Prospettive assistenziali, n. 122, aprile-giugno 1998

 

 

L’ANZIANO E I FARMACI

BRUNO FINZI (*)

 

 

Attualmente sulle confezioni e nei foglietti illustrativi che accompagnano le specialità medicinali sono segnate le dosi per due età: quella pediatrica (fino a 12 anni), specificando qualche volta mese per mese fino ad un anno e quella per adulti. E gli anziani?

Ciò premesso, vediamo perché questo problema è importante: le persone aumentano il consumo di farmaci col passare degli anni, le donne più degli uomini; è un fenomeno ben noto ai medici e ai farmacisti; è legato alla facile insorgenza contemporanea nel vecchio di varie malattie, ma soprattutto alla tentazione di usare un rimedio per ogni sintomo, all’idea del malato e dei suoi parenti di poter risolvere tutti i problemi con le medicine, magari aumentando progressivamente le dosi.

Non sempre i farmaci sono la soluzione migliore o l’unica; spesso si tratta di equilibrare diete sbagliate, di correggere le conseguenze dell’immobilità o i postumi di fatti cerebrali più o meno gravi con adatta kinesiterapia, di agire sulla psiche, di prevenire la comparsa di piaghe da decubito.

Ci stiamo anche rendendo conto che molti processi biologici dell’organismo che invecchia, considerati di solito come malattie, sono semplicemente diversi rispetto alle età precedenti e normali invece nella terza età, né più né meno di come il bambino è per molti versi diverso dall’adulto.

Questo significa che a volte i farmaci che diamo all’anziano credendo di curarlo tendono a ricostruire una situazione biologica “standard” che però non è più normale per lui. L’effetto che si ottiene non è un miglioramento ma può anzi avere conseguenze negative. Ma il mito del farmaco, legato alla tradizione e anche ai risultati innegabilmente ottenuti dalla moderna farmacologia nel debellare interi settori della patologia soprattutto infettiva, domina la pratica medica come uno strumento magico.

In realtà un farmaco è quasi sempre una sostanza chimica estranea all’organismo che interagisce con cellule, membrane, tessuti, enzimi, mediatori chimici ed esercita fatalmente oltre agli effetti favorevoli che si ricercano, effetti collaterali di natura tossica. Di questo rapporto danno/beneficio si deve sempre tenere conto.

E in questo che l’anziano si differenzia dal giovane: gli effetti tossici sono molto più frequenti e gravi perché un vecchio non è uguale al giovane e all’adulto né dal punto di vista del peso, né da quello delle principali funzioni.

È bene ricordare che qualsiasi farmaco per raggiungere la sua sede d’azione deve: venire assorbito, passare in circolo, raggiungere i tessuti, attraversare le membrane cellulari; durante il percorso può essere trasformato e utilizzato, accumulato, eliminato (in gran parte attraverso i reni); inoltre si lega in varia misura alle proteine del plasma, risultandone così una frazione legata inattiva e una frazione libera attiva in equilibrio con i recettori, le sedi di accumulo, i processi di trasformazione, l’eliminazione.

Parlando di peso diminuito vogliamo riferirci a quello della “massa magra”, cioè dei tessuti funzionalmente attivi, anche se può essere aumentato quello del grasso e delle ossa che non intervengono nella utilizzazione dei farmaci.

Quanto alle funzioni, in primo luogo non va trascurata la difficoltà che hanno gli anziani a deglutire certe capsule o compresse voluminose, la quasi costante impossibilità ad usare la via sottolinguale per la frequente mancanza di denti, la frequente impossibilità a mantenere le supposte.

Superati questi problemi, va sottolineata la frequentissima diminuzione dell’acidità gastrica, il prolungato tempo di transito gastrico e intestinale, le modificazioni della circolazione gastrica e intestinale legate allo stato delle arterie. Da considerare anche la presenza eventuale di altre sostanze nell’apparato digerente (cibi o altri farmaci), ma soprattutto le alterazioni della cosiddetta “barriera mucosa gastrica” che costituisce la normale protezione contro l’azione lesiva di certe sostanze. Molti farmaci di largo consumo, come ad esempio l’aspirina e molti altri antireumatici, il cortisone e simili ecc., danneggiano la barriera mucosa gastrica resa più aggredibile dai processi d’invecchiamento e causano bruciore, dolore e lesioni anche gravi che vanno dalla gastrite emorragica alle ulcerazioni singole o multiple spesso sanguinanti anche in modo gravissimo. Una eloquente statistica britannica ci informa che il 6% dei ricoverati alla Johns Hopkins Medical Ward hanno effetti tossici da farmaci e di questi il 57% sullo stomaco. Da notare che in questo gruppo risulta che solo il 12% ha assunto farmaci per reale necessità, 26% senza reale necessità ma prescritti dal medico, mentre 67% se li erano autoprescritti.

Abbiamo accennato all’importanza del rapporto fra quota libera del farmaco e quota legata alle proteine plasmatiche; la frequente alterazione delle proteine stesse (disprotidemia) può alterare notevolmente tale rapporto, aumentando da un lato la quota libera attiva con pericolo di fatti tossici, diminuendola dall’altro con perdita di efficacia.

Altro elemento è la ridotta eliminazione renale. La funzione renale si riduce con l’età: sopra i 65 anni è diminuita in media del 30%. Il rene, attraverso cui i farmaci vengono in gran parte eliminati dopo esservi stati concentrati, è molto sensibile all’azione tossica; quando sia leso diviene inoltre un moltiplicatore dell’azione lesiva di un farmaco in quanto, rallentandone l’eliminazione ne mantiene una maggior quantità nell’organismo; si crea così un pericoloso circolo vizioso fra agente lesivo, lesione renale e concentrazione di agente lesivo: questo vale ad esempio per molti antibiotici.

Il fegato, dotato di una importante funzione disintossicante su molti farmaci che scinde e coniuga variamente, perde parte di questo potere col passare degli anni, a causa della carenza di alcuni enzimi; ciò rende molto frequente l’intolleranza di alcuni antibiotici, di un vasto gruppo di sonniferi e tranquillanti, di certi lassativi, ecc.

Frequente causa di inconvenienti in geriatria è la interreazione farmacologica: alcuni farmaci se presi assieme sommano il loro effetto, altri lo potenziano, altri infine lo diminuiscono o l’annullano. La già ricordata tendenza ad assumere molte medicine assieme aumenta notevolmente la probabilità di questi inconvenienti, così che molti autorevoli geriatri raccomandano di non associarne mai più di tre.

Da ricordare anche la presenza di squilibri organici preesistenti non conosciuti che possono accentuarsi: ad esempio la somministrazione continuata di diuretici, ben tollerata nei giovani, non lo è nel vecchio che spesso è già di per sé carente di potassio; questo elemento, essenziale per il funzionamento di tutte le cellule, in particolare dei muscoli e del cuore, viene abbondantemente eliminato da molti diuretici con conseguenze spesso drammatiche. In questi casi si possono avere anche effetti come si suoi dire “a cascata”: l’uso del diuretico provoca spesso stitichezza e induce all’assunzione di lassativi salini, aggravando gli squilibri idro-salini ai quali l’anziano è già predisposto.

Non solo aggiungendo, ma anche togliendo improvvisamente un farmaco si possono avere inconvenienti, se questo era uno di quelli che inibiscono in parte l’effetto di altri.

Infine vi  sono  preparazioni farmacologiche che non sono affatto tollerate,  comunque  non nelle dosi normali per l’adulto; esempio tipico sono alcuni sonniferi e tranquillanti che rendono l’anziano sonnolento al mattino, confuso e qualche volta incontinente. Inducendo un sonno troppo profondo e una completa immobilità producono piaghe da decubito e altri danni da immobilizzazione. Questi farmaci sono quasi sempre prodotti in vari dosaggi: la proposta ovvia che ne scaturisce è di scrivere su alcune confezioni “non prescrivere agli anziani”, come già si scrive “non prescrivere ai bambini”. Ma il sospetto è che non si vogliano diminuire consumi e guadagni.

Un’altra serie di problemi sorge dal fatto che oggi in Italia esistono circa 20.000 preparazioni farmaceutiche con parecchie migliaia di nomi diversi: non esistendo infatti il brevetto sui medicinali, come nella maggior parte dei paesi del mondo, dopo qualche tempo ogni nuova sostanza è sul mercato sotto svariatissimi nomi di fantasia; non solo, ma a molti nomi non corrisponde una sola sostanza attiva ma una miscela di sostanze diverse sicché non è raro che un medico non sappia o dimentichi di avere dato al suo paziente un sedativo, magari un barbiturico, perché il farmaco prescritto era un antinausea o un antispastico o un vasodilatatore in cui però il barbiturico era associato e scritto in piccolo in un angolino della confezione; se il paziente andrà da uno specialista, otoiatra, oculista e questi prescriveranno altre associazioni in cui sia contenuto un altro sedativo uguale, i risultati saranno deleteri.

In una inchiesta condotta dall’istituto “Mario Negri” di Milano su un campione rappresentativo di medici è risultato che «spesso il medico associa due farmaci che contengono lo stesso principio, somministrando così il doppio della dose. Circa il 30% delle associazioni con balsamici era costituito da... balsamici. Un tranquillante era stato somministrato in associazione con uno o più farmaci fino a un totale di 142 associazioni diverse». In un altro studio si è concluso che la maggioranza degli ammalati, durante un trattamento terapeutico, può ricevere da 10 a 15 farmaci contemporaneamente. Tutto ciò se è pericoloso per i giovani, è gravissimo e può essere letale per un anziano.

Altra fonte di confusione è il fatto che il Ministero della sanità ha reso obbligatorio alle case farmaceutiche di rendere uguali per aspetto e colori tutte le confezioni dei loro farmaci e non ha pensato - come parrebbe più logico - di rendere omogenee le confezioni di tutti i farmaci della stessa categoria (balsamici, cardiotonici, sedativi, ecc.) indipendentemente dal fabbricante; così la confusione aumenta specie quando la vista e la memoria difettano.

Un’ultima osservazione riguarda gli orari di somministrazione: il diuretico preso la sera impedisce di dormire, certi ipotensivi che danno sonnolenza e caduta di pressione in posizione retta non è bene darli al mattino; il rapporto con i pasti è in molti casi importante; non è il caso di svegliare un paziente per dargli un sonnifero! Certi ormoni agiscono solo in determinate ore (ritmi circadiani).

A questo punto proviamo a riassumere quello che - a nostro parere - si dovrebbe fare:

1 - sperimentare i farmaci, sia a livello animale che a livello umano anche in soggetti anziani;

2 - maggiore completezza nelle schede tecniche dei vari farmaci sia sulle dosi che sulle controindicazioni per gli anziani, sottolineando anche le possibili interazioni con altri medicinali di largo consumo. In particolare scrivere su alcune confezioni “non prescrivere agli anziani”;

3 - rendere le confezioni più idonee all’uso da parte dell’anziano (facilità di apertura, scrittura più leggibile, differenziare le scatole secondo le indicazioni e non secondo le case produttrici);

4 - adottare il nome generico uguale per tutte le specialità contenenti lo stesso principio;

5 - limitare il più possibile le associazioni non basate su veri vantaggi terapeutici;

6 - potenziare la ricerca sulle vie di somministrazione e sulle preparazioni farmaceutiche più adatte e più accette  agli  anziani  (forma  e  volume  delle  compresse  e  delle  capsule,  densità  e  sapore degli sciroppi, ecc.). I cerotti per la somministrazione attraverso la pelle di farmaci per il cuore, di ormoni, ecc., sono ottimamente tollerati;

7 - diffondere l’uso di contenitori adatti a suddividere i farmaci secondo l’orario di somministrazione;

8 - prescrivere pochi farmaci e semplici;

9 - approfondire sempre accuratamente le notizie, da assumere dal paziente ma più spesso dai famigliari, di intolleranze già note;

10 - preoccupante è anche l’orientamento del pubblico, in particolare degli anziani, verso quello che è vegetale e quindi “naturale”, nella convinzione che ciò che la natura fa è buono, mentre quello che fa l’uomo è cattivo. In realtà va ricordato che in natura esistono potenti veleni! La cicuta fatta bere a Socrate era vegetale, vegetali i veleni che si ponevano sulle frecce, vegetali sono i funghi velenosi, per non parlare del fatto che batteri e funghi patogeni sono anch’essi vegetali. Mentre l’uomo ha sviluppato prodotti che prevengono o guariscono malattie terribili. Come naturali sono presentati i farmaci omeopatici - che contengono il nulla - e molte erbe che possono essere anche dannose o inutili;

11 - evitare terapie farmacologiche inutili ed esami radiologici con mezzi di contrasto non sempre ben tollerati quando le prime si possono sostituire con altri semplici provvedimenti e i secondi con una visita più accurata.

 

 

 

(*) Primario emerito di geriatria e Presidente Onorario della SIMOG, Società italiana medici e operatori geriatrici.

 

 

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