Prospettive assistenziali, n. 128, ottobre-dicembre 1999
Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
IL
MERCATO DEI BAMBINI STRANIERI CONTINUA PER LE INADEMPIENZE DEL GOVERNO
In data 9 novembre 1999 l'ANFAA ha
diffuso il seguente comunicato stampa.
«Continua indisturbato nel nostro Paese il mercato
dei bambini stranieri anche a causa dei ritardi del Governo italiano.
«Con la legge n. 476/1998 l'Italia ha ratificato la
Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione
internazionale.
«La Convenzione rappresenta un primo significativo
passo verso una cooperazione fra i Paesi di origine e di accoglienza dei
bambini, nel rispetto di un'etica procedurale diretta a rendere trasparente e
corretta l'adozione e a stroncare il mercato dei minorenni in difficoltà.
«Alla base della Convenzione c'è il convincimento che
l'adozione internazionale deve essere realizzata nell'interesse preminente del
minore in reale stato di adottabilità, non rimediabile nel suo Paese attraverso
l'inserimento in un'altra famiglia.
«Purtroppo questa legge non è ancora operativa: non è
ancora stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quindi non è ancora
operativo il regolamento istitutivo della Commissione per le adozioni
internazionali (la scadenza era il 12 maggio!) che è. indispensabile per
l'attuazione della Convenzione e per contrastare il "fai da te".
«Con l'entrata in vigore della Convenzione le adozioni
dovranno essere realizzate attraverso Enti autorizzati e controllati dalla
suddetta Commissione.
«Ancora oggi i trafficanti continuano a guadagnare
indisturbati sulla pelle dei bambini senza famiglia. «Nel 1998 sono stati
disposti dai Tribunali 2662 affidamenti preadottivi. Di questi 881 provenienti
dalla Russia, 319 dalla Bulgaria, Paesi dove non operava nessun Ente autorizzato.
«Le telefonate che arrivano anche all'ANFAA,
confermano che è in atto una folle corsa per accaparrarsi un bambino a
qualunque costo, con la complicità dei trafficanti, approfittando del fatto
che questa legge non è ancora entrata in vigore.
«Chiediamo al Presidente del Consiglio dei Ministri
di rendere attuativo al più presto il regolamento e di assumere tutti gli
altri provvedimenti necessari per realizzare correttamente, nell'interesse dei
bambini, le adozioni internazionali nel nostro Paese».
RICONOSCIUTO IL DIRITTO
DELLA MADRE ADOTTIVA AL RIPOSO GIORNALIERO
Con recente provvedimento del Pretore del lavoro di
Palmanova è stato riconosciuto il diritto della madre adottiva al riposo
giornaliero, il cosiddetto periodo di assenza per allattamento.
II provvedimento ha un'importanza notevole non solo
per il contenuto che lo contraddistingue, ma altresì per le ragioni giuridiche
che lo sorreggono in quanto non si può non rimarcare quale sia stato I'itermotivazionale
a mezzo del quale il Pretore è pervenuto alla decisione favorevole alla
ricorrente.
AI
fine di meglio apprezzare la vicenda ritengo sia opportuno ricostruirne
brevemente i contorni.
La ricorrente, un'insegnante di sostegno a tempo
indeterminato presso una scuola media, è madre adottiva di un bambino bulgaro
nato nel 1996, il piccolo S.
Una volta entrato in famiglia il piccolo S., la madre
adottiva formula rituale richiesta di fruire dei permessi giornalieri di cui
all'art. 10 della legge 1204/1971 e all'art. 8 della legge 903/1977.
II Preside della scuola media rigetta l'istanza sulla
base della mancata risposta al quesito proposto dalla medesima scuola al
Ministero.
Vistosi negare il diritto, sacrosanto, la madre adottiva
è costretta da un lato a collocarsi in astensione facoltativa, con conseguente
sostanziosa riduzione dello stipendio proprio nel momento di maggior impegno
(anche economico) richiesto dal nuovo arrivo, e dall'altro a rivolgersi al
sindacato (nella fattispecie Cisl Scuola di Udine) e quindi al legale.
Viene promosso il tentativo di conciliazione, divenuto
obbligatorio con la riforma del codice di rito avviata nel 1998, nel corso del
quale la mancata attivazione del Ministero dell'istruzione, e per esso del
Provveditorato agli studi di Udine, induce la madre adottiva a rivolgersi al
Pretore competente, per una tutela in via d'urgenza ex articolo 700 del Codice
di procedura civile, data la materia del contendere e data l'urgenza di veder
assicurata al piccolo S. la tutela di cui ha bisogno ora e non tra qualche anno.
A questo punto viene quindi depositato il ricorso
d'urgenza che viene accolto già in un primo momento nella forma così detta inaudita altera parte, vale a dire senza
che il Pretore abbia ritenuto di convocare le parti (e quindi soprattutto la
parte resistente del datore di lavoro) data proprio l'urgenza della tutela
richiesta.
Accogliendo e facendo proprie le istanze della madre
ricorrente, il Pretore motiva il suo primo provvedimento partendo da una
equiparazione logicogiuridica, ma visibilmente dettata dal buon senso, fra la
situazione presupposizionale che lega la richiesta di astensione obbligatoria a
quella facoltativa.
Infatti si rileva che «la legge n. 903/1977 prevede
che i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa siano computati dall'ingresso
in famiglia del bambino». Ciò posto, prosegue il Giudice nel suo (corretto)
sillogismo, vi è piena equiparazione tra il momento della nascita naturale e
quello dell'inserimento in famiglia dell'adottato, dato che ratio della norma
è quella di «assicurare ai minori la maggiore presenza possibile della madre in
momenti nei quali la stessa è essenziale per la loro formazione, quali sono
appunto in egual misura i primi mesi di vita ed il periodo in cui un minore
abbandonato inizia a vivere con delle persone a lui sconosciute che gli diventeranno
genitori».
Illuminante,
preciso, corretto, essenziale.
Da queste premesse il Pretore trae la sua interpretazione
del silenzio normativo asserendo che se è vero che la legge 903/1977 non ha
previsto alcunché sul punto, «unica interpretazione conforme alla ratio della
norma dev'essere di consentire il godimento dei riposi entro l'anno che
decorrerà dal medesimo momento indicato per l'astensione, cioè dall'ingresso in
famiglia del bambino».
Conclude il Pretore intimando pertanto alla Pubblica
Amministrazione di concedere i permessi di riposo giornalieri.
Come si legge sopra il provvedimento è importante
anche perché sancisce il momento a partire dal quale deve essere conteggiato (e
quindi sorge) i1 diritto della madre a richiedere i permessi e cioè dal momento
dell'ingresso (ufficiale) in famiglia del minore adottato.
Successivamente al provvedimento di cui sopra il
Pretore ha convocato le parti avanti a sé per l'udienza di convalida del
provvedimento medesimo. In quella sede si è costituita l'Amministrazione resistente
a mezzo l'Avvocatura dello Stato nella sostanza ribadendo le ragioni del
proprio no proprio sulla base che de jure
conditio non vi è normativa sul punto e che nel caso di specie non si può
dare luogo a interpretazioni estensive come quella operata dal Pretore di
Palmanova.
II Pretore si riserva di decidere e nel frattempo
viene altresì, e finalmente, svolto il tentativo di conciliazione avanti
l'ispettorato del lavoro di Udine. II tentativo fallisce per la radicale
contrapposizione delle parti su una questione di puro diritto che non consente
certo mediazioni o disposizioni conciliative e bonarie. Tuttavia in quella sede
la Pubblica Amministrazione afferma con ancora più forza la propria contrarietà
al provvedimento del Pretore di Palmanova sulla base della considerazione che i
permessi de quibus non possono che
riguardare i
minori
di età di anni uno sia che gli stessi siano naturali sia che siano adottivi e
che pertanto, siccome il piccolo S. aveva superato l'anno di vita, nel caso di
specie non potevano essere concessi. Interpretazione questa tanto aberrante da
rendere di fatto del tutto impossibile l'applicazione di detto istituto per gli
adottivi viste le difficoltà (ben note!) per accedere all'adozione tanto che
raramente quest'ultima avviene entro il primo anno di vita.
Ma il Pretore emana il successivo provvedimento nel
quale convalida totalmente quello precedente con ancora più abbondanza di
argomentazioni giuridiche.
Infatti si fa riferimento ad una circolare INPS (n.
134397 del 21.12.1982) nella quale l'ente erogatore della indennità
acconsentiva alla concessione di queste ultime anche alle madri adottive ed
affidatarie, posizione poi confermata anche dalla circolare del Ministero del
lavoro, prodotta e richiamata dalla difesa della madre ricorrente, n. 4559/1204
di data 10.10.1988.
Proprio sulla scorta di questi riferimenti il Pretore
afferma il terzo principio importante in materia e cioè che il termine di età
di vita dell'adottato entro il quale la madre adottiva può richiedere il
permesso giornaliero di riposo è di tre anni, sempre ferma restando che la
decorrenza del diritto inizia dal momento dell'ingresso in famiglia del minore
(infra-treenne).
In particolare il Pretore ha avuto cura di precisare,
con parole che sottendono valutazioni pregne di partecipazione anche umana alla
vicenda, che vi «sono pochi danni irreparabili come il non aver trascorso del
tempo con un bambino ed i conseguenti problemi di educazione ed inserimento del
minore adottato che ne possono derivare».
A conclusione di questa piccola
storia umana e processuale, conclusione parziale visto che la causa continua
per ottenere il provvedimento di merito finale stante che comunque i
provvedimenti ottenuti sono provvisori e necessitano, per legge, di conferma
con una sentenza, i punti stabiliti dal Pretore, dott.ssa Marina Ventura, nella
causa n. 8048/1999 R.A.C.C. Pretore del lavoro di Palmanova, hanno
consentito ad una madre adottiva, già seriamente provata dalle note vicende
burocratiche e personali tipiche di ogni adozione internazionale, di ottenere
di poter stare più vicina al piccolo S. e di essergli madre a tutti gli
effetti.
Mi piace ricordare allo scrivente un altro passo del
provvedimento del Pretore che dovrebbe essere ben tenuto presente dal
legislatore de jure condendo, e cioè
laddove si dice che «i riposi giornalieri non possono più ritenersi collegati
alle "esigenze primarie dell'allattamento"..., essendo concedibili
anche ai padri in casi di impedimento o mancanza della madre...». Anche ai
padri...
Avv. Andrea D. Maieron
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