Prospettive assistenziali, n. 126, aprile-giugno 1999

 

 

Libri

 

 

BEPPINO TAUFER, ILARIO TOSO, LINO GUIDO­LIN (a cura di), I malati mentali - Dall'esclusione alla solidarietà, PIEMME Edizioni, Casale Monfer­rato (AL), 1997, pag. 269, L. 20.000

 

II volume, che fa parte della collana "Biblioteca della solidarietà" promossa dalla Caritas italiana, presenta in modo riduttivo i vari problemi connessi alla malattia mentale.

Per quanto riguarda la prevenzione, l'argomento è esaminato solamente in termini di classificazione (prevenzione primaria, secondaria e terziaria), senza indicare alcuna iniziativa operativa rivolta a contrastare l'emarginazione e senza nemmeno segnalare esperienze realizzate in materia.

Superficiale il giudizio sulla legge 180/1978. Trattandosi di una legge quadro, è illogico preten­dere che la normativa nazionale indicasse (e indichi) gli interventi da realizzare, interventi che - giusta­mente - non sono previsti per gli altri settori (ad esempio in merito ai trapianti).

È inutile tentare di nascondere la verità: la respon­sabilità delle gravi e numerose carenze concernenti l'attuazione della legge 180/1978 sono delle Regioni, delle USL e dei Comuni.

Nessun accenno è contenuto nel volume circa il preoccupante e massiccio trasferimento dei malati di- mente più gravi dalla sanità alla badanza assi­stenziale.

Significativo, a questo proposito, che si arrivi ad affermare che spesso «la malattia mentale non è curabile» (pag. 206) e che non vengano prese in esame le problematiche relative al lavoro dei sog­getti colpiti da malattia mentale.

Del volontariato non vengono considerate le atti­vità promozionali, rivolte al soddisfacimento delle esigenze e dei diritti, parola quest'ultima che com­pare assai raramente nel libro.

II ruolo assegnato è quello di collaborare con i ser­vizi gestionali.

Si capisce, pertanto, perché non ci siano riferi­menti a piattaforme o ad altre iniziative rivendicative.

 

 

LUCIANO SANDRIN (a cura di), Malati in fase ter­minale, Edizioni PIEMME, Casale Monferrato (AL), 1997, pag. 155, L. 22.000

 

Occorrerebbe approfondire, in primo luogo, se, ponendoci dalla parte del malato, sia opportuno distinguere il malato terminale dagli altri soggetti malati.

Infatti, come è ovvio, il rispetto della persona in quanto tale, la necessità di tener conto delle sue esi­genze complessive, la tensione che tutto il persona­

le dovrebbe avere per assicurargli il massimo benessere fisico, psichico e sociale, sono alcuni degli elementi di fondo che riguardano tutte le per­sone colpite da patologie.

Non si dovrebbero neppure fare aprioristiche distinzioni fra malati acuti e cronici, fra degenti gio­vani e vecchi, fra pazienti colpiti da demenza e sog­getti pienamente capaci di intendere e di volere.

Infatti, queste devono essere considerate condi­zioni non di esclusione o di preferenza, ma dati la cui conoscenza è indispensabile per un approccio corretto ai bisogni diagnostici, curativi, relazionali e sociali del paziente.

Le cure, pertanto, non possono essere normali o speciali o palliative, poiché il loro obiettivo deve essere uno solo: il benessere del malato.

Partendo da queste considerazioni, non riteniamo accettabile la creazione di "hospice" (nel volume è riferita l'esperienza della Domus Salutis di Brescia), in quanto le cure, l'attenzione, il rispetto delle esi­genze psico-fisiche vanno assicurati in tutti i luoghi (ospedali, case di cura private, istituti di assistenza, abitazione del malato, ecc.) in cui la persona muore.

Creare strutture specifiche significa, al di là delle intenzioni, giustificare i comportamenti scorretti praticati, attualmente purtroppo in larga misura, nelle strutture sanitarie pubbliche e private.

 

 

AMEDEA LO RUSSO - MARIA ELENA PETRILLI, Lavorando con Meltzer - Adolescenti in terapia: anoressia, violenza, tossicodipendenza, Arman­do Editore, Roma, 1998, pag. 174, L. 31.500

 

II volume raccoglie una serie di casi clinici che sono al centro delle consultazioni psicoterapeutiche pubbliche e private, di questi anni: ragazze anores­siche e bulimiche, adolescenti in gravi difficoltà, gio­vani tossicodipendenti, ragazzi che oscillano tra il suicidio e l'omicidio.

II libro, che dovrebbe interessare tutti coloro che lavorano nel campo della psicanalisi e delle sue applicazioni, è il prodotto del lavoro del Gruppo di Venezia, con cui Donald Meltzer si è incontrato.

Si tratta di uno dei circa trenta simili Gruppi di lavoro funzionanti.

A Venezia il Gruppo si è costituito da circa dieci anni. Nel 1993 le stesse persone hanno creato il Gruppo di studio Racker che ha inserito nelle pro­prie iniziative periodici incontri seminariali con Donald Meltzer, estesi a operatori che lavorano in vari settori del campo clinico (liberi professionisti, operatori dei consultori familiari, dei servizi psichia­trici o della neuropsichiatria infantile o per i tossico­dipendenti, pediatri, ecc.).

 

www.fondazionepromozionesociale.it