Prospettive assistenziali, n. 125, gennaio-marzo 1999
sentenza della corte costituzionale contro il ricovero
dei minori negli ospedali psichiatrici giudiziari
Pubblichiamo integralmente la sentenza n. 324 emessa il 14 luglio 1998 e
depositata in Cancelleria il 24 luglio 1998.
La Corte Costituzionale composta
dai signori: Prof. Giuliano Vassalli, Presidente e dai Giudici: Prof. Cesare Mirabelli - Prof. Fernando
Santosuosso - Avv. Massimo Vari - Dott. Cesare Ruperto - Dott. Riccardo Chieppa
- Prof. Gustavo Zagrebelsky - Prof. Valerio Onida - Prof. Carlo Mezzanotte -
Avv. Fernanda Contri - Prof. Guido Neppi Modona - Prof. Piero Alberto Capotosti
- Prof. Annibale Marini ha pronunciato la seguente sentenza nel giudizio di
legittimità costituzionale degli artt. 206 e 222, quarto comma, del codice
penale e dell’art. 312 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
emessa il 9 aprile 1997 dal Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale per i minorenni di Brescia, iscritta al n. 499 del registro ordinanze
1997 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale
della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella
camera di consiglio del 25 marzo 1998 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale per i minorenni
di Brescia, in funzione di Giudice per le indagini preliminari, nel corso di un
procedimento a carico di una minorenne imputata di omicidio preterintenzionale,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli
2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, dell’art. 222, quarto comma, del codice
penale nonché, in quanto applicabili ai minori, degli artt. 206 cod. pen. e 312
cod. proc. pen., «nella parte in cui prevedono la misura di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario di minore prosciolto ex art. 88
cod. pen. per delitto non colposo punibile con pena superiore a due anni di
reclusione e giudicato socialmente pericoloso, ovvero l’applicazione
provvisoria della predetta misura».
Il remittente premette che il
pubblico ministero ha richiesto il rinvio a giudizio dell’imputata, e che il
consulente tecnico, nel corso delle indagini preliminari, concludeva per la
totale incapacità della stessa per vizio di mente al momento del fatto,
allegando altresì un giudizio di pericolosità sociale: conclusioni che il
giudicante ritiene condivisibili.
Premette poi che il pubblico
ministero ha chiesto l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ai sensi del combinato disposto
degli artt. 206 e 222, quarto comma, cod. pen. e 312 cod. proc. pen.,
contestualmente prospettando una eccezione di legittimità costituzionale delle
stesse norme; e osserva che non può farsi ricorso all’art. 425 cod. proc. pen.,
che prevede la dichiarazione di non doversi procedere per mancanza di
imputabilità derivante da vizio di mente, in quanto la sentenza n. 41 del 1993
di questa Corte costituzionale ha statuito l’impossibilità di tale declaratoria
senza il supporto di un’indagine di merito.
Il giudice a quo dichiara di aderire all’opinione del pubblico ministero circa
la inapplicabilità alla specie delle norme, di natura squisitamente
processuale, degli artt. 36 e seguenti del D.P.R. n. 448 del 1988, e di
ritenere applicabili nei confronti dei minori le misure di sicurezza che
trovano la loro disciplina al di fuori della normativa speciale sul processo
minorile, fra le quali è compreso il ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario.
Così ritenuta la rilevanza della
questione, posto che si procede nei confronti di un imputato minorenne affetto
da vizio di mente e da reputarsi socialmente pericoloso, il remittente richiama
la necessità che il trattamento penale degli imputati minorenni sia
adeguatamente differenziato rispetto a quello degli adulti, ricordando in
proposito la sentenza di questa Corte n. 168 del 1994, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale della previsione della pena dell’ergastolo per i
minorenni.
Osserva poi che la misura di
sicurezza ha valenza di sanzione criminale, onde trovano con riguardo ad essa
applicazione i principi di personalità della responsabilità e del fine
rieducativo della pena, di cui all’art. 27 della Costituzione.
Ciò posto, il giudice a quo ritiene che la previsione di una
misura di sicurezza detentiva come il ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario, applicabile ai minori, confligga con le esigenze di specificità
della disciplina penale minorile, tanto più considerando la notoria mancanza di
strutture speciali per i minorenni.
La totale assenza di
differenziazione nel trattamento determinerebbe altresì un contrasto con le
norme più generali di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, per il mancato
trattamento differenziato di situazioni diverse e per l’assenza di tutela dei
diritti di un soggetto per definizione debole, oltre che di una personalità in
formazione.
Sussisterebbe infine contrasto
con norme internazionali pattizie, costituzionalizzate attraverso l’art. 10
della Costituzione, in particolare con le norme delle dichiarazioni dei diritti
dell’uomo e del fanciullo, e delle c.d. “regole di Pechino”, da cui
discenderebbero impegni internazionali ad assicurare un trattamento
differenziato al minore, in relazione alle precipue esigenze di tutela dello
stesso, anche se sottoposto a procedimento penale.
2. - È intervenuto nel giudizio
il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o comunque non fondata.
Secondo l’Avvocatura erariale, se
è vero che la specificità della situazione dei minorenni richiede un
trattamento differenziato, tale principio non potrebbe essere inteso nel senso
che, per il sol fatto che si tratti di soggetti minorenni, sia sempre e
comunque necessario predisporre autonome strutture o autonomi procedimenti.
L’assorbimento, nel caso di minore infermo di mente, della causa di esclusione
dell’imputabilità derivante dall’età in quella derivante dal vizio di mente
renderebbe ragione della applicabilità della misura di sicurezza del ricovero
in ospedale psichiatrico giudiziario, pur se il recupero del minore implichi
terapie diverse rispetto a quelle da utilizzare per i soggetti adulti.
La difesa del Presidente del
Consiglio ammette che la necessaria accentuazione della dimensione del recupero
e la prevalenza di tale dimensione rispetto a quelle di difesa sociale e
afflittiva richiederanno in futuro un ripensamento dell’istituto «dalle sue
fondamenta», e che è auspicabile in sede legislativa una più sensibile
differenziazione nel trattamento a seconda dell’età dei soggetti; ma afferma
che all’iniziativa del legislatore non potrebbe sostituirsi questa Corte, cui
si porrebbe l’alternativa fra una pronuncia demolitrice che determinerebbe un
inaccettabile vuoto normativo, ed una pronuncia manipolativa che comporterebbe
un inammissibile esercizio di discrezionalità politica.
Considerato in diritto
1. - La questione concerne le
norme che prevedono la misura di sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, nella parte in cui riferiscono l’applicabilità di
tale misura ai minori infermi di mente: e precisamente investe l’art. 222,
quarto comma, del codice penale, ai cui sensi le disposizioni dello stesso
articolo, relative ai casi di applicazione della misura di sicurezza in
questione, si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei
quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando
abbiano commesso un fatto previsto dalla legge come reato trovandosi in
condizioni di infermità psichica, intossicazione cronica da alcool o da sostanze
stupefacenti, o sordomutismo; l’art. 206 cod. pen., che prevede il ricovero
provvisorio in ospedale psichiatrico giudiziario, durante le indagini o il
giudizio, dell’infermo di mente o della persona in stato di cronica
intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, e l’art. 312 cod. proc.
pen., secondo cui l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza può
essere disposta in qualunque stato e grado del procedimento. Le due ultime
disposizioni sono impugnate in quanto applicabili ai minori.
Preliminarmente deve osservarsi
che la censura del giudice a quo,
formalmente indirizzata al quarto comma dell’art. 222 cod. pen., deve più
correttamente intendersi riferita anche ai primi due commi dello stesso
articolo, che disciplinano l’applicazione della misura di sicurezza nel caso di
proscioglimento per infermità psichica, ai sensi dell’art. 88 cod. pen.:
laddove il quarto comma estende l’applicabilità delle stesse disposizioni al
caso dei minori «prosciolti per ragione di età». Infatti l’ordinanza afferma
che sussisterebbero nella fattispecie i presupposti per il proscioglimento ex articolo 88 cod. pen., e nel
dispositivo denuncia le norme in questione «nella parte in cui prevedono la
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario di minore
prosciolto ex art. 88 cod. pen.», nell’evidente presupposto che tale
proscioglimento, nel caso, sottoposto al giudice a quo, di minore riconosciuto infermo di mente, debba pronunciarsi
in luogo o a preferenza di quello ex art.
98 cod. pen. In ogni caso, il vizio denunciato riguarda le norme che prevedono
l’applicazione della misura di sicurezza ai minori, in tutta la loro ampiezza:
e in questa accezione più ampia la Corte ritiene di doverle prendere in
considerazione.
Il remittente reputa che l’applicazione
indifferenziata, in via definitiva o provvisoria, della predetta misura di
sicurezza ai minori sia in contrasto con le esigenze di specificità del
trattamento penale dei minori, risultanti anche da norme internazionali, e
dunque confligga con gli artt. 27, 31 e 10 della Costituzione; che essa violi
il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per il trattamento uguale
riservato a situazioni diverse; e contrasti con le esigenze di tutela dei
diritti di soggetti deboli e di personalità in formazione (art. 2 Cost.).
2. - Il giudice a quo muove dal presupposto – che
condiziona la rilevanza della questione – che la misura di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario sia tuttora applicabile, anche in
via provvisoria, ai minori, autori di reati, riconosciuti infermi di mente e
socialmente pericolosi: ciò, nonostante che il D.P.R. n. 448 del 1988 sul
processo penale minorile, nel disciplinare, agli articoli da 36 a 41, il
procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza, sia in via
provvisoria, con la sentenza di non luogo a procedere nei confronti del minore
non imputabile (art. 37), sia con la sentenza di proscioglimento per assenza di
imputabilità o con la sentenza di condanna (art. 39), non faccia alcuna
menzione di tale misura, ma si riferisca esplicitamente solo alle misure della
libertà vigilata (eseguita nelle forme delle prescrizioni o della permanenza in
casa: art. 36, comma 1) e del riformatorio giudiziario (eseguita nella forma
del collocamento in comunità: art. 36, comma 2).
Benché il carattere di disciplina
organica e apparentemente esaustiva, pur relativa ai soli aspetti esecutivi e
non a quelli sostanziali (cfr. ordinanza n. 360 del 1990), che riveste il
D.P.R. n. 448 del 1988 sul punto della applicazione di misure di sicurezza ai
minori, possa indurre a dubitare della permanente riferibilità ai minori, in
sede di applicazione provvisoria, della misura del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, la disciplina del processo minorile non ha comunque
inciso sulla esplicita previsione normativa, contenuta nell’art. 222, cod.
pen., della applicazione ai minori della predetta misura di sicurezza in esito
al giudizio. D’altra parte la ricostruzione del sistema offerta dal remittente,
e che condiziona la rilevanza della questione, il cui apprezzamento spetta
anzitutto al giudice a quo, non
appare palesemente implausibile: onde può darsi ingresso all’esame del merito.
3. - La questione è fondata.
La misura di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, a differenza di quella del
riformatorio giudiziario, che è misura di sicurezza speciale per i minori
(artt. da 223 a 226 cod. pen.), è prevista dalla legge in modo indifferenziato
per adulti e minori, sul presupposto della presenza dell’infermità psichica (o
delle situazioni ad essa assimilate), in relazione alla quale la misura
dovrebbe assumere la duplice funzione di cura del soggetto e di tutela della
società rispetto alla pericolosità dello stesso (cfr. sentenza n. 139 del
1982). La presenza del vizio totale di mente comporta anzi che anche ai minori
non imputabili per ragioni di età, perché non hanno compiuto i quattordici
anni, ovvero li hanno compiuti ma sono riconosciuti incapaci di intendere e di
volere, a norma dell’art. 98 cod. pen., si applichino, in caso di pericolosità
sociale, non già le misure di sicurezza previste per i minori imputabili e per
quelli non imputabili ma non infermi di mente, bensì l’unica misura del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222, quarto comma, cod.
pen.).
Quest’ultima è una misura di
sicurezza detentiva (art. 215 cod. pen.), e per la sua esecuzione nei confronti
di minori – a differenza di quanto avviene ad esempio per la libertà vigilata,
misura anch’essa applicabile ad adulti e minori, ma eseguita nei confronti dei
minori in forme speciali (art. 36, comma 1, D.P.R. n. 448 del 1988) – non è
prevista alcuna modalità che tenga conto delle specifiche esigenze dei minori
medesimi.
In sostanza il legislatore del
codice penale del 1930 ha ritenuto che, in presenza di uno stato di infermità
psichica tale da comportare il vizio totale di mente, la condizione di minore
divenga priva di specifico rilievo e venga per così dire assorbita dalla
condizione di infermo di mente: tanto che, come si è ricordato, persino se si
tratta di minore riconosciuto non imputabile per ragioni di età, il regime di
applicazione delle misure di sicurezza è quello previsto per l’infermo di mente
adulto, e non quello riservato ai minori.
4. - Siffatta scelta non è compatibile con i principi derivanti
dagli artt. 2, 3, 27 e 31 della Costituzione, in forza dei quali il trattamento
penale dei minori deve essere improntato, sia per quanto riguarda le misure
adottabili, sia per quanto riguarda la fase esecutiva, alle specifiche esigenze
proprie dell’età minorile (cfr., fra le tante, sentenze n. 403 e n. 109 del
1997, n. 168 del 1994, n. 125 del 1992).
Le stesse esigenze sono espresse
dalle norme internazionali relative alla tutela dei minori: in particolare,
l’art. 40 della convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre
1989), resa esecutiva in Italia dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, afferma il
diritto del fanciullo accusato di reato «ad un trattamento tale da favorire il
suo senso della dignità e del valore personale, ... e che tenga conto della sua
età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e
di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima» (comma 1); e
chiama gli stati a «promuovere l’adozione di leggi, di procedure, la costituzione
di autorità e di istituzioni destinate specificamente ai fanciulli sospettati,
accusati o riconosciuti colpevoli di aver commesso reato» (comma 3, nonché a
prevedere, fra l’altro, soluzioni alternative all’assistenza in istituti «in
vista di assicurare ai fanciulli un trattamento conforme al loro benessere e
proporzionato sia alla loro situazione che al reato» (comma 4).
Una misura detentiva e segregante
come il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, prevista e disciplinata
in modo uniforme per adulti e minori, non può certo ritenersi conforme a tali
principi e criteri: tanto più dopo che il legislatore, recependo le
acquisizioni più recenti della scienza e della coscienza sociale, ha
riconosciuto come la cura della malattia mentale non debba attuarsi se non
eccezionalmente in condizioni di degenza ospedaliera, bensì di norma attraverso
servizi e presidi psichiatrici extraospedalieri, e comunque non attraverso la
segregazione dei malati in strutture chiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali
(artt. 2, 6 e 8 della legge 13 maggio 1978, n. 180). Né, più in generale, è
senza significato che il legislatore del nuovo codice di procedura penale,
allorquando ha inteso disciplinare l’adozione di provvedimenti cautelari
restrittivi nei confronti di persone inferme di mente, abbia previsto il
ricovero provvisorio non già in ospedale psichiatrico giudiziario, ma in
«idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero» (art. 286, comma 1; e
cfr. anche art. 73).
L’assenza, negli ospedali psichiatrici
giudiziari, di strutture ad hoc per i
minori, correlata anche alla mancanza di casi di ricoveri di minori in tali
istituti, per un verso conferma la diffusa consapevolezza presso gli operatori
e gli stessi giudici minorili della incompatibilità di siffatta misura con la
condizione di minore, consapevolezza di cui è ulteriore indice indiretto il
silenzio serbato dal legislatore delegato, in sede di riforma del processo
penale minorile, sui problemi collegati alla misura di sicurezza in esame, pur
nell’ambito di una disciplina che si è sforzata di risultare esaustiva in
ordine agli aspetti esecutivi delle misure di sicurezza; per altro verso rende
ancor più palese detta incompatibilità.
In definitiva, le esigenze di
tutela della personalità del minore coinvolto nel circuito penale non
consentono in alcun caso, nemmeno dunque in quello di infermità psichica, di
trascurare la condizione di minore del soggetto.
Il minore affetto da infermità
psichica è prima di tutto un minore, e come tale va trattato, tutelato nei suoi
diritti in quanto persona in formazione, ed assistito, anche nell’ambito del
sistema giudiziario penale.
5. - Deve dunque dichiararsi la
illegittimità costituzionale delle norme denunciate, che prevedono
l’applicabilità ai minori della misura di sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario.
La dichiarazione di illegittimità
costituzionale deve colpire il denunciato quarto comma dell’art. 222 del codice
penale, che ha riguardo all’applicazione della misura ai minori «prosciolti per
ragione di età»; ma deve investire altresì in
parte qua, secondo quanto si è premesso, i primi due commi dello stesso
art. 222, ove si prevede in generale, e dunque implicitamente anche nei
confronti di minori (come conferma il quarto comma), l’applicazione della
misura nel caso di proscioglimento per infermità psichica o condizioni
assimilate, ai sensi degli artt. 88, 95 e 96 dello stesso codice. Deve poi
colpire il denunciato art. 206 del codice penale, che disciplina l’applicazione
provvisoria della misura, nella parte in cui si applica ai minori infermi di
mente.
Spetterà al legislatore colmare
con previsioni adeguate, anche in ordine all’apprestamento delle conseguenti
misure organizzative e strutturali, il vuoto normativo che si viene a creare
con l’eliminazione, relativamente ai minori, della misura di sicurezza oggi
specificamente diretta a far fronte alla situazione di persone, giudicate
pericolose, che abbiano commesso fatti di reato ma siano affette da infermità
psichica che le renda non imputabili.
6. - I rilevati vizi di
costituzionalità non concernono il pure denunciato art. 312 del codice di
procedura penale, che si limita a stabilire le condizioni di applicabilità in
via provvisoria delle misure di sicurezza in generale, in qualunque stato e
grado del procedimento, ad opera del giudice su richiesta del pubblico
ministero. In ogni caso è evidente che, caduta la possibilità di applicare ai
minori, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in
ospedale psichiatrico giudiziario, non vi può essere luogo ad applicare, nelle
ipotesi qui considerate, tale disposizione: onde la relativa questione va
dichiarata inammissibile.
Per questi motivi la Corte costituzionale
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, primo e
secondo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede l’applicazione
anche ai minori della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale
psichiatrico giudiziario;
b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, quarto
comma, del codice penale;
c) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 206, primo comma,
del codice penale, nella parte in cui prevede la possibilità di disporre il
ricovero provvisorio anche di minori in un ospedale psichiatrico giudiziario;
d) dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 312 del codice di procedura penale, sollevata, in
riferimento agli articoli 2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, dal Tribunale
per i minorenni di Brescia con l’ordinanza in epigrafe.
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