UN OPPORTUNO RIPENSAMENTO DELLA CORTE
COSTITUZIONALE SULL’ADOZIONE INTERNAZIONALE
Nel n. 115, luglio-settembre 1996
di Prospettive assistenziali avevamo
criticato la sentenza della Corte costituzionale n. 303/1996, in quanto aveva
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della
legge 184/1983 «nella parte in cui non
prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente
l’interesse del minore, quando l’età di uno dei coniugi adottanti superi di
oltre quaranta anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età
compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla
mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il
minore».
La sentenza suddetta si dovrebbe
applicare esclusivamente per i minori stranieri, in quanto per i fanciulli
italiani vi sono circa 20 domande di adozione per ciascun bambino adottabile;
pertanto i giudici, agendo veramente nell’interesse degli adottandi, li
dovrebbero affidare, ovviamente se in possesso delle necessarie capacità
educative, a coniugi giovani in modo che gli adottati possano «beneficiare in tutta la misura del
prevedibile, dell’appoggio di entrambi i genitori fino al momento del loro
autonomo inserimento lavorativo e sociale, inserimento che sempre più spesso si
realizza in modo definitivo non prima dei 25-30 anni (frequenza
dell’Università, assolvimento del servizio militare o civile da parte dei
maschi, fine del lavoro precario, ecc.). In base alle norme vigenti, i neonati
che sono adottati da coniugi quarantenni (come massima differenza di età)
raggiungono l’autonomia quando i genitori hanno 65-70 anni. Quindi, tenuto
anche conto che la vita media degli uomini è di 73 anni e della donna di 79, a
nostro avviso, la differenza massima di età di 40 anni è un limite già fin
troppo elevato» (1).
Per quanto riguarda i minori
stranieri (2), avevamo osservato che nella sentenza 303/1996 la Corte
costituzionale non aveva tenuto conto «che,
in base alle norme vigenti, per l’adozione dei fanciulli stranieri il giudice
italiano non interviene, né può intervenire per l’abbinamento, ma è per forza
di cose chiamato a pronunciarsi solo dopo che il minore è già stato accolto –
magari da un lungo periodo – dagli adottanti. In questi casi il giudice non può
compiere nessuno degli accertamenti indicati dalla Corte costituzionale: il
Tribunale per i minorenni può solo decidere se lasciare quel bambino dov’è,
oppure se allontanarlo. Non ci sono altre possibilità».
Con l’attuale sentenza (3) la
Corte costituzionale ha corretto, per quanto le era possibile, il grave errore
compiuto in precedenza.
Infatti, ha riconosciuto che il
giudizio di idoneità dei coniugi per l’adozione internazionale «non è correlato ad un minore già
individuato, in quanto esso precede il provvedimento d’adozione o di
affidamento preadottivo (...). Perché
sia tutelato in modo efficace il preminente interesse del minore, le
caratteristiche della famiglia adottante, rilevanti per il giudizio di
adozione, devono essere rese note perché possano essere tenute presenti
dall’autorità straniera che emana il provvedimento di adozione o di affidamento
preadottivo».
Ne consegue che «il provvedimento preliminare con il quale
il Tribunale per i minorenni accerta l’idoneità dei coniugi alla adozione può,
dunque, enunciare, nell’interesse del minore, ogni elemento utile perché
l’idoneità sia poi apprezzata in relazione allo specifico minore da adottare».
La Corte costituzionale, infine,
ha stabilito che il provvedimento del Tribunale per i minorenni può «precisare e rendere esplicite le
caratteristiche della famiglia di accoglienza e, correlativamente, quelle del
minore o dei minori dei quali i coniugi aspiranti all’adozione possono
prendersi cura. Tali caratteristiche comprendono quelle rilevanti per la
disciplina relativa al divario di età tra gli adottanti ed il minore, che
l’ordinamento italiano prevede perché, nell’interesse di quest’ultimo, possa
essere pronunciata l’adozione».
Pertanto, i Tribunali per i
minorenni hanno ampie possibilità di tutela preventiva del futuro dei minori: a
nostro avviso possono non solo ribadire il rispetto della differenza massima di
età (40 anni), ma anche, per validi motivi, definire un divario inferiore.
Riteniamo, altresì, che i Tribunali per i minorenni possano indicare, fra le
caratteristiche dei minori, anche il loro limite massimo di età.
(1) Cfr.
“Adozione: la pessima sentenza della Corte costituzionale e le preoccupanti
proposte di legge Guidi e Melandri”, Prospettive
assistenziali, n. 115, luglio-settembre 1996. Le nostre critiche sono state
condivise da altri. Cfr. al riguardo “Un’altra presa di posizione contraria
alla sentenza 303/1996 della Corte costituzionale sull’adozione”, ibidem, n. 116.
(2) Le
domande di adozione nazionale giacenti al 31 dicembre 1996 erano 20.000; le
dichiarazioni di adottabilità pronunciate nello stesso anno sono state 1.359.
Per quanto riguarda le adozioni internazionali le richieste per ottenere
l’idoneità giacenti al 31 dicembre 1996 erano 8.710, quelle accolte nello
stesso anno ammontavano a 3.976, mentre i provvedimenti efficaci come adozioni
o affidamenti preadottivi sono stati 2.102.
(3) La
sentenza n. 10/1998 è stata emanata a seguito dell’ordinanza del Tribunale per
i minorenni di Catania del 22 dicembre 1995, di cui abbiamo riportato le parti
essenziali nell’articolo di Prospettive
assistenziali citato nella nota 1.
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