ESPERIENZE DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE
ARCHITETTONICHE DA ALLOGGI E CASE DI ABITAZIONE
EUGENIA MONZEGLIO (*)
«Si può aiutare Mirko a ritrovare il sorriso», «Prigioniero del male della
burocrazia» e «lo, murato vivo in casa»: sono i titoli che recentemente hanno
illustrato i casi di due persone (un ragazzo di 13 anni con sindrome di
tetraparesi spastica ed un adulto di 40 anni colpito da sclerosi multipla) che
a causa della presenza di grosse barriere architettoniche, non possono condurre
un’accettabile e dignitosa esistenza dovendo in tutto dipendere dall’aiuto
altrui per poter uscire di casa.
La presenza di barriere fisiche (mancanza di ascensore) nei due casi sopra
citati, impedisce l’esercizio di normali attività, cui ogni persona ha diritto
e, nella fattispecie, determina l’impossibilità di seguire corsi di studio, di
svolgere attività lavorative, di effettuare interventi riabilitativi, di
partecipare ad attività ricreative, culturali e sociali in generale, di
mantenere e sviluppare i rapporti interpersonali.
È evidente che la disponibilità di una casa, e di una casa adatta alle
necessità delle persone con limitazioni fisiche, sensoriali, intellettive e
pertanto accessibile, usufruibile, confortevole, è un elemento di fondo per la
qualità della vita. Inoltre per le persone con disabilità o per gli anziani con
problemi di ridotta autosufficienza e con compromissione delle capacità
funzionali, la casa costituisce uno strumento indispensabile per prevenire il
bisogno assistenziale ed il ricorso al ricovero in istituto.
La possibilità di vivere a casa propria, dotandola di tutti gli elementi
necessari (attrezzature, ausili, impianti) per l’autonomia della persona e
sopprimendo gli elementi di ostacolo (barriere architettoniche), serve anche a
confutare un “luogo comune” e cioè che il ricorso all’istituzionalizzazione sia
un’esigenza tecnica indispensabile per far fronte a situazioni di grave
disabilità e di dipendenza.
Il sopraggiungere di gravi malattie, la perdita dell’autosufficienza, le
limitazioni funzionali non devono essere motivazioni sufficienti a giustificare
l’abbandono della propria casa e il ricovero in strutture assistenziali: anzi
la casa diventa un luogo estremamente importante (anche sotto il profilo
simbolico e affettivo) per l’anziano, il malato, il disabile.
Una delle azioni utili a garantire la permanenza nella propria casa è
quella relativa ad interventi di adattamento della propria abitazione, sia
questa di proprietà pubblica sia privata, e di abolizione delle barriere
architettoniche. Tale tipo di interventi, indubbiamente indispensabile per chi
ha problemi di disabilità, specie motoria, può risultare molto utile per
prolungare la permanenza a casa dell’anziano malato cronico non autosufficiente
e agevolando gli interventi sanitari a casa, ivi compresi quelli riabilitativi,
e la spedalizzazione a domicilio.
Di seguito si riporta brevemente una serie di “casi” riferiti ad opere
eseguite in alloggi nei quali vive una persona disabile. Il “campione”
presentato è stato scelto tenendo conto di:
a) pluralità di modalità di convivenza:
- disabile in famiglia tradizionale, genitori e figlioli;
- più persone disabili conviventi;
- disabile da solo (famiglia monopersonale);
b) diversi titoli di godimento
dell’alloggio;
c) diverse tipologie di alloggio
(alloggio in edificio pluripiano, casa isolata unifamiliare);
d) varietà di interventi effettuati
nell’alloggio o nelle parti comuni dell’edificio.
Sembra importante non trascurare il problema, di certo non irrilevante,
della convivenza della persona disabile con le altre persone del proprio nucleo
familiare: infatti le opere fatte nell’alloggio devono tener presente le
esigenze di tutti quanti in modo che l’alloggio sia fruibile e confortevole per
tutti. Ad esempio, la soppressione del bidet nel locale dei servizi igienici
può, in taluni casi, favorire l’accostamento al vaso della persona che usa la
carrozzina, ma nel contempo può “danneggiare” gli altri componenti del nucleo
familiare. Occorre quindi studiare la soluzione di equilibrio, che agevoli chi
è più debole, senza però trascurare o sottovalutare le esigenze dei familiari.
Alcuni interventi attuati
1. Giovanna
entra nell’alloggio assegnatole, situato al piano rialzato, attraverso un
elevatore esterno, che mette in comunicazione la loggia della cucina con il
marciapiede che circonda l’edificio. Per contenere l’ingombro dell’elevatore e
per non intralciare il percorso esterno, che conduce a un livello parzialmente
interrato dove si trovano le cantine dell’edificio, l’elevatore è stato
studiato in modo tale da muoversi sia sul piano orizzontale sia su quello
verticale. Infatti in posizione da fermo si sovrappone alla soletta della
loggia, il cui lato esterno verso il vuoto è parzialmente delimitato
dall’elemento verticale di protezione dell’elevatore, che in tal modo funge
anche da parapetto della loggia (ringhiera formata da elementi verticali in
ferro).
Quando Giovanna vuole uscire di casa, aziona, mediante telecomando, la
piattaforma dell’elevatore che si sposta sul piano orizzontale fuori dalla
soletta della loggia e successivamente si muove verticalmente per superare il
dislivello tra loggia e marciapiede esterno.
2. Giovanni ha effettuato un
intervento analogo: inserimento di un elevatore esterno (dotato di cabina
chiusa e protetto dalle intemperie), che mette in comunicazione l’alloggio al
piano rialzato con il percorso esterno che circonda l’edificio; l’intervento è
necessario per permettere un buon livello di autonomia al figlio di Giovanni
che si sposta usando una carrozzina.
In questo caso l’elevatore si muove solo verticalmente e dal piano strada
consente di raggiungere il balcone, che è libero su due lati, mentre la loggia
del caso precedente è uno spazio aperto ma “incassato” ovvero delimitato entro
tre pareti.
3. Elena vive in un alloggio di
edilizia privata, situato al 5°
piano: in esso ha effettuato alcune piccole modifiche interne, in quanto
complessivamente sia le caratteristiche dell’alloggio sia quelle dell’edificio
(ingresso, ascensore) garantiscono già una buona accessibilità.
Le modifiche edilizie (a parte quelle relative ad elementi di arredo come
quelli della cucina) riguardano: l’inserimento di un sollevatore a soffitto,
dotato di un’imbragatura avvolgente, installato nel locale bagno per permettere
di entrare e di uscire dalla vasca in modo autonomo e con un buon livello di
sicurezza e la sostituzione di alcune porte a battente (quelle della cucina,
del servizio igienico, del ripostiglio) con porte a scorrimento laterale, che
permettono dì risparmiare spazio in ambienti di dimensione ridotta e di
contenere la quantità di movimenti necessari per l’accostamento alla porta e
alla conseguente apertura e chiusura.
4. Vanni vive con moglie e figlio
in una casa rurale unifamiliare di fine Ottocento. La casa si sviluppa su due
livelli, il piano inferiore è collegato a quello superiore mediante una ripida
scala ad un’unica rampa. Gli interventi riguardano l’inserimento di un
servoscala, costituito da pedana montacarrozzella e, poiché la malattia - la
sclerosi multipla - gli lascia scarsissima autonomia nei movimenti, è stato
necessario dotare la casa di una serie di sollevatori-traslatori per il
trasferimento dalla carrozzina al letto, agli apparecchi sanitari e viceversa.
5. Piercarlo ha effettuato alcuni
interventi sia nell’alloggio (apertura della porta con telecomando) sia nelle
parti comuni dell’edificio (chiamata ascensore con comando a distanza per
evitare di dover azionare manualmente la bottoniera). Tali opere sono
necessarie per venire incontro alle difficoltà motorie agli arti inferiori, che
impongono l’uso della carrozzina elettrica, ed all’impossibilità di muovere con
agilità gli arti superiori.
6. Roberto e Piero vivono in un
alloggio al 1° piano di uno stabile IACP (Istituto Autonomo Case Popolari ora
Agenzia territoriale per la casa), nel quale sono state apportate lievi
modifiche edilizie (sostegni per usare il vaso nel locale dei servizi
igienici), ma è stata curata la scelta dell’arredo, specie nel locale cucina,
per agevolare le possibilità di movimento. Si sottolinea che l’alloggio, in cui
vivono Roberto e Piero, è stato loro assegnato facendo ricorso a un’esperienza
molto positiva iniziata sul finire degli anni settanta a Torino. La commissione
per l’assegnazione degli alloggi dello IACP resi disponibili (i cosiddetti
“alloggi di risulta”) ha disposto la destinazione di alcuni alloggi a disabili,
privilegiando in particolare coloro che desiderano uscire dagli istituti di
assistenza.
7. Simona entra nel suo alloggio
dello IACP attraverso una breve rampa, di lunghezza e pendenza contenute, che
raccorda la zona esterna a cortile con l’alloggio situato a un livello
leggermente superiore rispetto a quello del cortile. Alcuni interventi edilizi
nell’alloggio (inserimento di doccia a pavimento, sostituzione delle
apparecchiature sanitarie, sostituzione di una porta tradizionale con una
ripiegabile a libro), un’accorta scelta ed un attento posizionamento di arredi
(in cucina, in camera da letto), di accessori e di elementi costruttivi
(modalità facilitata di apertura/chiusura delle finestre) le consentono di
vivere da sola, in quanto tali accorgimenti sono stati pensati e realizzati per
andare incontro alle sue possibilità fisiche: ad esempio esigenza di muoversi
sempre con la carrozzina, scarsa possibilità di presa frontale in altezza.
Le opere, prima elencate, di adeguamento dell’alloggio sono state fatte
ricorrendo essenzialmente a due tipi di iniziative, una a livello locale,
l’altra a livello nazionale.
Grande importanza rivestono pertanto le azioni normative e finanziarie che le pubbliche amministrazioni (Stato,
Regioni, Comuni, Unità sanitarie locali) possono portare avanti per consentire
l’adattamento di alloggi e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici residenziali.
Iniziative del Comune di Torino
Alcuni anni fa l’Amministrazione Comunale di Torino ha dato il via ad
un’iniziativa volta ad agevolare la permanenza nella propria abitazione da
parte di disabili e anziani.
A partire dal 1982 e con successive disposizioni sono stati emanati criteri
e modalità per l’erogazione di sussidi economici per la copertura, totale o
parziale, delle spese sostenute da persone disabili o da anziani per
l’adeguamento dei loro alloggi, al fine di renderli accessibili e rispondenti
alle loro esigenze sia mediante l’installazione di opportune apparecchiature
(scivoli, elevatori, montascale, ecc.) idonee a superare le barriere
architettoniche esistenti, sia mediante lavori di piccola e media
ristrutturazione di alcuni locali dell’abitazione (ingresso, servizi igienici,
ecc.). A titolo indicativo si citano due deliberazioni inerenti all’argomento:
quella del 23.11.1982 n. 4147
ed una successiva del 9.5.1986
n. 2993 con
relativo manifesto del 9.3.1987
della Città di Torino, Assessorato per la casa, Avviso: “Erogazione di sussidi
comunali ad handicappati per l’adattamento delle abitazioni”.
Più in dettaglio, l’Amministrazione Comunale ha disposto che:
- su richiesta delle persone interessate, venga effettuata l’esecuzione dei
lavori di adeguamento dell’abitazione, senza onere per l’utente, se l’alloggio
è di proprietà pubblica;
- sia permessa la concessione di un contributo per realizzare opere di
adattamento dell’alloggio, nel caso in cui l’abitazione sia di proprietà
privata.
L’erogazione del sussidio è finalizzata alla presenza di una serie di
requisiti tra i quali si cita quello determinante: l’invalidità del soggetto
beneficiario non inferiore al 67% accompagnata da menomazione agli arti
inferiori o superiori oppure età superiore ai 65 anni, con ridotta autonomia per
condizioni fisiche o per situazioni di isolamento.
Le modalità per la concessione del contributo finanziario consistono nella
presentazione di:
- idonea documentazione comprovante le condizioni socio-economiche del
beneficiario e del suo nucleo familiare;
- progetto (se necessario) delle opere da effettuare e preventivo delle
spese da sostenere.
Le domande di sussidio vanno presentate alle sedi delle Circoscrizioni che
le trasmettono all’Assessorato per la casa, corredate da un loro eventuale
parere.
I progetti di adeguamento ed i preventivi allegati alle richieste di
sussidio sono vagliati dal Settore tecnico dell’edilizia abitativa pubblica.
Per queste ultime operazioni l’Amministrazione comunale si avvale anche
della collaborazione con tecnici esterni.
Un breve riepilogo degli interventi effettuati per l’adeguamento della casa
a partire dal 1983 fornisce l’indicazione delle opere sostenute. Esse
riguardano l’acquisto e l’installazione di montascale e sollevatori per
carrozzina, di cingolato montascale, il rimborso dell’ascensore nel condominio
in cui abita la persona disabile, la realizzazione di rampe di accesso, la posa
di mancorrenti nelle parti comuni di un edificio ed una serie di modifiche
interne all’alloggio. Queste ultime riguardano quasi sempre l’ambiente dei
servizi igienici e consistono nell’installazione di maniglioni di appoggio, di
attrezzi per poter fare il bagno (servo-bagno, barella-doccia) e per poter
usare più agevolmente il vaso.
L’altra iniziativa che consente di adeguare l’alloggio ricorrendo a
contributi economici erogati dallo Stato risale al 1989 ed è stata predisposta
da una normativa statale (legge 9.1.1989, n. 13 “Disposizioni per favorire il
superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici
privati”).
Tale legge è articolata in due parti, che interessano:
- le nuove costruzioni e le ristrutturazioni di edifici privati, ivi
compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata.
I progetti di nuove costruzioni e di ristrutturazione di interi edifici devono
essere conformi alle prescrizioni tecniche previste dalla legge 13/1989 ed emanate con successivo decreto del Ministero dei
lavori pubblici;
- le innovazioni da attuare negli edifici residenziali esistenti al fine di
eliminare le barriere architettoniche presenti. La legge prevede agevolazioni
per eliminare le barriere architettoniche: a tal fine istituisce presso il
Ministero dei lavori pubblici il fondo speciale per l’eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici privati.
Con il termine di “innovazioni” si intende l’attuazione di tutte quelle
opere che eliminano ostacoli edilizi, consentono di superare barriere e
permettono lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Qualora non sia
possibile realizzare solo opere “edilizie” di modifica dell’alloggio o
dell’edificio abitativo, si può ricorrere all’inserimento di “strutture mobili”
(ausili di vario tipo ivi compresi elevatori, montascale).
La costituzione del fondo speciale è finalizzata alla concessione di
contributi a fondo perduto per i “portatori di menomazioni o limitazioni
funzionali permanenti” che avanzino richiesta per opere di adeguamento
all’interno dell’alloggio o nelle parti comuni dell’edificio di abitazione.
Richiesta dei contributi statali
Le procedure per la richiesta di contributo consiste nella presentazione
della domanda (entro il 1° marzo di ogni anno), rivolta al Sindaco del Comune
dove è ubicato l’edificio, nel quale si devono eseguire i lavori di
adattamento. La domanda deve essere corredata da una serie di documenti
(attestanti l’handicap, il grado di invalidità, l’ubicazione dell’edificio,
ecc.), tra cui la descrizione dei lavori da effettuare ed il preventivo della
spesa da sostenere.
Successivamente l’Amministrazione comunale svolge gli accertamenti
sull’ammissibilità della domanda relativamente a: documentazione necessaria,
requisiti del richiedente, inesistenza delle opere, non inizio lavori,
congruità della spesa preventivata.
Entro 30 giorni (ovvero entro il 31 marzo), sulla base delle domande
presentate e ritenute ammissibili, si stabilisce il fabbisogno complessivo del
Comune, che trasmette l’elenco delle domande ammesse alla Regione presso il
Servizio opere pubbliche e difesa del suolo della propria provincia.
L’istruttoria di competenza dei Servizi regionali decentrati Opere
pubbliche e difesa del suolo è volta a definire il fabbisogno regionale.
Chi ha richiesto il contributo, è informato dell’esito della domanda,
presentata al Comune, a seguito della trasmissione del fabbisogno da parte del
Comune al già citato Servizio opere pubbliche e difesa del suolo della
Provincia.
Dopo la definizione del proprio fabbisogno, la Regione invia al Ministero
dei lavori pubblici la richiesta di partecipare alla ripartizione del fondo per
l’eliminazione delle barriere architettoniche.
La concreta erogazione del contributo, a chi ne ha fatto richiesta, avviene
dopo l’esecuzione delle opere ed in base a fatture debitamente quietanzate,
pertanto il richiedente comunica al Sindaco la conclusione dei lavori con
trasmissione delle fatture.
Le opere che si possono effettuare riguardano:
- le parti comuni dell’edificio residenziale, sia interne sia esterne (ad
esempio: realizzazione di percorsi attrezzati e installazione di dispositivi di segnalazioni per favorire la
mobilità dei ciechi, modifica dell’ampiezza delle porte di accesso, inserimento
di servoscala);
- le parti dell’edificio residenziale di esclusiva proprietà o godimento
del disabile (ovvero l’alloggio).
La proposta di modifiche alle parti comuni di un edificio residenziale
privato con pluralità di proprietari (condominio) volte all’eliminazione o al
superamento di barriere architettoniche, deve essere adottata dall’assemblea
condominiale.
Tuttavia nell’ipotesi in cui il condominio non approvi l’innovazione
ipotizzata nelle parti comuni dell’edificio o non si pronunci entro tre mesi,
la persona disabile può procedere, autonomamente ed a proprie spese
all’esecuzione dell’opera, anche in assenza di parere favorevole del
condominio.
È importante precisare che:
- al fine dell’accoglimento della domanda di contributo per opere di
eliminazione delle barriere architettoniche nelle parti comuni dell’edificio e
nell’alloggio, tali opere non devono essere già state realizzate e neppure
devono essere in corso di esecuzione;
- può essere presentata, da parte di una stessa persona disabile, più di
una domanda di contributo. Infatti ogni contributo è concesso in relazione ad
una singola opera o ad un insieme di opere, purché funzionalmente connesse tra
di loro. Col termine di “opere funzionalmente connesse” si intende una
pluralità di interventi fatti sullo stesso edificio o alloggio, volti a
rimuovere più barriere ostacolanti una stessa funzione. Ad esempio, se la
funzione ostacolata è l’accesso al proprio alloggio, in una stessa domanda si
può richiedere la sostituzione del portoncino d’ingresso (se troppo stretto),
l’inserimento del servoscala (se la scala è priva di ascensore adeguato), la
sostituzione della porta d’accesso dell’alloggio. Se le barriere presenti ostacolano
più funzioni (ad esempio presenza di alcuni gradini prima di arrivare
all’ascensore, servizio igienico non usufruibile nell’alloggio), si possono
presentare più domande di contributo (ad esempio, una domanda per inserire un
servoscala per superare il dislivello prima di giungere all’ascensore, un’altra
domanda per modificare il proprio servizio igienico);
- l’erogazione del contributo a fondo perduto avviene concedendo una somma
pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi sino a L.5 milioni; per
costi eccedenti tale cifra, viene dato un contributo in percentuale;
- i contributi erogati con la legge 13/1989 sono cumulabili con altri
concessi a qualsiasi titolo per la realizzazione della stessa opera,
fermo restando che
l’importo complessivo dei
contributi non può superare la spesa effettivamente sostenuta;
- le domande presentate dagli invalidi totali sono prioritarie per
l’attribuzione del finanziamento anche se presentate successivamente a quelle
degli invalidi parziali. Le domande degli invalidi totali non soddisfatte
nell’anno per insufficienza di fondi sono valide per gli anni successivi.
Contributi richiesti nella Regione Piemonte
Nella Regione Piemonte le richieste di contributi presentate dagli invalidi
totali dal 1989 al 1995 sono state tutte soddisfatte. A partire dall’anno 1992
e fino al 1995 la Regione Piemonte ha integrato le risorse assegnate alla
Regione dal Ministero dei lavori pubblici.
Dall’esame delle domande di contributi presentate dal 1989 al 1996
emergono:
- la consistenza quantitativa delle domande (1);
- la consistenza qualitativa delle domande (ad esempio domande presentate
da invalidi totali, da invalidi parziali);
- la tipologia degli interventi richiesti, suddivisi in due categorie:
A) opere di accesso relative all’edificio o alla singola unità immobiliare;
B) opere per la fruibilità e visitabilità dell’alloggio.
Le opere del tipo A comprendono: rampe di accesso, inserimento di
servoscala o di elevatore, ampliamento porte di ingresso, adeguamento percorsi
orizzontali esterni, ecc.
Le opere di tipo B comprendono essenzialmente l’adeguamento di percorsi
orizzontali e verticali interni all’alloggio e la sistemazione di bagni,
cucine, camere.
Conclusioni
L’analisi comparata di alcune realizzazioni di adeguamento dell’alloggio,
effettuate ricorrendo all’iniziativa del Comune di Torino e alla legge n. 13
del 1989, ha permesso di sottolineare alcune ricorrenti modalità di
comportamento nell’affrontare il problema dell’adattamento dell’abitazione.
Si possono pertanto evidenziare le seguenti modalità:
1. interventi di tipo squisitamente
“edilizio” volti all’abbattimento delle barriere architettoniche
(eliminazione di gradini, costituzione di scivoli o di brevi rampe, ampliamento
di un varco, soppressione di porte, ampliamento di un vano ad esempio del
locale bagno, sostituzione di apparecchi sanitari, realizzazione di docce a
filo pavimento, ecc.);
2. interventi di lieve entità
(comportanti irrilevanti o addirittura inesistenti opere edilizie) ma di grande
efficacia (ad esempio la sostituzione di porte a battente con porte a
scorrimento laterale o a libro);
3. interventi volti a favorire o
permettere la mobilità con attrezzature particolari (elevatori di vario
tipo, sollevatori, traslatori, in alcuni casi presenti in commercio nella
produzione di serie, in altri casi studiati e realizzati sulla base delle
necessità della singola persona disabile);
4. interventi di inserimento di
ausili (ad esempio maniglioni);
5. interventi per il controllo
ambientale (ad esempio comandi a distanza) talora ricorrendo anche a
tecnologie sofisticate.
Sovente è stata effettuata un’integrazione tra i vari interventi; inoltre
dall’analisi e dalla valutazione delle richieste di finanziamenti (sia quelle
relative all’iniziativa del Comune di Torino sia quelle della legge 13/1989)
non emerge quasi mai la complessità e l’interrelazione tra i vari interventi,
né compaiono tutte quelle opere e quegli accorgimenti (ad es. scelta
dell’arredo, posizionamento dei mobili, attrezzature di vario tipo) attuati per
rendere utilizzabile l’alloggio in condizione di autonomia e facilitando
contemporaneamente il lavoro di chi assiste.
Inoltre dall’esperienza diretta di chi ha fatto domanda per l’adeguamento
dell’alloggio (sia ricorrendo all’iniziativa del Comune di Torino sia seguendo
l’iter della legge 13/1989) emerge una serie di problemi che si analizzano di
seguito in modo sintetico:
1) necessità di poter disporre di una struttura di riferimento cui
rivolgersi per informazioni e suggerimenti;
2) esigenze di poter accedere, in maniera diffusa e non episodica e
saltuaria, a consulenze tecniche diversificate nei confronti delle opere da
effettuare siano esse di tipo edilizio o relative a modifiche impiantistiche o
relative all’inserimento di ausili ed attrezzature;
3) problema dell’onerosità della consulenza da parte di un tecnico per
predisporre il preventivo da allegare alla domanda di contributo. Pur non
essendo richiesto che la descrizione delle opere e il loro preventivo siano
eseguiti da un tecnico o da un esperto (cfr. il punto 4 della Circolare del
Ministero dei lavori pubblici del 22.6.1989,
n. 1 669/U.L.), spesso risulta
necessario, per definire tale preventivo,
ricorrere ad un tecnico, la cui consulenza non è prevista sia rimborsata
con i fondi della legge 13/1989;
4) presenza di diatribe tra Comune e USL nei confronti della fornitura di
ausili. Ad esempio, per la dotazione di ausili, il tecnico del Comune (ma quale
tecnico?) deve certificare l’assoluta esigenza di ricorrere all’ausilio non
potendosi effettuare opere edilizie atte ad eliminare le barriere
architettoniche e ad agevolare la persona disabile;
5) difficoltà a far accettare le opere di adeguamento da parte dei
condomini e dei vicini (nei casi di abitazioni unifamiliari) che in molti casi
cercano in ogni modo di ostacolare la realizzazione di tali opere;
6) problema relativo alla necessità di dover anticipare l’onere della spesa
sostenuta per le opere di adeguamento e di dover attendere il successivo
rimborso parziale o totale.
Al di là dei problemi che restano ancora aperti (insufficienza dei
finanziamenti, difficoltà per gli invalidi parziali ad accedere ai contributi),
sembra giusto sottolineare gli aspetti positivi delle due iniziative, una
comunale l’altra statale alle quali si aggiungono altre iniziative a livello
locale. Sembra interessante ricordare la legge regionale della Valle d’Aosta n.
48 del 31.10.1995 “Norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche per
favorire la vita di relazione delle persone disabili”, nella quale sono previsti
tra l’altro, anche interventi finanziari per l’eliminazione ed il superamento
delle barriere architettoniche negli edifici privati cui possono accedere le
persone disabili (cfr. articoli 3 e 4 della legge 5.2.1992, n. 104), gli
ultrasessantacinquenni in stato di grave disagio fisico e sociale, i condomini
ove risiedono le sopracitate categorie di beneficiari.
(*) Docente del Dipartimento “Casa-città” del
Politecnico di Torino.
(1)
Ad esempio: numero
domande presentate; numero Comuni interessati; percentuale domande per Comune;
media di domande per Comune; costo totale degli interventi; costo medio per
domanda; contributo totale richiesto; contributo medio per Comune; contributo
medio per domanda.
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