Interrogativi
PERCHÉ IL DOCUMENTO "LA SCUOLA
CATTOLICA ALLE SOGLIE DEL TERZO MILLENNIO" IGNORA GLI HANDICAPPATI?
Nel n. 120 di Prospettive assistenziali avevamo
rilevato con profonda amarezza che, in occasione dell'Assemblea ecclesiale
regionale svoltasi a Torino il 12 ottobre 1997, i Vescovi piemontesi e della
Valle d'Aosta, come risulta dal documento appositamente elaborato dagli stessi
«a conclusione di due anni di riflessione sulla realtà del Piemonte, sulla
crisi che sta vivendo, sulle sue problematiche e sul suo futuro possibile», si
sono completamente dimenticati delle persone con handicap.
Nemmeno una
parola era stata rivolta al problema del loro inserimento lavorativo,
nonostante che nei confronti di questi soggetti l'attuale crisi economica e
sociale produca effetti ancora più devastanti di quelli provocati ai cittadini
non colpiti da minorazioni.
Ora, dobbiamo
purtroppo constatare che analoga dimenticanza è stata compiuta nel lungo
documento "La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio",
datato 27 dicembre 1997 e redatto dalla Congregazione per l'educazione
cattolica.
L'omissione è
particolarmente grave e preoccupante, in quanto gli alunni con handicap sono
circa il 2% della popolazione scolastica e quindi in una percentuale non
trascurabile nemmeno sotto il profilo quantitativo.
D'altra parte,
l'inserimento scolastico degli allievi con handicap (e di quelli con problemi
di disadattamento o disturbati sul piano psichico) è una delle cartine di
tornasole utile per verificare l'attendibilità dell'affermazione contenuta nel
documento in oggetto secondo cui la scuola cattolica è «un luogo di educazione integrale della persona attraverso un chiaro
progetto educativo che ha il suo fondamento in Cristo; la sua identità
ecclesiale e culturale, la sua missione di carità educativa; il suo servizio
sociale, lo stile educativo che deve caratterizzare la sua comunità educante».
Purtroppo,
oggi è ancora vero ciò che Salvatore Nocera, consigliere nazionale del
Movimento apostolico ciechi, aveva denunciato alla VII Conferenza
internazionale del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sul
tema "Le vostre membra sono il corpo di Cristo - Le persone handicappate
nella società", svoltosi a Roma il 19, 20 e 21 novembre 1992 e cioè che «purtroppo si constata che ancora molte
scuole cattoliche rifiutano la frequenza ad alunni con handicap, invitando i
genitori a iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le
migliori
prestazioni professionali, i bambini e i giovani perdono la ricchezza degli
scambi relazionali con compagni non handicappati e vengono posti in un circuito
di emarginazione che li escluderà dall'inserimento sociale»?
PER
QUALI MOTIVI LUCIANO PAVAROTTI VUOLE CREARE UN ISTITUTO IN LIBERIA?
Luciano
Pavarotti ha dedicato il concerto, svoltosi a Modena il 9 giugno 1998 e
trasmesso in diretta da TG1, alla costruzione in Liberia di un istituto per
l'infanzia.
Ma si rende
conto il Maestro delle conseguenze in Italia e all'estero della sua iniziativa?
Da chi è stato così malamente consigliato?
Ancora una
volta ripetiamo quanto è noto da oltre cinquant'anni agli esperti ed ai
cittadini che si occupano dell'infanzia in difficoltà.
Le ricerche
scientifiche dimostrano senza ombra di dubbio che il ricovero in istituto è sempre
negativo per i bambini: le carenze si manifestano (salvo rarissime eccezioni)
costantemente: I"`io" dei fanciulli istituzionalizzati si rinchiude
sempre di più e diventa indifferente agli stimoli esterni.
Spesso è
difficile distinguere fra un bambino sofferente per la mancanza di cure
familiari ed il conseguente ricovero in istituto di assistenza e un fanciullo
colpito da handicap intellettivo.
Le nefaste
conseguenze sui minori istituzionalizzati non compaiono solamente sullo
sviluppo psichico, ma anche su quello fisico; spesso sono altresì rilevanti
sul piano relazionale: numerose e gravi sono le manifestazioni antisociali
delle persone che hanno trascorso in istituto una parte della loro infanzia o
della loro fanciullezza.
Lo sa Luciano
Pavarotti che, per aiutare veramente i minori in difficoltà, negli ultimi
decenni sono stati sperimentati idonei interventi alternativi al ricovero,
quali l'aiuto psico-sociale alle famiglie d'origine, l'affidamento familiare,
l'adozione nei casi di privazione totale delle cure materiali e morali da
parte dei genitori?
È stato
informato sulla validità delle comunità alloggio di tipo familiare aventi al
massimo 8-10 posti?
In Italia ci
sono ancora 30-40 mila minori ricoverati in istituto: chiediamo a Luciano
Pavarotti un aiuto (non economico) per sottrarli all'attuale deleteria
emarginazione e per inserirli nel vivo del contesto sociale.
www.fondazionepromozionesociale.it