Prospettive
assistenziali, n. 128, ottobre-dicembre 1999
Breve storia delle ipab - istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza
1880-1888 Una
Commissione reale svolge una approfondita indagine sulle IPAB. Ne individua
21.819. Denuncia «gli abusi troppo
frequenti per i quali la legge non dava né una efficace prevenzione, né i mezzi
di una giusta riparazione» e «le
rendite colossali che si spendevano senza una vera pratica utilità per la
popolazione sofferente».
1890 Viene
approvata la legge n. 6972 che stabilisce severe norme per l’amministrazione
delle IPAB. Tra l’altro, impone (art. 102) quanto segue: «Ogni anno il Ministro dell’interno deve presentare al Senato e alla
Camera dei Deputati una relazione intorno ai provvedimenti di concentramento,
raggruppamento e trasformazione delle IPAB e di revisione dei relativi statuti
e regolamenti emanati nell’anno precedente. Deve pure presentare un elenco
delle amministrazioni disciolte, coll’indicazione dei motivi che avranno
determinato lo scioglimento».
Non essendo state presentate le suddette relazioni,
non è stato mai possibile accertare il numero reale delle IPAB funzionanti e la
destinazione dei patrimoni di quelle disciolte.
Caratteristiche salienti della legge 6972/1890 sono:
• i patrimoni ed i relativi redditi devono essere
assegnati esclusivamente a favore delle persone e dei nuclei familiari in gravi
condizioni socio-economiche;
• i beni mobiliari e immobiliari non possono mai
essere utilizzati per la copertura delle spese di gestione.
1970 Il
Ministro dell’interno segnala che le IPAB ancora esistenti sono 9.000. Non
viene fornita alcuna informazione circa le 12.819 IPAB mancanti rispetto al
censimento del 1880-1888.
1977 Ai
sensi dei commi 5, 6, 7, 8 e 9 dell’art. 25 del DPR 616:
«5. Le
funzioni, il personale ed i beni delle istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza operanti nell’ambito regionale sono trasferite ai Comuni singoli o
associati, sulla base e con le modalità delle disposizioni contenute nella
legge sulla riforma dell’assistenza pubblica e, comunque, a far tempo dal 1°
gennaio 1979.
6. Entro
sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto il Presidente del
Consiglio dei Ministri nomina una commissione composta da quattro
rappresentanti delle regioni, quattro dell’ANCI (Associazione nazionale dei
comuni d’Italia), tre dell’ANEA (Associazione nazionale fra gli enti comunali
di assistenza), un rappresentante dell’UNEBA (Unione nazionale enti di
beneficenza e assistenza), avente il compito di determinare, entro 1 anno dalla
nomina, l’elenco delle IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza)
che sono da escludere dal trasferimento ai Comuni in quanto svolgono in modo
precipuo attività inerenti la sfera educativo-religiosa.
7. L’elenco
di cui al comma precedente è approvato con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri. Ove, entro il 1° gennaio 1979, non sia stata approvata la legge
di riforma di cui al precedente quinto comma, la legge regionale disciplina i
modi e le forme di attribuzione in proprietà o in uso ai comuni singoli o
associati od a comunità montane dei beni trasferiti alle Regioni a norma dei
successivi articoli 113 e 115, nonché il trasferimento dei beni delle IPAB, di
cui ai commi precedenti, e disciplina l’utilizzo dei beni e del personale da
parte degli enti gestori, in relazione alla riorganizzazione ed alla
programmazione dei servizi disposte in attuazione del presente articolo.
8. Le
attribuzioni degli Enti comunali di assistenza, nonché i rapporti patrimoniali
ed il personale, sono trasferiti ai rispettivi Comuni entro e non oltre il 30
giugno 1978. Le Regioni con proprie leggi determinano le norme sul passaggio
del personale, dei beni e delle funzioni dei disciolti enti comunali di
assistenza ai Comuni, nel rispetto dei diritti acquisiti dal personale
dipendente.
9. Fino
all’entrata in vigore della legge di riforma della finanza locale, la gestione
finanziaria delle attività di assistenza attribuite ai Comuni viene
contabilizzata separatamente e i beni degli ECA (Enti comunali di assistenza) e
delle IPAB, di cui al presente articolo, conservano la destinazione di servizi
di assistenza sociale anche nel caso di loro trasformazione patrimoniale».
Il Governo emana il decreto legge 487 per prorogare al
31 marzo 1979 il termine stabilito dal sopra riportato 5° comma dell’art. 25
del DPR 616/1977, ma il Parlamento non lo converte in legge.
1979 Il
Governo emana un secondo decreto legge (n. 113) che ha soprattutto lo scopo di
escludere gran parte delle IPAB dal trasferimento ai Comuni. Anche questo
provvedimento non è convertito in legge dal Parlamento. Un terzo decreto legge
(n. 209) sostanzialmente uguale al precedente, viene emanato dal Governo.
Anch’esso non viene convertito in legge dal Parlamento.
1981 Con
una sentenza molto “politica” del 17 luglio, la Corte costituzionale dichiara
illegittime le norme dell’art. 25 del DPR 616/1977 relative al trasferimento
delle IPAB infraregionali ai Comuni singoli e associati.
1982 Nella
seduta della Camera dei Deputati del 17 febbraio, l’On. Marisa Galli valuta in
30-40 mila miliardi i patrimoni delle IPAB.
1988 Con
la devastante sentenza n. 396, la Corte Costituzionale, dopo aver sostenuto che
in seguito alla legge 6972/1890 non potevano operare fondazioni ed associazioni
dotate di personalità giuridica privata (il che non è assolutamente vero),
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge suddetta. Di
conseguenza molti patrimoni (in via di larghissima approssimazione per un
valore di 30-40 mila miliardi) sono stati dati a titolo assolutamente gratuito
ai privati che in qualche modo si sono dichiarati i rappresentanti dell’ente,
magari costituito alcune centinaia di anni fa.
1989 Al
convegno di Torino del 12 dicembre, organizzato dal CSA (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base), Mons. Giovanni Nervo, a quel tempo
Coordinatore della Conferenza Episcopale Italiana per i rapporti
Chiesa-Territorio e Presidente della Fondazione Zancan, nella relazione
“Principi etico-sociali sulla privatizzazione delle IPAB”, tenuta a titolo
personale, afferma quanto segue: «Il
primo principio etico, equivale per i credenti ad un Comandamento di Dio: non
rubare. I patrimoni delle IPAB sono stati donati da privati cittadini per i
poveri. Prima che fossero donati erano di proprietà dei privati, dopo che sono
stati donati, sono diventati proprietà dei poveri. Questo principio rimane,
qualunque siano state le vicissitudini storiche e giuridiche».
1990 Nonostante
che la materia sia di competenza del Parlamento, con decreto del 16 febbraio il Presidente del Consiglio dei
Ministri stabilisce i principi che le Regioni devono osservare per il
riconoscimento della personalità giuridica privata delle IPAB a carattere
regionale e infraregionale «alle quali
sia alternativamente accertato: a) il carattere associativo; b) il carattere di
istituzione promossa ed amministrata da privati; c) l’ispirazione religiosa». Ai
suddetti organismi sono trasferiti a titolo gratuito i patrimoni mobiliari e
immobiliari delle IPAB privatizzate.
1991 Nonostante
le sopra ricordate sentenze della Corte costituzionale, sulla base delle norme
della legge 6972/1890 permane la possibilità di estinzione delle IPAB e del
trasferimento dei relativi beni ai Comuni. Ad esempio, la Regione Piemonte
emana il 23 settembre il decreto di estinzione delle IPAB “Colonie alpine e
marine Regina Margherita”.
1996 Sul
n. 6, dicembre 1996 della rivista IPABOGGI,
viene valutato in 50 mila miliardi il patrimonio complessivo delle IPAB.
1890-1999 In
base alla legge 6972/1890 i patrimoni immobiliari e mobiliari di molte IPAB
inattive sono stati trasferiti ai Comuni. Ad esempio, al Comune di Torino sono
pervenuti beni del valore di circa mille miliardi. Tuttavia, va segnalato che
nessuno controlla che i suddetti beni (il cui ammontare complessivo può essere
stimato in 40-50 mila miliardi) ed i relativi redditi vengano destinati alle
persone ed ai nuclei familiari in gravi condizioni socio-economiche. Nessun
controllo viene inoltre effettuato sulla destinazione dei patrimoni e delle
rendite (30-40 mila miliardi) dati a titolo gratuito alle IPAB privatizzate.
1999 Secondo
quanto risulta dal resoconto dei lavori della XII Commissione della Camera dei
Deputati del 28 giugno 1999 le IPAB sono attualmente 5.200 e detengono un
patrimonio di circa 37 mila miliardi. Esse svolgono le seguenti attività:
ricovero di minori, handicappati e di anziani, gestione di scuole materne, di
mense e altre iniziative a favore della fascia più debole della popolazione.
1999 In
base al testo “Disposizioni per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali” predisposto dalla Commissione Affari Sociali
della Camera dei Deputati e all’esame dell’Aula di Montecitorio dal 5 luglio,
si vorrebbe:
a) abrogare la destinazione esclusiva alle persone ed
ai nuclei familiari in gravi condizioni socio-economiche dei 37 mila miliardi dei
beni delle IPAB ancora esistenti, il che comporterebbe anche una sanatoria
sulle numerose e gravi irregolarità commesse in merito all’utilizzo dei
patrimoni regalati ai privati in base alla citata sentenza della Corte
costituzionale n. 396 del 1988 e di quelli trasferiti ai Comuni. La posta in
gioco riguarda complessivamente patrimoni per 120-140 mila miliardi ed i
relativi redditi;
b) mettere a gratuita disposizione di associazioni e
fondazioni parte delle IPAB ed i relativi beni e redditi;
c) stabilire un nuovo non meglio identificato regime
giuridico delle IPAB rimanenti;
d) togliere il vincolo stabilito dalla legge 6972/1890
in base al quale i patrimoni non possono essere utilizzati per coprire le spese
di gestione.
(*)
Analoghe considerazioni valgono per l’utilizzo dei patrimoni e delle relative
rendite degli enti assistenziali disciolti (ECA, ONMI, ENAOLI, ecc.) e per i
lasciti disposti a favore dei Comuni.
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