Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

ILLEGITTIMI COMPORTAMENTI DEGLI ASSISTENTI SOCIALI

 

Pubblichiamo la lettera che il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti ha inviato in data 2 dicembre 1997 ai Presidenti dei Consigli nazionale e regionali degli Ordini degli assistenti sociali, la rispo­sta datata 10 febbraio 1998 dell'Ass. Soc. Paola Rossi, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine e la replica del CSA del 16 febbraio 1998.

1. Lettera del CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti del 2 dicembre 1997

Con la presente portiamo a Vostra conoscenza alcune gravissime situazioni con la speranza che vogliate assumere le necessarie urgenti iniziative:

1. gli assistenti sociali continuano a fornire false informazioni asserendo, contrariamente al vero, che gli enti pubblici possono pretendere contributi eco­nomici dai parenti di assistiti maggiorenni. Questa pretesa è infondata, come risulta dalle note del Direttore generale del Ministero dell'interno del 27 dicembre 1993, prot. 12287/70 e del Capo dell'Ufficio legislativo del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1/H/795, del 28 otto­bre 1995, prot. DAS/13811/1/H/795 e del 29 luglio 1997 prot. DAS/247/UU1/H/795, dal parere fornito in data 18 settembre 1996, prot. 2667/1.3.16 dal Direttore del Servizio degli affari giuridici della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla rispo­sta fornita dall'Assessore all'assistenza della Regione Piemonte in data 7 marzo 1996 ad una interrogazione, dai provvedimenti assunti dal CORECO di Torino in data 13 dicembre 1995 n. 36002, 1 ° agosto 1996, n. 11004/96 bis e 31 luglio 1997 n. 9152/97 bis e dalla sentenza della Prima Sezione civile del Tribunale di Verona del 16 marzo 1996, pubblicata sul n. 1/1997 di "Famiglia e diritto". Infatti, in base alle leggi vigenti, gli alimenti possono essere richiesti SOLO da chi versa in stato di biso­gno (cfr. l'art. 438 del codice civile) o dal suo tutore; non esistono leggi che consentano agli enti pubblici di sostituirsi alla persona avente diritto agli alimenti;

2. la illegittimità della suddetta pretesa è ancora più grave ove si consideri che l'ente pubblico non solo si arroga un diritto che non ha, ma pretende anche di determinare l'importo che dovrebbe essere versato dai congiunti, arrivando addirittura a sosti­tuirsi al giudice. Infatti il 3° comma dell'art. 441 del codice civile stabilisce quanto segue: «Se gli obbli­gati non sono concordi sulla misura, sulla distribu­zione e sul modo di somministrazione degli alimen­ti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le circo­stanze»;

3. rispettando le norme vigenti, i competenti orga­ni centrali dello Stato, per la concessione delle pen­sioni sociali e di invalidità e per l'integrazione al minimo delle pensioni INPS, non hanno mai tenuto conto dei redditi dei parenti;

4. nel dare attuazione alle illegittime richieste degli enti pubblici di cui ai precedenti punti 1 e 2 (fatto che comporta per i cittadini ignari dei loro diritti l'esborso anche di parecchi milioni per il periodo di ricovero del loro congiunto), gli assistenti sociali richiedono informazioni sui congiunti degli assistiti, violando in tal modo le disposizioni della legge 31 dicembre 1996 n. 675, che vieta la richiesta, la conservazione e l'uso dei dati personali non indispensabili allo svolgimento delle attività della pubblica amministra­zione, prevedendo anche sanzioni penali;

5. richiedendo ai congiunti di un assistito maggio­renne di presentare la propria situazione economi­ca, l'ente pubblico e gli assistenti sociali compiono due gravissime violazioni in quanto non rispettano la riservatezza personale e familiare:

a) di coloro che richiedono l'assistenza. Infatti ai congiunti viene segnalata la loro incapacità econo­mica a provvedere da se stessi alle proprie esigen­ze (redditi insufficienti per garantire il minimo indi­spensabile per vivere oppure per corrispondere la retta di ricovero in istituti, ecc.)­

b) dei parenti stessi, ai quali viene richiesto di segnalare le proprie condizioni finanziarie.

È un abuso preoccupante non solo sotto il profilo della legittimità, in quanto si tratta di interferenze non consentite dalle leggi vigenti, ma anche per quanto concerne la deontologia professionale dei dirigenti, degli operatori, in particolare degli assi­stenti sociali;

6. con preoccupante frequenza gli ospedali dimet­tono adulti e soprattutto anziani malati cronici non autosufficienti anche nei casi in cui il soggetto non viene accolto e curato dai propri congiunti.

Molto spesso sono proprio gli assistenti sociali che provvedono ad informare i pazienti e/o i congiunti in merito alle dimissioni.

Anche in questo caso le informazioni fornite sono false. Infatti le leggi vigenti (ad esempio le seguenti: 692/1955, 132/1968, 386/1974, 180 e 833/1978 e il DPR 1 marzo 1994 "Approvazione del piano sanita­rio per il triennio 1994-1996") impongono al Servizio sanitario nazionale di garantire le necessarie cure ai pazienti acuti e cronici senza limiti di durata, come confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione 1015011996.

In particolare, ai sensi dell'art. 41 della legge 13211968, ancora vigente, l'ordinamento interno degli ospedali deve disciplinare «l'ammissione e la dimissione degli infermi ispirandosi al principio del­l'obbligatorietà del ricovero nel caso in cui ne sia accertata la necessità e della possibilità di ricorso da parte dell'infermo».

La possibilità di ricorso da parte dell'infermo è inoltre prevista dall'art. 4 della legge 23.10.1985 n. 595 e dall'art. 14 del decreto legislativo 30.12.1992 n. 502;

7. infine questo Comitato prega gli Ordini degli assistenti sociali di invitare i propri iscritti a compor­tamenti rispettosi della dignità degli utenti e delle leggi vigenti.

Quale esempio di comportamento arrogante, spe­riamo anomalo, uniamo l'integrale riproduzione della lettera inviata dall'assistente sociale F.L. di una U.S.L. della Toscana al Sig. G.M. in data 5 novembre 1997.

 

Riproduzione integrale della lettera inviata dall'assi­stente sociale F.L. al Sig. G.M. in data 5 novembre 1997

 

Questo servizio sociale competente per territorio, comunica che la signora in oggetto è stata inserita presso la casa di riposo ...... in data ......, per dimis­sione dalla struttura Ospedaliera e su richiesta scrit­ta del figlio signor M.G., rilasciata in data ...... di cui si conserva copia in cartella individuale. Tale ricove­ro in struttura protetta, è avvenuto tenendo presen­te la sua dimissione ospedaliera ed il figlio G., pres­so il quale era domiciliata, sia a colloquio col servi­zio sociale che nella lettera sopra menzionata, sosteneva di non essere materialmente disponibile per una assistenza continua della madre. II servizio sociale al momento del colloquio col figlio signor M., ha comunicato verbalmente la procedura relativa al ricovero della madre, facendo presente le modalità stabilite dal regolamento di questa Azienda USL relativo ai ricoveri che specifica l'eventuale compar­tecipazione da parte dell'anziano e dei famigliari per la quota sociale in base al reddito ed a quanto cita­to dal Codice Civile art. 433 (obbligo agli alimenti). Visto che codesto figlio ha presentato al servizio sociale i documenti richiesti, vista la sua domanda di istituzionalizzazione, gli operatori hanno inoltrato la pratica all'Ufficio dei Direttori dell'Azienda ed al momento della dimissione ospedaliera l'anziana è stata collocata presso la struttura protetta, ove c'era disponibilità di posto letto. Qualora il figlio non rite­nesse idoneo l'istituto in cui è ospite la madre e di cui era a conoscenza al momento del ricovero, può di sua libera iniziativa tenerla presso la sua abita­zione (soluzione propostagli dal servizio e non accettata anche con aiuti esterni, es. Ass.za domici­liare) o indirizzarla in altro istituto di sua fiducia, tenendo presente che la retta di parte sociale, se la struttura è convenzionata, sarà sempre e comunque in parte a suo carico, oltre a quella dell'anziana. In caso che la nuova struttura sia privata, la retta sarà a totale suo carico.

Infine si ricorda che la "presa in carico" della situa­zione della signora P. è curata dal Distretto di F. c/o ospedale civile, assistente sociale F.L. tel. ...... la quale è disponibile ad eventuali incontri per chiari­menti e suggerimenti del caso.

Distinti saluti

                                                Ass.te soc.le F.L.

 

 

Risposta della Presidente del Consiglio nazionale degli Assistenti sociali del 10.2.1998

 

Si riscontra la Vostra nota in oggetto per esprime­re la perplessità ed il vivo rincrescimento suscitato dal suo contenuto soprattutto nelle parti in cui con estrema superficialità e con frasi e termini assoluta­mente inaccettabili vengono attribuite agli Assistenti Sociali responsabilità inesistenti e comunque ad essi eventualmente non addebitabili.

Si respinge innanzitutto con fermezza il generico addebito agli Assistenti Sociali di fornire informazioni «false», di richiedere «informazioni su argomenti degli assistiti violando in tal modo le disposizioni della legge 31.12.1996 n. 675», o di tenere «com­portamenti arroganti». Tale addebito - a sostegno del quale non si riscontra alcun concreto elemento neppure nella Vostra nota - si traduce in un gratuito, incongruo e, sia consentito, poco corretto attacco agli assistenti sociali che non trova alcune giustifica­zione.

Dal contesto stesso della Vostra nota emerge chia­ramente che le informazioni che sarebbero state for­nite da assistenti sociali (dei quali sarebbe stato più corretto da parte Vostra indicare gli eventuali nomi e cognomi anche per assumerVi le conseguenti responsabilità), da Voi evidenziate con tanto ingiusti­ficato clamore, rientrano nei doveri di informativa degli utenti sui regolamenti degli Enti erogatori di ser­vizi in base alla specifica normativa regolamentare di ciascuno di essi.

Che poi tale normativa regolamentare possa esse­re incongrua e perfino ormai illegittima e debba esse­re modificata ed adeguata alla legislazione generale dovrebbe costituire oggetto di una civile battaglia che trova concorde la categoria degli assistenti sociali e l'Ordine scrivente, ma che non può essere condotta con metodi e, soprattutto con attacchi, espressioni e linguaggio assolutamente inaccettabili.

II Consiglio nazionale dell'Ordine pertanto non ha ritenuto di ravvisare nella Vostra nota alcun elemen­to che possa giustificare iniziative di carattere disci­plinare o di altra natura; nel contempo, a tutela del­l'onorabilità degli assistenti sociali e del prestigio della professione non può esimersi dal farVi rilevare che le Vostre accuse, nella forma e nella sostanza in cui sono espresse, potrebbero assumere rilevanza in sedi più appropriate.

Si vuole comunque esprimere l'auspicio di una opportuna rimeditazione da parte Vostra in termini che si resta in attesa di conoscere.

 

Replica del CSA - Comitato per la difesa dei dirit­ti degli assistiti del 16.2.1998

 

Nella lettera da noi indirizzata il 2 dicembre 1997 a Lei e ai Presidenti dei Consigli regionali dell'Ordine degli Assistenti sociali, tenuto conto della gravità delle violazioni di diritti fondamentali dei cittadini e della loro estensione praticamente su tutto il territorio italiano, non abbiamo ritenuto opportuno, né lo rite­niamo ora, di chiedere ai singoli operatori di assumere iniziative personali nei confronti degli enti pub­blici d'appartenenza anche per il fatto che non si trat­ta di questioni risolvibili a livello individuale.

Nello stesso tempo non abbiamo pensato, né pen­siamo, che le false informazioni fornite dagli opera­tori, e in particolare dagli assistenti sociali, rientrino, come Lei scrive «nei doveri di informativa degli uten­ti sui regolamenti degli Enti erogatori dei servizi in base alla specifica normativa regolamentare di cia­scuno di essi», in quanto gli operatori stessi non pos­sono non far riferimento prioritario alle leggi vigenti dello Stato, leggi che:

- non consentono agli enti pubblici di esigere con­tributi economici dai parenti tenuti agli alimenti e, tanto meno, di determinarne l'importo;

- impongono a tutti i cittadini e in particolare agli operatori sociali di rispettare le norme vigenti in materia di richiesta, conservazione e uso di dati per­sonali non indispensabili allo svolgimento delle atti­vità della pubblica amministrazione (v. la pretesa dei nominativi dei parenti degli assistiti e l'imposizione agli stessi di segnalare i loro redditi a Comuni; Province e USL, nonché la comunicazione ai sud­detti parenti delle difficoltà economiche del loro con­giunto);

- obbligano il Servizio sanitario nazionale a curare senza limiti di durata i malati, compresi gli anziani cronici non autosufficienti.

Ciò premesso ripresentiamo l'istanza presentata nella nostra documentata lettera del 2 novembre 1997 (i cui contenuti non sono stati da Lei contesta­ti), di urgenti iniziative concrete da parte dei Consigli nazionale e regionali dell'Ordine degli assistenti sociali, al fine che gli assistenti sociali stessi forni­scano informazioni conformi alle norme delle leggi vigenti, informazioni indispensabili perché i cittadini possano ottenere il rispetto dei diritti loro riconosciu­ti dallo Stato e per evitare pagamenti, a volte rile­vanti, oggi illegittimamente pretesi dagli enti pubblici.

 

Un positivo intervento dell'Ordine degli assistenti sociali del Piemonte

 

II CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assi­stiti ha segnalato il 20 dicembre 1996 al Presidente dell'Ordine degli assistenti sociali del Piemonte che il servizio sociale dell'ex USSL 34 «si è permesso di indirizzare al padre di una assistita, una richiesta di integrazione retta, fatta a nome e per conto dell'assi­stita stessa. Risulta che l'assistita, a causa della gra­vità delle sue condizioni, non è assolutamente in grado di esprimersi. Si evince pertanto che si tratta di un falso. Nella suddetta lettera è, inoltre, scritto che “le vigenti disposizioni in materia di assistenza pre­vedono l'applicazione dell'art. 433 del codice civile che determina i parenti tenuti agli alimenti”; espres­sione che viene usata impropriamente per pretende­re contributi dai parenti. Questa richiesta è certa­mente arbitraria, come risulta sia dalla risposta fornita in data 7 marzo 1996 dall'Assessore regionale all'assistenza all'interrogazione presentata dal Consigliere Rubatto, sia dalla presentazione da parte della Giunta regionale del disegno di legge n. 169, sia dall'attenta lettura dell'art. 438 del C. C. che afferma che solo l'interessato può richiedere gli ali­menti ai parenti».

Nella stessa lettera era inoltre precisato che «quasi tutti gli assistenti sociali, pur essendo a conoscenza che gli enti pubblici non possono pretendere contri­buti dai parenti di assistiti maggiorenni, lo fanno segnalando ai congiunti la situazione economica della persona che si è rivolta ai servizi per chiedere assistenza, richiedendo notizie sulle loro condizioni finanziarie e pretendendo la consegna di documen­tazione (740, 101, 201, ricevute varie). In certi casi vengono addirittura scritte relazioni su aspetti privati della vita familiare».

A seguito del suddetto esposto, il Presidente dell'Ordine degli assistenti sociali del Piemonte ha trasmesso il testo della lettera che viene inviata alle famiglie delle persone handicappate, il cui testo è il seguente: «Il Consorzio intercomunale di servizi, a seguito degli incontri effettuati con il Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base in rela­zione ai soggetti ospiti di strutture residenziali, ritiene opportuno modificare la propria procedura operativa.

«Per tutti i disabili ospiti di strutture residenziali per i quali il Consorzio intercomunale provvede al paga­mento della retta, si chiede di versare unicamente il reddito del soggetto ospite, lasciando alla famiglia la facoltà di integrare con un'ulteriore quota.

«Pertanto, per la determinazione della quota a carico dell'ospite, si richiede di produrre la documen­tazione che comprovi la situazione patrimoniale di suo figlio/tutelato e nello specifico: pensioni di cui è titolare, indennità di accompagnamento, proprietà di beni mobili ed immobili, altri eventuali redditi (rendi­te, investimenti, ecc.).

«Si precisa che dovrà essere prodotta la soprad­detta documentazione relativa agli anni 1996-1997 entro e non oltre il 15.09.97, mediante trasmissione o consegna al servizio sociale dell'unità operativa territorialmente competente. Potranno essere segnalate e documentate eventuali specifiche esi­genze di suo figlio/tutelato, onde conteggiare corret­tamente la quota di piccole spese da lasciare all'o­spite. Nel caso in cui la famiglia desideri integrare ulteriormente, può produrre a parte idoneo impegno di versamento. La quota a carico del soggetto ospite verrà comunicata a seguito della presentazione della documentazione e la stessa dovrà essere regolar­mente versata al Consorzio intercomunale. Gli even­tuali versamenti già effettuati nel corso degli anni 1996 e 1997 dovranno essere opportunamente documentati».

Anche se non ci sembra giustificabile il richiamo alla facoltà della famiglia di integrare la retta con un'ulteriore quota (richiamo mai contenuto nelle richieste di versamento agli enti pubblici per le tasse, gli affitti e altro), è positivo il fatto che - finalmente - si riconosca che in base alle leggi vigenti i parenti degli assistiti maggiorenni non sono tenuti a versare alcun contributo economico.

 

 

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