PROSPETTIVE
ASSISTENZIALI E GLI INIQUI COMPORTAMENTI DELLA REGIONE PIEMONTE
Sul n. 119, luglio-settembre
1997, abbiamo pubblicato nella rubrica “Specchio nero” la nota “Sfacciato
clientelismo della Regione Piemonte” che, per comodità dei lettori riproduciamo:
«Con delibera del 30 dicembre 1996 n. 113-15760, la Giunta della Regione
Piemonte ha stabilito “di consentire agli enti
interessati di stipulare, a partire dal 1997, convenzioni per prestazioni
socio-assistenziali, debitamente motivate, con gli enti gestori di RSA
(Residenze sanitarie assistenziali) e RAF (Residenze assistenziali flessibili),
che offrano progetti socio-assistenziali particolarmente qualificati sia in
ordine alle prestazioni, che alle tipologie dei destinatari, riconoscendo
tariffe socio-assistenziali superiori fino ad un massimo del 30% di quelle
previste dalla DGR 41-42433 del 9 gennaio 1995”.
«Nella delibera in oggetto non è
indicato nessun criterio per l’individuazione e valutazione dei “progetti
socio-assistenziali particolarmente qualificati”.
«Letta, “con estremo
interesse” la deliberazione in oggetto,
l’Assessore ai Servizi sociali del Comune di Torino, con evidente sarcasmo, in
data 28 febbraio 1997 ha scritto al Responsabile del settore “Assistenza” della
Regione Piemonte quanto segue: “Come è evidente, la Città di Torino, sia
nella sua qualità di ente gestore di strutture, sia nella sua generale qualità
di ente tenuto a programmare e promuovere una sempre maggiore qualità dei
servizi destinati alle fasce deboli, è particolarmente interessata ad acquisire
maggiori conoscenze in merito a tali programmi socio-assistenziali. In
particolare mi pare interessante conoscere gli indici di qualità adottati per
verificarne il rapporto costo-efficacia in termini di verifica di esito sulle condizioni
degli ospiti; l’analisi quali-quantitativa dei maggiori costi registrati e le
modalità di ripartizione degli stessi, utilizzando i quattro macrolivelli di
spesa indicati, dalle linee guida n. 1/94, e dalla DGR 41-42433 del 9 gennaio
1995”.
«Finora nessuna risposta».
Alla nostra presa di posizione, l’Assessore all’assistenza della Regione
Piemonte, Giuseppe Goglio, ha risposto in data 6 novembre 1997 nei seguenti
termini: «La lettura del vostro numero
119 del luglio-settembre 1997 ci ha permesso di sapere che l’aver stimolato gli
enti gestori di R.S.A. e di R.A.F. a realizzare nuovi programmi assistenziali,
ampliando l’organico minimo degli operatori socio-assistenziali, previsto dalla
D.G.R. 41-42433/95, sia un esempio di “sfacciato clientelismo” da parte della
Regione.
«La preoccupazione della Regione
nel promuovere sistemi di qualità di vita all’interno dei presidi
socio-assistenziali, attraverso progetti organizzativi di supporto individuale
alle persone non autosufficienti, nasce dalla consapevolezza che esistono
soprattutto strutture comunali, quali quelle del Comune autore della nota
sarcastica citata nell’articolo, in cui vengono realizzati programmi
socio-riabilitativi di avanzato livello in campo nazionale e non, volti alla
più completa autonomia degli ospiti presenti!
«Nella speranza che la vostra
rivista continui ad alimentare il dibattito sulle esperienze dei presidi
residenziali porgo cordiali saluti».
Ed ecco la replica di “Prospettive assistenziali” datata 25 novembre 1997: «In risposta alla Sua lettera del 6 u.s.,
prot. 13286/OSS, desideriamo farLe presente che nel corso dei trenta anni di
pubblicazione, “Prospettive assistenziali” mai è stata al servizio di questa o
quella forza politica, avendo sempre assunto l’obiettivo di promuovere il
rispetto delle esigenze e dei diritti di coloro che, a causa dell’età o della
presenza di handicap intellettivi gravi o di malattie invalidanti e di non
autosufficienza, sono incapaci di autotutelarsi.
«Perseguendo questa linea abbiamo
definito “di sfacciato clientelismo” la delibera del 30.12.1996 n. 113-15760
assunta dalla Giunta della Regione Piemonte su Sua iniziativa.
«Essendo cittadini ligi alle
leggi vigenti e fautori della corretta amministrazione, aspettavamo da Lei una
smentita alla nostra interpretazione della sopra citata delibera, magari
tramite la messa a nostra disposizione di una Sua circolare o di altro atto che
indicasse i criteri in base ai quali era consentito l’aumento delle tariffe
delle RSA e delle RAF nella misura massima del 30%.
«La Sua risposta è stata evasiva
a questo riguardo e, riesaminando le iniziative Sue e di alcuni Suoi
collaboratori, non poteva essere altrimenti.
«Nello specifico ci riferiamo agli “Iniqui comportamenti” della Regione
Piemonte da noi segnalati nell’allegato articolo “Facciamo il punto sui
contributi economici indebitamente richiesti dagli enti pubblici ai parenti
degli assistiti maggiorenni” (cfr. Prospettive assistenziali, n. 116, ottobre-dicembre 1996). Lei,
rispondendo in data 7 marzo 1996 ad una interrogazione, ha riconosciuto che non
vi sono norme di legge che consentano ai Comuni, alle USL, alle Province e alle
altre istituzioni pubbliche di pretendere partecipazioni economiche dai parenti
degli assistiti. Tuttavia, finora, nonostante le ripetute richieste del CSA,
non ha emanato alcun provvedimento in merito, consentendo in tal modo che gli enti pubblici continuino ad imbrogliare i cittadini, facendo loro credere,
come avviene quotidianamente, di essere obbligati a versare contributi economici
per l'assistenza dei loro congiunti.
«Ma l'aspetto più grave della gestione assessorile Sua e dell'intera Giunta
è il non voler riconoscere, il che dovrebbe essere ovvio per le persone di buon
senso e corrette, che nelle RSA e in parte nelle RAF sono ricoverate persone
malate, spesso colpite da gravi patologie. Ne deriva - sempre per le persone di
buon senso e corrette - che queste strutture non dovrebbero appartenere al
comparto dell'assistenza sociale, ma al Servizio sanitario nazionale o essere
convenzionate con lo stesso.
«Operando - a titolo assolutamente gratuito e finora senza mai aver
ricevuto una lira dalla Regione Piemonte (il che è comprensibile ma non è
giusto in relazione ai contributi incassati da altri gruppi di volontariato) a
difesa (per quanto rientra nelle nostre possibilità e capacità) dei diritti di
coloro che non sono in grado di autodifendersi, siamo da sempre disponibili (e
spesso lieti) di accettare anche soluzioni parziali.
«Ma non accettiamo, né accetteremo mai, di piegarci alla prepotenza, agli
arbitri e alle violazioni del vivere civile».
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