Prospettive
assistenziali, n. 126, aprile-giugno 1999
Un’altra sentenza conferma l’illegittimità della
richiesta da parte degli enti pubblici di contributi economici ai parenti di
assistiti maggiorenni
Pubblichiamo il testo integrale della sentenza n. 1178 emanata dal
Tribunale civile di Torino in data 25 gennaio 1999, depositata in cancelleria
il 1° marzo 1999, sentenza che ribadisce quanto sosteniamo da anni e conferma
le affermazioni fatte dal Prof. Massimo Dogliotti nell’articolo “Parenti dei
ricoverati: sono illegittime la rivalsa dell’ente erogatore e la sottoscrizione
dell’impegno a pagare le rette” pubblicato sullo scorso numero di Prospettive assistenziali.
Segnaliamo, inoltre, che con la lettera inviata al presidente
dell’Associazione Promozione sociale in data 30 marzo 1999, prot. Gab
9300467(2), il Prefetto di Torino ha riconfermato la validità dei pareri
espressi dal Ministero dell’interno il 27 dicembre 1993 e dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri il 22 aprile 1994 secondo cui i Comuni non possono
pretendere contributi economici dai congiunti di assistiti maggiorenni.
Testo
della sentenza
Il Tribunale civile di Torino,
sezione II stralcio, in persona del Giudice onorario aggregato dr. Fabrizio Di
Majo, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa R.G. n. 12.310/94 tra le
parti: U.S.S.L n. 27 di Ciriè, rappresentata e difesa dall’avv. Santo
Fontanazza e presso di lui domiciliata in Torino, via Vittorio Amedeo II n. 13,
attrice, contro (...) rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Carapelle e
presso di lui domiciliati in Torino, via Berthollet 43, convenuti, e contro
(...) contumaci, convenuti.
Conclusioni dell’attrice:
«– preliminarmente dichiarare la
cessazione della materia del contendere nei confronti di (...), dando atto che
il primo ha corrisposto le somme di L. 781.200 per quote a suo carico e L.
281.800 per interessi e rivalutazioni concordati transattivamente, e la seconda
L. 5.000.000 (di cui L. 4.250.000 a titolo di capitale, il resto per interessi
e rivalutazione);
– nei confronti degli altri
convenuti (costituiti) accogliere le seguenti domande:
• condannare i convenuti
solidalmente al rimborso in favore dell’attrice della spesa per la degenza di
(...) sostenuta nel periodo dall’1.1.1988 al 31.12.1988 per L. 10.248.600;
• condannare i convenuti
solidalmente al rimborso a favore dell’attrice della spesa per la degenza del
sig. (...) per il successivo periodo dal 1.1.89 al 31.12.89 per L. 5.445.210;
• condannare i convenuti
solidalmente al rimborso a favore dell’attrice della spesa di degenza per il
periodo dal 1.1.90 al 31.12.90 per L. 6.949.440;
• condannare tutti i convenuti al
pagamento di rivalutazione e interessi sulle somme rispettivamente dovute,
nella misura da liquidarsi in sentenza, oltre successivi interessi fino al
saldo;
• con la precisazione che la
condanna ai rimborsi di cui sopra dovrà essere ridotta nella misura
corrispondente agli importi già versati dai convenuti (...) sopra indicati;
• con riserva di agire in
separato giudizio per il rimborso delle spese successive al periodo indicato;
• con vittoria di spese e compensi
di giudizio e sentenza provvisoriamente esecutiva come per legge».
Conclusioni dei convenuti
costituiti: «Respingersi le domande ex adverso proposte in quanto infondate e
comunque prescritte limitando in via di subordine ogni residua pretesa nei limiti
delle effettive capacità economiche dei convenuti tenuto anche conto del
disposto dell’art. 440 c.c. e 441 c.c.; vinte le spese».
In via istruttoria si chiede che
il giudice istruttore voglia ammettere prova per testi sui capi di narrativa da
intendersi articolati quali capitoli di prova preceduti da “Vero che”. Si
chiede che il giudice istruttore voglia richiedere ex art. 213 c.p.c. al
direttore della cancelleria presso il Tribunale per i minorenni di Torino
informazioni scritte in merito alla procedura di affidamento all’OMNI di
Torino disposta in data 1.9.70 dallo stesso Tribunale in relazione ai minori
(...).
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato
tra il 25.10 e il 23.11.1994 la USSL 27 di Ciriè ha evocato in giudizio i
convenuti, nella loro qualità di figli (...) e fratelli (...) di (...),
esponendo di aver affrontato le spese di degenza di (...) presso l’Istituto
(...) tra l’1.1.88 e il 31.12.90, integrando la retta per la parte non coperta
dalla pensione del ricoverato, anziano non autosufficiente; ha quindi chiesto
che i convenuti fossero condannati a rimborsare detta spesa.
I convenuti (...) e (...) non si
sono costituiti, ed hanno provveduto in corso di giudizio a transigere la
vertenza con la USSL, la quale pertanto ha chiesto che nei loro confronti sia
dichiarata cessata la materia del contendere.
I figli del (...) si sono invece
costituiti, opponendosi alla domanda in quanto, a loro dire, nessuna norma di
legge autorizzava la USSL a praticare la rivalsa sui parenti del ricoverato.
Le istanze istruttorie, in quanto
il giudice istruttore ha ritenuto che la causa potesse essere decisa sulla base
dei documenti.
Trasferita la causa alla II
Sezione stralcio, è stato esperito senza esito il tentativo di conciliazione;
in quella stessa udienza le parti hanno depositato le difese scritte
rinunciando ad ulteriori termini, per cui la causa è stata immediatamente
assunta a decisione.
Motivi della decisione
Deve in primo luogo dichiararsi
cessata la materia del contendere nei confronti di (...), nei confronti dei
quali l’attrice ha rinunciato alla domanda per intervenuta transazione in corso
di causa; tale rinuncia appare riguardare anche le spese di causa.
Quanto agli altri convenuti,
l’attrice sostiene che essi sono tenuti a rimborsare le spese di degenza del
loro padre in forza dell’art. 1 della legge n. 1580 del 1931, tuttora in
vigore; che tale obbligazione avrebbe il suo fondamento in un dovere di
solidarietà, e che tale dovere incombe legislativamente su chi per legge
sarebbe tenuto agli alimenti nei confronti del ricoverato; tuttativa, sostiene
la USSL, non si deve far luogo ad indagine sulla effettiva debenza degli
alimenti, perché il riferimento legislativo all’obbligo alimentare varrebbe
soltanto al fine di individuare – per relationem – le persone obbligate alla
rivalsa, indipendentemente dal fatto se, in concreto, esse sarebbero o meno
tenute agli alimenti.
La tesi, seppur basata su
autorevole giurisprudenza, non è fondata.
L’art. 1 della legge 1580 del
1931 regola la rivalsa per le spese di spedalità e manicomiali. Secondo la più
recente giurisprudenza della Suprema Corte, tale disposizione sarebbe ancora in
vigore, il che è vivacemente contestato dalla dottrina e da alcune sentenze di
merito. Tuttavia, non è necessario entrare nel merito di questo problema,
dovendosi piuttosto accertare se, anche in caso che tale legge fosse tuttora
vigente, essa sarebbe applicabile al caso di specie.
La dizione “spese di spedalità”
riguarda certamente le spese di degenza in ospedale; con interpretazione
estensiva, si può ritenere che vi siano comprese anche le spese di degenza in
strutture differenti dall’ospedale, ma sempre comunque collegate a prestazioni
sanitarie. Nulla tuttavia autorizza l’interprete a ritenere che il legislatore
del 1931 volesse comprendere nella dizione anche le spese di soggiorno in
strutture socioassistenziali, quale quella presso cui è stato ricoverato il
padre dei convenuti.
Sul punto la giurisprudenza
favorevole alla tesi dell’attrice si è limitata ad affermare che la legge del
’31 presenta un indubbio margine di applicabilità nel caso di degenza
geriatrica anziché nel caso di ricovero per terapie; ma tale affermazione non è
sorretta da alcuna motivazione.
La citata giurisprudenza ha fatto
anche riferimento alla legge della Regione PIemonte n. 12/88, che ha modificato
la legge regionale n. 20/1982. Orbene, l’art. 33 bis della legge 20/82 (così
come modificato dall’art. 12 della L.R.P. 12/88) dispone che «gli utenti sono
chiamati ... a concorrere in rapporto alle proprie condizioni economiche ai
costi dei servizi erogati dall’USSL o dal Comune singolo ... in ogni caso va
riservata alla disponibilità dell’interessato una quota di reddito per esigenze
personali ... L’USSL e il Comune su cui grava l’onere delle prestazioni ai
sensi del precedente art. 24 bis esercitano l’azione di rivalsa nei confronti
dei soggetti obbligati».
Ora, sembra chiaro che tale norma
non autorizza a ritenere che i soggetti obbligati siano i parenti del
ricoverato indicati dall’art. 433 c.c.; essa infatti fa riferimento
esclusivamente agli utenti, ossia ai ricoverati stessi, tanto da specificare
che agli interessati va lasciata una quota di reddito per le loro esigenze
personali. L’identificazione tra “utenti” e “interessati” sembra – per interprete
– obbligata; e la disposizione di legge in questione non individua alcun altro
soggetto a cui essa si possa applicare.
De iure condendo, può ritenersi
opportuno che a certe spese di natura non strettamente sanitaria debbano
contribuire i parenti del ricoverato, in base al principio di solidarietà che
deve regolare i rapporti parentali; ma
non sembra legittimo perseguire tale fine estendendo il significato delle leggi
vigenti molto al di là di quanto esse dicono. E nella legislazione vigente, non
è dato di rinvenire una norma di rivalsa verso i parenti del ricoverato, che
legittimi una sostituzione processuale dell’assistito da parte dell’ente
erogatore; perché infatti di questo si tratterebbe: di sostituirsi
all’interessato nel richiedere una prestazione alimentare che l’interessato non
ha richiesto.
La domanda deve quindi essere
respinta; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente
pronunciando nel contraddittorio di (...), nella contumacia di (...):
– dichiara cessata la
materia del contendere tra l’attrice USSL 27 di Ciriè e (...), dichiara
compensate tra di essi le spese di giudizio;
– respinge la domanda proposta
dalla USSL 27 di Ciriè nei confronti di (...);
– condanna la USSL 27 di Ciriè a
rifondere ai convenuti costituiti le spese di giudizio, che in mancanza di nota
spese liquida in L. 125.000 per esposti, L. 3.000.000 per diritti e onorari, L.
300.000 per spese generali imponibili, oltre CPA e IVA sull’imponibile.
Così deciso in Torino, 25 gennaio
1999; testo depositato il 1° marzo 1999.
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