Prospettive
assistenziali, n. 124, ottobre-dicembre 1998
violenze anche sessuali negli istituti di assistenza: la
testimonianza di un giudice minorile
Da molti anni l’ANFAA, il CSA e Prospettive
assistenziali denunciano, finora inutilmente, che è assolutamente
necessario evitare in tutta la misura del possibile che nei servizi,
soprattutto in quelli residenziali, operi personale con pesanti disturbi della
personalità.
Infatti, i bambini, gli anziani cronici non autosufficienti, i dementi
senili, gli handicappati intellettivi gravi non sono in grado di reagire alle
violenze subite e, spesso, di segnalarle (1).
Come risulta dal contributo di Melita Cavallo, giudice presso il Tribunale
per i minorenni di Napoli, inserito nel volume “Pianeta infanzia: questioni e
documenti” (2), la situazione odierna dei minori ricoverati in istituto non è
molto diversa da quella descritta venticinque anni fa nel libro “Il Paese dei
Celestini” (3).
Infatti il Giudice Cavallo espone quanto segue: «Gli istituti e le
comunità, in quanto luoghi di aggregazione di bambini e di ragazzi, possono a
loro volta essere luoghi d’abuso. Di violenze fisiche negli istituti ne ho
constatate e denunziate tante, ottenendone in alcuni casi la chiusura; ma non
sono infrequenti anche pratiche sessuali in danno dei piccoli ospiti. In
generale, esse sono poste in essere da un educatore oppure, molto più spesso,
da una persona vicina al responsabile, che utilizza la sua posizione per
garantirsi silenzio e impunità. D’altra parte i bambini collocati negli
istituti hanno coscienza di essere soli ed indifesi, sono spaventati dalle
mille punizioni possibili, non sanno neppure con chi confidarsi, perciò
subiscono più passivamente di altri ogni violenza, e questo l’abusante lo sa
bene!
«Nel maggio del ‘97 ho ottenuto la chiusura di una comunità nella quale il
fratello della responsabile molestava alcuni bambini, naturalmente i più deboli
e indifesi, quelli mai visitati dai parenti, quelli che non avevano fratelli
più grandi nella stessa struttura.
«Né i circoli ricreativi sono esenti dal fenomeno: mi sono trovata, infatti,
di fronte ad istruttori di nuoto che molestavano i loro allievi, e in un caso
di fronte ad un allenatore che aveva rapporti sessuali continui con un
ragazzino della sua squadra addirittura negli spogliatoi.
«Ho pure potuto negli anni constatare che persino le parrocchie e le
comunità di tipo religioso sono teatro di episodi di abuso sessuale, con dei
preti come protagonisti. In un caso si arrivò, a seguito della denunzia, alla
chiusura della comunità; il prete protestava la sua innocenza affermando che i
ragazzi nel suo letto li prendeva perché soli, abbandonati e desiderosi di
affetto e di corporeità, e che solo la malvagità degli uomini vede il male dove
c’è solo misericordiosa accoglienza; egli morì prima che si potesse raggiungere
un giudizio.
«Nel 1990 la cronaca diede molta enfasi a un processo a carico di un prete
del rione Sanità e di un adolescente che sarebbe stato oggetto di attenzioni
sessuali da parte di lui. Il prete fu condannato in entrambi i gradi di
giudizio; e il Cardinale, il giorno successivo alla sentenza di primo grado,
disse messa con lui, come a disconoscere il giudizio del tribunale.
«Persino le strutture ospedaliere, destinate alla tutela della salute, sono
talvolta teatro di violenza sessuale. Alcuni anni fa una ragazzina che aveva
rinunciato a riconoscere il figlio appena nato, cedendolo a terzi estranei, mi
dichiarò di essere rimasta incinta di uno sconosciuto che le aveva fatto
violenza mentre era ricoverata in ospedale in attesa di un intervento, e che
perciò aveva inizialmente deciso di abbandonarlo alla nascita in un cassonetto.
L’incontro occasionale con una coppia senza figli aveva modificato il suo
progetto.
«Le cronache cittadine, in più occasioni, hanno dato notizia di violenze
sessuali commesse in danno di ragazzine o di giovani donne ricoverate in
ospedale; ricordo con precisione di un caso in cui la violenza avvenne mentre
la vittima attendeva su una barella in una corsia!
«Sembra allora attendibile l’ipotesi che il fenomeno del neonato
abbandonato nel cassonetto sia legato, almeno in parte, al fenomeno
dell’incesto e della violenza sessuale, che produce odio per quella “cosa che
cresce dentro”, da cui la decisione di eliminarla non appena “sarà fuori”.
«Neppure sono esenti, a mio parere, le strutture carcerarie, nelle quali le
violenze avvengono tra gli stessi ragazzi. In questi casi è ben difficile che
un abuso sessuale emerga all’esterno, perché ciò testimonierebbe
l’inadeguatezza della struttura e l’inefficienza dell’apparato di controllo, e
nessuno ha interesse ad evidenziarlo. I ragazzi temono la reazione e, protesi
come sono ad ottenere benefici, preferiscono subire nella speranza di
riconquistare la libertà, per regolare i conti una volta fuori».
(1) Cfr. anche M.G. Breda e F. Santanera, Handicap: oltre la legge quadro -
Riflessioni e proposte, UTET Libreria, Torino, 1995.
(2) Il volume è stato predisposto e pubblicato nel
marzo 1998 dall’Istituto degli Innocenti, Piazza Santissima Annunziata 12,
50122 Firenze, Tel. 055-249.17.43.
(3) Cfr. B. Guidetti Serra e F. Santanera, Il Paese dei Celestini - Istituti di
assistenza sotto processo, Einaudi, Torino, 1973.
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