Prospettive assistenziali, n. 124, ottobre-dicembre 1998

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

 

LA REGIONE LOMBARDIA DIMENTICA I BAMBINI IN ISTITUTO: LETTERA APERTA AI CONSIGLIERI REGIONALI

 

 

Ogni bambino ha diritto di crescere in famiglia.

In base alla legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", il ricovero in istituto è consentito solo nei casi in cui siano impossibili la permanenza del mino­re nella sua famiglia con adeguati supporti, oppure l'affidamento familiare o l'adozione, secondo le priorità stabilite dalla legge stessa.

L'istituzionalizzazione è quindi l'ultima soluzione perché, come è stato recentemente ribadito nel Rapporto 1996 sulla condizione dei minori in Italia, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Sociali, «l'istituto non è in grado di dare risposte esaustive a quello che è il bisogno primario di un soggetto in età evolutiva: di realizzare, cioè, in modo compiuto, un regolare pro­cesso di identificazione personale e di socializzazio­ne. Nell'anonimo ambiente dell'istituto, anche il migliore, non potranno facilmente realizzarsi rappor­ti affettivi strutturati e stabili, nella necessaria stan­dardizzazione della vita, che deve essere fortemen­te organizzata, non vi è sufficiente spazio per una educazione alla libertà creativa e alla capacità criti­ca; nella conoscenza di persone adulte aventi ruoli professionali ben definiti, mancherà al ragazzo la reale esperienza del dialogo interpersonale, man­cheranno stimoli a coltivare interessi essenziali per un'adeguata crescita».

«Oltre alle gravi conseguenze sul piano individua­le, occorre mettere in evidenza anche i danni socia­li che possono derivare dal ricorso all'istituto per la soluzione di problemi assistenziali. Si possono sin­tetizzare in tre punti: deresponsabilizzazione degli enti pubblici, depauperamento delle risorse, dere­sponsabilizzazione dei parenti e della comunità».

Vogliamo portare alla Vostra attenzione la dram­matica situazione dei minori in istituto in Lombardia.

Secondo i dati parziali forniti dalla Regione Lombardia, Settore Famiglia e Politiche Sociali, risultavano ricoverati in istituto, al 31.12.1996, 766 minori e 1476 in comunità per un totale di 2242. I minori ricoverati in istituti e comunità sono aumenta­ti di ben 149 unità rispetto all'anno precedente (erano 2093 al 31.12.1995). Dei 766 minori istituzio­nalizzati: 73 hanno un'età compresa fra 0 e 5 anni; 207 hanno un'età compresa fra 6 e 10 anni; 262 hanno un'età compresa fra 11 e 14 anni.

Di questi 766 minori, soltanto 364 rientrano a casa una volta alla settimana; 88 una volta ogni 15 giorni; 33 una volta al mese; 42 una volta ogni 6 mesi; 176 non rientrano mai a casa.

Per quanto riguarda la frequenza delle visite dei familiari, 96 minori non ne ricevono mai e non hanno mai rientri in famiglia.

Di ben 117 minori non si hanno notizie né riguar­do alla frequenza delle visite dei familiari né riguar­do alla frequenza dei rientri a casa.

Altri dati che potrebbero meglio definire il quadro dei rapporti di questi bambini con i loro familiari sono poco chiari.

Considerazioni analoghe si possono fare in merito ai minori inseriti in comunità (i dati percentuali sono simili). AI riguardo si rileva che secondo la classifi­cazione della Regione Lombardia sono purtroppo considerati come "comunità" anche istituti ristruttu­rati al loro interno in gruppi famiglia.

Dei 1266 dimessi dagli istituti e dalle comunità nel corso del 1996, 331 sono rientrati a casa loro; 111 sono stati dati in affidamento familiare; 96 sono stati inseriti in famiglie adottive; 20 sono stati trasferiti in altre strutture (istituti o comunità).

Per i rimanenti la destinazione non è chiara. Per esempio non si capisce che fine hanno fatto i 50 minori che, secondo i dati della Regione, hanno avuto un "difficile inserimento" e i 102 per i quali è terminato il progetto.

E i 26 che hanno terminato la scuola, i 51 che hanno raggiunto la maggiore età, dove sono andati, qual è stato il loro destino?

Per 378 minori le motivazioni delle dimissioni non sono specificate (sono classificate dalla Regione con "altro") e di 99 mancano notizie!

 

Richieste alla Regione Lombardia

L'ANFAA chiede l'assunzione di un progetto spe­cifico diretto al superamento entro il 2000 dell'istitu­zionalizzazione dei minori, a partire dai più piccoli che maggiormente risentono delle conseguenze negative del ricovero in istituto, attraverso il rilancio degli aiuti socio-economici ed educativi alla famiglia d'origine, degli affidamenti familiari, delle adozioni e di piccole comunità di tipo familiare, inserite in nor­mali case di abitazione per permanenze tempora­nee.

L'ANFAA denuncia lo scandaloso ritardo di ben due anni con cui sono stati resi noti, dopo diverse sollecitazioni, i dati parziali relativi ai minori ricove­rati, ritardo che ne impedisce l'utilizzo da parte degli organismi interessati.

L'ANFAA chiede che questi dati siano costante­mente tenuti aggiornati e forniti semestralmetne alle istituzioni competenti (Giudici Tutelari, Tribunale per

i Minorenni, Enti Locali) al fine di sollecitarli a realiz­zare gli interventi previsti dalla normativa vigente.

Per concretizzare questi obiettivi riteniamo neces­saria l'estensione dell'anagrafe ai minori ricoverati in strutture (istituti e comunità) a carattere psico-medi­co-pedagogico, in modo da avere aggiornate anche la situazione personale e familiare dei minori porta­tori di handicap, per individuare tempestivamente eventuali situazioni di abbandono.

Segnaliamo che nella ricerca pubblicata dalla Regione Lombardia nel 1996 e relativa ai dati del 1995, su "I minori negli istituti educativo assistenzia­li e nelle Comunità Alloggio della Lombardia", risul­tavano ancora operanti degli istituti, alcuni dei quali organizzati in gruppi, che non hanno nessuna dimensione familiare, con un numero ancora troppo alto di ricoverati. Portiamo ad esempio la Piccola (sic) Opera per la salvezza del fanciullo "Mamma Rita" di Monza che ha ben 140 minori ricoverati, il Centro Salesiano S. Domenico Savio di Arese con 52 bambini, la Casa Nazareth di Miano e la Casa di Accoglienza della Via Belgioioso, entrambe con 45 ricoverati, l'istituto Antoniano padri rogazionisti di Desenzano che accoglie 41 giovani, l'istituto Villa S. Maria di Tavernario con 38 posti occupati, la Comunità Buon Pastore Gruppo 2 di Milano (37 utenti) e infine il Centro Rita Tognoli di Tracina, con 36 posti.

Quali sono le difficoltà reali per la creazione di comunità alloggio di 6-8 posti?

 

Richieste agli enti locali

L'ANFAA chiede l'esame dei minori, a partire da quelli della fascia di età 0-6 anni ricoverati in comu­nità o istituti, e avvio, al più tardi entro sei mesi, di provvedimenti atti alla loro collocazione familiare: ritorno nella famiglia d'origine, affido, adozione, con l'indicazione dei supporti necessari da parte dei ser­vizi sociali, assistenziali e sanitari.

 

Richieste al Tribunale per i minorenni e ai Giudici Tutelari

È urgente che in attuazione a quanto disposto dal­l'art. 9 della legge 184/83 vengano disposti accerta­menti immediati sui minori ricoverati in strutture a partire da quelli che non hanno rapporti con i loro familiari e che non rientrano mai a casa.

Milano, 25 novembre 1998

 

 

L'AFFIDAMENTO FAMILIARE NON È UN APPALTO DI PULIZIE DA ASSEGNARE A CHI OFFRE DI MENO

 

Esprimiamo il nostro profondo dissenso in merito al bando dell'ASL 3 - Lombardia con cui è stata

indetta una gara per l'appalto della gestione al prez­zo più basso dell'Ufficio Centrale Affidi. È in gioco la vita di bambini con situazioni personali e familiari complesse e difficili, che richiedono interventi coor­dinati da parte delle diverse istituzioni coinvolte: Comuni, ASL, tribunale per i minorenni e giudici tutelari, scuole.

È scandaloso che l'appalto venga inoltre aggiudicato alla ditta che offre il prezzo più basso.

Premesso che secondo quanto stabilito dalla legge del 4-5-1983 n. 184 della "Disciplina dell'ado­zione e dell'affidamento dei minori", l'affidamento familiare deve essere disposto dai servizi locali nei confronti dei minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, nel bando non si fa riferi­mento:

• alle leggi nazionali e regionali in merito;

• alle delibere specifiche dell'ASL o dei Comuni dell'ex USSL 29, alle provvidenze e rimborsi spese per gli affidatari, ecc.;

• a quale ente compete l'individuazione dei bam­bini da affidare; l'elaborazione del relativo progetto, chi decide tempi e modalità di abbinamento minori­affidatari, chi interviene nei confronti della famiglia d'origine, chi decide la conclusione dell'affidamento, chi tiene i rapporti con l'autorità giudiziaria, ecc.

 

Va garantita la continuità degli interventi

Le persone che danno la loro disponibilità all'affi­damento a chi si rivolgono? Alla ditta che ha vinto il bando "al prezzo più basso"? Quali garanzie dà la ditta perché non ci siano discriminazioni nei loro confronti di ordine politico, religioso, ecc.?

Siamo molto preoccupati per il futuro dei bam­bini e delle loro famiglie in difficoltà svenduti al prezzo più basso dagli enti pubblici.

I soldi ci sono, non si deve risparmiare sulla pelle dei bambini in difficoltà!

Chiediamo che i Comuni si riapproprino delle loro competenze specifiche sull'affidamento ritirando la delega all'ASL e programmino la gestione degli interventi consultando preventivamente i gruppi e le associazioni interessate, compresa I'ANFAA.

L'ANFAA intende dare il proprio contributo per l'impostazione del servizio come associazione di volontariato impegnata da oltre 35 anni dalla parte dei bambini in difficoltà. Precisa a scanso di equivo­ci che non è interessata a nessuna forma di gestio­ne.

 

Monza, 20 novembre 1998

Sezioni ANFAA Monza e ANFAA Lombardia

 

www.fondazionepromozionesociale.it