Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
LA REALE PECULIARITÀ DELLA
FILIAZIONE, DELLA MATERNITÀ E DELLA PATERNITÀ
Riportiamo
il testo della nota inviata in data 28 agosto 1998 dal CSA - Comitato per la
difesa dei diritti degli assistiti ai Presidenti del Senato e della Camera dei
Deputati, ai Ministri Rosy Bindi e Livia Turco, nonché ai Parlamentari
interessati ai problemi dell'infanzia.
Con le norme
introdotte dalla Camera dei Deputati in merito all'art. 37 del disegno di legge
di ratifica della Convenzione de L'Aja, è stata aperta la strada ad una
preoccupante concezione generale (e quindi riguardante solo in parte
l'adozione) della filiazione, della maternità e della paternità.
Mentre, come è ovvio, non vi sono problemi (per i
bambini) quando i due genitori si curano adeguatamente dei loro nati, la
questione diventa estremamente complessa nei casi in cui (fecondazione eterologa,
utero in affitto, utero di vetro, ecc.) i due genitori (o uno di essi) non
provvedono alla loro prole, situazione questa del tutto analoga a quella
relativa all'adozione.
A questo riguardo, si chiede che i Senatori e i
Deputati valutino con la massima attenzione se, nelle ipotesi sopra formulate,
debba essere il DNA a determinare lo stato di figlio e di genitore.
A nostro avviso sarebbe sconvolgente se vero padre
fosse riconosciuto dalla legge il venditore di sperma, utilizzato magari dopo
decenni dalla sua morte.
A sua volta sarebbe inquietante che la vera madre
venisse considerata colei che, ceduto l'embrione ad un utero affittato o magari
artificiale, non ha nemmeno voluto vedere il bambino da lei concepito.
Le manipolazioni possono essere moltissime. È anche
possibile essere figlio e nipote nello stesso tempo: è sufficiente che lo
stesso sperma sia utilizzato da una donna e dalla sua figlia biologica.
È giusto riconoscere a coloro che hanno utilizzato
queste manipolazioni il ruolo di vere madri e di veri padri quando non si sono
mai occupati della loro prole?
È
corretto incentivare i venditori di sperma e valorizzare la loro onnipotenza
riconoscendo loro, anche se deceduti anni prima della nascita del bambino, il
ruolo di veri padri?
Mentre
è giusto vietare le manipolazioni contrarie alla dignità della persona umana,
occorre anche prendere in considerazione le esigenze dei bambini nati
nonostante i divieti legali.
Si dovrà segnalare a questi bambini, da piccoli o
quando saranno adulti, l'identità del loro "vero" padre e della loro
"vera" madre? Quali sono le radici di questi fanciulli?
La reale caratterizzazione della filiazione, della
maternità e della paternità
Riteniamo del tutto aderente alla realtà dei fatti
oggettivi il riconoscimento che la filiazione di tutte le persone si fonda,
prioritariamente e soprattutto, non sul possesso di certe caratteristiche
fisiche derivanti dall'ereditarietà, ma sui comportamenti e sui valori umani e
sociali acquisiti a seguito dei rapporti affettivi ed educativi instaurati, in
particolare nella prima infanzia, con le persone che li hanno amati, nutriti,
protetti e formati.
Ne dovrebbe conseguire che le vere radici di noi
tutti non risiedono nel DNA di coloro che ci hanno generato, ma nelle persone
(quasi sempre coincidenti con quelle che ci hanno dato e conservato la vita
biologica) che hanno costruito la nostra vita psichica e sociale.
Non è forse questa la strada da percorrere per
riconoscere e valorizzare l'impegno dei genitori e per fornire ad essi e alla
loro prole (biologica o adottiva) tutti i necessari supporti sociali?
Puntare sulla concezione della maternità e della
paternità fondate prioritariamente e soprattutto sul DNA e dedurre che per
tutti noi le radici della nostra personalità risiedono nei nostri procreatori
anche quando c'è stata una totale mancanza di impegni da parte loro, significa,
al di là delle intenzioni, aprirle la strada al disinteresse dei genitori,
alla loro deresponsabilizzazione, perché comunque essi resterebbero sempre i
genitori veri e sarebbero le radici a cui i loro nati dovrebbero sempre
riferirsi.
Inoltre, non occorre confermare in questo momento di
crisi dei valori umani e sociali, che quando non vengono assolti i doveri
cessano del tutto i diritti?
Ciò premesso, ci permettiamo di chiedere ai
Parlamentari di riesaminare l'art. 37 del disegno di legge di ratifica della
Convenzione de L'Aja e di considerare l'opportunità di rinviare la questione
della conoscenza dei genitori d'origine da parte dei figli e dei genitori
adottivi ad una valutazione più approfondita, ed estesa anche al di fuori del
Parlamento, della concezione generale della filiazione, della maternità e
della paternità, concezione generale che, a nostro avviso, dovrebbe anche
essere la base per apportare valide modifiche alla legge 184/1983.
LE
VERE RADICI DEI FIGLI ADOTTIVI: L'ESPERIENZA DELL'ASSOCIAZIONE "BAMBINO
CHIAMA AIUTO"
Riportiamo
integralmente la nota inviata in data 24 luglio 1998 dagli esperti
dell'A.Ba.C.A. (Associazione Bambino chiama aiuto, Viale Verona 102, Vicenza),
all'On. Livia Turco, Ministro per la solidarietà sociale e ai Presidenti delle
Commissioni Affari esteri e Giustizia del Senato, Sen. Giangiacomo Migone e
Sen. Ortensio Zecchino.
«l sottoscritti professionisti soci dell'Associazione
Bambino Chiama Aiuto di Vicenza esprimono il più profondo dissenso riguardo il
testo dell'art. 37 del disegno di legge governativo di ratifica della
Convenzione de I'Aja così com'è stato approvato dalla Camera dei Deputati, che
prevede la possibilità per il ragazzo adottato di accedere ai dati per l'identificazione
dei genitori biologici.
«La posizione sottesa alla formulazione dell'art. 37,
esprime una grave e preoccupante involuzione culturale da parte del legislatore
e conferma che sta tornando a diffondersi quella vecchia cultura dell'infanzia
che con la legge sull'adozione del 1967 si è cercato di contrastare in tutti
questi anni col sostegno di leggi innovative come la 184/83, la convenzione
ONU del 1989 ecc. e con innumerevoli Dichiarazioni e Risoluzioni
Internazionali.
«Con le norme previste nell'articolo in questione
tornano ad imperare col sostegno della legge dello Stato le erronee ed
integralistiche interpretazioni dell'importanza determinante del legame di
sangue. Se tale legame è base atta a predisporre l'instaurarsi di legami
affettivi, la sola base biologica, interpretata come principio unico e
assoluto della relazione genitori/figli, ha portato alla concezione aberrante
del bambino-oggetto dei genitori biologici, comunque essi esprimano la loro
genitorialità. Proprio tale concezione è alla base del maltrattamento infantile
e delle carenze enormi esistenti nel sistema pubblico italiano inerente la
tutela dei bambini e dei ragazzi.
«Da questa concezione retriva non può che derivare
l'affermazione del riconoscimento di un presunto diritto del ragazzo adottato,
una volta "allevato", di conoscere coloro che rimarrebbero comunque,
in contrasto con quanto prevede la legge 184, i suoi "veri" genitori,
le sue "radici".
«Si
tratterebbe del riconoscimento del diritto alle proprie "radici". Ma
di quali radici si parla?
«Se è vero che le radici sono quei legami positivi
con i vari contesti di appartenenza che permettono ad un essere di crescere, di
diventare grande, di diventare autonomo, allora le radici del bambino adottato
si trovano nella famiglia che lo ha accolto, amato, curato, cioè nella famiglia
adottiva, famiglia legittima, unica famiglia del minore, sostitutiva definitivamente
di una famiglia biologica incapace.
«II bambino adottato è stato dichiarato adottabile da
un tribunale specializzato a seguito di indagini e accertamenti di vario tipo
che hanno coinvolto vari operatori pubblici e privati, di diversa professionalità,
e che hanno rilevato l'esistenza di abbandono, di grave trascuratezza, di
maltrattamenti gravissimi (fisici e psicologici), di abusi sessuali, di devastanti
strumentalizzazioni. Quasi sempre l'adozione dei bambino arriva dopo che la
situazione di grave pregiudizio ha già compromesso in modo più o meno grave e
irreversibile lo sviluppo fisio-psichico del minore dal momento che purtroppo i
tempi degli operatori e dei tribunali (diagnosi, accertamenti, interventi di
sostegno per "provare", tempi per l'emissione di decreti, per le
varie opposizioni nei vari gradi di giudizio ecc.) non sono a misura del bambino
e dei suoi impellenti bisogni da soddisfare, ma a misura di presunti diritti
degli adulti. La famiglia adottiva è ormai chiamata sempre più spesso ad
essere famiglia non solo educativa, ma anche terapeutica per un bambino già
grandicello con gravi ferite da far cicatrizzare.
«Le radici sarebbero allora, per il legislatore,
costituite dai traumi subiti nel passato ad opera di genitori incapaci o
irresponsabili o abbandonanti? ~ un ritorno concreto, reale, a luoghi e persone
che lo hanno danneggiato che si vuole salvaguardare? Sono queste le
"radici" che il legislatore ha intenzione di riconoscere al ragazzo
come diritto?
«I professionisti dell'A.Ba.C.A. hanno lavorato per
molti anni, alcuni per decenni, sia nel Pubblico che nel Privato, nel campo
della tutela dei minori, hanno effettuato innumerevoli consulenze tecniche
d'ufficio per il Tribunale per i minorenni, accertamenti di maltrattamento e
abuso sessuale per conto del Tribunale ordinario, hanno seguito centinaia di
situazioni all'interno di servizi specifici per l'affido familiare e contro il maltrattamento
sostenendo e accompagnando molti di questi minori nel travaglio delle loro
vicende giudiziarie nell'attesa di una definizione adottiva. L'unico modo
efficace per aiutare i ragazzi adottati a superare le esperienze dolorose
subite nell'infanzia è quello di creare una rete di servizi psico-sociali nel
territorio preparati e in grado di sostenere le situazioni adottive per tutto
il tempo necessario, soprattutto nei momenti critici come quello
dell'adolescenza affinché il ragazzo, adeguatamente accompagnato
psicologicamente, riesca a elaborare i traumi del passato e a non cercare soluzione
alle sue inquietudini e alle sue crisi rifugiandosi in illusorie quanto
devastanti idealizzazioni di una famiglia biologica da ritrovare.
«L'art. 37 sembra voler ignorare un'altra realtà: la
realtà sociologica del 2000 che non è più quella degli anni passati dove al
massimo si poteva dire che "mater
semper certa est, pater nunquam".
«Già nella società attuale e sempre più nella prossima
futura, diventa progressivamente più difficile individuare l'origine genetica
degli individui, individuare con certezza i genitori biologici.
«La fecondazione in vitro con semi e ovuli quasi
sempre di donatori ignoti, gli esperimenti di ingegneria genetica, pur nelle
loro esasperazioni che
devono
passare al vaglio della bioetica, indicano che il contesto delle relazioni
umane è il solo ambito certo e ineludibile del destino esistenziale.
«La famiglia infatti è ormai sempre più "luogo
degli affetti", è famiglia "relazionale" dove le relazioni si
costruiscono per scelta. Nelle famiglie moderne si intrecciano relazioni di
parentela naturale e acquisita le più diverse e complesse (per es. nelle
famiglie ricostituite dove il bambino mantiene legami riconosciuti come validi
e strutturanti la sua identità con entrambi i genitori e con le loro nuove
famiglie) mentre, grazie alle varie tecniche di procreazione, ci sono diversi
modi per diventare genitori (ovuli di un'altra donna impiantati nell'utero,
sperma "donato", ecc.).
«Tanto più, alla luce di questi dati di fatto, appare
preconcetta, anacronistica, superata la posizione culturale espressa con l'art.
37. Per coerenza, si consentirà al figlio generato da una coppia con seme
donato da persona la cui identità è attualmente coperta dal segreto di
conoscere il suo "vero" padre?
«Se è vero, come è vero, che la cultura produce le
leggi (e l'attuale involuzione culturale tende a produrre leggi che rinforzino
il legame di sangue), ma anche che le leggi producono cultura, riteniamo che sia
doveroso per il legislatore formulare leggi progressiste, moderne, civili, per
stimolare un'evoluzione del costume, per favorire il rigetto di vecchi pregiudizi
e tabù ancestrali, per porre le basi per una cultura dell'infanzia che
realmente e non solo a parole, come è ancora l'attuale situazione in Italia,
rispetti i diritti dell'infanzia e ponga al primo posto i loro bisogni».
Gabriella Cappellaro, psicologo;
Liliana Carollo, assistente sociale; Silvia Carraro, psicologo; Nicoletta
Zamperlin, psicologo; Antonio Corato, psicologo psicoterapeuta; Silvia
Radaelli, psicologo
LE VIOLENZE SUI MINORI
RICOVERATI IN ISTITUTI E COMUNITÀ (1)
I
dati della ricerca del CENSIS su "Sfruttamento sessuale e minori: nuove
linee di tutela" destano orrore fra le famiglie aderenti all'associazione,
da oltre trent'anni impegnata nella salvaguardia dei diritti dei minori.
È urgente una svolta sul problema dell'infanzia
violata ed è necessario prevenire abusi e violenze anche sessuali nei confronti
dei bambini non solo all'interno delle famiglie ma anche negli istituti e nelle
altre strutture educativo-assistenziali di accoglienza, strutture in cui
vivono attualmente almeno 40.000 minori, di cui non si occupano quasi mai i
mezzi di informazione e dove possono svilupparsi tendenze morbose e abusi
sessuali sui bambini ricoverati da parte di ragazzi più grandi e di operatori
che vi lavorano. È necessario spezzare la catena che fa sì che bambini abusati
diventino adulti abusanti.
Non ci risulta che il personale assunto negli istituti
e nelle comunità venga preventivamente sottoposto a una valutazione
psicologica che escluda la presenza di gravi disturbi della personalità.
Sovente l'unico criterio di selezione sembra essere addirittura quello della
retribuzione: chi si accontenta dello stipendio più basso viene assunto.
II Ministro per la Solidarietà sociale si è posto l'obiettivo
del superamento del ricovero in istituto attraverso un potenziamento degli
interventi di sostegno nei confronti delle famiglie in difficoltà e il rilancio
dell'affidamento e la creazione di piccole comunità.
Noi pensiamo che in attesa di questo giorno si
dovrebbero, nell'immediato possibile, introdurre norme rigorose per la
selezione di tutti gli operatori che mettano al sicuro i bambini da sconvolgenti
esperienze. Ciò dovrà ovviamente avvenire nel pieno rispetto dei diritti di
riservatezza degli adulti ed evitando odiose schedature. L'interesse dei soggetti
deboli deve comunque prevalere su tutti gli altri, pur meritevoli di tutela.
(1) Testo del comunicato stampa
emesso il 17 luglio 1998 dalla presidente nazionale dell'ANFAA Donata Nova
Micucci.
www.fondazionepromozionesociale.it