STRUMENTI
DI VERIFICA DELLA QUALITÀ DEL LAVORO NELLE COMUNITÀ PER MINORI
DELL’ASSOCIAZIONE LILA
MERCEDES VEDOVATO (*)
La cultura
della valutazione, che attualmente si sta diffondendo in tutti gli ambiti
produttivi, investe anche gli interventi socio-educativi.
Tale
fenomeno può essere ricondotto a varie motivazioni:
1) la crisi
dello stato sociale comporta necessariamente un bilancio tra costi e benefici,
in quanto le risorse non sono inesauribili;
2) gli enti
pubblici si stanno orientando verso una logica di mercato centrato sulla
concorrenza;
3) la
verifica sui risultati ottenuti non si limita solamente al controllo dell’iter burocratico, ma si valuta
soprattutto l’effetto dell’impiego delle risorse messe in campo e quindi il
confronto viene fatto sui risultati ottenuti e non sugli aspetti
epistemologici.
Da ciò si
deduce l’importanza della valutazione e della verifica della qualità, che è un
elemento essenziale in un progetto di intervento, dà un’informazione di ritorno
sulla qualità del servizio, incrementa la motivazione e agisce inoltre come un
antidoto rispetto allo stress psicofisico
dell’operatore sociale.
A distanza
di quattordici anni dall’avvio della prima comunità, l’Associazione LILA ha
avviato un processo di verifica della qualità del lavoro svolto (1), con
l’esigenza di definire una metodologia di tale valutazione; i risultati sono
raccolti nella pubblicazione “Il follow-up
nelle comunità educative per minori dal 1982 al 1992”: un’indagine sulla
situazione post-comunità di tutti i minori dimessi fino al 1992 (2).
Non si
tratta di un saggio scientifico in piena regola, ma piuttosto il resoconto di
un tentativo per individuare dei criteri di osservazione e verifica, utili a
favorire uno scambio di esperienze tra realtà operanti nel nostro stesso
ambito, e al contempo indispensabili per dotare il sistema lavorativo di una
costante informazione di ritorno sul lavoro svolto.
Anche se ciò
ha avuto il merito di aprire la strada alla valutazione sistematica di
obiettivi e risultati, in questi due
anni si è
cercato di approfondire quanto prodotto ed
ovviare ai limiti
già riscontrati nel primo
strumento, nato e prodotto “artigianalmente” all’interno dell’Associazione
stessa.
Si è tentato
infatti di rendere lo strumento di osservazione il più scientifico possibile,
cercando di collegare progetti ed obiettivi a precisi indicatori
comportamentali, in modo da rendere la valutazione sempre meno dipendente dalla
soggettività. Questo con lo scopo di conciliare aspetti qualitativi, soggettivi
e “incontrollabili”, con esigenze di rigore scientifico, oggettività e
sistematicità, nodo centrale nella valutazione del lavoro socioeducativo, anche
se apparentemente impossibile.
Per meglio
operare in questa direzione abbiamo richiesto la consulenza del Prof. Luigi
Pedrabissi, docente di “Teorie e tecniche dei tests” alla Facoltà di
psicologia, Università di Padova, e quella del Dott. Carlo Beraldo, Sociologo e
Direttore dei servizi sociali presso l’Azienda per i Servizi sanitari Medio
Friuli n. 4.
Concetto di risultato
Prima di
passare a descrivere lo strumento messo a punto, ci sembra importante
soffermarci un attimo sul concetto di risultato: l’origine di alcuni problemi
si può riconoscere nell’evanescenza del concetto di “risultato”, riferito a
processi educativi/terapeutici e nelle oggettive difficoltà di sottrarlo alla
sfera relativistica dei giudizi puramente soggettivi. L’assunto di base, su cui
si regge l’impianto complessivo del modello da noi applicato, afferma che non
si può definire il concetto di risultato in termini assoluti, in modo tale cioè
da essere considerato valido a prescindere dal punto di vista dal quale lo si
voglia guardare o, in altre parole, in modo tale da essere accettato da
qualsiasi punto di vista esso venga analizzato.
Un “risultato”
pertanto esiste e si definisce solo a partire da un determinato approccio che,
una volta stabilito, esclude automaticamente tutti gli altri, rendendo non
condivisibile, del tutto o solo in parte, la definizione di risultato adottata
per chiunque si collochi in una prospettiva diversa.
A titolo di
esempio, non è difficile immaginare la situazione, del resto per nulla
paradossale, in cui ad un risultato educativo/terapeutico soggettivamente
positivo corrisponda un risultato definito in termini negativi da parte del
contesto sociale. Nel nostro caso si è considerato “riuscito” quel processo
educativo/terapeutico i cui esiti siano riconosciuti dall’utente e socialmente
riconoscibili positivamente.
Ed è
importante altresì rilevare che il risultato di un intervento
educativo/terapeutico è costituito da un lato dalla risultanza di diverse
variabili intervenienti e dall’altro dalla differenza oggi riscontrabile nella
condizione del soggetto interessato dall’intervento, a quella rilevata prima
dell’avvio dello stesso intervento.
Dopo aver precisato il punto di vista dal quale ci siamo mossi, abbiamo
anche stabilito quali sono i fattori che concorrono in misura maggiore a
determinare il giudizio sociale positivo interno agli esiti di un processo
educativo/terapeutico. Ne abbiamo individuati sei che vengono riportati molto
schematicamente come segue:
1) rientro nella famiglia d’origine o costituzione di una famiglia propria;
2) ultimazione degli studi nel caso di precedente interruzione o difficoltà
nella frequenza;
3) acquisizione di un ruolo lavorativo;
4) costruzione di legami di amicizia socialmente validi;
5) sufficiente grado di consapevolezza/maturità raggiunta;
6)
autonomia.
Lo strumento di verifica del lavoro
La struttura base dello strumento è rimasta invariata rispetto a quella
utilizzata in passato: è infatti formata da tre questionari da compilare al
momento dell’ingresso in comunità, al momento della dimissione e ad un anno
dalla stessa.
In questo modo si ottiene un’immagine del ragazzo e della sua condizione,
prima, dopo l’intervento educativo e ad un anno dalla sua conclusione: questo
permette di verificare l’efficacia del lavoro svolto.
Gli ambiti di osservazione considerati sono sei: famiglia, scuola, lavoro,
socializzazione, sfera psicologica personale e autonomia.
Per ogni ambito di osservazione sono stati individuati alcuni obiettivi che
il ragazzo dovrebbe raggiungere, se già non vi sono, e a questi fanno
riferimento precisi indicatori comportamentali di facile rilevazione, ad
esempio nell’ambito “Socializzazione” uno degli obiettivi individuati è
“Inserimento in gruppi strutturati” e il comportamento che andiamo ad osservare
è il fatto di essere iscritto a qualche attività ricreativa ed eventualmente il
parteciparvi.
– Nel primo questionario, relativo all’inserimento del minore, si fa dunque
una rilevazione della situazione generale
del minore, unitamente ad un progetto
psicopedagogico riguardante lo stesso, specificato per singoli
obiettivi nei vari ambiti.
– Nel secondo questionario, relativo alla dimissione e perfettamente
sovrapponibile al primo, c’è invece una rilevazione della situazione generale
del medesimo ragazzo alla fine della sua permanenza in comunità, con
informazioni riguardanti la realizzazione del progetto psicopedagogico nelle
singole aree.
– Il terzo
questionario invece illustra il caso a un anno dalla dimissione dalla comunità,
non più in termini di obiettivi, bensì limitandosi semplicemente a registrare
la situazione attuale del minore dimesso, rispetto alle stesse aree considerate
nell’intervento di comunità: famiglia, scuola, lavoro, socializzazione,
autonomia, sfera personale. Questo consente dunque di verificare la
generalizzazione e la persistenza negli utenti di molti comportamenti ed
obiettivi acquisiti nel periodo di permanenza in comunità.
Il caso “Paolo”
1. Per risultare più comprensibili nell’illustrazione dello
strumento, utilizzeremo Paolo, un ragazzino immaginario che il destino ha
portato per il tempo di un esempio in una delle nostre comunità.
Paolo viene
inserito in comunità secondo la normale procedura adottata dalla struttura:
entro un mese dal suo arrivo, quindi dopo un breve ma importante periodo di
osservazione da parte dell’équipe
educativa, viene compilato il primo
questionario relativo alla fase dell’immissione
e in particolare sono registrate accuratamente, tramite precisi indicatori
comportamentali, qual è la sua situazione attuale rispetto alle aree che lo
strumento verifica e dunque quali obiettivi ci proponiamo di raggiungere al
fine di una rapida e chiara definizione del suo piano psicopedagogico
individuale.
Famiglia: compilando le domande
riguardanti la presenza e la frequenza relativa a rientri a casa, telefonate e
partecipazione ad eventi familiari da parte di Paolo è possibile valutare il
livello attuale di integrazione nel contesto familiare, o in alternativa il
livello di autonomia dello stesso, per lavorare eventualmente su questi
obiettivi, se li riteniamo da raggiungere. Paolo risulta ben integrato nella
famiglia per cui nel suo caso non si andrà a lavorare per questo, bensì sulla
sua consapevolezza riguardo la situazione familiare disturbata poiché emerge
che ha delle difficoltà nel parlare realisticamente della sua famiglia e
nell’ammettere che vi sono dei problemi; diventano obiettivi di lavoro anche la
consapevolezza dei membri della famiglia, alle prese con lo stesso
atteggiamento, e il controllo e la gestione dei conflitti familiari, visto che
rileviamo coalizioni rigide e vi è poca disponibilità ad affrontare i problemi di
coppia e di comunicazione.
Scuola: la parte riguardante il
percorso scolastico evidenzia che Paolo non è mai stato bocciato e frequenta
abbastanza regolarmente la terza media. Dalle valutazioni degli insegnanti e
degli educatori però emerge che raramente è capace di organizzare lo studio e
si applica nello svolgimento dei compiti pomeridiani sempre con l’aiuto
dell’educatore; inoltre qualche volta fa fatica ad andare a scuola. L’obiettivo
è in questo caso per noi il raggiungimento della licenza media attraverso
sostegno e controllo costante nello svolgimento dei compiti; successivamente si
proporrà al ragazzo di continuare gli studi frequentando un corso
professionale.
Lavoro: in questo
specifico caso non prendiamo in considerazione questa parte del questionario
poiché non rientra nell’intervento.
Socializzazione: Paolo non
è iscritto a nessuna attività ricreativa o sportiva e visto che le sue
relazioni con i coetanei non sono molto frequenti cercheremo di intervenire
probabilmente proponendogli di frequentare la squadra di calcio del paese,
affinché si abitui a stare con gli altri e a partecipare allo spirito del
gruppo. Non emergono particolari difficoltà nel rapporto con l’altro sesso, e
sono peraltro assenti comportamenti socialmente inaccettabili, motivo per cui
non ci poniamo in questo ambito altri obiettivi.
Sfera psicologica personale: Paolo
dimostra poca consapevolezza della sua situazione personale, poiché non ammette
di avere problemi e quindi raramente tenta di farsi aiutare. Emerge
un’autostima generale piuttosto bassa, in quanto, in base alla nostra
valutazione, ritiene di essere poco apprezzato nei vari contesti, specialmente
nel gruppo dei pari e di non avere molto successo in quello che fa;
difficilmente accetta di mettersi alla prova nell’affrontare problemi nuovi e
spesso interrompe un’attività al primo insuccesso. Proseguendo nella
compilazione registriamo una certa difficoltà nell’esprimere le emozioni,
celate dietro un abituale atteggiamento di indifferenza. Il potenziamento
dell’autostima è senza dubbio un obiettivo centrale nell’intervento con Paolo,
unitamente a quello ancora più complesso di tentare di fargli esprimere le
emozioni. Non emergono rilevanti problemi per ciò che concerne la sopportazione
delle frustrazioni, l’interiorizzazione delle regole e la capacità di
adattamento a luoghi e persone: Paolo appare essenzialmente come un ragazzino
di facile gestione da un punto di vista comportamentale.
Autonomia personale: il ragazzo
è carente nella capacità progettuale nell’organizzazione della giornata e degli
impegni scolastici, mentre abbastanza adeguata è l’igiene e la cura personale,
a parte per l’ordine della stanza e della biancheria. Qualche difficoltà viene
registrata in alcune abilità domestiche, probabilmente per una mancanza di
motivazione, e in certe abilità sociali, essendo restio all’utilizzo di mezzi
pubblici e servizi del territorio. Riteniamo che in maniera graduale possa
essere in grado di arrivare a questo.
La parte conclusiva del questionario riassume in maniera schematica il piano psicopedagogico ipotizzato per
Paolo:
– tempo di permanenza: 2 anni circa;
– rientro in famiglia: sì;
– scuola: licenza di terza media e inizio di un corso professionale;
– lavoro: –;
– socializzazione: inserimento in gruppi strutturati;
– sfera personale psicologica: aumento della consapevolezza, potenziamento
autostima, espressione delle emozioni;
– autonomia:
aumento della capacità progettuale e acquisizione di alcune abilità sociali (ad
es. muoversi con i mezzi pubblici, usufruire di servizi territoriali, ecc.).
2. Alla conclusione
dell’intervento, Paolo viene dimesso dalla comunità secondo la normale
procedura adottata dalla struttura: viene a questo punto compilato il secondo
questionario relativo alla fase della dimissione e in particolare registriamo
accuratamente qual è la sua situazione attuale rispetto alle aree e agli
obiettivi che al suo ingresso ci eravamo proposti di raggiungere, al fine di
valutare a intervento concluso e sulla base degli stessi indicatori
comportamentali utilizzati per il primo questionario, qual è realmente il piano
psicopedagogico realizzato.
Famiglia: compilando
le stesse domande rileviamo ora che la sua consapevolezza riguardo la
situazione familiare disturbata è nettamente migliorata in quanto parla realisticamente
della sua famiglia e ammette che vi sono dei problemi; lo stesso sembra per la
consapevolezza dei membri della famiglia. Migliore è la gestione dei conflitti
familiari, visto che non rileviamo più coalizioni rigide e vi è ora la
disponibilità ad affrontare i problemi di coppia e di comunicazione.
Scuola: la parte
riguardante il percorso scolastico evidenzia che Paolo ha ottenuto la licenza
media e ha appena concluso il primo anno di un corso professionale. Adesso gli
riesce più facile organizzare lo studio e si applica nello svolgimento dei
compiti pomeridiani anche senza l’aiuto dell’educatore anche se qualche volta
fa fatica ad andare a scuola.
Lavoro: non
rientrava nell’intervento.
Socializzazione:
attualmente Paolo non è iscritto a nessuna attività ricreativa o sportiva, ma
le sue relazioni con i coetanei sono ora molto più frequenti rispetto al suo
arrivo in comunità: infatti vede amici e spesso li sente telefonicamente. Sono
assenti comportamenti socialmente inaccettabili e non rileviamo particolari
difficoltà con l’altro sesso.
Sfera psicologica personale: Paolo ha
attualmente consapevolezza della sua situazione personale, ammettendo di avere
problemi e tentando di farsi aiutare. L’autostima generale è aumentata, in
quanto ora ritiene di essere abbastanza apprezzato nei vari contesti,
specialmente nel gruppo dei pari e di avere più successo in quello che fa; è
ancora per lui difficile mettersi alla prova nell’affrontare problemi nuovi, ma
non interrompe più qualsiasi attività al primo insuccesso. Rispetto alla
difficoltà nell’esprimere le emozioni riteniamo che Paolo ora ricerchi ed
esprima abbastanza di frequente manifestazioni affettive. Questo obiettivo può
considerarsi solo parzialmente raggiunto.
Autonomia personale: è invece
raggiunto l’obiettivo di migliorare la capacità progettuale nell’organizzazione
della giornata e degli impegni scolastici. Qualche difficoltà viene registrata
ancora in alcune abilità domestiche; sono invece acquisite le abilità sociali
relative all’utilizzo di mezzi pubblici e servizi del territorio.
La parte
conclusiva del questionario riassume in maniera schematica il piano psicopedagogico realizzato in seguito all’intervento della
comunità:
– tempo di
permanenza: 2 anni circa;
– rientro in
famiglia: sì;
– scuola:
licenza di terza media e attuale frequenza di un corso professionale;
– lavoro:
sì;
–
socializzazione: nessun inserimento in gruppi strutturati ma relazioni adeguate
e frequenti con i coetanei;
sfera personale psicologica: aumentata
consapevolezza, maggiore autostima, parziale miglioramento nell’espressione
delle emozioni;
– autonomia: aumento della capacità progettuale e acquisizione di alcune
abilità sociali (ad es. muoversi con i mezzi pubblici, usufruire di servizi
territoriali, ecc.).
3. A distanza di un anno dalla
dimissione di Paolo dalla comunità, tramite informazioni che gli educatori
raccolgono dal ragazzo stesso, dalla famiglia e dai servizi sociali, viene
compilato il terzo questionario
relativo appunto alla situazione dopo un
anno dalla conclusione dell’intervento, non più in termini di obiettivi,
bensì limitandosi semplicemente a registrare la situazione attuale del minore
dimesso, rispetto alle stesse aree considerate nell’intervento di comunità:
famiglia, scuola, lavoro, socializzazione, autonomia, sfera personale. Questo
consente dunque di verificare la generalizzazione e la persistenza negli utenti
di molti comportamenti ed obiettivi acquisiti nel periodo di permanenza in
comunità.
Questa è la situazione che registriamo in maniera molto schematica in
seguito alla compilazione del questionario:
Famiglia: Paolo vive
con la famiglia di origine e continua ad essere ben integrato, essendo al
corrente di quello che succede al suo interno e partecipando attivamente alla
vita e alle decisioni familiari.
Scuola:
attualmente frequenta il terzo anno del corso professionale.
Socializzazione: le sue
relazioni con i coetanei sono frequenti e trascorre il tempo libero in attività
di gruppo, andando in discoteca e ascoltando musica.
Sfera psicologica personale: il ragazzo
non presenta particolari problemi psicologico-comportamentali, cerca aiuto
dagli altri e riesce a sopportare le frustrazioni. Non abbiamo rilevato
comportamenti trasgressivi come il far uso di droghe, l’abuso di alcool, l’aver
commesso reati e frequentare gruppi a rischio.
Autonomia personale: Paolo sa
organizzarsi nei vari momenti della giornata e utilizza autonomamente mezzi e
servizi del territorio. Non è molto abile nelle attività domestiche.
Sulla base
delle informazioni e valutazioni raccolte si può ritenere che, rispetto al
momento della dimissione, vi sia globalmente una situazione di mantenimento.
(*) Psicologa.
(1) Cfr. F. Barbon - L. Gambuzzi, “Il processo di
valutazione delle comunità per minori: una ricerca dell’Associazione LILA”, Prospettive assistenziali, n. 107,
luglio-settembre 1994.
(2) La pubblicazione può essere richiesta
all’Associazione LILA, Via Pio X n. 32, 30170 Mestre, Tel. 041/94.05.15.
www.fondazionepromozionesociale.it