Prospettive
assistenziali, n. 124, ottobre-dicembre 1998
messaggio del cardinale martini alle persone handicappate
intellettive o con sindrome di down
Più di 500 persone (soggetti con
handicap, genitori, operatori, insegnanti e volontari) hanno partecipato al 2°
convegno europeo “Handicappati intellettivi e soggetti con sindrome di Down
nell’Europa del 2000: gli obiettivi raggiunti, i diritti da conquistare” che si
è svolto a Milano il 23-24 ottobre 1998, organizzato dall’Istituto italiano di
Medicina sociale, la Scuola dei diritti “Daniela Sessano” dell’ULCES, l’UTIM -
Unione per la tutela degli insufficienti mentali, la rivista “Prospettive
assistenziali” e il bollettino “Handicap & Scuola”, con il patrocinio della
Rappresentanza a Milano della Commissione europea e con l’adesione dell’ANFFAS
- Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti disabili intellettivi e
relazionali, l’Associazione Papa Giovanni XXIII e la redazione di “Appunti”.
Agli organizzatori ed ai
partecipanti, S.E. il Cardinale Carlo Maria Martini ha inviato il messaggio che
riproduciamo integralmente.
Desidero esprimere il mio cordiale interesse per i lavori del 2° Convegno
Europeo “Handicappati intellettivi e soggetti con sindrome di Down nell’Europa
del 2000”, insieme alla riconoscenza per i promotori e tutti i partecipanti.
La nostra società attraversa una stagione delicata e non certo facile.
Questa situazione crea spinte individualistiche e sospinge molti, persone e
gruppi, a chiudersi nella cura e nella salvaguardia del bene particolare.
E ciò mentre si acutizzano i problemi di sempre – penso ai temi della
disoccupazione, della casa, della gravità della condizione degli anziani – e si
aggiungono nuove povertà, come il fenomeno dell’immigrazione che bussa
perentoriamente alla nostra porta e sollecita aiuto e solidarietà.
In questo quadro rischia forse di affievolirsi l’attenzione verso quelle
forme di bisogno che silenziosamente convivono con noi nel tessuto normale
della vita e dei rapporti quotidiani: penso appunto agli handicappati
intellettivi.
È perciò legittimo e doveroso risvegliare l’attenzione delle autorità
istituzionali affinché si facciano carico concretamente di tali “povertà” e la
riforma in atto del Welfare non
penalizzi quanti a causa delle proprie difficoltà non sono in grado di
difendersi, ma venga assicurato a chi è più debole il massimo dell’integrazione
e della valorizzazione. In particolare mi permetto alcune sottolineature a
titolo esemplificativo:
– il sostegno all’integrazione scolastica dei disabili intellettivi;
– la valorizzazione delle capacità lavorative dei giovani disabili che
hanno diritto di essere avviati al lavoro previo adeguato iter formativo;
– la promozione di forme di aiuto e di sostegno a famiglie con persone
handicappate intellettive gravi. Infatti, ancora oggi la famiglia non può
contare su centri diurni aperti almeno 8 ore al giorno per 5-6 giorni alla
settimana, soprattutto per quei disabili intellettivi che, terminata la scuola
dell’obbligo, non possono frequentare corsi di formazione professionale a causa
della gravità delle loro condizioni;
– la creazione e il sostegno di iniziative volte alla promozione di forme
tutelari più a misura d’uomo, come le case famiglia e le comunità alloggio;
anche in questo campo mancano obblighi
di legge per cui possono intervenire forme di inerzia tendenti ad
utilizzare strutture già pronte, anche se poco rispondenti al bisogno delle
persone e rispettose della loro dignità.
In questo la comunità cristiana deve collaborare perché cresca e si
sviluppi la cultura della dignità della persona umana, soprattutto nelle
espressioni più forti del suo limite e del suo bisogno, e ho fiducia che le
nostre comunità sapranno continuare nel loro lodevole impegno di accoglienza e
di sostegno, impegno tanto più efficace quanto più fondato sul riconoscimento
della dignità di questi nostri fratelli e dei valori di cui sono portatori per
l’intera società.
Scrivo nella Lettera pastorale Ritorno
al Padre di tutti: «Dio ci vuole tutti uguali in dignità davanti a Lui,
fratelli nella varietà delle possibilità e delle risorse, ma anche nella
partecipazione comune a ciò che viene destinato a tutti. Il Padre dei poveri ci
fa guardare con larghezza di cuore ai bisogni altrui e identificare in essi –
soprattutto nei bisogni dei più deboli – i diritti fondamentali della persona
umana che a nessuno è lecito trascurare o calpestare» (p. 56).
Davvero la sfida che ci viene proposta in questo scorcio di fine millennio,
è di avere larghezza di mente e di cuore, di programmi e di azione. Potremo
così curvarci su ogni debolezza per assumerla e soccorrerla, a imitazione di
Colui che è Padre di ogni uomo e si piega con tenerezza su ciascuno dei suoi
figli.
Auguro a tutti un buon lavoro, con la mia benedizione.
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