una importante sentenza riguardante i congiunti di
anziani cronici non autosufficienti
Come abbiamo riferito, sul n.
110, aprile-giugno 1995, di Prospettive
assistenziali, il Comune di Torino tramite l’invio della cartella
esattoriale per un importo di ben 58 milioni (1), aveva assunto una iniziativa
gravemente intimidatoria nei confronti di A.B., figlia di una signora, nata nel
1905, ricoverata dal giugno 1989 presso l’Istituto di riposo per la vecchiaia
del capoluogo piemontese.
Il ricovero nella suddetta
struttura, gestita direttamente dal Comune di Torino, era stato reso necessario
dagli esiti della demenza senile multinfartuale e dal morbo di Parkinson, che
avevano gravemente colpito la signora, dalla conseguente totale non
autosufficienza, nonché dalla dimissione dell’ospedale in cui era curata,
dimissione di fatto tacitamente accettata dalla figlia.
Effetti vessatori della cartella esattoriale
La riscossione coatta tramite
l’emissione della cartella esattoriale nei confronti di cittadini che devono versare
tributi al Comune (o ad altri enti pubblici) è prevista ma non imposta
dall’art. 69 del DPR 28 gennaio 1988 n. 43.
Si tratta di una procedura che
comporta gravissime ripercussioni per i cittadini:
1) se il pagamento non viene
effettuato, viene immediatamente emesso un avviso di mora con l’ulteriore
addebito degli interessi nella misura del 6% semestrale e delle spese per la
procedura esecutiva;
2) nell’avviso di mora è intimato
il pagamento entro 5 giorni in difetto di che:
3) l’ufficiale giudiziario può procedere immediatamente al
pignoramento e alla vendita dei beni, compresi i mobili;
4) il ricorso all’autorità
giudiziaria non sospende le azioni di cui al punto precedente;
5) la sospensione ha luogo solo
al momento dell’emissione da parte dell’autorità giudiziaria di un
provvedimento ad hoc;
6) l’autorità giudiziaria emana
un provvedimento definitivo dopo molto tempo (anche alcuni anni);
7) se prima dell’emissione del
provvedimento di sospensiva di cui al punto 5, l’ufficiale giudiziario ha già
provveduto alla vendita dei beni, e se il cittadino ottiene un provvedimento
definitivo (punto 6) a lui favorevole, riceve la somma incassata dalla vendita
dei beni che è praticamente sempre di un importo notevolmente inferiore al
valore dei beni venduti (se, ad esempio, i mobili valgono 100 milioni e la
somma incassata dall’ufficiale giudiziario è di 5 milioni, il cittadino – vinta
la causa – riceve 5 milioni!).
L’attacco del Comune di Torino al CSA
Com’era stato esplicitamente
dichiarato personalmente dall’allora Assessore all’assistenza, il ricorso alla
cartella esattoriale era stato fatto non solo per colpire la persona
interessata (fra l’altro responsabile del Comitato dei parenti dei ricoverati
della struttura in cui era inserita sua madre), ma anche, se non soprattutto,
per infliggere una solenne e possibilmente duratura sconfitta al CSA e alle sue
richieste concernenti la competenza del Servizio sanitario nazionale in materia
di cura degli anziani cronici non autosufficienti.
I provvedimenti dell’autorità giudiziaria
A seguito del ricorso presentato
dalla signora A.B. in data 14 dicembre 1994, il giudice istruttore disponeva il
19 aprile 1995 «la sospensione
dell’esecutorietà della cartella di pagamento notificata il 18 novembre 1994» (2).
A sua volta la prima Sezione
civile del Tribunale di Torino ha emesso la sentenza n. 3241, depositata in
cancelleria in data 5 giugno 1998.
La sentenza è molto importante in
quanto:
a) dichiara
che le somme riportate nella cartella di pagamento notificata alla signora A.B.
«non sono da questa dovute»;
b) condanna
il Comune di Torino a rimborsare alla signora A.B. le spese processuali;
c) precisa
che «non vi è alcun titolo legale o
contrattuale in base al quale le somme pretese dal Comune per le rette di
ricovero della signora G.M.T. presso l’IRV di Torino (v. lettera del 22.3.1994
e cartella di pagamento) possano essere richieste direttamente alla figlia
della predetta».
Al riguardo il Tribunale, preso
atto che l’impegno sottoscritto dalla signora A.B. a garanzia del pagamento di
una quota parte della retta è stato revocato dalla stessa A.B., ha stabilito
che «trattandosi di un impegno assunto a
tempo indeterminato, l’autrice aveva senz’altro il diritto di esercitare la
propria facoltà di recesso, né ciò comportava cessazione del ricovero della
signora G.M.T. presso l’IRV».
(1)
Decorsi dieci giorni la somma richiesta di L. 58 milioni era salita a 64
milioni 350 mila lire per interessi semestrali di mora L. 4.066.000, compensi
per la riscossione coattiva L. 2.103.000, diritti e spese relative alle
procedure esecutive L. 96.000. Gli interessi di mora (nel caso in esame L.
4.066.000) devono essere interamente pagati quando il ritardo varia da 1 a 182
giorni di ritardo. L’importo è doppio se il ritardo del pagamento è compreso
fra i 183 ed i 365 giorni. Nello stesso modo si procede per gli ulteriori
ritardi.
(2) Nel
frattempo l’ufficiale giudiziario non aveva compiuto, come però avrebbe potuto
fare, alcun atto di pignoramento, atto indispensabile per procedere poi alla
vendita all’asta dei mobili di casa e degli eventuali altri beni.
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