Notiziario
dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale
ILLEGITTIMI COMPORTAMENTI DEGLI
ASSISTENTI SOCIALI
Pubblichiamo
la lettera che il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti ha
inviato in data 2 dicembre 1997 ai Presidenti dei Consigli nazionale e
regionali degli Ordini degli assistenti sociali, la risposta datata 10
febbraio 1998 dell'Ass. Soc. Paola Rossi, Presidente del Consiglio nazionale
dell'Ordine e la replica del CSA del 16 febbraio 1998.
1.
Lettera del CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti del 2
dicembre 1997
Con la
presente portiamo a Vostra conoscenza alcune gravissime situazioni con la
speranza che vogliate assumere le necessarie urgenti iniziative:
1. gli
assistenti sociali continuano a fornire false informazioni asserendo,
contrariamente al vero, che gli enti pubblici possono pretendere contributi economici
dai parenti di assistiti maggiorenni. Questa pretesa è infondata, come risulta
dalle note del Direttore generale del Ministero dell'interno del 27 dicembre
1993, prot. 12287/70 e del Capo dell'Ufficio legislativo del Dipartimento per
gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile
1994, prot. DAS/4390/1/H/795, del 28 ottobre 1995, prot. DAS/13811/1/H/795 e
del 29 luglio 1997 prot. DAS/247/UU1/H/795, dal parere fornito in data 18
settembre 1996, prot. 2667/1.3.16 dal Direttore del Servizio degli affari
giuridici della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla risposta fornita
dall'Assessore all'assistenza della Regione Piemonte in data 7 marzo 1996 ad
una interrogazione, dai provvedimenti assunti dal CORECO di Torino in data 13
dicembre 1995 n. 36002, 1 ° agosto 1996, n. 11004/96 bis e 31 luglio 1997 n.
9152/97 bis e dalla sentenza della Prima Sezione civile del Tribunale di Verona
del 16 marzo 1996, pubblicata sul n. 1/1997 di "Famiglia e diritto".
Infatti, in base alle leggi vigenti, gli alimenti possono essere richiesti SOLO
da chi versa in stato di bisogno (cfr. l'art. 438 del codice civile) o dal suo
tutore; non esistono leggi che consentano agli enti pubblici di sostituirsi
alla persona avente diritto agli alimenti;
2. la
illegittimità della suddetta pretesa è ancora più grave ove si consideri che
l'ente pubblico non solo si arroga un diritto che non ha, ma pretende anche di
determinare l'importo che dovrebbe essere versato dai congiunti, arrivando
addirittura a sostituirsi al giudice. Infatti il 3° comma dell'art. 441 del
codice civile stabilisce quanto segue: «Se gli obbligati non sono concordi
sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti,
provvede l'autorità giudiziaria secondo le circostanze»;
3. rispettando
le norme vigenti, i competenti organi centrali dello Stato, per la concessione
delle pensioni sociali e di invalidità e per l'integrazione al minimo delle
pensioni INPS, non hanno mai tenuto conto dei redditi dei parenti;
4. nel dare
attuazione alle illegittime richieste degli enti pubblici di cui ai precedenti
punti 1 e 2 (fatto che comporta per i cittadini ignari dei loro diritti
l'esborso anche di parecchi milioni per il periodo di ricovero del loro
congiunto), gli assistenti sociali richiedono informazioni sui congiunti degli
assistiti, violando in tal modo le disposizioni della legge 31 dicembre 1996 n.
675, che vieta la richiesta, la conservazione e l'uso dei dati personali non
indispensabili allo svolgimento delle attività della pubblica amministrazione,
prevedendo anche sanzioni penali;
5. richiedendo
ai congiunti di un assistito maggiorenne di presentare la propria situazione
economica, l'ente pubblico e gli assistenti sociali compiono due gravissime
violazioni in quanto non rispettano la riservatezza personale e familiare:
a) di coloro
che richiedono l'assistenza. Infatti ai congiunti viene segnalata la loro
incapacità economica a provvedere da se stessi alle proprie esigenze (redditi
insufficienti per garantire il minimo indispensabile per vivere oppure per
corrispondere la retta di ricovero in istituti, ecc.)
b) dei parenti stessi, ai quali viene
richiesto di segnalare le proprie condizioni finanziarie.
È un abuso
preoccupante non solo sotto il profilo della legittimità, in quanto si tratta
di interferenze non consentite dalle leggi vigenti, ma anche per quanto
concerne la deontologia professionale dei dirigenti, degli operatori, in
particolare degli assistenti sociali;
6. con
preoccupante frequenza gli ospedali dimettono adulti e soprattutto anziani
malati cronici non autosufficienti anche nei casi in cui il soggetto non viene
accolto e curato dai propri congiunti.
Molto spesso
sono proprio gli assistenti sociali che provvedono ad informare i pazienti e/o
i congiunti in merito alle dimissioni.
Anche in
questo caso le informazioni fornite sono false. Infatti le leggi vigenti (ad
esempio le seguenti: 692/1955, 132/1968, 386/1974, 180 e 833/1978 e il DPR 1
marzo 1994 "Approvazione del piano sanitario per il triennio
1994-1996") impongono al Servizio sanitario nazionale di garantire le
necessarie cure ai pazienti acuti e cronici senza limiti di durata, come
confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione 1015011996.
In
particolare, ai sensi dell'art. 41 della legge 13211968, ancora vigente,
l'ordinamento interno degli ospedali deve disciplinare «l'ammissione e la
dimissione degli infermi ispirandosi al principio dell'obbligatorietà del
ricovero nel caso in cui ne sia accertata la necessità e della possibilità di
ricorso da parte dell'infermo».
La
possibilità di ricorso da parte dell'infermo è inoltre prevista dall'art. 4
della legge 23.10.1985 n. 595 e dall'art. 14 del decreto legislativo 30.12.1992
n. 502;
7.
infine questo Comitato prega gli Ordini degli assistenti sociali di invitare i
propri iscritti a comportamenti rispettosi della dignità degli utenti e delle
leggi vigenti.
Quale
esempio di comportamento arrogante, speriamo anomalo, uniamo l'integrale
riproduzione della lettera inviata dall'assistente sociale F.L. di una U.S.L.
della Toscana al Sig. G.M. in data 5 novembre 1997.
Riproduzione
integrale della lettera inviata dall'assistente sociale F.L. al Sig. G.M. in
data 5 novembre 1997
Questo
servizio sociale competente per territorio, comunica che la signora in oggetto
è stata inserita presso la casa di riposo ...... in data ......, per dimissione
dalla struttura Ospedaliera e su richiesta scritta del figlio signor M.G.,
rilasciata in data ...... di cui si conserva copia in cartella individuale.
Tale ricovero in struttura protetta, è avvenuto tenendo presente la sua
dimissione ospedaliera ed il figlio G., presso il quale era domiciliata, sia a
colloquio col servizio sociale che nella lettera sopra menzionata, sosteneva
di non essere materialmente disponibile per una assistenza continua della
madre. II servizio sociale al momento del colloquio col figlio signor M., ha
comunicato verbalmente la procedura relativa al ricovero della madre, facendo
presente le modalità stabilite dal regolamento di questa Azienda USL relativo
ai ricoveri che specifica l'eventuale compartecipazione da parte dell'anziano
e dei famigliari per la quota sociale in base al reddito ed a quanto citato
dal Codice Civile art. 433 (obbligo agli alimenti). Visto che codesto figlio ha
presentato al servizio sociale i documenti richiesti, vista la sua domanda di
istituzionalizzazione, gli operatori hanno inoltrato la pratica all'Ufficio dei
Direttori dell'Azienda ed al momento della dimissione ospedaliera l'anziana è
stata collocata presso la struttura protetta, ove c'era disponibilità di posto
letto. Qualora il figlio non ritenesse idoneo l'istituto in cui è ospite la
madre e di cui era a conoscenza al momento del ricovero, può di sua libera
iniziativa tenerla presso la sua abitazione (soluzione propostagli dal
servizio e non accettata anche con aiuti esterni, es. Ass.za domiciliare) o
indirizzarla in altro istituto di sua fiducia, tenendo presente che la retta di
parte sociale, se la struttura è convenzionata, sarà sempre e comunque in parte
a suo carico, oltre a quella dell'anziana. In caso che la nuova struttura sia
privata, la retta sarà a totale suo carico.
Infine si
ricorda che la "presa in carico" della situazione della signora P. è
curata dal Distretto di F. c/o ospedale civile, assistente sociale F.L. tel.
...... la quale è disponibile ad eventuali incontri per chiarimenti e
suggerimenti del caso.
Distinti
saluti
Ass.te
soc.le F.L.
Risposta della
Presidente del Consiglio nazionale degli Assistenti sociali del 10.2.1998
Si riscontra
la Vostra nota in oggetto per esprimere la perplessità ed il vivo
rincrescimento suscitato dal suo contenuto soprattutto nelle parti in cui con
estrema superficialità e con frasi e termini assolutamente inaccettabili
vengono attribuite agli Assistenti Sociali responsabilità inesistenti e
comunque ad essi eventualmente non addebitabili.
Si respinge
innanzitutto con fermezza il generico addebito agli Assistenti Sociali di
fornire informazioni «false», di richiedere «informazioni su argomenti degli
assistiti violando in tal modo le disposizioni della legge 31.12.1996 n. 675»,
o di tenere «comportamenti arroganti». Tale addebito - a sostegno del quale
non si riscontra alcun concreto elemento neppure nella Vostra nota - si traduce
in un gratuito, incongruo e, sia consentito, poco corretto attacco agli
assistenti sociali che non trova alcune giustificazione.
Dal contesto
stesso della Vostra nota emerge chiaramente che le informazioni che sarebbero
state fornite da assistenti sociali (dei quali sarebbe stato più corretto da
parte Vostra indicare gli eventuali nomi e cognomi anche per assumerVi le conseguenti
responsabilità), da Voi evidenziate con tanto ingiustificato clamore,
rientrano nei doveri di informativa degli utenti sui regolamenti degli Enti
erogatori di servizi in base alla specifica normativa regolamentare di
ciascuno di essi.
Che poi tale
normativa regolamentare possa essere incongrua e perfino ormai illegittima e
debba essere modificata ed adeguata alla legislazione generale dovrebbe
costituire oggetto di una civile battaglia che trova concorde la categoria
degli assistenti sociali e l'Ordine scrivente, ma che non può essere condotta
con metodi e, soprattutto con attacchi, espressioni e linguaggio assolutamente
inaccettabili.
II Consiglio
nazionale dell'Ordine pertanto non ha ritenuto di ravvisare nella Vostra nota
alcun elemento che possa giustificare iniziative di carattere disciplinare o
di altra natura; nel contempo, a tutela dell'onorabilità degli assistenti
sociali e del prestigio della professione non può esimersi dal farVi rilevare
che le Vostre accuse, nella forma e nella sostanza in cui sono espresse,
potrebbero assumere rilevanza in sedi più appropriate.
Si vuole
comunque esprimere l'auspicio di una opportuna rimeditazione da parte Vostra in
termini che si resta in attesa di conoscere.
Replica del
CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti del 16.2.1998
Nella lettera da noi indirizzata il 2 dicembre 1997 a
Lei e ai Presidenti dei Consigli regionali dell'Ordine degli Assistenti
sociali, tenuto conto della gravità delle violazioni di diritti fondamentali
dei cittadini e della loro estensione praticamente su tutto il territorio
italiano, non abbiamo ritenuto opportuno, né lo riteniamo ora, di chiedere ai
singoli operatori di assumere iniziative
personali nei confronti degli enti pubblici d'appartenenza anche per il fatto
che non si tratta di questioni risolvibili a livello individuale.
Nello stesso tempo non abbiamo
pensato, né pensiamo, che le false informazioni fornite dagli operatori, e in
particolare dagli assistenti sociali, rientrino, come Lei scrive «nei doveri di
informativa degli utenti sui regolamenti degli Enti erogatori dei servizi in
base alla specifica normativa regolamentare di ciascuno di essi», in quanto
gli operatori stessi non possono non far riferimento prioritario alle leggi
vigenti dello Stato, leggi che:
- non consentono agli enti
pubblici di esigere contributi economici dai parenti tenuti agli alimenti e,
tanto meno, di determinarne l'importo;
- impongono a tutti i cittadini e
in particolare agli operatori sociali di rispettare le norme vigenti in materia
di richiesta, conservazione e uso di dati personali non indispensabili allo
svolgimento delle attività della pubblica amministrazione (v. la pretesa dei
nominativi dei parenti degli assistiti e l'imposizione agli stessi di segnalare
i loro redditi a Comuni; Province e USL, nonché la comunicazione ai suddetti
parenti delle difficoltà economiche del loro congiunto);
- obbligano il Servizio sanitario
nazionale a curare senza limiti di durata i malati, compresi gli anziani
cronici non autosufficienti.
Ciò premesso ripresentiamo
l'istanza presentata nella nostra documentata lettera del 2 novembre 1997 (i
cui contenuti non sono stati da Lei contestati), di urgenti iniziative
concrete da parte dei Consigli nazionale e regionali dell'Ordine degli
assistenti sociali, al fine che gli assistenti sociali stessi forniscano
informazioni conformi alle norme delle leggi vigenti, informazioni
indispensabili perché i cittadini possano ottenere il rispetto dei diritti loro
riconosciuti dallo Stato e per evitare pagamenti, a volte rilevanti, oggi
illegittimamente pretesi dagli enti pubblici.
Un positivo intervento
dell'Ordine degli assistenti sociali del Piemonte
II CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti
ha segnalato il 20 dicembre 1996 al Presidente dell'Ordine degli assistenti
sociali del Piemonte che il servizio sociale dell'ex USSL 34 «si è permesso di indirizzare al padre di una assistita, una richiesta di integrazione retta, fatta a nome e per conto dell'assistita
stessa. Risulta che l'assistita, a causa della gravità delle sue condizioni,
non è assolutamente in grado di esprimersi. Si evince pertanto che si tratta di
un falso. Nella suddetta lettera è, inoltre, scritto che “le vigenti disposizioni
in materia di assistenza prevedono l'applicazione dell'art. 433 del codice civile che determina
i parenti tenuti agli alimenti”; espressione
che viene usata impropriamente per pretendere contributi dai parenti.
Questa richiesta è certamente arbitraria, come risulta sia dalla risposta fornita
in data 7 marzo 1996 dall'Assessore regionale all'assistenza all'interrogazione
presentata dal Consigliere Rubatto, sia
dalla presentazione da parte della Giunta regionale del disegno di legge
n. 169, sia dall'attenta lettura dell'art. 438 del C. C. che afferma che solo l'interessato può richiedere
gli alimenti ai parenti».
Nella stessa lettera era inoltre
precisato che «quasi tutti gli assistenti sociali, pur essendo a conoscenza che gli enti pubblici non possono pretendere contributi dai parenti di assistiti maggiorenni, lo fanno segnalando ai congiunti la situazione economica della persona che si è rivolta ai
servizi per chiedere assistenza, richiedendo
notizie sulle loro condizioni finanziarie e
pretendendo la consegna di documentazione (740, 101, 201, ricevute varie). In
certi casi vengono addirittura scritte
relazioni su aspetti privati della vita familiare».
A seguito del suddetto esposto,
il Presidente dell'Ordine degli assistenti sociali del Piemonte ha trasmesso il
testo della lettera che viene inviata alle famiglie delle persone handicappate,
il cui testo è il seguente: «Il Consorzio
intercomunale
di servizi, a seguito degli incontri effettuati con il Coordinamento sanità e assistenza
fra i movimenti di base in relazione
ai soggetti ospiti di strutture
residenziali, ritiene opportuno modificare la propria procedura operativa.
«Per tutti i disabili ospiti di strutture
residenziali per i quali il Consorzio intercomunale provvede al pagamento della retta, si chiede
di versare unicamente il reddito del soggetto ospite, lasciando alla famiglia la facoltà
di integrare con un'ulteriore quota.
«Pertanto, per la determinazione della quota a carico dell'ospite, si richiede di produrre la documentazione che
comprovi la situazione patrimoniale di suo
figlio/tutelato e nello specifico: pensioni di cui è titolare, indennità di
accompagnamento, proprietà di beni mobili
ed immobili, altri eventuali redditi (rendite, investimenti, ecc.).
«Si precisa che dovrà essere prodotta la sopraddetta documentazione
relativa agli anni 1996-1997 entro e non
oltre il 15.09.97, mediante trasmissione o consegna al servizio sociale dell'unità operativa
territorialmente competente. Potranno essere
segnalate e documentate eventuali specifiche
esigenze di suo figlio/tutelato, onde conteggiare
correttamente la quota di piccole spese da lasciare all'ospite. Nel caso in cui la famiglia desideri integrare ulteriormente, può produrre a parte idoneo
impegno di versamento. La quota a carico del soggetto ospite verrà comunicata a
seguito della presentazione della documentazione
e la stessa dovrà essere regolarmente
versata al Consorzio intercomunale. Gli
eventuali versamenti già effettuati nel corso degli anni 1996 e 1997 dovranno essere opportunamente documentati».
Anche se non ci sembra
giustificabile il richiamo alla facoltà della famiglia di integrare la retta
con un'ulteriore quota (richiamo mai contenuto nelle richieste di versamento
agli enti pubblici per le tasse, gli affitti e altro), è positivo il fatto che -
finalmente - si riconosca che in base alle leggi vigenti i parenti degli
assistiti maggiorenni non sono tenuti a versare alcun contributo economico.
www.fondazionepromozionesociale.it