Prospettive assistenziali, n. 125, gennaio-marzo 1999
L’intervento in zambia
della comunità papa giovanni XXIII a sostegno del diritto dei minori alla
famiglia
Riproduciamo integralmente l’articolo di Elisabetta
Garuti apparso sul numero di novembre 1998 di Sempre, con il titolo “Un arcobaleno per salvare gli
orfani”.
Ricordiamo che la Comunità Papa
Giovanni XXIII ha aperto case famiglia in Bolivia (3), Brasile (7), Cile (3),
Russia (1), Tanzania (4) e Zambia (5).
Nei prossimi
due anni, il numero degli orfani dell’AIDS si raddoppierà. Secondo un rapporto
dell’USAID, oggi il numero dei bambini al di sotto dei 15 anni di età che hanno
perso uno od entrambi i genitori a causa di questa epidemia in 23 paesi
dell’Africa subsahariana è di 8 milioni. Nel giro di due anni raddoppieranno,
fino a raggiungere nel 2010 l’incredibile cifra di 40 milioni.
In 10 anni
il 16% di tutti i bambini dell’Africa subsahariana rimarranno orfani a causa
del propagarsi dell’AIDS. Numerose indagini condotte da organismi
internazionali, sostengono che questi bambini verranno accuditi dalla “famiglia
estesa” (extended family) che è uno
dei particolari aspetti della società e della cultura africana. Ma essendo
queste famiglie già duramente toccate dall’AIDS, gli esperti prevedono per
questi bambini un futuro di solitudine, che li porterà a crescere sulle strade
delle città, senza amore, cura ed educazione. In questa situazione, essi
saranno le vittime di chiunque.
In Zambia
nel 1997 c’erano 362.000 orfani, nel 1998 il numero stimato è di 600.000,
mentre si prevedono per il 2000 circa 1.650.000 orfani, cioè il 34,31% della
popolazione.
Durante i
primi anni dell’epidemia dell’AIDS, gli orfani non erano un problema. Grazie
all’extended family, essi venivano
automaticamente accuditi dai parenti dei genitori scomparsi. Negli ultimi due o
tre anni si è visto tuttavia che l’extended
family non riesce più ad assorbire un numero così grande di orfani, tanto
più che questo numero cresce giornalmente.
Molte sono
le denunce di abuso su bambini (fisicamente, mentalmente, sessualmente, lavoro
nero e discriminazioni).
Il progetto “Rainbow”
Per fare
fronte a questa situazione come Comunità Papa Giovanni XXIII abbiamo studiato
un modello di intervento, Rainbow
Project, con lo scopo di raggiungere il maggior numero di bambini
possibile, scegliendo la strada del sostegno alle famiglie e combattendo ogni
forma di istituzionalizzazione dei bambini, come ad esempio gli orfanotrofi.
Invece di
costruire inutili e costosi orfanotrofi, infatti, è possibile stabilire un
programma di supporto alle famiglie che curano gli orfani, sia che essi siano
parenti diretti o non parenti.
L’extended family è strutturalmente e
culturalmente in grado di accudire a tutti gli orfani del Paese. Ma deve essere
sostenuta ed aiutata dal Governo e dalle organizzazioni di volontariato.
Rainbow è un
progetto che si propone lo scopo di aiutare il maggior numero di bambini orfani
dell’AIDS, cercando di mantenerli all’interno di una famiglia.
Gli obiettivi di Rainbow sono:
–
raggiungere ed aiutare il maggior numero di bambini possibile;
– aiutare
le famiglie che accolgono gli orfani sia psicologicamente che materialmente;
– rendere la nazione consapevole di questa emergenza umanitaria.
Gli strumenti di Rainbow sono:
– coordinare
le organizzazioni che già operano sul territorio con lo scopo di lavorare
insieme;
– sviluppare
e potenziare le attività che queste organizzazioni stanno già portando avanti.
Un modello trasferibile
Il modello arcobaleno può essere applicato
in ogni compound (insediamento) di
ogni città dello Zambia, e si articola secondo le seguenti unità:
a) Centro di ascolto
Un centro
nel quale i bambini possano trovare delle persone pronte ad ascoltare i loro
problemi e dove chiunque sia a conoscenza di situazioni di bambini in
difficoltà ne possa fare la segnalazione.
Il centro,
con due o più collaboratori, potrebbe essere aperto ogni mattina e tre
pomeriggi alla settimana. Nel pomeriggio i collaboratori potrebbero andare in
giro per il compound alla ricerca di
casi di bambini in difficoltà e per la verifica delle situazioni segnalate durante
la mattinata.
I compiti di
questo centro sono: – ascoltare la gente; – verificare i casi dei bambini
in difficoltà; – cercare bambini in difficoltà nel compound; – registrare i dati dei bambini segnalati; – informare i
servizi sociali per quei bambini che sono in stato di completo abbandono.
Il centro
d’ascolto sarà portato avanti da una delle organizzazioni che partecipano al
progetto. Il centro ha anche il compito di accertare i casi di bambini in
difficoltà presso l’unità del modello
arcobaleno competente in collaborazione con gli operatori del modello arcobaleno stesso. In ogni compound ci deve essere un centro di
ascolto, che può essere localizzato presso la sede dell’organizzazione che se
ne fa carico.
b) Case famiglia di pronto soccorso
Sono case
famiglia per l’accoglienza immediata dei bambini segnalati al centro di ascolto
o di bambini trovati in strada.
I compiti
delle case di pronto soccorso sono: – togliere i bambini immediatamente
dalla strada e dalle situazioni di abuso fisico e psicologico; – inserire
i bambini in un ambiente famigliare normale nel quale possano trovare cure ed
attenzioni; – provvedere a tutti i loro bisogni in termini di cibo,
assistenza medica ed educazione.
Il modello arcobaleno prevede di affittare
delle case secondo il numero dei bambini che hanno bisogno di essere accolti,
ed in base alle persone disponibili a gestire queste case di pronto soccorso.
Ogni casa
famiglia deve avere una o due figure genitoriali che siano in grado di accudire
un numero di bambini determinato anche dai bisogni specifici di ogni bambino.
Le figure
genitoriali devono essere altamente raccomandate dalle persone appartenenti
alle organizzazioni che partecipano al progetto e che da tempo operano sul
territorio.
Ogni casa
famiglia si considererà interamente sostenuta dal modello arcobaleno anche se contemporaneamente si cercherà di
sperimentare delle piccole forme di autosostentamento quali l’allevamento di
polli e la coltivazione di ortaggi.
Il sostegno
economico delle case famiglia verrà determinato secondo lo standard di una normale famiglia zambiana. Le case famiglia di
pronto soccorso saranno gestite da una delle organizzazioni partecipanti al
progetto.
c) Gruppi di coscientizzazione e condivisione
In questi
gruppi le madri di famiglia che hanno già accolto bambini orfani, possono
discutere insieme riguardo ai problemi che incontrano con questi bambini
toccati dal trauma della perdita dei genitori. Possono inoltre parlare dei
problemi concreti che devono affrontare dovendo mantenere una famiglia più
numerosa di quella che avevano in precedenza (di solito già discretamente
numerosa). Insieme le madri devono poi decidere e quantificare l’aiuto di cui
hanno bisogno in termini di cibo, coperte, vestiti, pagamento delle tasse
scolastiche o delle uniformi per mandare i bambini a scuola, ecc.
Questi
gruppi rappresentano una delle parti più importanti del modello arcobaleno, perché attraverso questi gruppi sarà possibile
raggiungere il maggior numero di bambini.
I gruppi di coscientizzazione e condivisione
saranno formati da famiglie che vivono vicine nel compound e che saranno aiutate e sostenute da una o più delle
organizzazioni che partecipano al modello
arcobaleno.
Gli scopi di
questi gruppi sono: – dare un sostegno psicologico alle famiglie che hanno già
accolto orfani; – decidere insieme quali famiglie hanno bisogno di aiuto
materiale, quali sono le necessità in termini di cibo, vestiti, cure mediche,
educazione, ecc.
Ogni gruppo
dovrebbe assistere circa 10 famiglie possibilmente provenienti dalla stessa
zona del compound.
Tutti coloro
che chiedono aiuto per i bambini orfani che hanno accolto in casa devono
partecipare a questi gruppi. Ogni famiglia deve essere registrata e riferita
dal centro di ascolto presente nel compound.
Questi gruppi saranno gestiti da una o più organizzazioni che partecipano
al progetto. Dovrà essere presente un operatore di queste organizzazioni per
ogni gruppo.
d) Educazione scolastica
Lo scopo è
di offrire un supporto per la scuola per i bambini che non riescono ad essere
ammessi alle scuole ordinarie.
Si possono
prevedere diversi tipi di supporto: – pagamento delle tasse scolastiche; –
richiesta di esenzione dalle tasse scolastiche per i bambini orfani;
– pagamento del salario di insegnanti aggiunti che possano insegnare nella
scuola ordinaria; – apertura di scuole private (community schools) laddove non ci sia nessuna possibilità di
mandare i bambini nelle scuole ordinarie. Queste scuole potrebbero anche
prevedere la creazione di laboratori per l’apprendimento di professionalità
quali: agricoltura, meccanica, taglio e cucito, carpenteria, ecc.
e) “Afif team” per l’identificazione e la formazione
delle famiglie affidatarie ed adottive
È
finalizzato alla ricerca, alla formazione ed al sostegno delle famiglie
disponibili ad accogliere gli orfani provenienti dalle case di pronto soccorso.
Per i
bambini accolti nelle case famiglia di pronto soccorso è necessario prima di
tutto cercare
eventuali parenti che possano prendersi cura di loro. Nel caso non esistano
parenti, è necessario trovare per questi bambini famiglie affidatarie o
adottive. In questo modo si raggiungono gli scopi di dare una famiglia stabile
ai bambini e di tenere nelle case famiglia di pronto soccorso una situazione
fluida, che permetta sempre l’accoglienza di nuovi bambini.
È quindi
necessario formare un gruppo che si impegni a trovare e a formare famiglie
disponibili ad accogliere bambini che non hanno con loro nessuna relazione di
parentela.
I compiti di
questo gruppo (Afif team) sono:
– identificare le famiglie disponibili all’adozione o all’affidamento di
bambini senza relazioni di parentela; – organizzare incontri di formazione con
queste famiglie su affidamento ed adozione; – informare e sostenerle sulle
procedure legali in collegamento con i servizi sociali; – seguire e
monitorare l’inserimento dei bambini nelle famiglie.
f) “Info team” per l’azione di
sensibilizzazione e di informazione sia a livello dei media che a livello
politico
La
situazione degli orfani è un problema che riguarda ogni uomo e donna e lo
Zambia come nazione.
Il compito
di questo gruppo è quello di sensibilizzare la popolazione sulla situazione dei
bambini orfani attraverso i mass-media.
Deve inoltre
lavorare con le istituzioni pubbliche proponendo, attraverso Rainbow, un intervento radicato nella
comunità locale.
L’intervento
andrebbe finalizzato ai bambini orfani dal momento dell’accoglienza fino alla
fine della scuola secondaria o dei corsi di formazione o comunque fino a quando
un ragazzo/a non riesca a rendersi indipendente.
Compito del team è anche l’elaborazione economica di
ogni singolo campo di intervento – mantenendo uno stile di vita medio di una
famiglia zambiana e l’utilizzo di sistemi semplici e poveri come quelli ora già
operativi – e la ricerca dei fondi in Zambia e all’estero.
Il Rainbow Project è approvato e sostenuto
dalla diocesi di Ndola e prevede una sperimentazione di due anni. Chi
desiderasse ricevere maggiori informazioni o sostenere anche economicamente il
progetto può contattare il Servizio Missioni della Comunità Papa Giovanni XXIII
(tel. 0541/55503, fax 0541/2236).
e-mail: aspojo23@zamnet.zm
www.fondazionepromozionesociale.it