L’ANZIANO E I FARMACI
BRUNO FINZI (*)
Attualmente sulle confezioni e nei foglietti illustrativi che accompagnano
le specialità medicinali sono segnate le dosi per due età: quella pediatrica
(fino a 12 anni), specificando qualche volta mese per mese fino ad un anno e
quella per adulti. E gli anziani?
Ciò premesso, vediamo perché questo problema è importante: le persone
aumentano il consumo di farmaci col passare degli anni, le donne più degli
uomini; è un fenomeno ben noto ai medici e ai farmacisti; è legato alla facile
insorgenza contemporanea nel vecchio di varie malattie, ma soprattutto alla
tentazione di usare un rimedio per ogni sintomo, all’idea del malato e dei suoi
parenti di poter risolvere tutti i problemi con le medicine, magari aumentando
progressivamente le dosi.
Non sempre i farmaci sono la soluzione migliore o l’unica; spesso si tratta
di equilibrare diete sbagliate, di correggere le conseguenze dell’immobilità o
i postumi di fatti cerebrali più o meno gravi con adatta kinesiterapia, di
agire sulla psiche, di prevenire la comparsa di piaghe da decubito.
Ci stiamo anche rendendo conto che molti processi biologici dell’organismo
che invecchia, considerati di solito come malattie, sono semplicemente diversi
rispetto alle età precedenti e normali invece nella terza età, né più né meno
di come il bambino è per molti versi diverso dall’adulto.
Questo significa che a volte i farmaci che diamo all’anziano credendo di
curarlo tendono a ricostruire una situazione biologica “standard” che però non
è più normale per lui. L’effetto che si ottiene non è un miglioramento ma può
anzi avere conseguenze negative. Ma il mito del farmaco, legato alla tradizione
e anche ai risultati innegabilmente ottenuti dalla moderna farmacologia nel
debellare interi settori della patologia soprattutto infettiva, domina la
pratica medica come uno strumento magico.
In realtà un farmaco è quasi sempre una sostanza chimica estranea
all’organismo che interagisce con cellule, membrane, tessuti, enzimi, mediatori
chimici ed esercita fatalmente oltre agli effetti favorevoli che si ricercano,
effetti collaterali di natura tossica. Di questo rapporto danno/beneficio si
deve sempre tenere conto.
E in questo che l’anziano si differenzia dal giovane: gli effetti tossici
sono molto più frequenti e gravi perché un vecchio non è uguale al giovane e
all’adulto né dal punto di vista del peso, né da quello delle principali
funzioni.
È bene ricordare che qualsiasi farmaco per raggiungere la sua sede d’azione
deve: venire assorbito, passare in circolo, raggiungere i tessuti, attraversare
le membrane cellulari; durante il percorso può essere trasformato e utilizzato,
accumulato, eliminato (in gran parte attraverso i reni); inoltre si lega in
varia misura alle proteine del plasma, risultandone così una frazione legata
inattiva e una frazione libera attiva in equilibrio con i recettori, le sedi di
accumulo, i processi di trasformazione, l’eliminazione.
Parlando di peso diminuito vogliamo riferirci a quello della “massa magra”,
cioè dei tessuti funzionalmente attivi, anche se può essere aumentato quello
del grasso e delle ossa che non intervengono nella utilizzazione dei farmaci.
Quanto alle funzioni, in primo luogo non va trascurata la difficoltà che
hanno gli anziani a deglutire certe capsule o compresse voluminose, la quasi
costante impossibilità ad usare la via sottolinguale per la frequente mancanza
di denti, la frequente impossibilità a mantenere le supposte.
Superati questi problemi, va sottolineata la frequentissima diminuzione
dell’acidità gastrica, il prolungato tempo di transito gastrico e intestinale,
le modificazioni della circolazione gastrica e intestinale legate allo stato
delle arterie. Da considerare anche la presenza eventuale di altre sostanze
nell’apparato digerente (cibi o altri farmaci), ma soprattutto le alterazioni
della cosiddetta “barriera mucosa gastrica” che costituisce la normale
protezione contro l’azione lesiva di certe sostanze. Molti farmaci di largo
consumo, come ad esempio l’aspirina e molti altri antireumatici, il cortisone e
simili ecc., danneggiano la barriera mucosa gastrica resa più aggredibile dai
processi d’invecchiamento e causano bruciore, dolore e lesioni anche gravi che
vanno dalla gastrite emorragica alle ulcerazioni singole o multiple spesso
sanguinanti anche in modo gravissimo. Una eloquente statistica britannica ci
informa che il 6% dei ricoverati alla Johns
Hopkins Medical Ward hanno effetti tossici da farmaci e di questi il 57%
sullo stomaco. Da notare che in questo gruppo risulta che solo il 12% ha
assunto farmaci per reale necessità, 26% senza reale necessità ma prescritti
dal medico, mentre 67% se li erano autoprescritti.
Abbiamo accennato all’importanza del rapporto fra quota libera del farmaco
e quota legata alle proteine plasmatiche; la frequente alterazione delle
proteine stesse (disprotidemia) può alterare notevolmente tale rapporto,
aumentando da un lato la quota libera attiva con pericolo di fatti tossici,
diminuendola dall’altro con perdita di efficacia.
Altro elemento è la ridotta eliminazione renale. La funzione renale si
riduce con l’età: sopra i 65 anni è diminuita in media del 30%. Il rene,
attraverso cui i farmaci vengono in gran parte eliminati dopo esservi stati
concentrati, è molto sensibile all’azione tossica; quando sia leso diviene
inoltre un moltiplicatore dell’azione lesiva di un farmaco in quanto,
rallentandone l’eliminazione ne mantiene una maggior quantità nell’organismo;
si crea così un pericoloso circolo vizioso fra agente lesivo, lesione renale e
concentrazione di agente lesivo: questo vale ad esempio per molti antibiotici.
Il fegato, dotato di una importante funzione disintossicante su molti
farmaci che scinde e coniuga variamente, perde parte di questo potere col
passare degli anni, a causa della carenza di alcuni enzimi; ciò rende molto
frequente l’intolleranza di alcuni antibiotici, di un vasto gruppo di sonniferi
e tranquillanti, di certi lassativi, ecc.
Frequente causa di inconvenienti in geriatria è la interreazione
farmacologica: alcuni farmaci se presi assieme sommano il loro effetto, altri
lo potenziano, altri infine lo diminuiscono o l’annullano. La già ricordata
tendenza ad assumere molte medicine assieme aumenta notevolmente la probabilità
di questi inconvenienti, così che molti autorevoli geriatri raccomandano di non
associarne mai più di tre.
Da ricordare anche la presenza di squilibri organici preesistenti non
conosciuti che possono accentuarsi: ad esempio la somministrazione continuata
di diuretici, ben tollerata nei giovani, non lo è nel vecchio che spesso è già
di per sé carente di potassio; questo elemento, essenziale per il funzionamento
di tutte le cellule, in particolare dei muscoli e del cuore, viene
abbondantemente eliminato da molti diuretici con conseguenze spesso
drammatiche. In questi casi si possono avere anche effetti come si suoi dire “a
cascata”: l’uso del diuretico provoca spesso stitichezza e induce
all’assunzione di lassativi salini, aggravando gli squilibri idro-salini ai
quali l’anziano è già predisposto.
Non solo aggiungendo, ma anche togliendo improvvisamente un farmaco si
possono avere inconvenienti, se questo era uno di quelli che inibiscono in
parte l’effetto di altri.
Infine vi sono preparazioni farmacologiche che non sono
affatto tollerate, comunque non nelle dosi normali per l’adulto; esempio
tipico sono alcuni sonniferi e tranquillanti che rendono l’anziano sonnolento
al mattino, confuso e qualche volta incontinente. Inducendo un sonno troppo
profondo e una completa immobilità producono piaghe da decubito e altri danni
da immobilizzazione. Questi farmaci sono quasi sempre prodotti in vari dosaggi:
la proposta ovvia che ne scaturisce è di scrivere su alcune confezioni “non
prescrivere agli anziani”, come già si scrive “non prescrivere ai bambini”. Ma
il sospetto è che non si vogliano diminuire consumi e guadagni.
Un’altra serie di problemi sorge dal fatto che oggi in Italia esistono
circa 20.000 preparazioni farmaceutiche con parecchie migliaia di nomi diversi:
non esistendo infatti il brevetto sui medicinali, come nella maggior parte dei
paesi del mondo, dopo qualche tempo ogni nuova sostanza è sul mercato sotto
svariatissimi nomi di fantasia; non solo, ma a molti nomi non corrisponde una
sola sostanza attiva ma una miscela di sostanze diverse sicché non è raro che
un medico non sappia o dimentichi di avere dato al suo paziente un sedativo,
magari un barbiturico, perché il farmaco prescritto era un antinausea o un
antispastico o un vasodilatatore in cui però il barbiturico era associato e
scritto in piccolo in un angolino della confezione; se il paziente andrà da uno
specialista, otoiatra, oculista e questi prescriveranno altre associazioni in
cui sia contenuto un altro sedativo uguale, i risultati saranno deleteri.
In una inchiesta condotta dall’istituto “Mario Negri” di Milano su un
campione rappresentativo di medici è risultato che «spesso il medico associa due farmaci che contengono lo stesso
principio, somministrando così il doppio della dose. Circa il 30% delle
associazioni con balsamici era costituito da... balsamici. Un tranquillante era
stato somministrato in associazione con uno o più farmaci fino a un totale di
142 associazioni diverse». In un altro studio si è concluso che la
maggioranza degli ammalati, durante un trattamento terapeutico, può ricevere da
10 a 15 farmaci contemporaneamente. Tutto ciò se è pericoloso per i giovani, è
gravissimo e può essere letale per un anziano.
Altra fonte di confusione è il fatto che il Ministero della sanità ha reso
obbligatorio alle case farmaceutiche di rendere uguali per aspetto e colori
tutte le confezioni dei loro farmaci e non ha pensato - come parrebbe più
logico - di rendere omogenee le confezioni di tutti i farmaci della stessa
categoria (balsamici, cardiotonici, sedativi, ecc.) indipendentemente dal
fabbricante; così la confusione aumenta specie quando la vista e la memoria
difettano.
Un’ultima osservazione riguarda gli orari di somministrazione: il diuretico
preso la sera impedisce di dormire, certi ipotensivi che danno sonnolenza e
caduta di pressione in posizione retta non è bene darli al mattino; il rapporto
con i pasti è in molti casi importante; non è il caso di svegliare un paziente
per dargli un sonnifero! Certi ormoni agiscono solo in determinate ore (ritmi
circadiani).
A questo punto proviamo a riassumere quello che - a nostro parere - si
dovrebbe fare:
1 - sperimentare i farmaci, sia a livello animale che a livello umano anche
in soggetti anziani;
2 - maggiore completezza nelle schede tecniche dei vari farmaci sia sulle
dosi che sulle controindicazioni per gli anziani, sottolineando anche le
possibili interazioni con altri medicinali di largo consumo. In particolare
scrivere su alcune confezioni “non prescrivere agli anziani”;
3 - rendere le confezioni più idonee all’uso da parte dell’anziano
(facilità di apertura, scrittura più leggibile, differenziare le scatole
secondo le indicazioni e non secondo le case produttrici);
4 - adottare il nome generico uguale per tutte le specialità contenenti lo
stesso principio;
5 - limitare il più possibile le associazioni non basate su veri vantaggi
terapeutici;
6 - potenziare la ricerca sulle vie di somministrazione e sulle
preparazioni farmaceutiche più adatte e più accette agli anziani (forma
e volume delle
compresse e delle
capsule, densità e
sapore degli sciroppi, ecc.). I cerotti per la somministrazione
attraverso la pelle di farmaci per il cuore, di ormoni, ecc., sono ottimamente
tollerati;
7 - diffondere l’uso di contenitori adatti a suddividere i farmaci secondo
l’orario di somministrazione;
8 - prescrivere pochi farmaci e semplici;
9 - approfondire sempre accuratamente le notizie, da assumere dal paziente
ma più spesso dai famigliari, di intolleranze già note;
10 - preoccupante è anche l’orientamento del pubblico, in particolare degli
anziani, verso quello che è vegetale e quindi “naturale”, nella convinzione che
ciò che la natura fa è buono, mentre quello che fa l’uomo è cattivo. In realtà
va ricordato che in natura esistono potenti veleni! La cicuta fatta bere a
Socrate era vegetale, vegetali i veleni che si ponevano sulle frecce, vegetali
sono i funghi velenosi, per non parlare del fatto che batteri e funghi patogeni
sono anch’essi vegetali. Mentre l’uomo ha sviluppato prodotti che prevengono o
guariscono malattie terribili. Come naturali sono presentati i farmaci
omeopatici - che contengono il nulla - e molte erbe che possono essere anche
dannose o inutili;
11 - evitare terapie farmacologiche inutili ed esami radiologici con mezzi
di contrasto non sempre ben tollerati quando le prime si possono sostituire con
altri semplici provvedimenti e i secondi con una visita più accurata.
(*) Primario emerito di geriatria e Presidente
Onorario della SIMOG, Società italiana medici e operatori geriatrici.
www.fondazionepromozionesociale.it