Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998

 

 

Notizie

 

 

FREQUENZA DEI CENTRI DIURNI PER HANDICAPPATI INTELLETTIVI: DISPOSIZIONI CORRETTE

 

II CISA, Consorzio intercomunale socio-assisten­ziale comprendente i Comuni di Nichelino, Vinovo, None e Candiolo, ha emanato in data 26 maggio 1997 una nota concernente le nuove disposizioni per i contributi relativi alla mensa ed ai trasporti dei centri diurni per handicappati intellettivi ultraquindi­cenni.

Esse stabiliscono che:

- il reddito da considerare è quello del soggetto frequentante il centro diurno e non quello dei fami­liari;

- l'indennità di accompagnamento non va conteg­giata nel reddito;

- vanno considerati i redditi da pensione di invali­dità, reversibilità e di altra natura, nonché quelli deri­vanti dal possesso di beni.

Coloro che hanno un reddito inferiore a 685.000 mensili (importo della pensione minima INPS) non sono tenuti a versare alcuna somma; qualora il red­dito sia compreso fra le 685.000 e 1 milione il costo di ciascun buono mensa è di L. 3.000 e quello del trasporto è di L. 20.000 mensili; se il reddito è supe­riore a L. 1 milione, il costo del buono è di L. 5.500 e l'addebito per il trasporto è di L. 25.000 mensili.

In ogni caso nessuna altra somma deve essere versata dall'interessanto (e tanto meno dai suoi parenti) per la frequenza del centro diurno per han­dicappati intellettivi.

 

 

LE CARTE DEI SERVIZI: UNA VUOTA ILLUSIONE

 

I rapporti fra i cittadini da un lato e, d'altro canto, il Governo, le Regioni, i Comuni, le Province, le USI - e gli altri enti pubblici sono - o più precisamente - dovrebbero essere guidati dai rispettivi doveri e dirit­ti.

Le leggi sono, com'è ovvio, lo strumento per imporre agli uni e agli altri i relativi obblighi.

È illusorio ritenere che le carte dei servizi siano uno strumento idoneo per risolvere nella realtà quo­tidiana le relazioni fra la popolazione e le istituzioni.

Difatti, qualora le norme contenute nelle carte dei servizi (sanitari, scolastici, assistenziali, ecc.) non siano rispettate dall'ente che le ha approvate, i citta­dini non hanno alcun diritto da far valere.

I diritti ed i doveri riguardano problemi molto seri, che non si risolvono con palliativi (carte dei servizi, interventi dei difensori civici anch'essi privi di poteri reali, linee guida, piani di zona e altri strumenti non risolutivi).

Se le istituzioni vogliono agire correttamente, occorre che approvino disposizioni con validi conte­nuti (e non scatole vuote come la legge quadro sul­l'handicap n. 104/1992). È, inoltre, necessario che siano previste concrete e percorribili (anche sul piano economico) possibilità di ricorso alla magi­stratura da parte delle persone che ritengano che i loro diritti siano stati violati.

Mentre le istituzioni hanno una molteplicità di stru­menti per colpire le inadempienze della popolazio­ne, i cittadini rispettosi della legge non possono attualmente chiamare in causa gli enti pubblici e pri­vati, se non con l'esborso di somme che certamen­te i più deboli non posseggono.

 

 

ELIMINATE LE POSSIBILITA’ DI INTERVENTO DEL VOLONTARIATO CONTRO

GLI ATTI ILLEGITTIMI DEGLI ENTI LOCALI

 

La legge 15 maggio 1997 n. 127 "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" ha limitato notevolmente le funzioni dei CORECO (Comitati regionali di controllo) in materia di accertamento preventivo della legittimità sugli atti degli enti locali.

Difatti il loro compito «si esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente, sui regolamenti, (...) sui bilan­ci annuali e pluriennali e relative variazioni, sul ren­diconto della gestione».

Pertanto i gruppi di volontariato non possono più agire per chiedere al CORECO di esaminare le deli­bere contenenti disposizioni illegittime, dato che i suddetti Comitati di controllo non hanno più compe­tenze in merito.

AI riguardo ricordiamo che il Coordinamento sanità e assistenza era intervenuto tre volte nei con­fronti del CORECO di Torino, ottenendo l'annulla­mento di altrettanti atti in cui era stabilito l'obbligo di contribuzione da parte dei parenti di assistiti mag­giorenni (1).

Resta confermato, anche in questo caso, che le forze politiche riconoscono al volontariato solo un ruolo subalterno.

Se così non fosse, e si trattasse di una dimenti­canza, il Parlamento dovrebbe consentire ai gruppi di volontariato di poter impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti delle Regioni, delle Province, delle USL e dei Comuni ritenuti illegittimi, senza essere obbligati a sostenere gli oneri (attualmente assai rilevanti) relativi alle spese del legale (il cui intervento è oggi obbligatorio) e di causa.

 

 

MOZIONE SULLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA

 

I partecipanti della 2ª Conferenza internazionale sul tema "La regolamentazione dell'assistenza infer­mieristica: formazione ed esercizio", svoltosi a Torino il 7-8 giugno 1997, hanno approvato, al ter­mine dei lavori, la seguente mozione conclusiva:

I partecipanti alla 2a Conferenza internazionale sull'educazione alla salute, la legislazione e la rego­lamentazione dell'assistenza infermieristica danno il loro caldo benvenuto alla nuova legislazione riguar­dante la professione infermieristica.

I partecipanti ritengono che tale legislazione, unita all'inserimento in ambito universitario della forma­zione infermieristica ed ostetrica, possa facilitare lo sviluppo delle potenzialità della professione nell'af­frontare i bisogni sanitari della popolazione che mutano, attraverso le molteplicità assistenziali e con tutti i gruppi di clienti.

La Conferenza accetta che la sfida per la profes­sione sia il garantire:

1. che il curriculum infermieristico sia esauriente, orientato verso la salute e l'assistenza primaria e diretto verso i bisogni che cambiano della popola­zione italiana;

2. che il nuovo curriculum sia diretto da infermieri e sviluppato da infermieri insegnanti adeguatamen­te preparati;

3. che tutti gli infermieri attualmente in servizio ricevano la preparazione adeguata per intraprende­re il nuovo ruolo indipendente in modo da poter for­nire un'assistenza adeguata in collaborazione con altre professioni sanitarie e con il pubblico;

4. che ci sia un numero sufficiente di infermieri leader ad ogni livello del sistema sanitario, nella for­mazione, nella pratica, nella dirigenza e nella politi­ca;

5. che il sistema di regolamentazione infermieristi­ca rifletta adeguatamente la nuova autonomia degli infermieri garantendo in tal modo la salvaguardia del pubblico.

 

Raccomandazioni derivanti dai punti di cui sopra:

 

1. venga intrapresa una valutazione del curriculum infermieristico al termine del primo corso a livello universitario;

2. si proceda ad una revisione dell'attuale sistema di regolamentazione provvedendo agli emendamen­ti così come identificati;

3. venga sviluppata una strategia per lo sviluppo di dirigenti infermieristici a livello regionale e nazio­nale per promuovere elevati standard di assistenza infermieristica, sicurezza del pubblico, sviluppo pro­fessionale ed autonomia infermieristica;

4. un infermiere dirigente venga designato a livel­lo ministeriale, in linea con gli altri Paesi europei;

5. vengano introdotti una serie di progetti pilota a livello clinico per valutare l'efficacia della pratica infermieristica.

L'Unità infermieristica dell'OMS Europa si impe­gna in questa sede a lavorare con il CESPI (Centro studi delle professioni infermieristiche) ed i Dipartimenti del Convegno italiano per il raggiungi­mento di tali obiettivi.

 

www.fondazionepromozionesociale.it