Prospettive assistenziali, n. 125, gennaio-marzo 1999

 

 

approvata la legge di ratifica della convenzione de l’aja sull’adozione internazionale

 

 

Sulla Gazzetta ufficiale n. 8 del 12 gennaio 1999 è stata pubblicata la legge 31 dicembre 1998 n. 476 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri”, che riproduciamo integralmente (1).

La Convenzione, predisposta da una speciale Commissione della Confe­renza permanente di diritto internazionale privato de L’Aja, è stata approvata il 29 maggio 1993.

Le delegazioni di 60 Paesi, composte principalmente da giuristi, avvocati, magistrati, e diverse organizzazioni non governative interessate all’adozione internazionale e alla protezione dell’infanzia, hanno elaborato il testo, frutto anche di mediazioni e compromessi, per risolvere i possibili insorgenti conflitti, in materia di adozione, tra le legislazioni dei Paesi d’origine dei bambini e quelle dei Paesi riceventi.

La Convenzione rappresenta un primo significativo passo verso una cooperazione fra i Paesi di origine e di accoglienza dei bambini, nel rispetto di un’etica procedurale diretta a rendere trasparente e corretta l’adozione e a stroncare il mercato dei minorenni in difficoltà.

Alla base della Convenzione c’è il convincimento che l’adozione internazionale deve essere realizzata nell’interesse preminente del minore in reale stato di adottabilità, non rimediabile nel suo Paese attraverso l’inserimento in un’altra famiglia.

La Convenzione prevede, tra l’altro:

– un’informazione adeguata alla famiglia d’origine o a chi è responsabile legalmente del bambino nel momento in cui viene dato il consenso, sugli effetti dell’adozione, e il controllo da parte delle autorità competenti del Paese d’origine che tale consenso non venga indotto o estorto con promesse di denaro;

– la costituzione, in ciascun Paese firmatario della Convenzione, di un’autorità centrale che, pur avendo la facoltà di delegare parecchie delle sue funzioni ad autorità pubbliche, organizzazioni o persone fisiche autorizzate, è comunque direttamente responsabile del processo adozionale nei confronti della corrispondente autorità centrale nell’altro Paese, impegnandosi a fornire e scambiare informazioni e a promuovere l’applicazione della Convenzione.

 

Norme della legge 184/1983 confermate

Restano invariati i requisiti degli adottanti stabiliti dall’art. 6 della legge 184/1983 (2); la dichiarazione di disponibilità di coloro che intendono adottare deve essere presentata al tribunale per i minorenni del loro luogo di residenza; le caratteristiche e gli effetti dell’adozione dei minori stranieri sono identici a quelli previsti per i fanciulli italiani.

 

Le principali innovazioni della legge 476/1988 (3)

In sintesi sono le seguenti:

1. il Tribunale per i minorenni, entro 15 giorni dalla presentazione della dichiarazione di disponibilità la trasmette ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli e associati che, avvalendosi anche delle competenze delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere, devono informare gli aspiranti genitori adottivi sull’adozione internazionale e sulle relative procedure, provvedere alla loro preparazione, acquisire gli elementi necessari sulla loro situazione personale, familiare e sanitaria e trasmettere al Tribunale per i minorenni una relazione sui dati raccolti entro quattro mesi;

2. il Tribunale per i minorenni, ricevuta la suddetta relazione, sente gli aspiranti all’adozione, dispone gli eventuali opportuni approfondimenti ed, entro i due mesi successivi, emette un decreto motivato attestante l’idoneità o l’inidoneità dei requisiti per adottare. Il suddetto decreto è reclamabile davanti alla Corte di appello da parte dei coniugi e del pubblico ministero;

3. gli aspiranti all’adozione devono conferire, entro un anno dal rilascio del suddetto decreto – che contiene anche indicazioni per favorire il migliore incontro tra gli aspiranti all’adozione e il minore –, a un ente autorizzato dal Governo italiano l’incarico di curare la procedura di adozione internazionale. Le suddette funzioni possono essere svolte anche, tramite un apposito servizio, dalle Regioni e dalle Province autonome di Bolzano e Trento;

4. l’ente di cui al punto precedente, svolte le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all’adozione, trasmette la relativa documentazione alla Com­missione per le adozioni internazionali, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha il compito di autorizzare l’ingresso e la residenza del minore nel nostro Paese;

5. nei casi in cui l’adozione è stata disposta all’estero, il Tribunale per i minorenni italiano, verificatane la correttezza della pronuncia, ordina la tra­scrizione del provvedimento nei registri dello stato civile;

6. qualora l’adozione debba essere perfezionata dopo l’arrivo del minore in Italia, il tribunale per i minorenni, compiuti i necessari accertamenti, riconosce il provvedimento dell’autorità straniera come affidamento preadottivo; decorso un anno dall’inserimento familiare e accertatane la validità, lo stesso tribunale per i minorenni pronuncia l’adozione;

7. possono essere realizzate in Italia anche adozioni di minori provenienti da Paesi che non hanno ratificato la Convenzione de L’Aja, a condizione che vengano rispettati i principi e le procedure previsti dalla legge 476/1998;

8. gli aspiranti genitori adottivi devono ricevere dall’ente autorizzato per l’adozione internazionale tutte le informazioni concernenti il minore. Suc­cessivamente alla pronuncia dell’adozione, la Commissione per le adozioni internazionali può comunicare ai genitori, eventualmente tramite il Tribunale per i minorenni, solo le notizie che hanno rilevanza per lo stato di salute dell’adottato. Per quanto concerne l’accesso alle altre informazioni, valgono le vigenti disposizioni di legge in materia di adozione di minori italiani;

9. disposizioni specifiche sono previste per i coniugi italiani residenti stabilmente e da almeno due anni all’estero;

10. sanzioni penali sono state introdotte per coloro che realizzano adozioni internazionali senza rispettare le procedure previste dalla legge 476/1998.

 

Agevolazioni per i genitori adottivi

Ai sensi dell’art. 39-quater della legge 476/1998 (4), ferme restando le vigenti disposizioni di legge i genitori adottivi e coloro che hanno un minore in affidamento preadottivo hanno diritto a fruire dei seguenti benefici:

a) l’astensione dal lavoro, quale regolata dall’articolo 6, primo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903, anche se il minore adottato ha superato i sei anni di età;

b) l’assenza dal lavoro, quale regolata dall’articolo 6, secondo comma, e dall’articolo 7 della predetta legge n. 903 del 1977, sino a che il minore adottato non abbia raggiunto i sei anni di età;

c) un congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l’adozione;

d) deduzione ai fini fiscali dal reddito complessivo del 50 per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione internazionale.

 

 

Testo della Legge 476/1998

 

Art. 1

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata “Convenzione”.

 

Art. 2

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione a decorrere dalla sua entrata in vigore, in conformità all’articolo 46 della Convenzione medesima.

Art. 3

1. Il Capo I del Titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Capo I. - Dell’adozione di minori stranieri.

Art. 29. – 1. L’adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai principi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata “Convenzione”, a norma delle disposizioni contenute nella presente legge.

Art. 29-bis. – 1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall’articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all’estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione.

2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto salvo quanto stabilito nell’articolo 36, comma 4, è competente il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza; in mancanza, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.

3. Il tribunale per i minorenni, se non ritiene di dover pronunciare immediatamente decreto di inidoneità per manifesta carenza dei requisiti, trasmette, entro quindici giorni dalla presentazione, copia della dichiarazione di disponibilità ai servizi degli enti locali.

4. I servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, svolgono le seguenti attività:

a) informazione sull’adozione internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all’articolo 39-ter;

b) preparazione degli aspiranti all’adozione, anche in collaborazione con i predetti enti;

c) acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di un’adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonchè acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i minorenni della loro idoneità all’adozione.

5. I servizi trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito all’attività svolta, una relazione completa di tutti gli elementi indicati al comma 4, entro i quattro mesi successivi alla trasmissione della dichiarazione di disponibilità.

Art. 30. – 1. Il tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione di cui all’articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti all’adozione, anche a mezzo di un giudice delegato, dispone se necessario gli opportuni approfondimenti e pronuncia, entro i due mesi successivi, decreto motivato attestante la sussistenza ovvero l’insussistenza dei requisiti per adottare.

2. Il decreto di idoneità ad adottare ha efficacia per tutta la durata della procedura, che deve essere promossa dagli interessati entro un anno dalla comunicazione del provvedimento. Il decreto contiene anche indicazioni per favorire il migliore incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare.

3. Il decreto è trasmesso immediatamente, con copia della relazione e della documentazione esistente negli atti, alla Commissione di cui all’articolo 38 e, se già indicato dagli aspiranti all’adozione, all’ente autorizzato di cui all’articolo 39-ter.

4. Qualora il decreto di idoneità, previo ascolto degli interessati, sia revocato per cause sopravvenute che incidano in modo rilevante sul giudizio di idoneità, il tribunale per i minorenni comunica immediatamente il relativo provvedimento alla Commissione ed all’ente autorizzato di cui al comma 3.

5. Il decreto di idoneità ovvero di inidoneità e quello di revoca sono reclamabili davanti alla corte d’appello, a termini degli articoli 739 e 740 del codice di procedura civile, da parte del pubblico ministero e degli interessati.

Art. 31. – 1. Gli aspiranti all’adozione, che abbiano ottenuto il decreto di idoneità, devono conferire incarico a curare la procedura di ado­zione ad uno degli enti autorizzati di cui all’articolo 39-ter.

2. Nelle situazioni considerate dall’articolo 44, primo comma, lettera a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli aspiranti adottanti, valutate le loro personalità, ad effettuare direttamente le attività previste alle lettere b), d), e), f) ed h) del comma 3 del presente articolo.

3. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione:

a) informa gli aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete prospettive di adozione;

b) svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all’adozione tra quelli con cui esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle stesse la domanda di adozione, unitamente al decreto di idoneità ed alla relazione ad esso allegata, affinchè le autorità straniere formulino le proposte di incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare;

c) raccoglie dall’autorità straniera la proposta di incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare, curando che sia accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita;

d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta di incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare e assistendoli in tutte le attività da svolgere nel Paese straniero;

e) riceve il consenso scritto all’incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare, proposto dall’autorità straniera, da parte degli aspiranti all’adozione, ne autentica le firme e trasmette l’atto di consenso all’autorità straniera, svolgendo tutte le altre attività dalla stessa richieste; l’autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti può essere effettuata anche dall’impiegato comunale delegato all’autentica o da un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario;

f) riceve dall’autorità straniera attestazione della sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 4 del­la Convenzione e concorda con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti,  l’opportunità di procedere all’adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del mancato accordo e ne dà immediata informazione alla Commissione di cui all’articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia richiesto dallo Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore o i minori ai futuri genitori adottivi;

g) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i minorenni e i servizi dell’ente locale della decisione di affidamento dell’autorità straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria, l’autorizzazione all’ingresso e alla residenza permanente del minore o dei minori in Italia;

h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi;

i) riceve dall’autorità straniera copia degli atti e della documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al tribunale per i minorenni e alla Commissione;

l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinchè questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti;

m) svolge in collaborazione con i servizi dell’ente locale attività di sostegno del nucleo adottivo fin dall’ingresso del minore in Italia su richiesta degli adottanti;

n) certifica la durata delle necessarie assenze dal lavoro, ai sensi delle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 39-quater, nel caso in cui le stesse non siano determinate da ragioni di salute del bambino, nonchè la durata del periodo di permanenza all’estero nel caso di congedo non retribuito ai sensi della lettera c) del medesimo comma 1 dell’articolo 39-quater;

o) certifica, nell’ammontare complessivo agli effetti di quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera l-bis) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione.

Art. 32. – 1. La Commissione di cui all’articolo 38, ricevuti gli atti di cui all’articolo 31 e valutate le conclusioni dell’ente incaricato, dichiara che l’adozione risponde al superiore interesse del minore e ne autorizza l’ingresso e la residenza permanente in Italia.

2. La dichiarazione di cui al comma 1 non è ammessa:

a) quando dalla documentazione trasmessa dall’autorità del Paese straniero non emerge la situazione di abbandono del minore e la constatazione dell’impossibilità di affidamento o di adozione nello Stato di origine;

b) qualora nel Paese straniero l’adozione non determini per l’adottato l’acquisizione dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia di origine, a meno che i genitori naturali abbiano espressamente consentito al prodursi di tali effetti.

3. Anche quando l’adozione pronunciata nello Stato straniero non produce la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d’origine, la stessa può essere convertita in una adozione che produca tale effetto, se il tribunale per i minorenni la riconosce conforme alla Convenzione. Solo in caso di riconoscimento di tale conformità, è ordinata la trascrizione.

4. Gli uffici consolari italiani all’estero collaborano per quanto di competenza, con l’ente autorizzato per il buon esito della procedura di adozione. Essi, dopo aver ricevuto formale comunicazione da parte della Commissione ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera h), rilasciano il visto di ingresso per adozione a beneficio del minore adottando.

Art. 33. – 1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all’ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l’ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell’articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

2. E’ fatto divieto alle autorità consolari italiane di concedere a minori stranieri il visto di ingresso nel territorio dello Stato a scopo di adozione, al di fuori delle ipotesi previste dal presente Capo e senza la previa autorizzazione della Commissione di cui all’articolo 38.

3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l’ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d’origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinchè prenda contatto con il Paese d’origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall’articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l’espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all’ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l’ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

5. Qualora sia comunque avvenuto l’ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l’ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell’interesse del minore, provvede ai sensi dell’articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinchè prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell’articolo 34.

Art. 34. – 1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode, dal momento dell’ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.

2. Dal momento dell’ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati,  assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i minorenni sull’andamento dell’inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi.

3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.

Art. 35. – 1. L’adozione pronunciata all’estero produce nell’ordinamento italiano gli effetti di cui all’articolo 27.

2. Qualora l’adozione sia stata pronunciata nello Stato estero prima dell’arrivo del minore in Italia, il tribunale verifica che nel provvedimento dell’autorità che ha pronunciato l’adozione risulti la sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali previste dall’articolo 4 della Conven­zione.

3. Il tribunale accerta inoltre che l’adozione non sia contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e se sussistono la certificazione di conformità alla Convenzione di cui alla lettera i) e l’autorizzazione prevista dalla lettera h) del comma 1 dell’articolo 39, ordina la trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.

4. Qualora l’adozione debba perfezionarsi dopo l’arrivo del minore in Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento dell’autorità straniera come affidamento preadottivo, se non contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto affidamento in un anno che decorre dall’inserimento del minore nella nuova famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua permanenza nella famiglia che lo ha accolto è tuttora conforme all’interesse del minore, il tribunale per i minorenni pronuncia l’adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In caso contrario, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui all’articolo 21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore può essere sentito ove sia opportuno e ove ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal tribunale.

5. Competente per la pronuncia dei provvedimenti è il tribunale per i minorenni del distretto in cui gli aspiranti all’adozione hanno la residenza nel momento dell’ingresso del minore in Italia.

6. Fatto salvo quanto previsto nell’articolo 36, non può comunque essere ordinata la trascrizione nei casi in cui:

a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull’adozione;

b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella dichiarazione di idoneità;

c) non è possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui all’articolo 27;

d) l’adozione o l’affidamento stranieri non si sono realizzati tramite le autorità centrali e un ente autorizzato;

e) l’inserimento del minore nella famiglia adottiva si è manifestato contrario al suo interesse.

Art. 36. – 1. L’adozione internazionale dei minori provenienti da stati che hanno ratificato la Convenzione, o che nello spirito della Conven­zione abbiano stipulato accordi bilaterali, può avvenire solo con le procedure e gli effetti previsti dalla presente legge.

2. L’adozione o l’affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla Con­­venzione nè firmatario di accordi bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia a condizione che:

a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero o il consenso dei genitori naturali ad una adozione che determini per il minore adottato l’acquisizione dello stato di figlio legittimo degli adottanti e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d’origine;

b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneità previsto dall’articolo 30 e le procedure adottive siano state effettuate con l’intervento della Commissione di cui all’articolo 38 e di un ente autorizzato;

c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di idoneità;

d) sia stata concessa l’autorizzazione prevista dall’articolo 39, comma 1, lettera h).

3. Il relativo provvedimento è assunto dal tribunale per i minorenni che ha emesso il decreto di idoneità all’adozione. Di tale provvedimento è
data comunicazione alla Commissione, che provvede a quanto disposto dall’articolo 39, comma 1, lettera e).

4. L’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni, purchè conforme ai principi della Convenzione.

Art. 37. – 1. Successivamente all’adozione, la Commissione di cui all’articolo 38 può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell’adottato.

2. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati dagli articoli 35 e 36 e la Commissione conservano le informazioni acquisite sull’origine del minore, sull’identità dei suoi genitori naturali e sull’anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia di origine.

3. Per quanto concerne l’accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani.

Art. 37-bis. – 1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza.

Art. 38. – 1. Ai fini indicati dall’articolo 6 della Convenzione è costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commis­sione per le adozioni internazionali.

2. La Commissione è composta da:

a) un presidente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri nella persona di un magistrato avente esperienza nel settore minorile ovvero un dirigente dello Stato avente analoga specifica esperienza;

b) due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali;

c) un rappresentante del Ministero degli affari esteri;

d) un rappresentante del Ministero dell’interno;

e) due rappresentanti del Ministero di grazia e giustizia;

f) un rappresentante del Ministero della sanità;

g) tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

3. Il presidente dura in carica due anni e l’incarico può essere rinnovato una sola volta.

4. I componenti della Commissione rimangono in carica quattro anni. Con regolamento adottato dalla Commissione è assicurato l’avvicendamento graduale dei componenti della Commissione stessa allo scadere del termine di permanenza in carica. A tal fine il regolamento può prorogare la durata in carica dei componenti della Commissione per periodi non superiori ad un anno.

5. La Commissione si avvale di personale dei ruoli della Presi­denza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche.

Art. 39. – 1. La Commissione per le adozioni internazionali:

a) collabora con le autorità centrali per le adozioni internazionali degli altri stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini dell’attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione;

b) propone la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale;

c) autorizza l’attività degli enti di cui all’articolo 39-ter, cura la tenuta del relativo albo, vigila sul loro operato, lo verifica almeno ogni tre anni, revoca l’autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme della presente legge. Le medesime funzioni sono svolte dalla Commissione con riferimento all’attività svolta dai servizi per l’adozione internazionale, di cui all’articolo 39-bis;

d) agisce al fine di assicurare l’omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri;

e) conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale;

f) promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell’adozione internazionale e della protezione dei minori;

g) promuove iniziative di formazione per quanti operino o intendano operare nel campo dell’adozione;

h) autorizza l’ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione;

i) certifica la conformità dell’adozione alle disposizioni della Convenzione, come previsto dall’art. 23, comma 1, della Conven­zione stessa;

l) per le attività di informazione e formazione, collabora anche con enti diversi da quelli di cui all’articolo 39-ter;

2. La decisione dell’ente autorizzato di non concordare con l’autorità straniera l’opportunità di procedere all’adozione è sottoposta ad esame della Commissione, su istanza dei coniugi interessati; ove non confermi il precedente diniego, la Commissione può procedere direttamente, o delegando altro ente o ufficio, agli incombenti di cui all’articolo 31.

3. La Commissione attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli interventi attuativi dei principi della Conven­zione.

4. La Commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri, che la trasmette al Parlamento, una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato dell’attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa.

Art. 39-bis. – 1. Le regioni e le province autonome di Trento e Bol­zano nell’ambito delle loro competenze:

a) concorrono a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla presente legge;

b) vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano nel territorio per l’adozione internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento;

c) promuovono la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonchè forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire un servizio per l’adozione internazionale che sia in possesso dei requisiti di cui all’articolo 39-ter e svolga per le coppie che lo richiedano al momento della presentazione della domanda di adozione internazionale le attività di cui all’articolo 31, comma 3.

3. I servizi per l’adozione internazionale di cui al comma 2 sono istituiti e disciplinati con legge regionale o provinciale in attuazione dei principi di cui alla presente legge. Alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano sono delegate le funzioni amministrative relative ai servizi per l’adozione internazionale.

Art. 39-ter. – 1. Al fine di ottenere l’autorizzazione prevista dall’articolo 39, comma 1, lettera c), e per conservarla, gli enti debbono essere in pos­sesso dei seguenti requisiti:

a) essere diretti e composti da persone con adeguata formazione e competenza nel campo del­l’adozione internazionale e con idonee qualità morali;

b) avvalersi dell’apporto di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo professionale, che abbiano la capacità di sostenere i coniugi prima, durante e dopo l’adozione;

c) disporre di un’adeguata struttura organizzativa in almeno una regione o in una provincia autonoma in Italia e delle necessarie strutture personali per operare nei Paesi stranieri in cui intendono agire;

d) non avere fini di lucro, assicurare una gestione contabile assolutamente trasparente, anche sui costi necessari per l’espletamento della procedura, ed una metodologia operativa corretta e verificabile;

e) non avere e non operare pregiudiziali discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all’adozione, ivi comprese le discriminazioni di tipo ideologico e religioso;

f) impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell’infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell’adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori;

g) avere sede legale nel territorio nazionale.

Art. 39-quater. – 1. Fermo restando quanto previsto in altre disposizioni di legge, i genitori adottivi e coloro che hanno un minore in affidamento preadottivo hanno diritto a fruire dei seguenti benefici:

a) l’astensione dal lavoro, quale regolata dall’articolo 6, primo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903, anche se il minore adottato ha superato i sei anni di età;

b) l’assenza dal lavoro, quale regolata dall’articolo 6, secondo comma, e dall’articolo 7 della predetta legge n. 903 del 1977, sino a che il minore adottato non abbia raggiunto i sei anni di età;

c) congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l’adozione».

Art. 4

1. Nell’articolo 10, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente:

«l-bis) il cinquanta per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del Titolo III della legge 4 maggio 1983, n. 184».

 

Art. 5

1. All’articolo 40 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è aggiunto il seguente comma:

«Agli stranieri stabilmente residenti in Paesi che hanno ratificato la Convenzione in luogo della procedura disciplinata dal pri­mo comma si applicano le procedure stabilite nella Convenzione per quanto riguarda l’intervento ed i compiti delle autorità centrali e degli enti autorizzati. Per il resto si applicano le disposizioni della presente legge».

2. All’articolo 41 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è aggiunto il seguente comma:

«Nel caso di adozione di minore stabilmente residente in Italia da parte di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, le funzioni attribuite al console dal presente articolo sono svolte dall’autorità centrale straniera e dall’ente autorizzato».

 

Art. 6

1. Dopo l’articolo 72 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è inserito il seguente:

«Art. 72-bis. – 1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti all’adozione di minori stranieri senza avere previamente ottenuto l’autorizzazione prevista dall’articolo 39, comma 1, lettera c), è punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da uno a dieci milioni di lire.

2. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da due a sei milioni di lire per i legali rappresentanti ed i responsabili di associazioni o di agenzie che trattano le pratiche di cui al comma 1.

3. Fatti salvi i casi previsti dall’articolo 36, comma 4, coloro che, per l’adozione di minori stranieri, si avvalgono dell’opera di associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1 diminuite di un terzo».

 

Art. 7

1. Con regolamento, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’interno, di grazia e giustizia e della sanità, è data attuazione alle norme della presente legge riguardanti la costituzione e l’organizzazione della Commissione per le adozioni internazionali, anche per quanto concerne il contingente di personale e le relative qualifiche. Con il medesimo regolamento sono disciplinate le procedure per ottenere l’autorizzazione, i suoi contenuti, la modifica o la revoca della medesima, la tenuta dell’albo ed ogni altra modalità operativa relativa agli enti autorizzati di cui all’articolo 39-ter della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall’articolo 3 della presente legge.

2. Il regolamento di cui al comma 1 disciplina altresì l’invio da parte della Commissione per le adozioni internazionali di proprio personale in missione presso le rappresentanze diplomatiche e consolari all’estero.

3. La Commissione è costituita nei tre mesi successivi all’emanazione del regolamento di cui al comma 1.

Art. 8

1. Le dichiarazioni di idoneità all’adozione ed i provvedimenti di adozione e di affidamento preadottivo, pronunziati in data anteriore a quella di entrata in vigore della Convenzione, conservano piena efficacia.

2. Le domande già presentate alla data di entrata in vigore della presente legge e quelle inoltrate successivamente continuano ad essere esaminate e trattate secondo le disposizioni di natura procedimentale anteriori, sino alla avvenuta costituzione della Commissione per le adozioni inter­nazionali e alla pubblicazione dell’albo degli enti autorizzati.

3. Le disposizioni di attuazione della Con­venzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993, contenute nell’articolo 3 della presente legge, hanno efficacia a partire dalla data di entrata in vigore della Convenzione stessa.

 

Art. 9

1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 13.200 milioni annue a decorrere dal 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando, per 11.200 milioni di lire l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e, per 2.000 milioni di lire, l’accantonamento relativo alla Presidenza del Con­siglio dei ministri.

2. Le somme di cui al comma 1 confluiscono nel Fondo per le politiche sociali istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con esclusione della quota di minori entrate pari a 3.000 milioni di lire recate dall’articolo 39-quater della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall’articolo 3 della presente legge, nonchè dall’articolo 4 della presente legge.

3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

 

 

(1) Il testo della Convenzione de L’Aja è stato riportato sul n. 104, ottobre-dicembre 1993, di Prospettive assistenziali.

(2) In base alla sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 1992, l’adozione di uno o più fratelli biologici può essere consentita «quando per uno di essi l’età degli adottanti supera di più di 40 anni l’età dell’adottando e dalla separazione deriva ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione».

Inoltre, con la sentenza n. 303 del 1996 la Corte costituzionale ha stabilito «l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età di uno dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore».

Il suddetto orientamento della Corte costituzionale è stato dalla stessa puntualizzato nella sentenza n. 10 del 1998 in base alla quale il provvedimento del Tribunale per i minorenni può «precisare e rendere esplicite le caratteristiche della famiglia di accoglienza e, correlativamente, quelle del minore o dei minori dei quali i coniugi aspiranti all’adozione possono prendersi cura. Tali caratteristiche comprendono quelle rilevanti per la disciplina relativa al divario di età tra gli adottanti ed il minore, che l’ordinamento italiano prevede perché, nell’interesse di quest’ultimo, possa essere pronunciata l’adozione».

Infine, con la sentenza n. 349 del 1998 la stessa Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l’adozione, valutando esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età di uno dei coniugi adottanti non superi di almeno diciotto anni l’età dell’adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore».

(3) Fino a quando non verrà istituita presso la nostra Presidenza del Consiglio dei Ministri la Commissione per le adozioni internazionali (l’insediamento dovrebbe aver luogo entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge 476/1998) e verranno emanate le norme relative agli enti autorizzati, restano in vigore le norme previste dalla legge 184/1983.

(4) Non facendo esplicito riferimento solamente ai genitori adottivi di minori stranieri, le lettere a) e b) dell’art. 39-quater della legge 476/1998 dovrebbero essere applicabili anche ai genitori adottivi ed a coloro che hanno in affidamento preadottivo fanciulli italiani.

 

 

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