ANZIANI
CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI: UN DOCUMENTO IMPORTANTE ED UNO SPIRAGLIO CON LA
CGIL
1. La riforma del Welfare: riconoscere lo status di malato all’anziano
cronico non autosufficiente
La medicina moderna, in
particolare la geriatria, non interviene solo per curare le malattie guaribili,
ma sempre più nei confronti delle patologie croniche a elevato rischio
invalidante. Anzi, si può affermare che uno dei ruoli futuri della medicina
sarà quello di garantire cure adeguate alle persone colpite da malattie
croniche, comprese quelle che, per la loro gravità, possono provocare una
situazione di dipendenza da altri per le necessità fondamentali della vita:
mangiare, bere, spostarsi, ecc.
Si deve tendere ad assicurare un
nuovo equilibrio psico-fisico che, pur permanendo la patologia, consenta al
soggetto la massima autonomia possibile e la migliore qualità di vita.
La cura va rivolta all’intero
soggetto e non solo alla parte del corpo malata, e – ovviamente – comprende
tutte le prestazioni rivolte alla riduzione la più ampia possibile del dolore.
L’intervento dell’apparato
sanitario si estende spesso ai familiari, la cui collaborazione è generalmente
indispensabile anche ai fini strettamente terapeutici.
Le persone colpite da malattie
croniche possono presentare situazioni acute anche molto gravi che richiedono
interventi medici e infermieristici di rilevante intensità. Se essere cronici e
non autosufficienti non può che essere una malattia, sotto il profilo
scientifico non si possono operare distinzioni standardizzate fra malati acuti
e cronici. Una suddivisione è fattibile solo su una base di “cut-off” basati
sui giorni di degenza o altro criterio sostanzialmente arbitrario. A meno che,
senza dirlo naturalmente, non si voglia favorire una sorta di eutanasia da abbandono.
Si concorda pienamente con quanto
previsto dal DPR 1° marzo 1994 “Approvazione del piano sanitario nazionale per
il triennio 1994-96”: «Gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da
cronicità e da non autosufficienza, devono essere curati senza limiti di durata
nelle sedi più opportune, ricordando che la valorizzazione del domicilio come
luogo primario delle cure costituisce non solo una scelta umanamente
significativa, ma soprattutto una modalità terapeutica spesso irrinunciabile».
Le RSA, residenze sanitarie
assistenziali, devono far parte delle strutture gestite dal Servizio Sanitario
nazionale o con esso convenzionate. Devono essere gestite sotto la
responsabilità di un medico, preferibilmente geriatra, ed avere un personale
sanitario adeguato alle esigenze dei malati cronici ivi ricoverati. Il
trasferimento delle competenze dalla sanità all’assistenza sociale
significherebbe non riconoscere agli anziani malati cronici lo status di malati
da curare, ed avallerebbe una inaccettabile equazione inguaribile/incurabile da
custodire.
Il documento, datato 30 gennaio 1998, è stato sottoscritto da: Francesco M.
Antonini, già Professore ordinario di geriatria, Università di Firenze; Roberto
Balestreri, Professore Ordinario di Geriatria, Università di Genova; Alessandro
Beretta Anguissola, Presidente Istituto Italiano di Medicina Sociale, Roma;
Massimo Dogliotti, Professore Ordinario di Diritto, Università di Genova,
Magistrato di Cassazione; Fabrizio Fabris, Professore Ordinario di Geriatria,
Università di Torino; Bruno Finzi, Geriatra, Presidente Emerito della
S.I.M.O.G., Società Italiana Medici e Operatori geriatrici; Giulio Fornero,
Direttore Sanitario A.S.L. 4, Regione Piemonte; Luigi G. Grezzana, primario di
geriatria, Verona; Adriano Guala, primario di geriatria, Biella; Carlo Hanau,
docente di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sanitari, Università di
Bologna; Paola Lupano, Presidente collegio Infermieri Professionali, Assistenti
Sanitari e Vigilatrici di Infanzia di Torino; Carmine Macchione, Professore
Associato di Geriatria, Università di Torino, sede di Orbassano; Argiuna
Mazzotti, geriatra, già Assessore alla Sanità del Comune di Roma nelle giunte
Argan e Petroselli; Massimo Mengani, Ricercatore presso Dipartimento Ricerche
gerontologiche dell’I.N.R.C.A:, Ancona; Giovanni Nervo, Monsignore, già
Presidente Fondazione Emanuela Zancan; Vito Noto, Geriatra, Presidente
Associazione Italiana per lo Studio e la Promozione delle Cure Sanitarie a
Domicilio; Massimo Palleschi, Presidente S.I.G.O., Società Italiana Geriatri
Ospedalieri; Giuseppe Pasini, Sacerdote, Presidente Fondazione Emanuela Zancan;
P. Giacomo Perico, Comitato di Redazione “Aggiornamenti Sociali”, Centro Studi
Sociali, Milano; Luigi Pernigotti, Primario di Geriatria, Verbania; Pietro
Rescigno, Professore Ordinario di Diritto Civile, Università La Sapienza, Roma;
Giuseppe Rizzo, Segretario Generale E.I.S.S., Ente Italiano Servizi Sociali;
Francesco Santanera, Comitato per la difesa dei Diritti degli Assistititi,
Torino; Umberto Senin, Professore Ordinario di Geriatria, Unversità di Perugia;
Mario Trabucchi, Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia; Carlo Valenzano,
Dirigente medico 2° livello F.F., Medicina Generale E, DEA Osservazione,
Azienda Ospedaliera S. Giovanni Battista, Torino.
2. Si avvicinano le posizioni della CGIL e del CSA?
Sono positivamente proseguiti i rapporti fra CGIL e CSA. Al riguardo,
riportiamo integralmente la lettera inviata al CSA dal Segretario generale
della CGIL, Sergio Cofferati, in data 3 febbraio 1998 e la risposta del CSA
spedita il 16 dello stesso mese.
Lettera del Segretario generale della CGIL
Come è evidente dal carteggio che
lei ha allegato alla sua lettera del 22 dicembre, la CGIL ha già incontrato i
rappresentanti del CSA ed ha sempre risposto alle lettere inviate: questo a
riprova dell’attenzione che abbiamo alle sollecitazioni che ci vengono dalle
organizzazioni di rappresentanza sociale.
Betty Leone e Gloria Malaspina vi
hanno illustrato la strategia della nostra organizzazione rispetto al problema
della non autosufficienza; io potrei solo ripetervi le stesse cose.
Colgo l’occasione comunque per
ribadirvi che noi non abbiamo firmato accordi con il Governo per garantire le
cure sanitarie agli anziani malati cronici, dal momento che il nostro SSN
garantisce già questo diritto a tutti i cittadini/e indipendentemente dall’età.
Abbiamo invece firmato un accordo che impegna il Governo alla costituzione di
un fondo per gli anziani non autosufficienti per reperire risorse aggiuntive
che garantiscano a questi anche le
cure non sanitarie di cui sono bisognosi (accordo sulla riforma del welfare
novembre 1997).
Per quanto riguarda invece il
problema delle dimissioni precoci degli anziani malati dagli ospedali e la
questione dell’organizzazione e del finanziamento delle RSA (residenze
sanitarie assistite), ce ne stiamo occupando sia a livello nazionale (revisione
DRG) sia a livello regionale.
Spero di essere stato esauriente
e di aver eliminato gli equivoci che rimangono tra noi per motivi che non mi
sono chiari.
Lettera del CSA
La ringrazio della Sua lettera
del 3 u.s. e sono molto lieto della sua affermazione: «Noi non abbiamo firmato
accordi con il Governo per garantire le cure sanitarie agli anziani malati
cronici, dal momento che il SSN garantisce già questo diritto a tutti i
cittadini/e indipendentemente dall’età», affermazione che apre la speranza ad
una positiva soluzione di una drammatica situazione che riguarda centinaia di
migliaia di persone anziane malate ed i loro congiunti.
Il problema, che ci assilla da
molti anni, deriva dal fatto che questo diritto non viene attuato in nessuna
parte del nostro paese. Infatti, rilevata la condizione di cronicità (spesso
nonostante la presenza di fatti acuti) il SSN dimette l’anziano inguaribile (ma
sempre curabile) e non autosufficiente e lo trasferisce alla competenza del
settore dell’assistenza sociale.
Ne deriva che, se per un adulto
gravemente malato di cancro e non autosufficiente, la competenza rimane sempre
del SSN, gli anziani aventi l’identica patologia, e con la stessa gravità, sono
trasferiti al settore dell’assistenza sociale, con un supporto spesso
assolutamente inadeguato per quanto concerne le cure sanitarie.
Ne consegue, altresì, che
l’adulto malato cronico e non autosufficiente riceve gratuitamente le
prestazioni sanitarie, mentre l’anziano nelle medesime condizioni deve sborsare
fino a 80 mila lire al giorno. E, se non ne ha i mezzi, i Comuni obbligano i
parenti a versare la differenza (a volte anche più di un milione al mese!),
nonostante che le leggi vigenti non lo consentano.
Come risulta dall’articolo
allegato “Facciamo il punto sui contributi economici indebitamente richiesti
dagli enti pubblici ai parenti degli assistiti maggiorenni”, avviene altresì
che i Comuni (nel caso in esame quelli di Reggio Emilia e di Udine) compiano
atti intimidatori e ricorrano a deplorevoli ricatti.
Questo Comitato si è rivolto e si
rivolge a Lei quale rappresentante del più importante sindacato (abbiamo
scritto ma senza successo ai Segretari Generali D’Antoni e Larizza) in quanto
finora mai CGIL, CISL e UIL (o uno di essi) ha contestato l’operato illegale e
disumano del SSN, delle Regioni e dei Comuni in materia della competenza
sanitaria per gli anziani cronici non autosufficienti; Anzi tutti gli accordi
che conosciamo, sottoscritti dai Sindacati, in particolare dai Pensionati, non
tengono in alcuna considerazione le Sue affermazioni prima riportate, da questo
Comitato pienamente condivise.
La nostra opposizione alla
costituzione di un fondo «per gli anziani non autosufficienti» (che sono, salvo
rarissime eccezioni vecchi malati cronici) deriva dalla situazione sopra
descritta, situazione che non dovrebbe essere consolidata fornendo contributi
economici non al settore sanitario, ma a quello assistenziale, attualmente
gravato da oneri non previsti da alcuna legge.
D’altro canto, non si comprende
per quale motivo il «fondo per gli anziani non autosufficienti» debba essere
istituito, come Lei scrive «per reperire risorse aggiuntive che garantiscano a
questi anche le cure non sanitarie di cui sono bisognosi», quando CGIL, CISL e
UIL non ritengono (com’è giusto) che fondi aggiuntivi non sanitari debbano
essere previsti per i bambini, i giovani e gli adulti malati non
autosufficienti. Inoltre è evidente la difficoltà di distinguere fra malati non
autosufficienti e autosufficienti.
Questo Comitato, invece, non si
opporrebbe all’approvazione di una legge che prevedesse il pagamento di una
quota a carico della pensione del malato nel caso di degenza superiore ai 30-60
giorni.
Quasi tutte le Regioni hanno
stabilito che le RSA non fanno parte del settore sanitario, ma di quello
dell’assistenza sociale, contrariamente a quanto previsto dalla legge 67/1988,
dal decreto del Ministro della sanità del 13 agosto 1989 n. 321, dal decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989, dal Progetto
obiettivo “Tutela della salute degli anziani” approvato dal Parlamento il 30
gennaio 1992, dal decreto del Presidente della Repubblica 1° marzo 1994
“Approvazione del piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996”.
Anche in questo caso c’è stato,
purtroppo, pieno accordo dei Sindacati CGIL, CISL e UIL.
Questo Comitato è dunque ben
lieto, come Lei scrive, che «il problema delle dimissioni precoci degli anziani
malati dagli ospedali e la questione dell’organizzazione e del finanziamento
delle RSA» sia esaminato dalla CGIL a livello nazionale e regionale e spera che
detta analisi venga compiuta fondandola sulla Sua affermazione riportata
all’inizio di questa lettera.
In tal modo, ne sono certo, verrà
rispettato il diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non
autosufficienti sulla cui situazione – mi permetto di ricordarlo nuovamente –
sono intervenuti S.E. il Cardinale Carlo Maria Martini e alcuni eminenti
operatori del settore con i documenti che unisco.
Le confermo la richiesta di un
incontro con la S.V., al fine di esporre più dettagliatamente la situazione e
di ricercare le opportune intese.
www.fondazionepromozionesociale.it