Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

Per non dimenticare

 

 

REALTÀ UMANE E SOCIALI DA PREVENIRE E RISOLVERE (N. 1)

 

Iniziamo una nuova rubrica che chiamiamo "Per non dimenticare" affinché i collaboratori, i lettori e la stessa redazione siano sempre consapevoli della reale situazione delle persone più deboli.

Riporteremo i titoli ripresi dai giornali ed una breve descrizione della situazione.

 

Due voci da Enna: abbiamo fame

Due gemelle di Enna di 15 anni hanno scritto al Sindaco che il momento della giornata più difficile, per loro, è quello dei pasti: perché spesso li devono saltare. Intervistato, il Sindaco ha affermato: «Purtroppo il caso delle due gemelle e della loro famiglia non è un fatto isolato. Qui è quasi la norma. Solo che loro, a differenza degli altri, hanno preferi­to parlare (..). Ogni giovedì il mio ufficio è aperto alla gente, ricevo chiunque voglia parlare con il Sindaco. Il 99 per cento dei casi sono come questo. Gente che non ha un soldo per mantenere la fami­glia, che chiede anche un piccolo aiuto. Lo fa pian­gendo in silenzio, con il pudore di chi soffre ed è disperato. Noi facciamo quel che è possibile fare». (La Stampa del 16 marzo 1998).

 

I miei genitori maltrattati

Riproduciamo integralmente la lettera pubblicata su La Repubblica del 15 aprile 1998: «Gentile diret­tore, le racconto una storia che è il sintomo di un fenomeno purtroppo diffuso: il maltrattamento degli anziani negli istituti di ricovero. Non parlo di botte, di vecchi segregati nelle loro stanze e legati ai letti - vicende di cui si occupa già la magistratura - ma delle violenze psicologiche e, a volte, del disprezzo con cui vengono trattati gli anziani. Forme di cru­deltà quotidiane, di negazione della dignità di molte persone, di cui nessuno, purtroppo, ha voglia di occuparsi. Vivo a Torino. Sono una donna lavoratri­ce e, per continuare ad occuparmi del mio impiego, tre anni fa, fui costretta a portare i miei genitori malati in un ricovero. Furono sistemati in una stan­za a due letti. Pagavo un milione e ottocentomila lire per ognuno di loro. Non era un istituto lussuoso, ma pulito, ordinato: dignitoso, insomma. Mi sem­brava un buon posto, ma ben presto mi accorsi che era un orribile parcheggio. Mio padre morì ben pre­sto e mia madre, rimasta sola, fu subito trasferita in un camerone. La ritrovai posteggiata in una fila di anziane silenziose e tristi, trattate dalle inservienti come se fossero prigioniere: "Mangia e non rompe­re”; "Se non ti piace questa minestra, vai a casa dai tuoi figli"; "Piantala di fare storie, che non abbiamo tempo da perdere", e cose così. Ma non era tutto. «Qualche settimana fa, mia madre è caduta in un corridoio e nessuno l'ha soccorsa. Solo una setti­mana dopo l'incidente, visto che non riusciva più a camminare, hanno chiamato l'ambulanza e si sono accorti che si era lesionata il femore. L'ho portata via da quell'istituto e all'improvviso, dalle sue paro­le e dai suoi gesti, ho scoperto che, per tre anni, era stata sgridata, maltrattata, terrorizzata, costretta a stare zitta per non disturbare, trattata come un mobile, non come una persona. Negare la dignità a chi non produce sembra essere un fenomeno molto diffuso: ho letto da qualche parte che la maggioran­za dei vecchi si sente inutile, un peso per la società. È una forma di crudeltà che una società civile non dovrebbe permettere».

 

Per due ore su un cornicione

Per due ore R.D.S., 30 anni, operaio, è rimasto ieri pomeriggio pericolosamente seduto su un cor­nicione. Ha ripetuto il gesto compiuto due anni prima. Protesta perché la sorella di 28 anni, grave­mente colpita da sclerosi multipla «non riesce ad ottenere un'adeguata assistenza sanitaria»: lui e la sua famiglia non hanno i mezzi economici necessa­ri per ricorrere ai servizi privati. (La Stampa del 4 maggio 1998).

 

Otto vecchi a Roma. Abbandonati nell'ospizio dell'orrore

«Abbandonati, senza un nome per identificarli, qualcuno in pigiama, uno coperto solo con un asciugamano, lo sguardo perso nel vuoto, la mente forse immersa nei ricordi: otto anziani - cinque uomini e tre donne, di età comprese fra i 75 e gli 85 anni - vagavano nel giardino di una casa fatiscen­te, nella campagna dei castelli romani dove viveva­no in condizioni igienico-sanitarie disumane. Gli anziani, tutti affetti da sindrome cerebrale involuti­va, sono stati trovati così dai carabinieri della Stazione di Santa Maria della Mole che ieri mattina, dopo un sopralluogo, hanno sequestrato il casolare diroccato a Frattocchie, vicino a Marino, risultato senza autorizzazioni all'esercizio di attività assi­stenziali né agibilità sanitaria. Un uomo e una donna, di 61 e 48 anni, conviventi, entrambi di Marino, con precedenti penali specifici, che si occu­pavano della conduzione di questa pseudo casa­alloggio, sono stati denunciati. Desolante la scena scoperta dagli investigatori: escrementi e pannoloni sporchi in bagno, una cucina all'apparenza in disu­so con cibi scaduti e mal congelati». (Avvenire e La Stampa del 14 agosto 1998).

 

 

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