Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998

 

 

STRUMENTI DI VERIFICA DELLA QUALITÀ DEL LAVORO NELLE COMUNITÀ PER MINORI DELL’ASSOCIAZIONE LILA

MERCEDES VEDOVATO (*)

 

 

La cultura della valutazione, che attualmente si sta diffondendo in tutti gli ambiti produttivi, investe anche gli interventi socio-educativi.

Tale fenomeno può essere ricondotto a varie motivazioni:

1) la crisi dello stato sociale comporta necessariamente un bilancio tra costi e benefici, in quanto le risorse non sono inesauribili;

2) gli enti pubblici si stanno orientando verso una logica di mercato centrato sulla concorrenza;

3) la verifica sui risultati ottenuti non si limita solamente al controllo dell’iter burocratico, ma si valuta soprattutto l’effetto dell’impiego delle risorse messe in campo e quindi il confronto viene fatto sui risultati ottenuti e non sugli aspetti epistemologici.

Da ciò si deduce l’importanza della valutazione e della verifica della qualità, che è un elemento essenziale in un progetto di intervento, dà un’informazione di ritorno sulla qualità del servizio, incrementa la motivazione e agisce inoltre come un antidoto rispetto allo stress psicofisico dell’operatore sociale.

A distanza di quattordici anni dall’avvio della prima comunità, l’Associazione LILA ha avviato un processo di verifica della qualità del lavoro svolto (1), con l’esigenza di definire una metodologia di tale valutazione; i risultati sono raccolti nella pubblicazione “Il follow-up nelle comunità educative per minori dal 1982 al 1992”: un’indagine sulla situazione post-comunità di tutti i minori dimessi fino al 1992 (2).

Non si tratta di un saggio scientifico in piena regola, ma piuttosto il resoconto di un tentativo per individuare dei criteri di osservazione e verifica, utili a favorire uno scambio di esperienze tra realtà operanti nel nostro stesso ambito, e al contempo indispensabili per dotare il sistema lavorativo di una costante informazione di ritorno sul lavoro svolto.

Anche se ciò ha avuto il merito di aprire la strada alla valutazione sistematica di obiettivi e risultati, in questi due  anni  si  è  cercato  di  approfondire  quanto  prodotto  ed  ovviare  ai  limiti  già  riscontrati nel primo strumento, nato e prodotto “artigianalmente” all’interno dell’Associazione stessa.

Si è tentato infatti di rendere lo strumento di osservazione il più scientifico possibile, cercando di collegare progetti ed obiettivi a precisi indicatori comportamentali, in modo da rendere la valutazione sempre meno dipendente dalla soggettività. Questo con lo scopo di conciliare aspetti qualitativi, soggettivi e “incontrollabili”, con esigenze di rigore scientifico, oggettività e sistematicità, nodo centrale nella valutazione del lavoro socioeducativo, anche se apparentemente impossibile.

Per meglio operare in questa direzione abbiamo richiesto la consulenza del Prof. Luigi Pedrabissi, docente di “Teorie e tecniche dei tests” alla Facoltà di psicologia, Università di Padova, e quella del Dott. Carlo Beraldo, Sociologo e Direttore dei servizi sociali presso l’Azienda per i Servizi sanitari Medio Friuli n. 4.

 

Concetto di risultato

Prima di passare a descrivere lo strumento messo a punto, ci sembra importante soffermarci un attimo sul concetto di risultato: l’origine di alcuni problemi si può riconoscere nell’evanescenza del concetto di “risultato”, riferito a processi educativi/terapeutici e nelle oggettive difficoltà di sottrarlo alla sfera relativistica dei giudizi puramente soggettivi. L’assunto di base, su cui si regge l’impianto complessivo del modello da noi applicato, afferma che non si può definire il concetto di risultato in termini assoluti, in modo tale cioè da essere considerato valido a prescindere dal punto di vista dal quale lo si voglia guardare o, in altre parole, in modo tale da essere accettato da qualsiasi punto di vista esso venga analizzato.

Un “risultato” pertanto esiste e si definisce solo a partire da un determinato approccio che, una volta stabilito, esclude automaticamente tutti gli altri, rendendo non condivisibile, del tutto o solo in parte, la definizione di risultato adottata per chiunque si collochi in una prospettiva diversa.

A titolo di esempio, non è difficile immaginare la situazione, del resto per nulla paradossale, in cui ad un risultato educativo/terapeutico soggettivamente positivo corrisponda un risultato definito in termini negativi da parte del contesto sociale. Nel nostro caso si è considerato “riuscito” quel processo educativo/terapeutico i cui esiti siano riconosciuti dall’utente e socialmente riconoscibili positivamente.

Ed è importante altresì rilevare che il risultato di un intervento educativo/terapeutico è costituito da un lato dalla risultanza di diverse variabili intervenienti e dall’altro dalla differenza oggi riscontrabile nella condizione del soggetto interessato dall’intervento, a quella rilevata prima dell’avvio dello stesso intervento.

Dopo aver precisato il punto di vista dal quale ci siamo mossi, abbiamo anche stabilito quali sono i fattori che concorrono in misura maggiore a determinare il giudizio sociale positivo interno agli esiti di un processo educativo/terapeutico. Ne abbiamo individuati sei che vengono riportati molto schematicamente come segue:

1) rientro nella famiglia d’origine o costituzione di una famiglia propria;

2) ultimazione degli studi nel caso di precedente interruzione o difficoltà nella frequenza;

3) acquisizione di un ruolo lavorativo;

4) costruzione di legami di amicizia socialmente validi;

5) sufficiente grado di consapevolezza/maturità raggiunta;

6) autonomia.

 

Lo strumento di verifica del lavoro

La struttura base dello strumento è rimasta invariata rispetto a quella utilizzata in passato: è infatti formata da tre questionari da compilare al momento dell’ingresso in comunità, al momento della dimissione e ad un anno dalla stessa.

In questo modo si ottiene un’immagine del ragazzo e della sua condizione, prima, dopo l’intervento educativo e ad un anno dalla sua conclusione: questo permette di verificare l’efficacia del lavoro svolto.

Gli ambiti di osservazione considerati sono sei: famiglia, scuola, lavoro, socializzazione, sfera psicologica personale e autonomia.

Per ogni ambito di osservazione sono stati individuati alcuni obiettivi che il ragazzo dovrebbe raggiungere, se già non vi sono, e a questi fanno riferimento precisi indicatori comportamentali di facile rilevazione, ad esempio nell’ambito “Socializzazio­ne” uno degli obiettivi individuati è “Inserimento in gruppi strutturati” e il comportamento che andiamo ad osservare è il fatto di essere iscritto a qualche attività ricreativa ed eventualmente il parteciparvi.

– Nel primo questionario, relativo all’inserimento del minore, si fa dunque una rilevazione della situazione generale   del   minore,   unitamente   ad   un   progetto   psicopedagogico   riguardante   lo stesso, specificato per singoli obiettivi nei vari ambiti.

– Nel secondo questionario, relativo alla dimissione e perfettamente sovrapponibile al primo, c’è invece una rilevazione della situazione generale del medesimo ragazzo alla fine della sua permanenza in comunità, con informazioni riguardanti la realizzazione del progetto psicopedagogico nelle singole aree.

– Il terzo questionario invece illustra il caso a un anno dalla dimissione dalla comunità, non più in termini di obiettivi, bensì limitandosi semplicemente a registrare la situazione attuale del minore dimesso, rispetto alle stesse aree considerate nell’intervento di comunità: famiglia, scuola, lavoro, socializzazione, autonomia, sfera personale. Questo consente dunque di verificare la generalizzazione e la persistenza negli utenti di molti comportamenti ed obiettivi acquisiti nel periodo di permanenza in comunità.

 

Il caso “Paolo”

1. Per risultare più comprensibili nell’illustrazione dello strumento, utilizzeremo Paolo, un ragazzino immaginario che il destino ha portato per il tempo di un esempio in una delle nostre comunità.

Paolo viene inserito in comunità secondo la normale procedura adottata dalla struttura: entro un mese dal suo arrivo, quindi dopo un breve ma importante periodo di osservazione da parte dell’équipe educativa, viene compilato il primo questionario relativo alla fase dell’immissione e in particolare sono registrate accuratamente, tramite precisi indicatori comportamentali, qual è la sua situazione attuale rispetto alle aree che lo strumento verifica e dunque quali obiettivi ci proponiamo di raggiungere al fine di una rapida e chiara definizione del suo piano psicopedagogico individuale.

Famiglia: compilando le domande riguardanti la presenza e la frequenza relativa a rientri a casa, telefonate e partecipazione ad eventi familiari da parte di Paolo è possibile valutare il livello attuale di integrazione nel contesto familiare, o in alternativa il livello di autonomia dello stesso, per lavorare eventualmente su questi obiettivi, se li riteniamo da raggiungere. Paolo risulta ben integrato nella famiglia per cui nel suo caso non si andrà a lavorare per questo, bensì sulla sua consapevolezza riguardo la situazione familiare disturbata poiché emerge che ha delle difficoltà nel parlare realisticamente della sua famiglia e nell’ammettere che vi sono dei problemi; diventano obiettivi di lavoro anche la consapevolezza dei membri della famiglia, alle prese con lo stesso atteggiamento, e il controllo e la gestione dei conflitti familiari, visto che rileviamo coalizioni rigide e vi è poca disponibilità ad affrontare i problemi di coppia e di comunicazione.

Scuola: la parte riguardante il percorso scolastico evidenzia che Paolo non è mai stato bocciato e frequenta abbastanza regolarmente la terza media. Dalle valutazioni degli insegnanti e degli educatori però emerge che raramente è capace di organizzare lo studio e si applica nello svolgimento dei compiti pomeridiani sempre con l’aiuto dell’educatore; inoltre qualche volta fa fatica ad andare a scuola. L’obiettivo è in questo caso per noi il raggiungimento della licenza media attraverso sostegno e controllo costante nello svolgimento dei compiti; successivamente si proporrà al ragazzo di continuare gli studi frequentando un corso professionale.

Lavoro: in questo specifico caso non prendiamo in considerazione questa parte del questionario poiché non rientra nell’intervento.

Socializzazione: Paolo non è iscritto a nessuna attività ricreativa o sportiva e visto che le sue relazioni con i coetanei non sono molto frequenti cercheremo di intervenire probabilmente proponendogli di frequentare la squadra di calcio del paese, affinché si abitui a stare con gli altri e a partecipare allo spirito del gruppo. Non emergono particolari difficoltà nel rapporto con l’altro sesso, e sono peraltro assenti comportamenti socialmente inaccettabili, motivo per cui non ci poniamo in questo ambito altri obiettivi.

Sfera psicologica personale: Paolo dimostra poca consapevolezza della sua situazione personale, poiché non ammette di avere problemi e quindi raramente tenta di farsi aiutare. Emerge un’autostima generale piuttosto bassa, in quanto, in base alla nostra valutazione, ritiene di essere poco apprezzato nei vari contesti, specialmente nel gruppo dei pari e di non avere molto successo in quello che fa; difficilmente accetta di mettersi alla prova nell’affrontare problemi nuovi e spesso interrompe un’attività al primo insuccesso. Proseguendo nella compilazione registriamo una certa difficoltà nell’esprimere le emozioni, celate dietro un abituale atteggiamento di indifferenza. Il potenziamento dell’autostima è senza dubbio un obiettivo centrale nell’intervento con Paolo, unitamente a quello ancora più complesso di tentare di fargli esprimere le emozioni. Non emergono rilevanti problemi per ciò che concerne la sopportazione delle frustrazioni, l’interiorizzazione delle regole e la capacità di adattamento a luoghi e persone: Paolo appare essenzialmente come un ragazzino di facile gestione da un punto di vista comportamentale.

Autonomia personale: il ragazzo è carente nella capacità progettuale nell’organizzazione della giornata e degli impegni scolastici, mentre abbastanza adeguata è l’igiene e la cura personale, a parte per l’ordine della stanza e della biancheria. Qualche difficoltà viene registrata in alcune abilità domestiche, probabilmente per una mancanza di motivazione, e in certe abilità sociali, essendo restio all’utilizzo di mezzi pubblici e servizi del territorio. Riteniamo che in maniera graduale possa essere in grado di arrivare a questo.

La parte conclusiva del questionario riassume in maniera schematica il piano psicopedagogico ipotizzato per Paolo:

– tempo di permanenza: 2 anni circa;

– rientro in famiglia: sì;

– scuola: licenza di terza media e inizio di un corso professionale;

– lavoro: –;

– socializzazione: inserimento in gruppi strutturati;

– sfera personale psicologica: aumento della consapevolezza, potenziamento autostima, espressione delle emozioni;

– autonomia: aumento della capacità progettuale e acquisizione di alcune abilità sociali (ad es. muoversi con i mezzi pubblici, usufruire di servizi territoriali, ecc.).

 

2. Alla conclusione dell’intervento, Paolo viene dimesso dalla comunità secondo la normale procedura adottata dalla struttura: viene a questo punto compilato il secondo questionario relativo alla fase della dimissione e in particolare registriamo accuratamente qual è la sua situazione attuale rispetto alle aree e agli obiettivi che al suo ingresso ci eravamo proposti di raggiungere, al fine di valutare a intervento concluso e sulla base degli stessi indicatori comportamentali utilizzati per il primo questionario, qual è realmente il piano psicopedagogico realizzato.

Famiglia: compilando le stesse domande rileviamo ora che la sua consapevolezza riguardo la situazione familiare disturbata è nettamente migliorata in quanto parla realisticamente della sua famiglia e ammette che vi sono dei problemi; lo stesso sembra per la consapevolezza dei membri della famiglia. Migliore è la gestione dei conflitti familiari, visto che non rileviamo più coalizioni rigide e vi è ora la disponibilità ad affrontare i problemi di coppia e di comunicazione.

Scuola: la parte riguardante il percorso scolastico evidenzia che Paolo ha ottenuto la licenza media e ha appena concluso il primo anno di un corso professionale. Adesso gli riesce più facile organizzare lo studio e si applica nello svolgimento dei compiti pomeridiani anche senza l’aiuto dell’educatore anche se qualche volta fa fatica ad andare a scuola.

Lavoro: non rientrava nell’intervento.

Socializzazione: attualmente Paolo non è iscritto a nessuna attività ricreativa o sportiva, ma le sue relazioni con i coetanei sono ora molto più frequenti rispetto al suo arrivo in comunità: infatti vede amici e spesso li sente telefonicamente. Sono assenti comportamenti socialmente inaccettabili e non rileviamo particolari difficoltà con l’altro sesso.

Sfera psicologica personale: Paolo ha attualmente consapevolezza della sua situazione personale, ammettendo di avere problemi e tentando di farsi aiutare. L’autostima generale è aumentata, in quanto ora ritiene di essere abbastanza apprezzato nei vari contesti, specialmente nel gruppo dei pari e di avere più successo in quello che fa; è ancora per lui difficile mettersi alla prova nell’affrontare problemi nuovi, ma non interrompe più qualsiasi attività al primo insuccesso. Rispetto alla difficoltà nell’esprimere le emozioni riteniamo che Paolo ora ricerchi ed esprima abbastanza di frequente manifestazioni affettive. Questo obiettivo può considerarsi solo parzialmente raggiunto.

Autonomia personale: è invece raggiunto l’obiettivo di migliorare la capacità progettuale nell’organizzazione della giornata e degli impegni scolastici. Qualche difficoltà viene registrata ancora in alcune abilità domestiche; sono invece acquisite le abilità sociali relative all’utilizzo di mezzi pubblici e servizi del territorio.

La parte conclusiva del questionario riassume in maniera schematica il piano psicopedagogico realizzato in seguito all’intervento della comunità:

– tempo di permanenza: 2 anni circa;

– rientro in famiglia: sì;

– scuola: licenza di terza media e attuale frequenza di un corso professionale;

– lavoro: sì;

– socializzazione: nessun inserimento in gruppi strutturati ma relazioni adeguate e frequenti con i coetanei;

 sfera personale psicologica: aumentata consapevolezza, maggiore autostima, parziale miglioramento nell’espressione delle emozioni;

– autonomia: aumento della capacità progettuale e acquisizione di alcune abilità sociali (ad es. muoversi con i mezzi pubblici, usufruire di servizi territoriali, ecc.).

 

3. A distanza di un anno dalla dimissione di Paolo dalla comunità, tramite informazioni che gli educatori raccolgono dal ragazzo stesso, dalla famiglia e dai servizi sociali, viene compilato il terzo questionario relativo appunto alla situazione dopo un anno dalla conclusione dell’intervento, non più in termini di obiettivi, bensì limitandosi semplicemente a registrare la situazione attuale del minore dimesso, rispetto alle stesse aree considerate nell’intervento di comunità: famiglia, scuola, lavoro, socializzazione, autonomia, sfera personale. Questo consente dunque di verificare la generalizzazione e la persistenza negli utenti di molti comportamenti ed obiettivi acquisiti nel periodo di permanenza in comunità.

Questa è la situazione che registriamo in maniera molto schematica in seguito alla compilazione del questionario:

Famiglia: Paolo vive con la famiglia di origine e continua ad essere ben integrato, essendo al corrente di quello che succede al suo interno e partecipando attivamente alla vita e alle decisioni familiari.

Scuola: attualmente frequenta il terzo anno del corso professionale.

Socializzazione: le sue relazioni con i coetanei sono frequenti e trascorre il tempo libero in attività di gruppo, andando in discoteca e ascoltando musica.

Sfera psicologica personale: il ragazzo non presenta particolari problemi psicologico-comportamentali, cerca aiuto dagli altri e riesce a sopportare le frustrazioni. Non abbiamo rilevato comportamenti trasgressivi come il far uso di droghe, l’abuso di alcool, l’aver commesso reati e frequentare gruppi a rischio.

Autonomia personale: Paolo sa organizzarsi nei vari momenti della giornata e utilizza autonomamente mezzi e servizi del territorio. Non è molto abile nelle attività domestiche.

Sulla base delle informazioni e valutazioni raccolte si può ritenere che, rispetto al momento della dimissione, vi sia globalmente una situazione di mantenimento.

 

 

(*) Psicologa.

(1) Cfr. F. Barbon - L. Gambuzzi, “Il processo di valutazione delle comunità per minori: una ricerca dell’Associazione LILA”, Prospettive assistenziali, n. 107, luglio-settembre 1994.

(2) La pubblicazione può essere richiesta all’Associazione LILA, Via Pio X n. 32, 30170 Mestre, Tel. 041/94.05.15.

 

 

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