PER LA CREAZIONE DI UN NUOVO SETTORE: LA SICUREZZA
SOCIALE (1)
Purtroppo vi sono e vi saranno
chissà per quanto tempo ancora centinaia di migliaia di persone che, per poter
disporre di quanto è assolutamente indispensabile per vivere, devono ricevere
dallo Stato sovvenzioni economiche durante una parte o tutta la loro esistenza
(2).
Si tratta di coloro che non
possono né potranno mai lavorare a causa della gravità delle loro condizioni
psico-fisiche: handicappati intellettivi con ridotta o nulla autonomia, malati
psichiatrici gravi e gravissimi, altri soggetti colpiti da permanenti infermità
invalidanti. Inoltre, hanno l’esigenza di un continuo aiuto economico le
persone anziane che non beneficiano di alcuna pensione o perché non hanno
svolto attività retribuite (ad esempio le casalinghe) o hanno lavorato senza
che siano stati versati i contributi assicurativi.
Le somme erogate dallo Stato nel
1995 per prestazioni monetarie a carattere continuativo sono state le seguenti
(3):
– quasi 30 mila miliardi per l’integrazione
delle pensioni al minimo;
– 3.482 miliardi per le pensioni
e gli assegni sociali agli ultrasessantacinquenni;
– 1.724 miliardi per le pensioni
ai ciechi e ai sordomuti;
– 14.481 miliardi per le pensioni
agli invalidi civili, di cui 7.737 per le indennità di accompagnamento.
Scopo delle indennità di
accompagnamento e di comunicazione è la compensazione delle maggiori spese
sostenute dalle persone handicappate necessitanti dell’aiuto di terze persone
per il compimento degli atti quotidiani della vita. Pertanto, giustamente, le
suddette indennità sono versate indipendentemente dai beni e dai redditi dei
beneficiari.
Pensioni da fame alle persone prive di redditi e di patrimoni
Per quanto riguarda le varie
tipologie delle pensioni di cui abbiamo indicato gli importi a carico dello
Stato, esse dovrebbero avere attualmente (ma non sempre hanno!) la finalità di
assicurare l’occorrente per vivere alle persone prive dei necessari mezzi
economici. Non sempre hanno la suddetta finalità in quanto gli importi sono
ampiamente insufficienti e non garantiscono nemmeno la sopravvivenza a coloro
che non dispongono di altri redditi e di beni.
Ad esempio l’importo al 31
dicembre 1997 delle pensioni per gli invalidi e mutilati civili totali
impossibilitati quindi, a causa della gravità delle loro condizioni
psico-fisiche, a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua, era di L.
381.000 mensili per 13 mensilità. Alla stessa data era di L. 390.600 mensili
l’ammontare della pensione sociale erogata agli ultrasessantacinquenni senza
altri redditi e beni. Al 31 dicembre 1997 erano certamente insufficienti per
vivere anche gli importi delle pensioni minime INPS (L. 685.400 per 13
mensilità) e dell’assegno sociale (L. 498.200 per 13 mesi).
Assurdi privilegi pensionistici a favore di possessori di beni e di altri
redditi
Le pensioni integrate al minimo,
quelle per gli invalidi e gli assegni sociali non vengono erogate solamente a
coloro che non hanno le risorse occorrenti per vivere, ma anche ai cittadini
possessori di beni e di redditi non indifferenti (4).
Le tabelle 1, 2 e 3 che
riportiamo dimostrano senza ombra di dubbio che lo Stato eroga contributi
largamente insufficienti a coloro che non hanno mezzi di sorta, mentre è
generoso, a volte in misura notevole, con coloro che sono in grado di cavarsela
da soli.
La nostra proposta (5)
Preso atto delle assolutamente
ingiustificate disparità di trattamento, che favoriscono coloro che non hanno
alcun bisogno dell’aiuto della comunità, il sistema delle erogazioni monetarie
a carattere continuativo (ammontanti nel 1995 a circa 50 mila miliardi) deve, a
nostro avviso, essere radicalmente cambiato, anche e soprattutto allo scopo di
fornire il minimo necessario economico per vivere a coloro che non hanno alcuna
altra risorsa (redditi e beni) e che, a causa dell’età avanzata o della gravità delle loro situazioni
psico-fisiche, non sono assolutamente in grado di svolgere attività lavorative
retribuite e quindi nemmeno di provvedere autonomamente alle proprie esigenze:
questo settore potrebbe essere denominato “della sicurezza sociale”.
Il primo problema da risolvere è
la definizione dell’importo economico necessario per vivere. A nostro avviso il
minimo vitale per una persona sola potrebbe essere calcolato per il 1998 in non
meno di 12 milioni all’anno.
Va ricordato, come abbiamo già
scritto, che le indennità di accompagnamento e di comunicazione, dovrebbero
continuare ad essere erogate indipendentemente dai redditi e dai beni posseduti
quale compensazione delle maggiori spese sostenute dalle persone che a causa
del loro handicap, sono dipendenti da terzi per il compimento degli atti
quotidiani della vita.
Com’è ovvio, il loro importo
dovrebbe essere commisurato alla suddetta finalità. Si pensi, ad esempio, che
nel 1997 l’indennità di accompagnamento per gli handicappati a cui va garantita
una sorveglianza 24 ore su 24, che devono essere imboccati, vestiti,
accompagnati, che spesso sono incontinenti, era appena di 767.900 lire al mese,
mentre ai ciechi assoluti che svolgono una attività lavorativa retribuita, ed
hanno quindi esigenze nettamente inferiori ai soggetti prima indicati,
l’indennità di accompagnamento per il 1997 era di L. 1.056.750.
Ciò precisato, riteniamo che
risponda a criteri di vera giustizia il divieto di erogazione dell’integrazione
al minimo delle pensioni INPS, delle pensioni di invalidità e delle pensioni e
assegni sociali a coloro che dispongono di patrimoni mobiliari e immobiliari,
compresa la proprietà della casa di abitazione (6).
In questi casi è, a nostro avviso,
ingiustificato l’intervento dello Stato, che – ovviamente – non dovrebbe
assistere chi non ne ha bisogno, ma deve indirizzare le risorse disponibili
alle persone che sono prive dei mezzi indispensabili per vivere.
Chi è proprietario dell’alloggio
(o villa) in cui abita e non ha altri redditi, ha la possibilità di vendere la
nuda proprietà e riservare a sé e al coniuge (o ad altra persona convivente)
l’usufrutto della stessa abitazione vita natural durante.
Si potrebbe anche prevedere, come
stabilisce una deliberazione del Consiglio comunale di Torino del 1979, che
l’ente locale versi al proprietario di un alloggio privo di altri redditi un
contributo corrispondente (o anche superiore) al minimo vitale con l’impegno
del proprietario stesso di rimborsare le somme ricevute (ed i relativi
interessi) o al momento della risoluzione delle proprie difficoltà economiche o
in occasione della successione. Al fine di orientare tutte le risorse
disponibili ai meno abbienti, si dovrebbe tener conto di tutti i redditi percepiti,
nessuno escluso.
L’erogazione monetaria dello
Stato dovrebbe quindi consistere nella differenza fra il minimo vitale da noi
individuato in (almeno) 1 milione al mese, e l’ammontare dei reddti
dell’interessato. Pertanto, chi non possiede assolutamente nulla dovrebbe
ricevere 1 milione al mese; a chi ha un reddito di 800 mila lire dovrebbero
essere versate L. 200.000.
In sostanza, se ai falsi poveri
non venissero più erogati dallo Stato gli attuali assurdi sussidi di assistenza
(o più precisamente di beneficenza clientelare), ai poveri veri potrebbero
essere versati contributi economici di importo modesto ma molto probabilmente
sufficiente per vivere.
Anche allo scopo di ridurre in
tutta la misura del possibile il clientelismo e per assicurare l’uniformità
degli accertamenti, le competenze in materia di erogazioni monetarie a
carattere continuativo dovrebbe continuare ad essere affidata allo Stato,
preferibilmente ad un nuovo ministero per la previdenza, la sicurezza sociale e
l’assistenza.
Nelle commissioni decentrate
preposte alla individuazione degli aventi diritto dovrebbe essere prevista la
partecipazione degli enti locali. Tuttavia, considerati i negativi risultati
conseguiti, dovrebbero essere escluse le associazioni degli invalidi.
Ovviamente a ciascun cittadino dovrebbe essere riconosciuto il diritto di farsi
rappresentare da un esperto di sua fiducia.
(1) In questo articolo non è trattata la questione delle
pensioni di anzianità e di vecchiaia.
(2) È ovvio che le prestazioni economiche devono essere
integrate quasi sempre da interventi concernenti la sanità, l’abitazione, i
trasporti, ecc.
(3) Dati tratti da “La spesa per l’assistenza. Documento
di base n. 3 della Commissione Onofri per l’analisi delle compatibilità
macroeconomiche della spesa sociale”, redatto da F. Bimbi, P. Bosi, F. Ferrera
e C. Saraceno.
(4) Si osservi che, da informazioni fornite dall’INPS,
non vi sono pensionati, invalidi compresi, che abbiano denunciato il possesso
di beni mobili quali BOT, CCT, BTP, fondi comuni e altri investimenti. Non
risulta, inoltre, che vengano effettuati dall’INPS controlli sistematici.
(5) La nostra proposta è riferita alle persone sole. Come
è noto, vi sono apposite scale di equivalenza per determinare il livello del
minimo vitale in relazione al numero dei componenti il nucleo familiare.
(6) Per
quanto riguarda la rilevazione dei patrimoni, in assenza di altri strumenti, si
potrebbe ricorrere all’autocertificazione. Ricordiamo, tuttavia, che in
Svizzera i contribuenti devono denunciare al fisco non solo i redditi, ma anche
tutti i beni immobili e mobili posseduti (alloggi, negozi, terreni, azioni,
obbligazioni, metalli presiozi, oggetti d’arte e di valore, ecc.) . Cfr. “Come
viene fatta la dichiarazione dei redditi e dei beni in Svizzera” in Prospettive assistenziali, n. 118,
aprile-giugno 1997.
Tabella 1 - Trattamento
minimo delle pensioni INPS per il 1997: due casi limite.
Pensionato Proprietario Altri patrimoni Importo reddito Pensione
annua Integrazione al Importo annuo
di vecchiaia della
casa immobiliari familiare conseguita in base minimo
annua disponibilità
in cui abita posseduti annuo ai contributi versata dal- economiche
versati
all’INPS l’INPS nel 1997 complessive
Signor A no nessuno zero L. 2.400.000 L. 6.150.200 L. 8.910.200
Signor B Appartamento Alcuni alloggi L.
34.910.000
del
valore di per un importo 26 milioni L. 2.400.000 L.
6.510.200 oltre a beni immo-
L.
500 milioni di L. 1 miliardo biliari
del valore
di 1,5 miliardi
Ai fini dell’integrazione
al minimo:
1. ‑per le pensioni con decorrenza anteriore al 1994, si tiene
conto soltanto dei redditi del pensionato. L’integrazione è intera se il
reddito è inferiore (1997) a L. 8.910.200; è ridotta se il reddito è compreso
fra L. 8.910.201 e 17.820.399. Non spetta nessuna integrazione se il reddito è
superiore a L. 17.820.400;
2. ‑per le pensioni con decorrenza nell’anno 1994, si tiene
conto sia dei redditi del titolare, sia dei redditi cumulati con quelli del
coniuge. Essi devono essere inferiori a cinque volte l’importo annuo della
pensione minima. Pertanto l’integrazione è intera se il reddito cumulato, per
il 1997, è inferiore a L. 35.640.800; è ridotta se il reddito è compreso fra L.
35.640.801 e L. 44.550.999. Non spetta alcuna integrazione se il reddito è
superiore a L. 44.551.000;
3. ‑per le pensioni con decorrenza dal 1995 in poi, il limite di
reddito cumulato con il coniuge è pari a quattro volte la pensione minima INPS.
Pertanto l’integrazione è intera se il reddito è inferiore a L. 26.730.600; è
ridotta se il reddito è compreso fra L. 26.730.601 e L. 35.640.799. Non spetta
alcuna integrazione se il reddito è superiore a L. 35.640.800.
Dal calcolo dei redditi
sono esclusi:
– i redditi esenti da
IRPEF (pensioni di guerra, rendite INAIL, pensioni degli invalidi civili,
ecc.);
– i trattamenti di fine
rapporto e le relative anticipazioni;
– il reddito della casa
di proprietà in cui si abita;
– gli arretrati
sottoposti a tassazione separata;
– l’importo della
pensione da integrare al minimo.
La recente legge di
riforma delle pensioni esclude che si applichi ancora il beneficio della
integrazione al trattamento minimo nel caso di pensione contributiva. Chi ha
iniziato a lavorare per la prima volta dopo il 1° gennaio 1996 non può più
avere la pensione al minimo: la rendita è rapportata ai contributi versati,
senza alcuna integrazione.
Tabella 2 - Assegno sociale:
due casi limite.
Titolare di Proprietario Altri patrimoni Importo reddito Importo annuo (1997) Importo annuo
assegno sociale della
casa immobiliari coniugale dell’assegno disponibilità eco-
in cui abita posseduti annuo sociale miche complessive
Signor A no nessuno zero L. 6.477.250 L. 6.477.250
Signor B Alloggio del valore Altri due alloggi del L.
12.954.500
di
200 milioni valore di 300 milioni L. 10 milioni L. 2.954.500 oltre
a beni immobili
del
valore di 500 milioni
Ai fini dell’erogazione
dell’assegno sociale non costituiscono reddito:
– i trattamenti di fine
rapporto e le anticipazioni sugli stessi;
– le competenze arretrate
soggette a tassazione separata;
– il proprio assegno
sociale;
– la casa di proprietà in
cui si abita;
– ‑la pensione
liquidata, secondo il sistema contributivo, per un importo pari ad 1/3 della
pensione stessa e comunque non oltre 1/3 dell’assegno sociale;
– i trattamenti di
famiglia;
– ‑le indennità di
accompagnamento di ogni tipo, gli assegni per l’assistenza personale
continuativa erogati dall’INAIL nei casi di invalidità permanente assoluta, gli
assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’INPS ai
pensionati per inabilità;
– l’indennità di
comunicazione per i sordomuti;
– l’assegno vitalizio
pagato agli ex combattenti della guerra 1915-1918 e precedenti.
Tabella 3 - Assegno (o
pensione) sociale agli invalidi civili ultrasessantacinquenni.
Invalido Proprietario Altri patrimoni Importo reddito Importo annuo (1997) Importo annuo
civile totale della
casa immobiliari personale dell’assegno disponibilità eco-
in cui abita posseduti annuo sociale miche complessive
Signor A no nessuno zero L. 6.477.250 L. 6.477.250
Signor B Alloggio del valore Altri due alloggi del L.
20.477.250
di
300 milioni valore complessivo L. 14 milioni L. 6.477.250 oltre
a beni immobili
di
L. 300 milioni del
valore di 600 milioni
– ‑L’assegno
sociale viene erogato solo agli invalidi civili che hanno raggiunto i 65 anni
dopo il 1° gennaio 1996. Agli altri viene erogata la pensione sociale il cui
importo annuo nel 1997 è stato di L. 5.077.800.
– ‑Agli invalidi
civili di età inferiore ai 65 anni, l’importo annuo complessivo della pensione
è stato nel 1997 di L. 4.960.800.
– ‑Per le pensioni
di invalidità civile si tiene conto esclusivamente dei redditi dell’interessato
e mai di quelli del coniuge o di altri familiari. Il limite di reddito annuo
nel 1997 era di L. 22.310.775. Nel calcolo non si tiene conto dei patrimoni
dell’interessato, ma solo dei loro redditi, esclusa la casa di abitazione di
proprietà dell’invalido.
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