Libri
PATRIZIA
TACCANI, SERGIO TRAMMA, ANTONIA BARBIERI DOTTI, Gli anziani nelle strutture residenziali, La Nuova Scientifica,
Roma, 1997, L. 26.000
Un altro
volume, purtroppo, in cui non si riconosce la realtà delle cose e cioè che gli
anziani malati cronici non autosufficienti sono persone malate che, non solo in
quanto tali, ma anche in base alle norme vigenti e ad un fondamentale concetto
di giustizia, hanno il diritto di essere curate secondo le modalità previste
per tutti i cittadini malati. Ne deriva che la competenza è del Servizio
sanitario nazionale, e non dell’assistenza sociale.
Per poter
giustificare l’emarginazione degli anziani malati cronici non autosufficienti,
è stato inventato (non vi sono leggi al riguardo) il cosiddetto settore socio-sanitario,
fra l’altro dichiarato illegittimo dalla Corte Suprema di Cassazione con la
sentenza n. 10150 del 1996, settore in cui gli interventi sono gestiti
dall’assistenza sociale con un supporto sanitario molto spesso insufficiente.
Le condizioni di vita degli utenti di queste strutture di ricovero sono sovente
scadenti, com’è dimostrato – fra l’altro – da numerose sentenze penali
concernenti soprattutto maltrattamenti e violenze.
Per
sostenere la competenza del settore socio-sanitario, gli Autori si richiamano
alla inscindibilità (mai dimostrata) degli interventi sanitari e assistenziali.
Ammesso e
non concesso che, per curare in modo adeguato gli anziani cronici non
autosufficienti, non si possono separare gli interventi sanitari da quelli
assistenziali, non si comprendono i motivi in base ai quali questa richiesta
non sia avanzata per tutti gli altri malati, a cominciare dai bambini.
Inoltre, non
si capisce perché l’auspicata integrazione non debba essere attuata
considerando come principale la competenza del Servizio sanitario nazionale (a
cui sono attualmente attribuiti i due terzi degli oneri) e come sussidiaria
quelle dell’assistenza.
In questo
modo verrebbero confermati i positivi diritti esigibili previsti dalle leggi
sanitarie e si eliminerebbe la deleteria discrezionalità dell’assistenza, di
cui le liste di attesa, anche di 3-4 anni per il ricovero in RSA, sono la
triste conferma.
Ma, per
realizzare il diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non
autosufficienti secondo le forme praticate per tutti i soggetti (giovani,
adulti e anziani) aventi le stesse patologie, occorre in primo luogo
riconoscere pari dignità alle persone con malattie guaribili e ai soggetti con
patologie invalidanti.
Infine,
riteniamo che l’umanizzazione degli interventi sanitari non si ottenga
demandandone le prestazioni al settore assistenziale, come sostengono gli
Autori; occorre, invece, responsabilizzare tutti gli operatori pubblici e
privati della sanità (e degli altri campi d’intervento) affinché assumano
personalmente le valenze sociali che, fra l’altro, sono sempre inscindibilmente
connesse con le attività di cura e di riabilitazione.
PIERRE
CARNITI, Noi vivremo del lavoro...,
Edizioni Lavoro, Roma, 1997, pp. 166, L. 15.000
Il libro offre interessanti spunti sulla drammatica mancanza di lavoro che
investe tutta l’Europa.
Sono analizzati sia i diversi rimedi che di volta in volta vengono
suggeriti (incentivi, sgravi, flessibilità, deregolamentazione...), sia gli
aspetti negativi del lavoro nero e del doppio-triplo lavoro, ma ancora una
volta non una parola è spesa per denunciare la disoccupazione che colpisce i
giovani con handicap in grado di lavorare.
Anche il fenomeno “America” viene ridimensionato da Carniti, che rileva
come negli Stati Uniti i milioni di posti di lavoro realizzati siano per la
maggior parte precari o part-time,
per cui si registra un aumento rilevante di poveri e delle disuguaglianze
sociali.
L’Autore, preoccupato di sostenere la bontà del nostro sistema sociale,
anche se non nega la necessità di cure (ad esempio nel settore delle pensioni),
lancia alcune possibili strade percorribili in difesa del modello europeo
toccando il nodo della riduzione dell’orario di lavoro e del potenziamento del
“lavoro sociale”.
Carniti ritiene inderogabile il ruolo dello Stato per la tutela degli
interessi della collettività (ambiente, istruzione, valorizzazione del
patrimonio culturale, servizi sociali...), ma non esclude che lo Stato si
avvalga della collaborazione di soggetti appartenenti alle imprese sociali (cooperative,
associazioni...). Sono settori vitali dello Stato che – ad avviso dell’Autore –
hanno aperto una nuova frontiera tanto sul fronte dell’occupazione che della
qualità sociale delle risposte in termini di servizi offerti.
Anche i dati confermano che il “terzo sistema” tende ad espandersi e
proprio per questo Carniti affronta la questione urgente della sua
regolamentazione, in particolare la definizione degli ambiti e delle modalità
di finanziamento e l’individuazione degli obiettivi.
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