Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

l’adozione di minori italiani e stranieri: le concezioni sulla filiazione, sulla maternità e sulla paternità e le preoccupanti iniziative del Parlamento

coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base

 

1. Premessa

1.1 - Fino al 1967 l’adozione dei minori aveva lo scopo di assicurare discendenti a coloro che ne erano privi. Potevano essere adottati minori in stato di abbandono o circondati dall’affetto dei loro genitori; l’adozione era anche permessa alle persone singole.

1.2 - A seguito delle legge 431/1967 e 184/1983 l’adozione ha la finalità di dare una famiglia ai minori dichiarati in stato di adottabilità. Possono, quindi, essere adottati solo i minori figli di ignoti e quelli legittimi o riconosciuti per i quali il Tribunale per i minorenni abbia accertato che sono «privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio».

In base alle leggi suddette «l’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non esista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare».

L’adozione è permessa anche ai coniugi con figli biologici.

A seguito dell’adozione «l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome» e «cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali».

1.3 - In attuazione delle leggi sopracitate, dal 1967 al 1997 sono stati adottati più di 80.000 minori italiani e stranieri.

Negli ultimi tempi le adozioni di minori in situazione d’abbandono sono state circa 3.000 all’anno, di cui 1.000 di minori italiani e 2.000 di minori stranieri.

1.4 - Fra gli adottati, abbastanza numerosi sono i soggetti colpiti da handicap (focomelici anche dei quattro arti, ciechi, sordi, disabili intellettivi, ecc.) o malati (AIDS, epatite C, ecc.). Molti sono anche i minori adottati con situazioni problematiche determinate dalle violenze subite dai propri procreatori (a volte anche stupri) o provocate dalla carenza di cure familiari e dal conseguente ricovero in istituto.

1.5 - Le iniziative assunte negli anni ’60 per la reimpostazione dell’adozione e per la sua applicazione hanno determinato una valorizzazione della famiglia e degli operatori sociali con il conseguente sviluppo dei servizi d’aiuto alle famiglie d’origine (anche se gli interventi sono ancora carenti, soprattutto nel Sud) e la relativa riduzione dei fanciulli ricoverati in istituti di assistenza: erano 300 mila nel 1962, attualmente sono circa 30-40 mila.

Da segnalare anche l’avvio e lo sviluppo dell’affidamento a scopo educativo dei minori aventi famiglie in gravi difficoltà, intervento promosso in alternativa al ricovero in istituto.

1.6 - In sintesi, si può affermare che con l’adozione legittimante sono stati introdotti alcuni concetti fondamentali sul piano etico, giuridico ed operativo:

a) ai genitori biologici, coniugati o meno, non sono più riconosciuti diritti assoluti sui loro nati: essi hanno solo più la priorità assoluta e incondizionata per provvedere all’allevamento ed educazione dei loro nati;

b) «il minore ha diritto ad essere educato nell’ambito della propria famiglia» (art. 1 della legge 184/1983). A coloro che sono privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti deve essere ricercata una idonea famiglia adottiva costituita da coniugi con o senza figli biologici. Inoltre va segnalato che il nostro ordinamento consente che i genitori biologici possono non riconoscere il loro nato, sia per prevenire gli infanticidi, sia per evitare riconoscimenti fatti solo a fini anagrafici, compiuti cioè senza alcun impegno dei procreatori di provvedere alle esigenze materiali e morali dei loro nati.

 

2. Il disegno di legge governativo per la ratifica della Convenzione de L’Aja

2.1 - In data 20 giugno 1997 il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge n. 2545, per la ratifica della convenzione internazionale de l'Aja sull'adozione internazionale.

Pienamente condivisibile è l'iniziativa governativa, la cui finalità essenziale è la disciplina delle adozioni fra Paesi anche e soprattutto allo scopo di eliminare ogni forma di mercato dei bambini.

2.2 - Purtroppo nel disegno di legge sopracitato, il Governo ha inserito nell'art. 37 una norma in base alla quale «le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi (esercenti) la potestà genitoriale o all'adottato maggiore di età solo se sussistono gravi e comprovati motivi, su autorizzazione del tribunale per i minorenni ai sensi dell'articolo 28. L'autorizzazione, in ogni caso, non può essere concessa:

a) se i genitori biologici abbiano dichiarato di non voler essere nominati o abbiano manifestato il consenso all'adozione a condizione di rimanere anonimi;

b) se, fuori dei casi previsti alla lettera a), I'autorità straniera competente, consultata in merito, dichiari che l'informazione può provocare grave turbamento all'equilibrio sociale e psicologico dei genitori biologici».

2.3 - Da notare che l'art. 30 della Convenzione de l'Aja (cfr. la traduzione riportata nel citato disegno di legge governativo n. 2545) stabilisce quanto segue: «Le autorità competenti di ciascuno Stato contraente conservano con cura le informazioni in loro possesso sulle origini del minore, in particolare quelle relative all'identità della madre e del padre ed i dati sui precedenti sanitari del minore e della sua famiglia. Le medesime autorità assicurano l'accesso del minore e del suo rappresentante a tali informazioni, con l'assistenza appropriata, nella misura consentita dalla legge dello Stato» in cui il minore è adottato.

2.4 - Al riguardo va ricordato che la legge italiana 184/1983 stabilisce quanto segue:

- art. 22, comma 5 «Il Tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti relativi al minore, emersi dalle indagini». Questa norma è applicabile in particolare per quanto riguarda le condizioni psicofisiche dei minori;

- art. 27, «Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali»;

- art. 28, «Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e della annotazione di cui all'ultimo comma dell'articolo 26. L'ufficiale di stato civile e l'ufficiale di anagrafe debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità giudiziaria».

Pertanto le vigenti disposizioni italiane sanciscono una rottura completa e definitiva fra la famiglia adottiva ed i genitori biologici del minore adottato e non prevedono che il Tribunale per i minorenni o altra autorità possano fornire all'adottato o ai genitori adottivi informazioni di sorta sull'identità dei genitori biologici.

 

3. Le positive decisioni del Senato

3.1 - Al momento della redazione della presente nota il disegno di legge governativo di ratifica della Convenzione de l'Aja è stato esaminato dal Senato che ha apportato valide modifiche all'art. 37, mentre la Camera dei Deputati ha successivamente licenziato un testo molto preoccupante sia in merito all'accesso alle informazioni sull'identità dei genitori biologici dei minori adottati, sia nei riguardi di principi molto discutibili introdotti in materia di filiazione, maternità e paternità. Attualmente la discussione è ripresa al Senato sul testo approvato dalla Camera dei Deputati.

È molto significativa la dichiarazione fatta dal Ministro Livia Turco nella seduta della Commissione Affari Esteri del Senato del 23 luglio 1997, secondo cui la parte dell'art. 37 del citato disegno di legge n. 2545 contenente le norme relative all'accesso delle informazioni sull'identità dei genitori biologici dei minori adottati non era e non è essenziale per la ratifica della Convenzione de l'Aja.

Dunque, queste disposizioni sono state inserite per altri scopi: a nostro avviso, per mettere un primo tassello ad una concezione della filiazione, della maternità e della paternità diversa da quella presente nella legislazione vigente!

3.3 - Nella relazione al disegno di legge n. 2545, comunicata alla Presidenza del Senato il 5 febbraio 1998, da parte delle Commissioni riunite Affari esteri e Giustizia, i relatori sen. Fassone e Folloni affermano che sono state accantonate alcune questioni di grande delicatezza, come «I'accesso alle informazioni sulla famiglia d'origine, in particolare alle generalità dei genitori naturali» in quanto «ove si fossero introdotti elementi innovatori a proposito della sola adozione internazionale, si sarebbe data origine a difformità di disciplina rispetto alle adozioni interne e tale disparità non sarebbe stata difendibile né sul piano socio-politico né su quello della correttezza costituzionale».

3.4 - Sulla base delle soprariportate considerazioni, il Senato ha modificato giustamente l'art. 37, come segue: «1. Successivamente all'adozione, la Commissione di cui all'articolo 38 può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell'adottato. 2. Per quanto concerne l'accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani. 3. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati dagli articoli 35 e 36 e la Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine del minore, sull'identità dei suoi genitori biologici e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia d'origine».

 

4. Le preoccupanti norme approvate dalla Camera dei Deputati

 

4.1 - Il testo dell'art. 37 approvato dalla Camera dei Deputati, attualmente all'esame del Senato, è il seguente (in grassetto sono riportate le parti modificate): «1. Successivamente all'adozione, la Com­missione di cui all'articolo 38 può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell'adottato. 2. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati dagli articoli 35 e 36  e la Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine del minore sull'identità dei suoi genitori naturali e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia d’origine. 3. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori naturali possono essere fornite ai genitori adottivi che esercitano la potestà genitoriale, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. L'adottato maggiore di età può accedere alle informazioni concernenti i genitori naturali con richiesta al tribunale per i minorenni, che può negare l'accesso in presenza di comprovati motivi e se ritenga che ciò comporti grave turbamento all'equilibrio psico-affettivo dell'adottato, dei fratelli minori o dei genitori di origine. L'accesso non è consentito nel caso in cui anche uno solo dei genitori naturali abbia dichiarato di non voler essere nominato o abbia manifestato il consenso all'adozione a condizione di rimanere anonimo. 4. Per quanto concerne l'accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani».

4.2 - La Camera dei Deputati ha approvato le norme soprariportate nonostante il parere emesso dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati in cui era precisato quanto segue:

a) «la legge n. 184 del 1983 contiene il principio secondo cui i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine cessano con l'adozione, mentre la scelta - contenuta nel comma 4 dell'articolo 37 della citata legge n. 184/1983, come sostituito dall’articolo 3 del provvedimento in esame - di consentire che tali rapporti, sia pure sotto il peculiare profilo dello scambio di informazioni, proseguano per i minori stranieri anche dopo l'adozione appare lesiva dell'articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevole disparità di trattamento dei minori adottati, con riferimento ai quali non si possono introdurre principi di differenziazione in relazione alla cittadinanza originaria»;

b) «I'adozione è un istituto che tende, per sua natura, a superare il concetto di genitorialità naturale e che l'interesse dell'adottato non è quello di essere informato sull'identità dei genitori d'origine, bensì di essere accolto ed integrato nella nuova famiglia che deve essere e restare famiglia a tutti gli effetti, e che la frammistione delle situazioni genitoriali potrebbe nuocere all'equilibrio della personalità dell'adottato, con conseguente violazione anche dei diritti fondamentali tutelati dall'articolo 2 della Costituzione».

4.3 - Risulta evidente che il testo approvato dalla Camera dei Deputati contiene norme ancora più negative di quelle inserite dal Governo. Inoltre, non tiene in alcuna considerazione né la dichiarazione del Ministro Turco secondo cui (cfr. il punto 3.2) la parte dell'art. 37 relativa all'accesso da parte dei genitori e dei figli adottivi alle informazioni sull'identità dei genitori biologici non è essenziale per la ratifica della convenzione de l'Aja, né il motivato parere delle Commissioni riunite Affari Esteri e Giustizia del Senato (cfr. il punto 3.3) sulla anticostituzionalità di una norma che crea disparità tra figli adottivi a seconda della cittadinanza originaria (italiana o straniera).

Altri aspetti negativi riguardano:

- la sostituzione delle parole «genitori biologici» con «genitori naturali», per cui sono «naturali» i procreatori che hanno lasciato i loro nati in condizioni tali che il Tribunale dei minorenni li ha dichiarati adottabili;

- I'esclusione dei genitori adottivi, considerati nemmeno come parti in causa, dagli accertamenti affidati al Tribunale per i minorenni per valutare se l'accesso alle informazioni concernenti l'identità dei genitori d'origine debba essere negato a causa della «presenza di comprovati motivi» che comportino «grave turbamento all'equilibrio psico-affettivo dell'adottato, dei fratelli minori o dei genitori d'origine». Da notare che l'accesso alle suddette informazioni è consentito all'adottato al compimento dei 18 anni e cioè nel pieno della crisi adolescenziale;

- la possibilità concessa ai genitori adottivi di accedere all'identità dei genitori d'origine dei loro figli adottivi durante la loro età minorile, anche se limitata alla sussistenza di gravi e comprovati motivi, può essere usata dagli stessi genitori adottivi come arma di ricatto nei casi in cui i figli adottivi non soddisfino le loro aspettative. Anche in questo caso, questa forma di ricatto può essere utilizzata nel periodo della crisi adolescenziale.

4.4 - Ma quel che preoccupa maggiormente sono le motivazioni addotte dalla relatrice della Camera dei Deputati, on. Anna Maria Serafini. Nell'intervento fatto nella seduta del 18 giugno 1998 ha, infatti, affermato che «l'accesso alle informazioni è ritenuto un diritto che attiene alla sfera dell'identità personale - come tale è garantito e in tal senso è assoluto, ma non illimitato».

Il limite ammesso dalla relatrice «è dato sia dalla presenza di altri diritti, quelli dei genitori naturali, dei fratelli e sorelle minori, sia verso se stessi».

A parte il fatto che, come già osservato, i genitori adottivi non sono ritenuti nemmeno come parti in causa, in nessuna considerazione sono tenuti:

- i fratelli e sorelle della famiglia adottiva se maggiorenni;

- gli altri nati dai genitori biologici siano loro minori o adulti;

- I'eventuale coniuge del genitore d'origine.

4.5 - Se fosse vero che l'accesso alle informazioni sull'identità dei propri procreatori è «un diritto che attiene alla sfera dell'identità personale» e quindi un «diritto assoluto», occorrerebbe riconoscere che la conoscenza dell'identità dei propri procreatori è una condizione essenziale per l'equilibrio psico-fisico di tutti i cittadini. Pertanto non dovrebbe essere limitato da interessi di altre persone, interessi che non possono certamente essere qualificati come diritti.

È questa, ad esempio, la posizione espressa dall'On. Sandra Fei nella seduta della Camera dei deputati del 18 giugno 1998 che ha dichiarato quanto segue: «Se il diritto all'accesso e all'informazione sui genitori d'origine è un diritto acquisito, non si capisce allora per quale ragione debba intervenire un tribunale per dare un'autorizzazione ulteriore all'esercizio di un diritto». A nostro avviso i figli adottivi non hanno alcun diritto di accedere all'identità dei propri genitori d'origine.

Infatti il presunto diritto alla conoscenza dell'identità dei propri genitori d'origine si rifà ad una concezione ancora legata al mito della indissolubilità del legame di sangue, per cui, anche in presenza della privazione di cure da parte dei procreatori e della crescita del bambino in un'altra famiglia, la vera maternità e la vera paternità e quindi anche il vero rapporto di fratello e sorella si costituirebbero solo con coloro che hanno la stessa base biologica.

Inoltre, se si ritenesse che la conoscenza dell'identità dei propri procreatori è un «diritto che attiene alla sfera dell'identità personale», allora verrebbe messa anche in discussione l'attuale facoltà concessa giustamente ai procreatori di non riconoscere i propri nati (v. il punto 1.6 lett. b). Attualmente circa il 30% dei minori adottabili è figlio di ignoti.

4.6 - Se questa concezione venisse accolta, profonde e devastanti sarebbero le ripercussioni conseguenti al riconoscimento sul piano etico-giuridico:

- grave svalorizzazione dell'importanza fondamentale del ruolo formativo dei genitori e in particolare della famiglia legittima biologica nei confronti dei loro nati e degli apporti complementari ma rilevanti delle altre agenzie educative;

- necessità di tenere conto dell'interesse anche solo ai fini ereditari e patrimoniali (interesse che potrebbe essere rivendicato come un vero e proprio diritto) di ciascun componente della famiglia (fratelli, sorelle, nonni, nipoti, zii, ecc.) di accertare se gli altri membri della sua famiglia hanno la medesima base biologica, con la possibilità, in caso contrario, di assumere le iniziative per il loro disconoscimento del rapporto parentale;

- riesame delle norme (cfr. l'art. 250 del codice civile) in base alle quali:

a) «Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso».

b ) «Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (...)».

c ) «Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età».

4.7 - Fermo restando l'ovvio riconoscimento del valore fondamentale della famiglia biologica legittima che provvede adeguatamente ai propri nati, si ritiene che dovrebbero essere riconsiderate le norme vigenti che consentono il disconoscimento del genitore che ha provveduto all'allevamento ed educazione di un figlio generato da altri (in sostanza si tratta di un genitore di fatto adottivo) e l'attribuzione giudiziale della paternità a persone (anche defunte) che mai si sono occupate dei loro procreati (v. ad esempio, il caso Guttuso). Come è noto queste iniziative non sono assunte per la ricerca di un proprio equilibrio personale, ma solo per entrare in possesso del patrimonio del procreatore (ovviamente se superiore a quello del genitore che si intende disconoscere).

 

5. Il valore dell’adozione

5.1 - L'adozione di ben 80 mila minori privi di assistenza da parte dei loro procreatori, realizzate in Italia dal 1967 al 1997 non è tanto una scelta egoistica di chi non ha figli (ci sono anche molte adozioni da parte di coniugi con figli biologici), quanto un atto di vera e propria solidarietà: sono stati eliminati rilevanti oneri economici per lo Stato, ma soprattutto sono 80 mila persone tolte dalla situazione di esclusione sociale e dalle relative note conseguenze (delinquenza, prostituzione, ecc.) che non colpiscono tutti i minori istituzionalizzati ma certamente una parte rilevante.

5.2 - Occorre anche considerare che su 80mila minori adottati, solo una esigua minoranza (100 all'anno?) vanno alla ricerca dei propri genitori d'origine e quasi sempre - questa è l'esperienza dei giudici, degli operatori e nostra - perché sono stati informati dell'adozione in ritardo o malamente o perché i rapporti con i genitori adottivi sono tesi o sono stati interrotti.

A quest'ultimo riguardo occorre non dimenticare che la crisi adolescenziale è un fatto inevitabile: in ogni caso è assurdo aver stabilito che gli adottati possono conoscere l'identità dei loro genitori biologici a 18 anni.

Anche nelle famiglie biologiche ci sono conflitti che, a volte, si concludono con la rottura definitiva dei rapporti fra genitori e figli.

Che cosa si deve fare? Buttare via l'acqua con il bambino e distruggere la famiglia legittima biologica?

5.3 - Sarebbe, invece, necessario riflettere sui fallimenti familiari, compresi quelli dei nuclei adottivi. A nostro avviso questa riflessione non può che partire dalla constatazione e valorizzazione dell'importanza fondamentale dell'apporto educativo della famiglia nei confronti dei propri figli biologici o adottivi.

5.4 - Sarebbe grave se, di fronte a poche decine di casi di ricerca dei genitori biologici (la Camera li ha definiti "naturali" pur avendo abbandonato i loro nati, forse per far intendere che i genitori adottivi sono innaturali) non si riflettesse sulle cause e si prevedesse, invece, una norma che può creare molti più danni di vantaggi. È giusto, ad esempio, che l'adottato sappia di essere stato violentato o maltrattato dai suoi procreatori? O che essi lo hanno reso sieropositivo? O che il suo handicap è la conseguenza di maldestri tentativi di aborto?

5.5 - Sarebbe molto preoccupante se le radici dei figli adottivi fossero individuate in coloro che li hanno abbandonati, che non hanno loro trasmesso alcun valore e che non hanno avuto nei loro confronti alcuna attenzione educativa e affettiva.

5.6 - La base biologica dei figli adottivi è certamente stata data da coloro che li hanno generati, anche se non si comprende per quali motivi logici, visto che il patrimonio genetico deriva dai due procreatori, venga sempre e solo fatto riferimento alla donna e mai (o quasi) all'uomo.

5.7 - Ben diversa è la situazione per quanto concerne gli altri aspetti del nostro essere, quelli che ci caratterizzano veramente come persone.

Non si possono certo far risalire al proprio patrimonio genetico le nostre concezioni sui principi fondamentali e sui valori etici: doveri e diritti personali e sociali, giustizia, solidarietà, ecc. e sui nostri sentimenti: affetti, altruismo, onestà, ecc.

5.8 - Come aveva affermato negli anni '60 il compianto Padre Salvatore Lener l'adozione richiama l'immagine dell'innesto. Ad esempio, realizzato l'innesto di un pesco su un susino o su un mandorlo, i frutti, belli o brutti, buoni o cattivi, sono sempre e solo pesche, allo stesso modo di quel che avviene quando le radici sono di pesco.

5.9 - Si ricorda che San Giovanni Crisostomo aveva affermato: «Si è meno padri per la procreazione di un bambino che per la buona educazione che gli si dà. Non si è madri solo partorendo ma maggiormente allevando il figlio che la natura ci ha dato. È la virtù, e non la natura, che ci onora del tilolo di padre e di madre».

5.10 - A sua volta il Concilio Ecumenico Vaticano II ha inserito al primo posto fra le attività di apostolato familiare l'adozione con queste parole "Infantes derelictos in filios adoptare", la cui traduzione letterale è "Adottare i bambini abbandonati rendendoli propri figli" e non "come figli" come è indicato nella traduzione ufficiale.

5.11 - Nel messaggio inviato agli organizzatori e ai partecipanti del Convegno europeo "Bambini senza famiglia e adozione: esigenze e diritti. Legislazioni ed esperienze europee a confronto", svoltosi a Milano il 15-16 maggio 1997, il cardinale Carlo Maria Martini ha scritto quanto segue: «Mi preme sottolineare l'esigenza, molto avvertita da coloro che vivono personalmente queste forme di accoglienza, di vedere riconosciuta la piena dignità e il valore della filiazione e della genitorialità adottiva quali filiazione e genitorialità vere. La maternità e la paternità non si identificano semplicemente con la procreazione biologica, perché nato da non è sinonimo di figlio di».

5.12 - Affermare che le radici delle persone sono individuate negli ovuli e negli spermatozoi, significa negare i valori dell'educazione, della formazione, della solidarietà familiare e sociale.

Certamente i figli adottivi devono essere informati della loro adozione al più presto (a partire cioè dai 3-4 anni): non c'è nulla da nascondere e tanto meno da vergognarsi sia per gli adulti che per i bambini.

Occorre, però, riconoscere che i genitori adottivi hanno un compito educativo più difficile di quelli biologici; infatti essi stessi e soprattutto i loro figli devono subire molto spesso le negative influenze sociali. È sufficiente, ad esempio, leggere i giornali che riferendosi ai procreatori che hanno abbandonato il loro nato anche per 30-40 anni, vengono definiti «la madre vera» e «il padre vero», per cui sono da ritenere fasulli sia i genitori, sia i figli adottivi.

Analoghe considerazioni valgono quasi sempre per le scuole pubbliche e private: è sufficiente leggere i libri scolastici e vedere come affrontano i temi della maternità e paternità.

 

6. Conclusioni

Dal 1967 al 1997, come abbiamo già ricordato, sono stati accolti da famiglie italiane oltre 80 mila minori in situazione di totale abbandono.

Queste adozioni sono state realizzate anche e soprattutto a seguito dell'impegno assunto dal Parlamento secondo cui, dopo aver stabilito che l'adottato assume lo stato di figlio legittimo degli adottanti, ha anche precisato (art. 314/26 della legge 431/1967 e art. 27 della legge 184/1983) che «con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine». Questo aspetto era stato ampiamente dibattuto negli anni 60 in occasione della predisposizione e approvazione della legge 431/1967. L'attuale testo dell'art. 37 stabilisce al contrario che questi rapporti possano essere ripresi.

Fra enti e persone oneste si diceva e si dice "Pacta servanda sunt".

Di fronte alle conseguenze anche devastanti (cfr. il punto 4) che potrebbe avere l'attuale formulazione dell'art. 37, si chiede che la questione venga rinviata al momento della riforma della legge sull'adozione, il cui inizio può essere stabilito dal Parlamento anche a tempi brevissimi.

Torino 6 luglio 1998

 

 

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