Prospettive assistenziali, n. 125, gennaio-marzo 1999
Notiziario dell’Unione per la
lotta contro l’emarginazione sociale
il ruolo
del volontariato dei diritti per la tutela delle persone non in grado di
autodifendersi
Riportiamo il testo del volantino-documento predisposto e distribuito dal
CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base in data 29
novembre 1998.
RICONOSCIMENTO DELLE ESIGENZE E DEI DIRITTI DEI PIÙ DEBOLI |
L’obiettivo del volontariato
dei diritti è il concreto riconoscimento delle esigenze e dei diritti delle
persone più deboli, in primo luogo di quelle che non sono in grado di
autodifendersi a causa dell’età (bambini in situazione di parziale o totale
abbandono) o delle condizioni psico-fisiche-cognitive (handicappati
intellettivi e malati psichiatrici con limitata o nulla autonomia, malati di
Alzheimer e altri soggetti colpiti da demenza presenile e senile, anziani
cronici non autosufficienti). |
ALCUNI COMPITI DEL VOLONTARIATO VERO (E NON SOLO DECLAMATORIO O CONSOLATORIO) E DELLE ISTITUZIONI |
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NEGLI ISTITUTI CI SONO ANCORA 20 MILA MINORI I BAMBINI ABUSATI RISCHIANO DI DIVENTARE ADULTI ABUSANTI. NO AL PERSONALE
CON GRAVI DISTURBI DELLA PERSONALITÀ C’È ANCORA L’ODIOSA SEPARAZIONE FRA L’ASSISTENZA AI NATI NEL E FUORI DAL
MATRIMONIO L’ASSISTENZA È UN DIRITTO PER LE PERSONE ED I NUCLEI FAMILIARI IN GRAVI
DIFFICOLTÀ MANCANO CENTRI DIURNI E COMUNITÀ ALLOGGIO PER GLI HANDICAPPATI
INTELLETTIVI I PAZIENTI PSICHIATRICI, I MALATI DI ALZHEIMER E GLI ANZIANI CRONICI NON
AUTOSUFFICIENTI SONO PERSONE MALATE E NON POVERI DA ASSISTERE |
Negli istituti sono ancora
ricoverati 20 mila minori nonostante che da 50 e più anni siano
scientificamente note le conseguenze deleterie e a volte irrimediabili dovute
alla carenza di cure familiari. Da notare che da anni c’è la disponibilità ad
accoglierli da parte dei nuclei affidatari e, nei casi di abbandono materiale
e morale, dalle famiglie adottive (vi sono circa 20 richieste di adozione per
ciascun bambino adottabile). Inoltre, moltissime famiglie d’origine, se
aiutate, potrebbero riprendersi i loro figli. È necessario spezzare la catena
che fa sì che i bambini abusati diventino adulti abusanti. Il personale degli
istituti, delle comunità e dei collegi pubblici e privati – fino al loro
urgente superamento – deve essere assunto solo se sottoposto ad un’attenta
valutazione psicologica che escluda la presenza di gravi disturbi della
personalità. È ancora vigente nella
legislazione attuale l’odiosa separazione fra l’assistenza ai minori nati nel
matrimonio (compito quasi sempre attribuito – anche se spesso solo
discrezionalmente – ai Comuni) e l’assistenza ai fanciulli nati fuori dal
matrimonio (in genere spettante alle Province). Inoltre sono spesso
gravemente carenti gli interventi (prima, durante e dopo il parto) nei
confronti delle gestanti e delle madri in difficoltà. Sarebbe necessario che dopo 50
anni dalla promulgazione, venisse finalmente attuata la Costituzione, che
stabilisce il diritto all’assistenza per le persone e per i nuclei familiari
in difficoltà. Occorre quindi che il Parlamento stabilisca che i Comuni sono
obbligati ad intervenire per aiutare i soggetti bisognosi di protezione
sociale. Al riguardo, sono estremamente deludenti le proposte di legge
presentate dal Governo e da quasi tutti i Parlamentari, in quanto non
stabiliscono nessun diritto esigibile. Fra le numerose carenze del
settore assistenziale segnaliamo la necessità di centri diurni (1 almeno ogni
30 mila abitanti) per gli handicappati intellettivi ultraquindicenni che
vivono in famiglia e non sono in grado, a causa della gravità delle loro
condizioni di salute, di svolgere nessuna attività lavorativa, e di comunità
alloggio (1 ogni 30 mila abitanti) per gli handicappati intellettivi privi di
sostegno familiare. Tutti coloro che sono in buona
fede, soprattutto se si tratta di operatori, sanno che i pazienti
psichiatrici, compresi quelli anziani con limitata autonomia, i malati di
Alzheimer ed i vecchi cronici non autosufficienti, sono persone malate che,
in base alle leggi vigenti, devono essere curate dal Servizio sanitario
nazionale. Basta con l’illegale
trasferimento di queste persone dalla sanità all’assistenza. |
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INGUARIBILE NON PUÒ E NON DEVE SIGNIFICARE INCURABILE |
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BASTA CON LE DIMISSIONI OSPEDALIERE SELVAGGE E ILLEGITTIME BASTA CON LE MINACCE AI PARENTI PRIORITÀ DELLE CURE DOMICILIARI ONERI ECONOMICI A CARICO DEI MALATI VOLONTARIATO INTRA FAMILIARE NESSUN CONTRIBUTO ECONOMICO A CARICO DEI PARENTI |
Le dimissioni dagli ospedali
degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer sono
selvagge e illegittime quando l’USL non ha assunto tutte le iniziative
necessarie per garantire la prosecuzione delle cure: prioritariamente a
domicilio (se il malato è d’accordo, i congiunti sono disponibili e ferma la
necessità di un adeguato supporto dei medici e degli infermieri a carico
della sanità pubblica), oppure presso un altro reparto ospedaliero o una casa
di cura privata convenzionata o una RSA (residenza sanitaria assistenziale)
gestita direttamente dal Servizio sanitario nazionale o con esso
convenzionata. La sentenza della Corte di
Cassazione n. 10150 ha confermato il diritto alle cure sanitarie di tutti i
cittadini malati, compresi quelli colpiti da malattie inguaribili. La legge penale vieta l’uso di
minacce contro le persone. Infatti la prima parte dell’art. 610 del codice
penale (violenza privata) dispone quanto segue: «Chiunque, con violenza o
minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito
con la reclusione fino a quattro anni». La Corte suprema di Cassazione ha
chiarito che la violenza e la minaccia sono punibili anche quando con esse si
voglia costringere altri ad adempiere ad un dovere giuridico. Al riguardo, si
ricorda che le cure devono essere fornite, anche per i malati inguaribili, dal
Servizio sanitario nazionale e non dai parenti. La priorità delle cure
sanitarie domiciliari dovrebbe essere assicurata dalle USL in tutti i casi in
cui questo intervento è utile per gli anziani cronici non autosufficienti e
per i malati di Alzheimer, sempre che i parenti siano idonei e disponibili ed
i costi per il Servizio sanitario nazionale non siano superiori alla retta di
ricovero in ospedale, in RSA o in altre strutture sanitarie. Allo scopo,
tenuto conto che vi sono molti pazienti che passano con una certa frequenza
da condizioni meno critiche a stati più problematici, occorrerebbe unificare
i servizi di assistenza domiciliare integrata e di ospedalizzazione a
domicilio. Pur non prevedendo le leggi
vigenti oneri economici a carico dei malati, non ci si oppone al pagamento di
una quota (ad esempio, 50 mila lire al giorno) sui redditi pensionistici dei
ricoverati, a condizione che siano fornite tutte le necessarie prestazioni
sanitarie e alberghiere. Le cure sanitarie domiciliari
sono rese possibili dalla sensibilità umana e sociale di migliaia di
congiunti che non hanno alcun obbligo giuridico di accogliere a casa loro i
parenti malati non autosufficienti. Pertanto, fermo restando l’obbligo del
Servizio sanitario nazionale di fornire le necessarie cure mediche,
infermieristiche e riabilitative, allo scopo di riconoscere e sviluppare il
volontariato intra familiare, le USL dovrebbero deliberare l’erogazione di un
congruo contributo economico ai congiunti che accolgono a casa loro malati
non autosufficienti, di modo che essi possano utilizzarlo per retribuire il
personale a cui devono rivolgersi per poter sostenere il gravoso impegno
assunto. In base alle leggi vigenti,
come ha confermato anche il Difensore civico della Regione Piemonte, gli enti
pubblici (USL, Comuni, ecc.) non possono pretendere contributi economici dai
parenti di assistiti maggiorenni. |
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IL
SOLITO RITORNELLO DELLA MANCANZA DI MEZZI ECONOMICI PER I PIÙ DEBOLI I genitori seri, quando un loro figlio è gravemente
malato, non dicono mai come prima considerazione di non avere i soldi per
curarlo. Coloro che si comportano in questo modo (genitori, amministratori e
operatori) cercano scusanti al loro disinteresse. I finanziamenti sono sempre stati carenti (e sempre lo
saranno) per i più deboli, nonostante che: – l’evasione
fiscale abbia raggiunto i 250-300 mila miliardi all’anno, favorita
indubbiamente dalla volutamente non richiesta denuncia dei patrimoni. In
Svizzera devono essere denunciati ogni anno non solo i redditi, ma anche le
proprietà immobiliari, le obbligazioni, il denaro contante disponibile, i
quadri di autore, i gioielli, ecc.; – a
seguito di un’iniziativa molto semplice e poco costosa, il Comune di Rivoli
(52 mila abitanti) ha recuperato 8 miliardi all’anno di tasse inevase
(raccolta rifiuti, occupazione suolo pubblico, ICI, ICIAP). È un’iniziativa
che dovrebbe essere assunta da tutti i Comuni, in primo luogo da quelli che
asseriscono di avere scarsità di fondi; – gran
parte dei patrimoni delle IPAB - Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza (forse 30-40 mila miliardi) sono stati regalati negli ultimi anni
a coloro che hanno affermato (e non sempre dimostrato) di essere titolari
degli interessi originari dell’ente. Il Governo, il Parlamento e le Regioni
finora nulla hanno fatto di concreto per evitare la dispersione dei beni
regalati ai privati che, in base alle disposizioni vigenti, avrebbero dovuto
e dovrebbero essere destinati, insieme ai redditi, esclusivamente a sostegno
delle persone e delle famiglie povere; – i
patrimoni delle IPAB funzionanti come enti pubblici ammontano a più di 50
mila miliardi. La legge stabilisce che i beni ed i redditi relativi siano
utilizzati totalmente per finalità di assistenza sociale; – una
somma annuale imponente (forse superiore ai 10 mila miliardi) è versata dallo
Stato a soggetti che non sono assolutamente in situazione di bisogno. Si
tratta delle integrazioni al minimo delle pensioni di vecchiaia erogate anche
a possessori di patrimoni rilevanti e degli assegni di invalidità e sociali
versati anche a persone e nuclei familiari con beni e redditi sufficienti per
vivere. Al riguardo si ricorda che il reddito minimo di inserimento disposto
con il decreto legislativo 237/1998 viene erogato anche a coloro che, privi
di redditi, sono proprietari dell’abitazione in cui vivono. In questi casi
dovrebbero essere previsti prestiti e non contributi a fondo perduto; – nella
determinazione della retta per la frequenza di asili nido e di scuole
materne, per la partecipazione a soggiorni e per altre attività non si tiene
conto dei patrimoni immobiliari e mobiliari posseduti, fornendo ai
benestanti, quindi, servizi gratuiti o con pagamenti limitati. |
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