I
PATRIMONI DELLE IPAB DI TORINO: UN MISTERO POCO CHIARO
Le IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) sono enti
pubblici a tutti gli effetti che, in base alla ancora vigente legge 17 luglio
1890 n. 6972, hanno lo scopo di «prestare
assistenza ai poveri» e di «procurarne
l’educazione, l’istruzione, l’avviamento a qualche professione, arte o
mestiere, od in qualsiasi altro modo il miglioramento morale ed economico».
Le IPAB gestiscono scuole materne e soprattutto istituti di ricovero per
anziani, per minori e per handicappati.
Inoltre, le IPAB posseggono rilevanti proprietà immobiliari (negozi,
alloggi, terreni, cinema, ecc.) e mobiliari (titoli di Stato, ecc.) il cui
valore attuale è stato calcolato dalla rivista IPAB Oggi (n. 6, ottobre-dicembre 1996) in 50 mila miliardi di
lire.
Pertanto, da oltre cent’anni, i suddetti enti hanno avuto ed hanno la
disponibilità economica per ammodernare le loro strutture di ricovero,
trasformandole da squallidi ghetti in servizi a misura degli ospiti. Eppure,
salvo casi eccezionali, non l’hanno fatto, con gravissime e spesso irreparabili
conseguenze per gli assistiti (cameroni anche di 20-30 letti, oltre
insopportabili carenze alloggiative, mancanza di attrezzature adeguate, ecc.).
C’è un altro aspetto preoccupante. Nel 1988 la Corte costituzionale con la
sentenza n. 396 ha stabilito che moltissime IPAB potevano diventare enti
privati. In buona sostanza i beni sono stati e continuano ad essere regalati ai
privati, ai quali non si chiede neppure di continuare a destinare ai poveri né
i patrimoni né i relativi redditi. Solo in Piemonte, grazie all’azione
congiunta dei Sindacati locali Cgil, Cisl e Uil e del CSA, si è ottenuto che
nella legge regionale fosse previsto che i patrimoni delle IPAB privatizzate e
i loro redditi dovevano continuare a essere utilizzati esclusivamente per
attività di assistenza sociale.
Tuttavia, l’attuazione delle disposizioni piemontesi resta problematica:
già due IPAB, regalate ai privati, sono state donate da questi ad altri enti.
Da notare che le IPAB, che assumono la personalità giuridica privata, in base
alle leggi vigenti non devono chiedere l’autorizzazione a chicchessia per la
vendita dei beni.
Ne consegue che, in assenza di una vigilanza attenta e continua da parte
delle autorità pubbliche (Regioni e Comuni), c’è il pericolo che i beni e i
redditi non vengano utilizzati per finalità assistenziali. Che non si tratti di
un rischio immaginario, ma di una preoccupante realtà, era già stato assodato
dalla regia commissione sulle opere pie, in seguito denominate IPAB, che, dopo
una accurata indagine svolta dal 1880 al 1888, aveva accertato «gli abusi troppo frequenti per i quali la
legge non dava né una efficace prevenzione, né i mezzi di una giusta
riparazione» e «le rendite colossali
che si spendevano senza una vera pratica utilità per la popolazione
sofferente». Per questi motivi nella legge 6972 del 1890 venne stabilito
che il Ministro dell’interno doveva riferire ogni anno sulla situazione delle
IPAB, cosa mai fatta negli ultimi ottant’anni. Ne è derivato che, mentre la
regia commissione aveva accertato la presenza di 21.819 IPAB, il Ministro
dell’interno, nel 1970, ne individuava soltanto 9.000. Dove siano andate a
finire le altre 12.819 mancanti nessuno lo sa e forse lo saprà mai. Nel
frattempo, dopo la ricordata sentenza della Corte costituzionale, le 9.000 IPAB
tendono a diventare zero, risolvendo così ogni problema circa la loro
rilevazione e la vigilanza.
Per dare un’idea dei beni delle IPAB, riportiamo nell’allegato 1 l’elenco delle
proprietà del San Michele di Roma e dell’ex IPAB Istituto di riposo per la
vecchiaia di Torino. Secondo le affermazioni degli amministratori di
quest’ultimo ente, che nel 1970 ricoverava 1.550 anziani, non è mai stato
possibile rendere decorosa la struttura, a causa della mancanza di mezzi
economici. Ma i patrimoni erano immensi.
Un mistero poco chiaro
Al fine di conoscere la situazione (ed anche per replicare agli
Amministratori che strumentalmente affermano di non avere i mezzi economici
necessari per la creazione delle strutture assistenziali), da oltre 10 anni il
CSA chiede al Comune di Torino di fornire tutti i dati riguardanti i patrimoni
immobiliari e mobiliari pervenuti al Comune stesso dall’estinzione di IPAB
(Istituto di riposo per la vecchiaia, Casa geriatrica Carlo Alberto, ecc.) e di
altri enti (ONMI, ENAOLI, ECA, Patronato scolastico, Istituti per ciechi e per
sordomuti, ecc.).
Si tratta di alloggi, negozi, terreni e altre strutture per un valore di
almeno mille miliardi, un patrimonio che sarebbe stato negli anni scorsi (e lo
è tuttora) sufficiente per dotare il settore assistenziale di locali idonei:
gli uffici decentrati, i Centri socio-terapeutici e le comunità alloggio sono
spesso in condizioni deplorevoli, per non parlare del Carlo Alberto in cui
vergognosamente ci sono ancora un camerone di 24 letti e due di 19 letti.
Dopo molte insistenze, finalmente in data 19 luglio 1994 la Giunta
municipale approva una delibera in cui, dopo aver segnalato che gli uffici
dispongono di uno specifico inventario, è stabilito quanto segue:
a) attuazione di una ricognizione delle schede inventariali, in relazione
alle possibilità di uso diretto per finalità assistenziali;
b) presentazione di proposte circa i possibili utilizzi, anche alternativi,
dei beni comprese le eventuali riconversioni del patrimonio.
La delibera prevede la creazione di un gruppo di lavoro di cui fanno parte
anche due rappresentanti del CSA (Rita Boni e Francesco Santanera).
Il Gruppo è stato riunito una sola volta e pertanto, per la conseguente
mancanza di tempo, non ha svolto nessuno dei compiti assegnati dalla delibera
del Comune di Torino.
Essendo serviti a nulla i pur numerosi solleciti per la riconvocazione del
Gruppo, il CSA ha inserito il problema nella proposta di delibera di iniziativa
popolare (firme raccolte 6.225).
L’articolo relativo, approvato senza modifiche del Consiglio comunale di
Torino il 26 settembre 1995, è così redatto: «Messa a disposizione della cittadinanza dell’elenco dei patrimoni
degli enti assistenziali trasferiti al Comune (IPAB, ECA, ecc.) con
l’indicazione per ognuno di essi dei dati generali e catastali, delle
caratteristiche edilizie, dei dati relativi alla locazione (locatario, durata
del contratto, importo, adeguamenti ISTAT, attribuzione e importo delle spese
di manutenzione ordinaria e straordinaria e degli oneri di riscaldamento, stato
di pagamento dei canoni, soggetti occupanti, ecc.)».
Anche questa approvazione non ha sortito alcun effetto: i dati finora non
sono stati forniti nonostante richieste verbali e scritte.
Vista la situazione, è stata presentata domanda scritta per poter esaminare
un campione di otto pratiche riguardanti altrettanti proprietà dell’ex IPAB
“Istituto di riposo per la vecchiaia”.
Per la semplice consultazione (non è stata fornita nemmeno una fotocopia!),
il Comune ha preteso il versamento di ben 211 mila lire, versamento che
dimostra i gravissimi limiti della legge 241/1990 (che viene chiamata della
“Trasparenza amministrativa”) ed i costi altissimi per i cittadini “curiosi”.
Da notare che occorrerebbe versare al Comune di Torino qualche decina di
milioni per avere tutti i dati di cui alla delibera di iniziativa popolare che
– lo ripetiamo – è stata approvata dal Consiglio comunale.
Dall’esame della documentazione messa a disposizione dagli uffici comunali
previo pagamento delle 211 mila lire, è emerso, come risulta dalla lettera
inviata in data 24 settembre 1996 dal Presidente dell’Associazione promozionale
sociale a Domenico Carpanini, allora Presidente del Consiglio comunale di
Torino, quanto segue: «Facendo seguito
alle mie lettere del 21 maggio e 9 luglio 1996, desidero informarti che, previo
pagamento di L. 211.000, ho esaminato la documentazione messami a disposizione
concernente i locali siti in Torino, piazza San Carlo 161 e di corso Re Umberto
85, già di proprietà dell’IPAB “Istituto di riposo per la vecchiaia”. Non sono
stati forniti elementi circa la situazione locativa esistente al momento del
trasferimento dei locali dall’ex IPAB al Comune di Torino.
«Sono stati consegnati solo una
parte degli atti comprovanti gli aumenti fatti per gli adeguamenti ISTAT. Non
si comprende per quale motivo il contratto fatto con la Ditta “New Caval ’d
Brons” (delibera del 21 marzo 1983 prot. 1063) sia stato fatto per 9 anni,
quando sarebbe stato estremamente più vantaggioso per il Comune di Torino che
la durata fosse di 6 anni.
«Analoghe considerazioni valgono
per i contratti degli stessi locali stipulati in base alle delibere del 12
maggio 1987 e del 25 ottobre 1994 per la durata di anni 7 + 7.
«Vi sono contratti deliberati con
molto ritardo. Ad esempio, quello stipulato con la Maria Angela Boutique di
piazza San Carlo 149 con la delibera 5416 del 19 agosto 1994 ha addirittura
decorrenza dall’1.1.93 e quello con decorrenza 1° febbraio 1985 è stato
deliberato il 20.5.1985, provvedimento n. 4522. Questi casi sono abbastanza
numerosi e non sono chiari i motivi, tenuto conto che gli inquilini versano
anche gli arretrati. Ci sono accordi verbali? Se sì, con chi? In base a quali
norme?
«Solo nella scrittura privata
stipulata dal Comune di Torino con la Ditta Algozzini in data 15 febbraio 1995,
si fa riferimento ad un non meglio precisato “competente Ufficio tecnico”, che
ha dichiarato congruo il canone di affitto. Al riguardo occorrerebbe sapere
quale è l’ufficio che interviene per la determinazione dei canoni di affitto.
«Nessun documento messo a
disposizione riguardava i versamenti delle spese di manutenzione ordinaria e
straordinaria, gli oneri concernenti il riscaldamento (comprese le somme
relative agli ammortamenti a favore del Comune di Torino) e lo stato del
pagamento dei canoni.
«Non si sono avuti in visione
documenti comprovanti la richiesta da parte del Comune all’Ente Festival Cinema
Giovani degli aumenti ISTAT. L’affitto previsto nella scrittura privata del
14.11.91 in lire 2.800.000 annue per locali di mq. 70 sembra essere di gran
lunga inferiore al prezzo di mercato.
«La richiesta di affitti di gran
lunga inferiore al valore di mercato riguarda anche i locali dell’ex IPAB (non
compresi nella documentazione consultata) di via Stradella 203 dati in comodato
al Servizio Emergenza Anziani per lire centomila all’anno per anni 6 (mq. 60).
«Ciò premesso, vi è
l’urgentissima necessità che venga disposta la nomina di una Commissione che
svolga gli opportuni accertamenti, tenendo anche conto che gli affitti
dovrebbero essere tutti definiti sulla base del prezzo di mercato, anche perché
i redditi devono essere destinati a servizi di assistenza sociale.
«La suddetta commissione dovrebbe
anche svolgere i compiti che erano stati stabiliti dalla delibera della Giunta
municipale del 19 luglio 1994, n. 94-05572/19. La commissione prevista dalla
suddetta delibera è stata convocata una sola volta e ai suoi componenti non è
stato consegnato altro che un elenco di strutture ex IPAB contenente la
denominazione, e l’indirizzo e la consistenza».
Una domanda: perché tutto questo mistero?
Allegato 1
A. Come risulta dal volume
“Anziani malati cronici: i diritti negati”, di F. Santanera, M.G. Breda e F.
Dalmazio, UTET Libreria, Torino, 1994, le proprietà dell’IPAB San Michele a
Roma sono le seguenti: 3 esercizi pubblici in via del Porto 1 e 4, piazza dei
Mercanti 15; 4 abitazioni in via del Porto 3 e 4, in piazza dei Mercanti 17 e
18; 2 magazzini in piazza dei Mercanti 19 e 20.
Zona Montecitorio (Ospizio Apostolico): 4 negozi in via
della Colonna Antonina 27-28, 29, 30 e 31; 2 alberghi: Nazionale in piazza
Montecitorio 12, Colonna Palace Hotel in piazza Montecitorio 131.
Zona Termini (Ospizio S. Maria degli Angeli): il Vecchio
Clementino, il portico di destra di piazza della Repubblica; 3 caffè in piazza
della Repubblica 40-41-43, in via Terme di Diocleziano 38, in via Viminale 39;
una galleria d’arte in piazza della Repubblica 42; 1 abitazione in piazza della
Repubblica 43, 7 in via Viminale 3; 3 scuole: Mazzini in via Terme di
Diocleziano 33, in piazza della Repubblica 43, A. Locatelli in via Casal de’
Merode 4; un cinema in piazza della Repubblica 44-45; 11 negozi in via Terme di
Diocleziano 31, 32, 32A, 34, 37, in via Viminale 1, 3B, 3C, 7, 7A; l’Istituto
Tecnico per il Turismo, via Terme di Diocleziano 33; 2 esercizi pubblici in via
Terme di Diocleziano 35 e 36; l’albergo Casa del Passeggero in via Viminale 1A
e uno in via Viminale 11; un bar in via Viminale 5A; 2 magazzini: in via
Viminale 3 e in piazzale A. Tosti 4; un ufficio in via Viminale 3; un’officina
in via Casal de’ Merode 8; una fabbrica ceramiche in via Casal de’ Merode 8; un
laboratorio falegnameria in via Casal de’ Merode 8; un laboratorio lucidatori
in via Casal de’ Merode 8; una cementeria in via Casal de’ Merode 8; una
fonderia in via Casal de’ Merode 8; una tipografia in via Casal de’ Merode 8;
orto, sito in via G. Cerbara; impianti sportivi in piazzale A. Tosti 4; un
impianto (mq. 8000) in piazzale A. Tosti 4; un terreno (mq. 15.000) nel
quartiere Garbatella; 4 abitazioni in piazzale A. Tosti 4.
Immobili in comproprietà con
l’IPAB Società romana pro-infanzia: un negozio in via del Babuino 33-34; un
magazzino in via del Babuino 35; 5 abitazioni: 4 in via del Babuino 35, una in
via Oberdan 4; 2 vigne: in località Selve nuove e in località Pantanicei; un
ripostiglio, sito a Marino (Roma); mq. 63 e vani 16 in via Cimadori 6; mq. 155
e vani 39 in via del Moro 7; mq. 636 e vani 65 in via del Porto 8/a, 9, 10, 12,
13, 14 e 16; mq. 4596 e vani 22,5 in via Ripa Grande 9, 13, 14, 21, 22, 24, 26,
31, 33, 34, 36, 37, 38, 40, 41, 42, 43, 44, 46, 47, 48, 49, 50, 52, 53, 54, 55,
56 e 56/A; mq. 58 in via delle Palle 15.
B. Secondo i dati forniti
dal volume Le IPAB in Piemonte, parte
II, pubblicato dall’Assessorato all’assistenza della Regione Piemonte,
risultavano di proprietà dell’Istituto di riposo per la vecchiaia i seguenti
beni: Terreni - Comune di Torino: corso Unione Sovietica partita catastale n.
10255, are 632,19; corso Unione Sovietica, p.c. n. 10254, are 601,56; via
Filadelfia, p.c. n. 38174, are 1,38; via Filadelfia, p.c. n. 38174, are 8,01;
via Filadelfia, p.c. n. 38174, are 37,40; via Filadelfia, p.c. n. 10253, are
0,59.
Fabbricati - Comune di Moncalieri: via S. G. Bosco 6 (32
A/2), p.c. n. 3134, vani 149; via S. G. Bosco 2 (14 C/6), p.c. n. 3134, m2 174;
largo Leonardo da Vinci 1 (20 A/2), p.c. n. 3091, vani 125; largo Leonardo da
Vinci 3 (alloggio custode A/2), p.c. n. 3091, vani 4; largo Leonardo da Vinci 3
(28 A/2), p.c. n. 3091, vani 133; corso Trieste 57 (5 C/1), p.c. n. 3134, m2
512; corso Trieste 57 (14 A/2), p.c. n. 3134, vani 84; corso Trieste 59 (12
A/2), p.c. n. 3134, vani 63; corso Trieste 61 (18 A/2), p.c. n. 3134, vani 63;
corso Trieste 63 (19 A/2), p.c. n. 3134, vani 88; corso Trieste 65 (alloggio
custode A/2), p.c. n. 3134, vani 3,5; corso Trieste 65 (20 A/2), p.c. n. 3134,
vani 93,5; via S. G. Bosco 8 (60 C/6), p.c. n. 3134, m2 1148; largo Leonardo da
Vinci 2 (26 C/6), p.c. n. 3091, m2 280; corso Trieste 69 (3 C/1), p.c. n. 3130,
m2 144; corso Trieste 71 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 92; corso Trieste 73 (3
C/1), p.c. n. 3130, m2 98; corso Trieste 75 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 174;
corso Trieste 67 (alloggio del custode A/2), p.c. n. 3130, vani 3,5; corso
Trieste 67 (20 A/2), p.c. n. 3130, vani 96; corso Trieste 69 (25 A/2), p.c. n.
3134, vani 98,5; corso Trieste 69 (3 C/1), p.c. n. 3134, m2 96; corso Trieste
71 (4/C), p.c. n. 3134, m2 169; corso Trieste 71 (12 A/2), p.c. n. 3134, vani
54; corso Trieste 73 (18 A/2), p.c. n. 3134, vani 145; corso Trieste 75 (18
A/2), p.c. n. 3134, vani 81; via S. G. Bosco 10 (72 C/6), p.c. n. 1081, m2
1278; via S. G. Bosco 12 (19 C/6), p.c. n. 3134, m2 228.
Fabbricati - Comune di Torino: corso S. Maurizio 16 bis
(2 C/1), p.c. n. 30881, m2 83; corso S. Maurizio 18 (C/1), p.c. n. 30881, m2
41; corso S. Maurizio 18 bis (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 69; corso S. Maurizio
16 bis (14 A/3), p.c. n. 30881, vani 49; corso S. Maurizio 18 (14 A/3), p.c. n.
30881, vani 49; corso S. Maurizio 18 bis (15 A/3), p.c. n. 30881, vani 66,5;
corso S. Maurizio 18 bis (14 A/3), p.c. n. 30881, vani 66,5; corso S. Maurizio
18 bis (D/8), p.c. n. 30881; corso S. Maurizio 14 (3 C/1), p.c. n. 30881, m2
75; corso S. Maurizio 16 (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 47; corso S. Maurizio 14
(16 A/3), p.c. n. 30881, vani 66; corso S. Maurizio 16 (16 A/3), p.c. n. 30881,
vani 72; corso S. Maurizio 12 bis (2 C/1), non censita Nceu m2 160; corso S.
Maurizio 12 bis (15 A), non censita Nceu vani 60; via Montebello 26 bis (2
C/1), non censita Nceu m2 120; via Montebello 26 bis (8 A), non censita al Nceu
vani 22,5; via Montebello 26 (2 C/1), non censita al Nceu m2 133; via
Montebello 26 (8 A), p.c. non censita al Nceu vani 23; via Gaudenzio Ferrari 7
(8 A/3), p.c. n. 30881, vani 53; via Vanchiglia 38 (2 C/1), p.c. n. 30881; via
Vanchiglia 40 (5 C/1), p.c. n. 30881; via Vanchiglia 38 (11 A/4), p.c. n.
30881, vani 33; via Vanchiglia 40 (11 A/4), p.c. n. 30881, vani 31;via Po 29 (3
C/1), p.c. n. 30881, m2 258; via Po 31 (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 277; via Po
35 (8 C/1), p.c. n. 30881, m2 279; via po 37 (3 C/1), p.c. n. 30881, m2 122;
via Montebello 1 (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 156; via Po 29 (6 A/3; 4 A/4; 9
A/5), p.c. n. 30881, vani 70; via Po 31 (7 A/3; 5 A/4), p.c. n. 30881, vani
68,5; via Po 35 (2 A/3; 19 A/4; 11 A/5), p.c. n. 30881, vani 110; via Po 37 (10
A/4; 4 A/5), p.c. n. 30881, vani 59,5; via Montebello 1 (5 A/4; 4 A/5), p.c. n.
30881, vani 27,5; via Duchessa Jolanda 20 (19 A/3), p.c. n. 20682, vani 94;
piazza San Carlo 161 (6 C/1), p.c. n. 30881, m2 808; piazza San Carlo 161
(A/10), p.c. n. 30881, vani 66; corso Re Umberto 85 (A/2; 4 A/3), p.c. n.
10819, vani 33,5; corso Re Umberto 85 (C/6), p.c. n. 10819, m2 22; via Spaventa
16 (15 C/6), p.c. n. 33881, m2 195; via Spaventa 16 (13 A/3), p.c. n. 33881,
vani 51,5; via Spaventa 14 (27 A/3), p.c. n. 33881, vani 119,5; corso Unione
Sovietica 220 (B/1), p.c. n. 30881, m3 318506; via San Martino 30 (sede Buon
Riposo B/1), p.c. non censita; Nceu, m3 50686; via Filadelfia 49 (C/2; C/7),
p.c. n. 6344, m2 204; via Tunisi 86 (4 A/2), p.c. n. 6344, vani 29,5; via
Filadelfia 47 (C/6; C/7), p.c. n. 6344, m2 47.
Fabbricati - Comune di Roma: via Dei Gracchi 278 (A/4),
p.c. n. 82661, vani 6.
Titoli di debito pubblico - Obbligazioni - Azioni: valore
nominale L. 83.459.300.
www.fondazionepromozionesociale.it