Prospettive assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998

 

 

una importante sentenza riguardante i congiunti di anziani cronici non autosufficienti

 

Come abbiamo riferito, sul n. 110, aprile-giugno 1995, di Prospettive assistenziali, il Comune di Torino tramite l’invio della cartella esattoriale per un importo di ben 58 milioni (1), aveva assunto una iniziativa gravemente intimidatoria nei confronti di A.B., figlia di una signora, nata nel 1905, ricoverata dal giugno 1989 presso l’Istituto di riposo per la vecchiaia del capoluogo piemontese.

Il ricovero nella suddetta struttura, gestita direttamente dal Comune di Torino, era stato reso necessario dagli esiti della demenza senile multinfartuale e dal morbo di Parkinson, che avevano gravemente colpito la signora, dalla conseguente totale non autosufficienza, nonché dalla dimissione dell’ospedale in cui era curata, dimissione di fatto tacitamente accettata dalla figlia.

 

Effetti vessatori della cartella esattoriale

La riscossione coatta tramite l’emissione della cartella esattoriale nei confronti di cittadini che devono versare tributi al Comune (o ad altri enti pubblici) è prevista ma non imposta dall’art. 69 del DPR 28 gennaio 1988 n. 43.

Si tratta di una procedura che comporta gravissime ripercussioni per i cittadini:

1) se il pagamento non viene effettuato, viene immediatamente emesso un avviso di mora con l’ulteriore addebito degli interessi nella misura del 6% semestrale e delle spese per la procedura esecutiva;

2) nell’avviso di mora è intimato il pagamento entro 5 giorni in difetto di che:

3) l’ufficiale  giudiziario può procedere immediatamente al pignoramento e alla vendita dei beni, compresi i mobili;

4) il ricorso all’autorità giudiziaria non sospende le azioni di cui al punto precedente;

5) la sospensione ha luogo solo al momento dell’emissione da parte dell’autorità giudiziaria di un provvedimento ad hoc;

6) l’autorità giudiziaria emana un provvedimento definitivo dopo molto tempo (anche alcuni anni);

7) se prima dell’emissione del provvedimento di sospensiva di cui al punto 5, l’ufficiale giudiziario ha già provveduto alla vendita dei beni, e se il cittadino ottiene un provvedimento definitivo (punto 6) a lui favorevole, riceve la somma incassata dalla vendita dei beni che è praticamente sempre di un importo notevolmente inferiore al valore dei beni venduti (se, ad esempio, i mobili valgono 100 milioni e la somma incassata dall’ufficiale giudiziario è di 5 milioni, il cittadino – vinta la causa – riceve 5 milioni!).

 

L’attacco del Comune di Torino al CSA

Com’era stato esplicitamente dichiarato personalmente dall’allora Assessore all’assistenza, il ricorso alla cartella esattoriale era stato fatto non solo per colpire la persona interessata (fra l’altro responsabile del Comitato dei parenti dei ricoverati della struttura in cui era inserita sua madre), ma anche, se non soprattutto, per infliggere una solenne e possibilmente duratura sconfitta al CSA e alle sue richieste concernenti la competenza del Servizio sanitario nazionale in materia di cura degli anziani cronici non autosufficienti.

 

I provvedimenti dell’autorità giudiziaria

A seguito del ricorso presentato dalla signora A.B. in data 14 dicembre 1994, il giudice istruttore disponeva il 19 aprile 1995 «la sospensione dell’esecutorietà della cartella di pagamento notificata il 18 novembre 1994» (2).

A sua volta la prima Sezione civile del Tribunale di Torino ha emesso la sentenza n. 3241, depositata in cancelleria in data 5 giugno 1998.

La sentenza è molto importante in quanto:

a) dichiara che le somme riportate nella cartella di pagamento notificata alla signora A.B. «non sono da questa dovute»;

b) condanna il Comune di Torino a rimborsare alla signora A.B. le spese processuali;

c) precisa che «non vi è alcun titolo legale o contrattuale in base al quale le somme pretese dal Comune per le rette di ricovero della signora G.M.T. presso l’IRV di Torino (v. lettera del 22.3.1994 e cartella di pagamento) possano essere richieste direttamente alla figlia della predetta».

Al riguardo il Tribunale, preso atto che l’impegno sottoscritto dalla signora A.B. a garanzia del pagamento di una quota parte della retta è stato revocato dalla stessa A.B., ha stabilito che «trattandosi di un impegno assunto a tempo indeterminato, l’autrice aveva senz’altro il diritto di esercitare la propria facoltà di recesso, né ciò comportava cessazione del ricovero della signora G.M.T. presso l’IRV».

 

 

 

(1) Decorsi dieci giorni la somma richiesta di L. 58 milioni era salita a 64 milioni 350 mila lire per interessi semestrali di mora L. 4.066.000, compensi per la riscossione coattiva L. 2.103.000, diritti e spese relative alle procedure esecutive L. 96.000. Gli interessi di mora (nel caso in esame L. 4.066.000) devono essere interamente pagati quando il ritardo varia da 1 a 182 giorni di ritardo. L’importo è doppio se il ritardo del pagamento è compreso fra i 183 ed i 365 giorni. Nello stesso modo si procede per gli ulteriori ritardi.

(2) Nel frattempo l’ufficiale giudiziario non aveva compiuto, come però avrebbe potuto fare, alcun atto di pignoramento, atto indispensabile per procedere poi alla vendita all’asta dei mobili di casa e degli eventuali altri beni.

 

 

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