare, collegamenti operativi con tutti i servizi dell'area giovanile,
del tempo libero e della comunicazione promuovendo, altresì, patti territoriali
per la costruzione delle reti di solidarietà sociale;
c)
a garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità
dei servizi, prevedendone le modalità del concreto esercizio all'interno degli
statuti comunali;
d) a convocare almeno con cadenza annuale, o secondo quanto stabilito
dagli accordi di programma, apposite conferenze dei servizi di protezione
sociale, a cui assicurano anche la partecipazione dei soggetti e degli organismi
di utilità sociale, per esaminare la situazione del proprio territorio e
formulare proposte per l'aggiornamento del piano e dei programmi regionali;
e) a controllare le attività e le iniziative di protezione sociale che si
svolgono nel loro territorio, secondo i criteri determinati dalla legge regionale.
Art. 10 (Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza IPAB)
1.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo
è delegato ad emanare un decreto legislativo recante norme per la revisione
della disciplina delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza
(IPAB),
previste dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni, sulla
base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a)
la effettiva e compiuta destinazione dei patrimoni appartenenti alle IPAB, nel
rispetto degli interessi originari, a favore della rete di protezione sociale,
utilizzando per le cessioni ed i trasferimenti, anche procedure di agevolazione
fiscale previste dal decreto ONLUSS;
b) la trasformazione delle attuali istituzioni in
associazioni o in fondazioni di diritto privato o in istituzioni di cui
all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tenuto conto della origine e
delle finalità delle IPAB, quale risulta dalle tavole di fondazione e dagli
statuti, ferme restando le indicazioni di cui alla lettera a);
c)
l'inserimento delle IPAB nella rete di protezione sociale, secondo le
pianificazioni regionali ed i piani di cui all'articolo 10;
d)
lo scioglimento delle istituzioni qualora risultino esaurite le finalità
istitutive, o risultino inattive da almeno un biennio, o risulti necessario,
sul piano del coordinamento, della funzionalità e del controllo della spesa,
accorpame le funzioni ai servizi dei Comuni e delle aziende USL.ù
Art 11 (Piano di zona)
1.
In relazione alla definizione degli ambiti territoriali per la gestione della
rete di protezione sociale di cui all'articol0 7, comma 1, lettere a), i
Comuni (associati), d'intesa con le aziende sanitarie locali interessate, a
tutela dei diritti della popolazione provvedono per le attività di protezione
sociale e socio-sanitaria a definire il piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici
e te priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa
realizzazione;
b)
le modalità per la regolamentazione del funzionamento dei servizi, con
particolare riferimento alle risorse finanziarie, strutturali e professionali;
c) le forme di rilevazione
dei dati nell'ambito del sistema informativo regionale;
d)
i modelli organizzativi,, di funzionamento e gli standard quantitativi e
qualitativi dei servizi, in relazione alle disposizioni regionali adottate ai
sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera c);
e) le modalità per garantire
l'integrazione tra servizi e prestazioni;
o
le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle
amministrazioni statali, con particolare riferimento all'amministrazione
penitenziaria e della giustizia;
g)
le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti
operanti nell'ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre
risorse della comunità.
2.
II piano di zona, adottato attraverso accordo di programma, ai sensi
dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è volto a:
a)
favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e
prestazioni complementari e flessibili, nonché a responsabilizzare i cittadini
nella programmazione e nella verifica dei servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse che permettano
di offrire servizi e prestazioni diversificate;
c)
definire i criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune
prevedendo risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;
d)
prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori
finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
2. All'accordo di programma
di cui al comma 2 possono partecipare anche gli organismi di utilità sociale
presenti a livello locale, accreditati e non, in modo da assicurare l'adeguato
coordinamento delle risorse umane e finanziarie.
CAPO lll - Gli strumenti della rete di promozione
sociale
Art. 12 (Accreditamento)
1.
L'accreditamento è una procedura tecnico-amministrativa effettuata dai Comuni
per i servizi pubblici e non, che valuta, secondo le indicazioni regionali sui
requisiti organizzativi e di qualità delle prestazioni offerte, l'inserimento
delle strutture e dei servizi nella rete locale di protezione sociale.
2.
I Comuni, per la realizzazione dei programmi locali di protezione sociale
accreditano e si avvalgono di organizzazioni del volontariato, organismi ed
associazioni non lucrative di utilità sociale e privati iscritti nel registro
di cui all'articolo 13.
3.
I comuni corrispondono ai soggetti accreditati tariffe per le prestazioni
erogate sulla base delle determinazioni assunte in sede regionale.
Art. 13 (Registro regionale delle istituzioni
private)
1.
Le regioni istituiscono un registro delle associazioni, delle fondazioni e
delle istituzioni private, anche a carattere cooperativo che intendono
esercitare attività socioassistenziali e concorrere alla realizzazione della
rete di servizi tramite l'accreditamento.
2.
II registro si articola in sezioni secondo la natura associativa, le finalità
economiche e lo stato patrimoniale delle organizzazioni, con particolare
riferimento alla presenza o meno dello scopo di lucro. Per la classificazione
economica delle organizzazioni private sono applicate le norme vigenti in
materia finanziaria.
3.
Le regioni provvedono all'iscrizione dei soggetti di cui all'articolo 12 nel
registro regionale, previo accertamento dei seguenti requisiti:
a) esame delle finalità
economiche e della situazione patrimoniale;
b) verifica dei livelli di prestazioni, di
qualificazione del personale e di efficienza organizzativa ed operativa,
secondo i requisiti dei servizi sociali fissati dalle leggi regionali;
c)
adozione, per i dipendenti, del contratto collettivo nazionale di categoria,
fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni volontarie o rese in
forza di convenzioni con organismi della Chiesa cattolica o delle altre confessioni
religiose;
d) corrispondenza ai
principi stabiliti dalla presente legge e dalla legge regionale.
4.
Le regioni stabiliscono le modalità per lo svolgimento dei controlli periodici
e determinano i casi che comportano la cancellazione dal registro.
5.
Le istituzioni operanti in più regioni chiedono l'iscrizione al registro della
regione in cui l'istituzione ha sede legale. A tal fine la regione provvede,
sentite le altre regioni interessate.
TITOLO III Interventi di protezione sociale
CAPO I Disposizioni di carattere generale
Art. 14 (Definizione della rete di protezione
sociale)
1.
La rete di protezione sociale di cui all'articolo 1, comma 2, si realizza
mediante il coordinamento delle politiche sociali e la integrazione di misure
economiche e servizi alla persona, al nucleo familiare nonché attraverso la
definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse.
2.
Alla rete accedono tutti i cittadini, con priorità di risposta alle persone
con bisogni di ordine economico, con inabilità fisica o psichica, con
difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Per garantire condizioni di
uniformità d'offerta sul territorio nazionale, secondo i bisogni e i diritti
sociali e di cittadinanza, il piano nazionale dei servizi di protezione sociale
definisce un livello di prestazioni essenziali, che prevede:
a)
l'introduzione dell'istituto del reddito minimo di inserimento, secondo quanto
stabilito dall'articolo 19, per prevenire e rimuovere condizioni di povertà o
incapacità, temporanea o permanente, a produrre reddito, comprese le
limitazioni derivate da età, inabilità e invalidità;
b) percorsi attivi di sostegno e di mediazione a favore
di persone in situazione di disagio psico-sociale, e dei soggetti individuati
alla lettera a), per promuovere l'accesso all'istruzione, alla qualificazione
professionale ed al lavoro, anche tramite iniziative comunitarie, forme di
lavoro protetto e attività socialmente utili o altre forme di impiego previste
dalla normativa vigente;
c)
percorsi attivi di sostegno alle fragilità personali dei singoli e dei nuclei
familiari, derivate da stati di invalidità, da dipendenza psico-fisica per età
o patologia, tramite prestazioni domiciliari e residenziali, anche a ciclo
diurno e continuativo;
d)
misure di informazione e di consulenza al cittadino ed alle famiglie, per la
fruizione della rete di servizi pubblici, privati e del volontariato dell'area
sociale, sanitaria, dell'istruzione e dell'inserimento al lavoro;
e)
promozione di attività atte a favorire l'integrazione sociale di emarginati,
quali extra-comunitari, ex detenuti e persone con disagio sociale.
Art. 15 (Progetti per la rimozione del disagio
giovanile)
1.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il
Ministro per la Solidarietà Sociale, d'intesa con il Ministro del Lavoro e con
gli altri Ministeri interessati, sentite la Conferenza permanente per i
rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e
la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, promuove, con il concorso dei
finanziamenti comunitari e in coerenza con le misure di promozione
dell'occupazione, un progetto speciale per la rimozione di particolari
condizioni di disagio giovanile, a tal fine prevedendo misure per il sostegno
alla prima occupazione di giovani fino al compimento dei 25 anni di età. II
progetto, in fase sperimentale, può essere avviato con priorità anche in
alcune regioni del nord, centro e sud in cui i problemi giovanili assumono
particolari dimensioni.
Art. 16 (Programmi assistenziali integrati)
1.
I Comuni provvedono a definire programmi assistenziali personalizzati
integrati a favore dei soggetti non autosufficienti individuati ai sensi dell'articolo
17 per garantire agli stessi dignitose condizioni di vita e consentirne la
permanenza al proprio domicilio. I programmi di cui al presente articolo
prevedono l'integrazione delle prestazioni a carattere assistenziale e di
protezione sociale con quelle di cura e di riabilitazione, erogate dai comuni e
dalle aziende sanitarie con il RMI e gli altri emolumenti economici concessi
secondo disposizioni regionali e comunali.
2.
II programma personalizzato, predisposto in base all'età da unità di valutazione
multidisciplinari costituite d'intesa tra comuni e aziende sanitarie, indica:
a) la valutazione
diagnostica medico-sociale;
b) il percorso assistenziale da realizzare;
c)
le risorse personali, familiari e comunitarie da attivare, comprese le modalità
di partecipazione alla spesa da parte dell'assistito.
3.
All'accertamento delle condizioni economiche e sociali che consentono il
ricorso ai programmi disciplinati dal presente articolo, provvedono, ai sensi
delle relative disposizioni regionali, le unità di valutazione di cui al comma
2.
Art 17 (Interventi a
favore dei soggetti totalmente dipendenti)
1. Ai fini dell'applicazione
dell'articolo 16, sono considerati soggetti totalmente dipendenti:
a)
i minori di anni diciotto, portatori di handicap fisico, psichico e sensoriale,
incapaci di compiere senza assistenza continua gli atti propri dell'età;
b) i maggiorenni che non sono in grado di provvedere
autonomamente alla cura della propria persona, alla gestione della casa e
dell'ambiente di vita e che necessitano di assistenza continuativa;
c) i soggetti che si trovano
nelle condizioni previste dall'articolo 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18;
d) i ciechi assoluti di cui
all'articolo 4 della legge 27 maggio 1970, n. 382.
2.
La condizione di non autosufficienza o di dipendenza e le caratteristiche della
stessa sono riportate nella tessera magnetica sanitaria, per facilitare agli
operatori la predisposizione dei progetti personalizzati e alla persona
invalida l'accesso ai servizi.
3.
Le persone di cui al comma 1, prive di reddito o con reddito insufficiente a
garantire dignitose condizioni di vita e di permanenza al domicilio, hanno
diritto al RMI con le maggiorazioni per la dipendenza, previste al comma 3
dell'articolo 19. Nel caso di reddito inferiore o pari al RMI, quest'ultimo è
concesso in forma parziale fino a concorrenza dell'importo determinato del
RMI. Nei casi di dipendenza totale il RMI può essere concesso ad un componente
del nucleo familiare che provvede alla cura e alla tutela della persona
dipendente, qualora risultino soddisfatte le condizioni di reddito di cui al
presente comma.
4.
AI fine di consentirne la permanenza al proprio domicilio, alle persone
totalmente dipendenti con reddito personale e del nucleo familiare superiore a
quello stabilito per accedere al RMI, ai sensi dell'articolo 19, comma 2,
lettera a), e comunque inferiore o pari a lire 80 milioni sono erogati, a
sostegno della famiglia, prestazioni di assistenza tutelare o buoni servizio
per l'acquisizione delle stesse, secondo le previsioni del programma personalizzato
di cui all'articolo 16.
Art. 18 (Programmi sperimentali per stranieri in
attesa del permesso di soggiorno)
1.
Le regioni, in relazione a specifiche situazioni di immigrazione verificatesi
nei rispettivi territori, possono avviare progetti sperimentali anche per gli
stranieri che sono in attesa di definire la loro posizione lavorativa ed il
permesso di soggiorno.
CAPO Il Istituti e strumenti del sistema di
protezione sociale
Art. 19 (Istituzione del RMI)
1.
È istituito il reddito minimo di inserimento (RMI) a favore dei soggetti privi
di reddito e impossibilitati a provvedere per cause psichiche, fisiche e
sociali al proprio mantenimento. Le condizioni fisiche e psichiche che danno
diritto al RMI sono accertate secondo le modalità indicate dall'articolo 20.
2.
Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro 90 giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, di
concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti:
a)
l'ammontare del reddito minimo di inserimento pari al 60% del reddito medio
pro-capite nazionale (oppure pari all'importo dell'assegno sociale ai sensi
dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995 n. 335 oppure si adotta lo schema di
scaglioni di reddito ad aumento secondo il nucleo familiare previsto nella
proposta di legge Guerzoni-Ruzzante), prevedendo, per i soggetti non
autosufficienti, la possibilità di integrazioni percentuali riferiti al grado
di riduzione dell'autonomia personale nella misura massima del 30% del costo
medio della tariffa giornaliera di ricovero nelle residenze sanitarie
assistenziali;
b) le modalità di revisione
dell'ammontare dei RMI;
c)
le condizioni di reddito che danno diritto alla corresponsione del RMI ed i
criteri per il loro accertamento, secondo le previsioni dell'articolo 25;
d)
le modalità per la presentazione della richiesta del RMI ai comuni di
residenza, prevedendo l'obbligo di domicilio negli stessi e che il richiedente
o il suo legale rappresentante debbano dichiarare nella domanda, sotto la propria
personale responsabilità, se siano state presentate, nell'ultimo quinquennio,
altre domande per pensioni, assegni o indennità, indicando l'ente o l'ufficio
cui sono state presentate;
e)
le modalità di corresponsione del RMI nella fase transitoria, ai soggetti
titolari dei trattamenti indicati dal comma 4.
3.
Le regioni, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, possono incrementare
il RMI nella misura massima del 20% del suo ammontare, come definito dal regolamento
di cui al comma 2.
4.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma
... sono abrogate le leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27
maggio 1970, n. 382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18 e
successive modificazioni, nonché le previsioni dell'articolo 3 della legge 8 agosto
1995, n. 335 relative ai trattamenti minimi di pensione gestiti dall'INPS,
soggetti a integrazione e maggiorazione sociale.
Art. 20 (Collegio per l'accertamento delle condizioni fisiche e psichiche)
1.
L'accertamento delle condizioni fisiche e psichiche per la concessione del RMI
è effettuato da un collegio medico-legale, composto da tre membri designati
dalla regione e dalla azienda sanitaria locale competente per territorio di cui
uno specialista in medicina legale, uno specialista nelle discipline connesse
alle maggiori patologie invalidanti e uno specialista appartenente alla unità
di valutazione multidisciplinare, di cui all'articolo 17, comma 2, lettera c),
competente in base all'età del richiedente. Il medico legale ha funzioni di
presidente del collegio.
2.
Ai fini della valutazione del grado di autosufficienza della persona, il
collegio di cui al comma 1 è integrato, ai sensi dell'articolo 1, comma 1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, da due componenti, di cui uno psicologo ed
un assistente sociale della unità multidisciplinare designati,
rispettivamente, dalla azienda sanitaria locale e dalla conferenza dei sindaci
dell'ambito territoriale corrispondente alla unità sanitaria locale di
ubicazione del collegio.
3.
II medico con funzioni di presidente del collegio di cui al comma 1 è scelto
dalla regione sulla base di un elenco predisposto secondo i requisiti per
l'appartenenza ai collegi medico-legali. Nel caso di inadempienza da parte
della regione, provvede il presidente del tribunale territorialmente
competente.
4.
La sede del collegio è ubicata presso l'azienda USL. Le funzioni di segreteria
del collegio sono esercitate da un funzionario della carriera direttiva della
stessa azienda. L'azienda USL, di intesa con la conferenza dei sindaci degli
ambiti territoriali ricompresi nella provincia, può disporre l'ubicazione di
sedi distaccate dei collegi presso i maggiori comuni della provincia.
5.
La regione provvede alla nomina di un collegio medico-legale di seconda
istanza, composto da cinque membri scelti tra i dipendenti di grado apicale
del Servizio sanitario regionale, degli istituti scientifici di ricovero e
cura e delle università, di cui due specialisti nelle discipline dell'area
medica e della riabilitazione e tre specialisti in medicina legale. II
presidente del collegio è designato tra gli specialisti in medicina legale.
Alle riunioni del collegio di cui al presente comma può partecipare il medico
legale presidente del collegio medico-legale di prima istanza interessato al ricorso
stesso.
6.
Nel corso dell'esame effettuato dal collegio di cui al comma 5, il ricorrente
può essere assistito da un proprio medico di fiducia.
7.
II collegio medico-legale conclude gli accertamenti entro novanta giorni dalla
data di presentazione della domanda di concessione del RMI. Avverso il giudizio
del collegio si può ricorrere al collegio di seconda istanza di cui al comma 5.
8.
II diritto alla concessione del RMI decorre dalla data di presentazione della
domanda, a condizione che siano riconosciute le condizioni di invalidità di cui
all'articolo 19, comma 1.
9.
I titolari del RMI sono sottoposti ad accertamenti sanitari periodici, secondo
modalità stabilite con atto di indirizzo e coordinamento, adottato ai sensi
dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
10.
Le Commissioni di accertamento dell'invalidità civile di cui alla legge 118/71,
legge 18/80 ed alla legge 295/1990, per l'accertamento delle condizioni di
inabilità ed invalidità che danno luogo ai relativi assegni, sono sostituite, entro
180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dai collegi
medico-legali previsti dal presente articolo.
11.
II Ministro per la solidarietà sociale d'intesa con il Ministro dell'Interno e
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, definisce, con proprio decreto da
emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le
disposizioni per la sostituzione delle Commissioni di cui al comma 1. Fino alla
data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, e comunque fino
alla data di insediamento dei collegi, anche ai fini della concessione del RMI,
continuano ad operare le Commissioni per l'accertamento dell'invalidità
civile
integrate ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.
157, nei confronti delle persone con minorazione fisica, psichica e sensoriale.
12.
Le competenze in materia sanitaria già esercitate dalle Commissioni di
accertamento dell'invalidità civile, con particolare riferimento al grado di
invalidità per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, al diritto
all'assistenza protesica, all'avviamento al lavoro, sono esercitate dai
competenti servizi delle aziende USL che provvedono all'accertamento
dell'handicap in relazione a quanto previsto dalla legge 104/92.
Art. 21 (Sperimentazione del RMI a favore di nuclei
familiari in condizioni di povertà)
1.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo
è delegato ad emanare un decreto legislativo che disciplini modalità
sperimentali per la concessione del reddito minimo di inserimento a favore di
persone soggette a lunga disoccupazione e con difficoltà di rioccupazione o
inoccupate, inserite in nuclei familiari in condizioni di povertà sulla base
dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) previsione di un periodo
di sperimentazione di durata almeno biennale;
b)
collegamento del RMI alle politiche attive del lavoro, ai piani di formazione e
agli incentivi a soggetti pubblici e privati, che predispongano l'offerta di
nuovi posti di lavoro, utilizzando anche lavori socialmente utili, anche
nell'area dei servizi alla persona;
c)
concessione del beneficio a persone disoccupate o inoccupate da oltre un
biennio, con difficoltà di occupazione derivata da bassa qualificazione
professionale e/o da età matura;
d)
sottoscrizione da parte dei beneficiari di contratti di inserimento che
prevedano l'adesione a percorsi formativi o l'accettazione di offerte di
occupazione anche di natura diversa dalla propria qualificazione a tempo
parziale e in zone diverse dalla residenza, prevedendo in tal caso anche la
proroga di concessione di parte del RMI, contestualmente all'impiego, per
compensare le spese di mobilità;
e)
esenzione, su richiesta del beneficiario, degli obblighi derivanti dal
contratto di inserimento di cui alla lettera c) qualora lo stesso sia addetto
alla cura e all'assistenza di un proprio familiare e congiunto con handicap
grave o anziano totalmente dipendente;
1)
valutazione delle condizioni reddituali del beneficiario e del suo nucleo
familiare, con riferimento alla composizione dello stesso ovvero alla presenza
di minori o di persone totalmente dipendenti.
Art. 22 (Buoni servizio)
1.
II buono servizio è una particolare forma di trasferimento monetario erogato
al cittadino, in forma alternativa al denaro, per acquisire in proprio o per il
nucleo familiare, beni primari: cibo, casa, vestiario e/o servizi per supportare
l'autonomia: assistenza tutelare, aiuto domestico familiare, manutenzioni
quotidiane per l'abitazione. Il buono servizio deve essere parte di un percorso
assistenziale più complesso che consiste nell'integrazione o reintegrazione
socio-ambientale-familiare di persone con problemi transitori legati alla
produzione di reddito ed in condizioni di particolare disagio sociale.
2.
La funzione del buono servizio è quella di stimolare nelle persone dotate di
sufficiente autonomia psico-fisica, risposte attive di partecipazione alla vita
sociale, tramite la scelta di beni o prestazioni, utili alla loro sopravvivenza
e a condizioni accettabili di vita. La concessione di tale misura deve
consentire all'operatore dei servizi, in termini di progetto personalizzato, la
valutazione delle risorse individuali della persona e le sue capacità di
superamento delle criticità.
3.
Le Regioni disciplinano i criteri per la concessione di buoni e le modalità di
accesso a tale prestazione da parte dei richiedenti, sulla base di linee guida
proposte dal Ministro per la Solidarietà Sociale e definite in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano.
Art. 23 (Detrazioni fiscali)
1.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Governo è delegato ad emanare un decreto legislativo per l'introduzione di un
sistema di detrazioni. fiscali delle spese connesse alla tutela, alla cura e
all'assistenza domiciliare di componenti non autosufficienti del nucleo
familiare.
2. L'accertamento delle
condizioni di non autosufficienza è effettuato con le modalità previste
dell'articolo 20.
CAPO lll - Destinatari degli interventi di promozione
sociale
Art. 24 (Diritto alle prestazioni sociali)
1.
II sistema di protezione sociale ha lo scopo di rispondere ai bisogni del
singolo e del nucleo familiare cui corrispondono diritti soggettivi e della
famiglia. I soggetti di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, hanno l'obbligo di
realizzare le attività della rete di protezione sociale secondo le disposizioni
della presente legge, al fine di rendere esigibili tali diritti.
2.
II diritto alle prestazioni assistenziali derivato dall'istituto del domicilio
di soccorso è sostituito dal diritto di cittadinanza e da quanto disposto al
comma 1. Tramite apposita intesa tra Stato, regioni e autonomie locali, sono
fissati criteri per la compensazione economica derivata dalla mobilità
assistenziale dei cittadini italiani.
3.
Hanno diritto ad usufruire delle prestazioni della rete di protezione sociale,
per la soddisfazione dei diritti umani e sociali fondamentali, nel rispetto
degli accordi internazionali con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi
regionali, anche i cittadini appartenenti alla Unione europea ed i loro
familiari, nonché i cittadini extracomunitari e gli stranieri ed i loro
familiari, residenti in Italia per motivi di lavoro e in possesso di regolare
permesso di soggiorno, o in attesa di rinnovo dello stesso.
4.
Gli aventi diritto, i nuclei familiari e le persone tenute al mantenimento ed
alla corresponsione degli alimenti a norma del codice civile, sono tenuti a
contribuire al costo dei servizi, in base ai mezzi di cui dispongono e secondo
criteri fissati dal Piano nazionale dei Servizi di Protezione Sociale e dalle
leggi regionali.
Art. 25 (Accertamento delle condizioni reddituali)
1.
La concessione del RMI e dei buoni servizio è subordinata all'accertamento
delle condizioni psichico-fisiche, ai sensi dell'articolo 20, ed alla verifica
delle condizioni reddituali del richiedente e del nucleo familiare di appartenenza,
ai sensi del presente articolo. La verifica delle condizioni reddituali si
effettua tenuto conto della composizione del nucleo familiare, della presenza
di portatori di handicap e di anziani o altri componenti in situazione di non
autosufficienza.
2.
La verifica delle condizioni reddituali è stabilita con i criteri nazionali
definiti dal regolamento di cui all'articolo 19. Alla formazione del reddito
concorrono i redditi, al netto della imposizione fiscale e contributiva, di
qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli
assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile.
3.
Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque
denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate
soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della
casa di abitazione. Per i fabbricati e terreni edificabili si tiene conto del
valore ICI e del valore catastale, del titolo di proprietà o di diritto di
usufrutto. Per depositi bancari e partecipazioni azionarie si utilizzano altri
criteri di prova dei mezzi.
4.
Le regioni, adottano per la verifica dei mezzi le modalità che ritengono più
idonee nel rispetto dei criteri nazionali.
Art. 26 (Riduzione degli emolumenti economici)
1.
II RMI può essere concesso anche alle persone ospitate in strutture
residenziali, anche con costi, totali o parziali, a carico di un ente
pubblico: in tal caso il comune che provvede alla erogazione del RMI concede al
titolare una quota dell'assegno, secondo quanto stabilito dalla legge regionale
e la restante quota è utilizzata per ammortizzare i costi, o parte di essi,
dell'ospitalità nella struttura residenziale.
TITOLO III
CAPO I - Disposizioni di coordinamento tra gli
interventi di protezione sociale e quelli sanitari
Art. 27 (Modificazioni al decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502)
1.
II comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
«3.
Per le attività di protezione sociale configurate nell'ambito dell'area di
prevenzione e riabilitazione materno-infantile, degli anziani, dei portatori
di handicap e di patologie psichiatriche, nel recupero e nella riabilitazione
dei tossicodipendenti, alcool-dipendenti o dei soggetti affetti da patologie
derivate da HIV, i Comuni singoli o associati e le aziende USL adottano, nel
rispetto delle specifiche competenze, programmi coordinati e forme di gestione
integrata per le prestazioni ambulatoriali, domiciliari e residenziali.
3-bis.
Le forme di gestione integrata, in relazione a quanto disciplinato dalla legge
regionale, si effettuano: a) tramite l'adozione di accordi di programma, per
particolari obiettivi individuati dai Comuni d'intesa con l'azienda USL,
stabilendo le procedure operative e protocolli assistenziali integrati, in cui
sono definite per ciascun ente, le prestazioni offerte e gli oneri a carico
dello stesso, nonché le modalità di erogazione da parte del proprio personale,
ivi compresa la verifica congiunta sulla qualità e sugli esiti. Nelle procedure
e/o nel protocollo assistenziale, deve essere individuato, il responsabile del
procedimento;
b)
con la costituzione di istituzioni o società miste di gestione tra azienda USL
e comuni ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 e delle norme in materia di
società
miste di cui alla legge 29
marzo 9995, n. 95 e DPR 533/96;
c)
attraverso delega delle attività di protezione sociale dai Comuni alle aziende
USL, con totali oneri a carico dei comuni, ivi compresi quelli relativi al
personale e con specifica contabilizzazione di tali attività da parte
dell'azienda, che assume la gestione delle attività sociali dopo l'acquisizione
delle necessarie disponibilità finanziarie.
3-ter.
In termini di funzionalità, produttività ed efficacia degli interventi
socio-sanitari per le comunità locali, l'ambito territoriale ottimale per la
gestione delle attività integrate si configura nel distretto. Aziende USL e
comuni, d'intesa, individuano l'articolazione territoriale dei distretti ed i
servizi negli stessi collocati da parte di entrambi gli enti».
2.
II comma 14 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, e
successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
«14.1
Comuni, singoli o associati attraverso i competenti organismi assembleari,
quali la Conferenza dei Sindaci, o altri organismi definiti dalla
programmazione regionale concorrono alla definizione della pianificazione
sanitaria locale, con particolare riferimento alla priorità degli interventi e
alla distribuzione territoriale dei servizi socio-sanitari. I comuni, secondo
quanto stabilito dalla legge regionale, verificano anche l'andamento della
spesa sanitaria nonché i bilanci annuali e poliennali dell'azienda USL.
14-bis.
Qualora l'area territoriale dell'azienda USL corrisponda al territorio
provinciale, la normativa regionale può prevedere che gli organismi comunali
esprimano pareri e valutazioni, acquisendo elementi anche da parte delle
Province.
14-ter.
I pareri e le valutazioni di cui ai commi 14 e 14bis devono essere formulati
all'interno del tetto di spesa stabilito dal riparto regionale della spesa
sanitaria. l Comuni, previa assunzione diretta dell'onere economico, possono
richiedere, rispetto ai livelli uniformi di assistenza, di cui alla lettera
b), comma 3 dell'articolo 1, ulteriori prestazioni sanitarie, concordando con
l'azienda USL le modalità di finanziamento e di erogazione».
Art. 28 (Coordinamento con altre disposizioni in
materia di protezione sociale)
1.
Gli interventi in materia di assistenza e di integrazione sociale a favore dei
portatori di handicap previsti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché le attività
ed i programmi individuati per i minori ed i nuclei familiari di cui alla
legge ... sono realizzati nell'ambito della rete di protezione sociale di cui
all'articolo 14.
2.
Le azioni di promozione sociale previste dalla legislazione vigente si integrano
e si coordinano con le disposizioni generali e specifiche individuate al
titolo III, capi I e li, della presente legge.
TITOLO IV
CAPO I Mutualità integrativa
Art. 29 (Fondi integrativi per programmi
assistenziali intensivi e prolungati a persone dipendenti)
1.
Possono essere istituiti fondi integrativi per programmi assistenziali
intensivi e prolungati a soggetti dipendenti finalizzati a garantire la
permanenza nel domicilio delle persone dipendenti. Le fonti istitutive dei
fondi di cui al presente articolo sono promossi attraverso:
a) la destinazione, da parte- dello Stato di un'aliquota delle entrate
fiscali, con eventuali incrementi disposti localmente dalle regioni;
b) gli accordi collettivi, promossi dai sindacati firmatari di contratti nazionali
di lavoro e accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti,
promossi da loro sindacati o associazioni di rilievo almeno provinciale;
c)
i contributi volontari a carico del singolo nella forma dell'istituto di
mutualità territoriale, derivati da accordi contrattuali decentrati, stabiliti
con apposite intese tra organizzazioni sindacali, enti locali, organizzazioni
o associazioni senza scopo di lucro o società di mutuo soccorso giuridicamente
riconosciute.
2.
II trattamento tributario dei contributi e delle prestazioni ai fondi di cui
al presente articolo è equiparato a quello previsto dall'articolo 13 del
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, come modificato dall'articolo 11
della legge 8 agosto 1995, n. 335. II regime tributario dei fondi di cui al
presente articolo è equiparato a quello previsto dall'articolo 14 del decreto
legislativo 21 aprile 1993, n. 124, come da ultimo sostituito dall'articolo 12
della legge 8 agosto 1995, n. 335.
3.
Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con
decreto del Presidente della Repubblica, adottato previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sono dettate
le disposizioni relative all'ordinamento dei fondi di cui al presente
articolo. II regolamento disciplina:
a) le modalità di costituzione, in coerenza con quanto previsto
dall'articolo 4, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.
124;
b) la
composizione degli organi di amministrazione e di controllo;
c) le modalità di vigilanza
facente capo al Ministro per la solidarietà sociale;
d) le
modalità di scioglimento.
TITOLO V
CAPO 1 Disposizioni finanziarie
Art. 30 (Finanziamento degli interventi di protezione
sociale)
1.
È istituito il Fondo sociale nazionale,
alimentato interamente a carico del bilancio dello Stato, il cui importo è annualmente determinato dalla legge
finanziaria, tenuto conto del prodotto interno lordo, della necessità di adeguamento
della spesa assistenziale alle percentuali europee e degli obiettivi definiti
dal Piano nazionale di protezione sociale.
2.
In attesa della completa attuazione della riforma del sistema fiscale e della
finanza regionale, confluiscono nel Fondo gli stanziamenti iscritti alla data
di entrata in vigore della presente legge negli appositi capitoli di bilancio
in attuazione delle leggi di cui all'articolo 19, comma 4, nonché dei
trasferimenti alle regioni previsti ai sensi dell'articolo 8 della legge 16
maggio 1970, n. 281.
3.
II Fondo è ripartito alle regioni dal CIPE con riferimento al triennio
successivo entro il 15 ottobre di ciascun anno, secondo le modalità stabilite
per i trasferimenti finanziari dallo Stato alle regioni dalle leggi 28 dicembre
1995, n. 549 e 23 dicembre 1996, n. 662, e in coerenza con le previsioni della
legge finanziaria, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano tenuto conto:
a) per la componente relativa agli emolumenti economici, del numero di
persone residenti in ciascuna regione che alla data di entrata in vigore della
presente legge godono dei benefici previsti dalle leggi di cui all'articolo 19,
comma 4; per la rimanente parte, dei criteri indicati dall'articolo 1, comma 1,
lettera g) nonché per i finanziamenti destinati all'immigrazione, degli
indirizzi in materia di immigrazione.
Art. 31 (Fondo sociale regionale)
1.
I fondi ripartiti alle regioni ai sensi dell'articolo 29, confluiscono nel fondo sociale regionale destinato ai
comuni e alle organizzazioni di utilità sociale accreditate, qualora
autorizzate, d'intesa con i Comuni, a presentare per finanziamenti diretti,
progetti di assistenza e reinserimento sociale, distinti per aree geografiche
e per gruppi di utenti, che le regioni valutano secondo i criteri dalle stesse
definiti, in coerenza con gli obiettivi del piano regionale.
2.
La regione stabilisce i criteri di finanziamento diretto per gli emolumenti
economici e del finanziamento sussidiario delle restanti attività di
protezione sociale.
3.
II fondo sociale regionale, ad eccezione della componente relativa ai
trasferimenti delle misure economiche personali previste dalla presente legge,
è complementare e sussidiario rispetto alle disponibilità finanziarie che i
comuni, in qualità di soggetti a cui compete l'erogazione delle prestazioni di
protezione sociale, devono prevedere nei bilanci annuali e pluriennali.
4.
Nel primo triennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente
legge, i finanziamenti regionali devono essere utilizzati prioritariamente per
il riequilibrio economico delle dotazioni comunali in relazione agli indicatori
di reddito dei comuni che ne hanno determinato l'entità e per avviare
sperimentazioni nell'ambito dell'organizzazione dei servizi, secondo le
disposizioni della presente legge.
TITOLO VI
CAPO I Disposizioni transitorie e finali
Art. 32 (Abrogazioni)
1.
Le leggi 10 febbraio 1962, n. 66, 26 maggio 1970, n. 381, 27 maggio 1970, n.
382, 30 marzo 1971, n. 118, 11 febbraio 1980, n. 18 e successive modificazioni
nonché la disciplina connessa alle integrazioni e maggiorazioni sociali dei
trattamenti minimi di pensione, in atto presso l'istituto Nazionale della
Previdenza Sociale sono abrogate. È abrogato l'articolo 5 del decreto legge 18
gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993,
n. 67.
2.
È abrogata la disciplina delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza prevista dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 (1).
(*) II testo unificato è
stato presentato come progetto base di «legge quadro di riforma delle politiche
di protezione sociale».
(1)
Nota: l'abrogazione
immediata della legge del 1890 abroga anche l'istituto del domicilio di
soccorso in tutte le sue forme e procedure consentendo una notevole
semplificazione amministrativa.
www.fondazionepromozionesociale.it