Prospettive assistenziali, n. 121, gennaio-marzo 1998

 

 

UN OPPORTUNO RIPENSAMENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ADOZIONE INTERNAZIONALE

 

Nel n. 115, luglio-settembre 1996 di Prospettive assistenziali avevamo criticato la sentenza della Corte costituzionale n. 303/1996, in quanto aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della legge 184/1983 «nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età di uno dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore».

La sentenza suddetta si dovrebbe applicare esclusivamente per i minori stranieri, in quanto per i fanciulli italiani vi sono circa 20 domande di adozione per ciascun bambino adottabile; pertanto i giudici, agendo veramente nell’interesse degli adottandi, li dovrebbero affidare, ovviamente se in possesso delle necessarie capacità educative, a coniugi giovani in modo che gli adottati possano «beneficiare in tutta la misura del prevedibile, dell’appoggio di entrambi i genitori fino al momento del loro autonomo inserimento lavorativo e sociale, inserimento che sempre più spesso si realizza in modo definitivo non prima dei 25-30 anni (frequenza dell’Università, assolvimento del servizio militare o civile da parte dei maschi, fine del lavoro precario, ecc.). In base alle norme vigenti, i neonati che sono adottati da coniugi quarantenni (come massima differenza di età) raggiungono l’autonomia quando i genitori hanno 65-70 anni. Quindi, tenuto anche conto che la vita media degli uomini è di 73 anni e della donna di 79, a nostro avviso, la differenza massima di età di 40 anni è un limite già fin troppo elevato» (1).

Per quanto riguarda i minori stranieri (2), avevamo osservato che nella sentenza 303/1996 la Corte costituzionale non aveva tenuto conto «che, in base alle norme vigenti, per l’adozione dei fanciulli stranieri il giudice italiano non interviene, né può intervenire per l’abbinamento, ma è per forza di cose chiamato a pronunciarsi solo dopo che il minore è già stato accolto – magari da un lungo periodo – dagli adottanti. In questi casi il giudice non può compiere nessuno degli accertamenti indicati dalla Corte costituzionale: il Tribunale per i minorenni può solo decidere se lasciare quel bambino dov’è, oppure se allontanarlo. Non ci sono altre possibilità».

Con l’attuale sentenza (3) la Corte costituzionale ha corretto, per quanto le era possibile, il grave errore compiuto in precedenza.

Infatti, ha riconosciuto che il giudizio di idoneità dei coniugi per l’adozione internazionale «non è correlato ad un minore già individuato, in quanto esso precede il provvedimento d’adozione o di affidamento preadottivo (...). Perché sia tutelato in modo efficace il preminente interesse del minore, le caratteristiche della famiglia adottante, rilevanti per il giudizio di adozione, devono essere rese note perché possano essere tenute presenti dall’autorità straniera che emana il provvedimento di adozione o di affidamento preadottivo».

Ne consegue che «il provvedimento preliminare con il quale il Tribunale per i minorenni accerta l’idoneità dei coniugi alla adozione può, dunque, enunciare, nell’interesse del minore, ogni elemento utile perché l’idoneità sia poi apprezzata in relazione allo specifico minore da adottare».

La Corte costituzionale, infine, ha stabilito che il provvedimento del Tribunale per i minorenni può «precisare e rendere esplicite le caratteristiche della famiglia di accoglienza e, correlativamente, quelle del minore o dei minori dei quali i coniugi aspiranti all’adozione possono prendersi cura. Tali caratteristiche comprendono quelle rilevanti per la disciplina relativa al divario di età tra gli adottanti ed il minore, che l’ordinamento italiano prevede perché, nell’interesse di quest’ultimo, possa essere pronunciata l’adozione».

Pertanto, i Tribunali per i minorenni hanno ampie possibilità di tutela preventiva del futuro dei minori: a nostro avviso possono non solo ribadire il rispetto della differenza massima di età (40 anni), ma anche, per validi motivi, definire un divario inferiore. Riteniamo, altresì, che i Tribunali per i minorenni possano indicare, fra le caratteristiche dei minori, anche il loro limite massimo di età.

 

(1) Cfr. “Adozione: la pessima sentenza della Corte costituzionale e le preoccupanti proposte di legge Guidi e Melandri”, Prospettive assistenziali, n. 115, luglio-settembre 1996. Le nostre critiche sono state condivise da altri. Cfr. al riguardo “Un’altra presa di posizione contraria alla sentenza 303/1996 della Corte costituzionale sull’adozione”, ibidem, n. 116.

(2) Le domande di adozione nazionale giacenti al 31 dicembre 1996 erano 20.000; le dichiarazioni di adottabilità pronunciate nello stesso anno sono state 1.359. Per quanto riguarda le adozioni internazionali le richieste per ottenere l’idoneità giacenti al 31 dicembre 1996 erano 8.710, quelle accolte nello stesso anno ammontavano a 3.976, mentre i provvedimenti efficaci come adozioni o affidamenti preadottivi sono stati 2.102.

(3) La sentenza n. 10/1998 è stata emanata a seguito dell’ordinanza del Tribunale per i minorenni di Catania del 22 dicembre 1995, di cui abbiamo riportato le parti essenziali nell’articolo di Prospettive assistenziali citato nella nota 1.

 

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