Prospettive assistenziali, n. 128, ottobre-dicembre 1999

 

 

Per non dimenticare

 

 

REALTA UMANE E SOCIALI DA PREVENIRE E RISOLVERE (N. 6)

 

EVASIONE SCOLASTICA RECORD AL SUD

«Undici ragazzi su cento residenti al Sud, e in par­ticolare nelle province di Napoli, Bari e Catanzaro, lascerebbero la scuola dell'obbligo prima di termina­re gli studi. È il dato preoccupante che emerge da un'indagine condotta dalla Lapis, la Libera associa­zione per il progresso dell'istruzione, su un campio­ne di 3 mila 368 giovani che si sono presentati que­st'anno alla visita di leva.

«II campione, che ha il limite di escludere le donne, presenta dei risultati fortemente diversi rispetto ai dati ufficiali contenuti nelle analisi del Ministero della Pubblica Istruzione, i quali offrono uno scarto notevole rispetto a quelli diffusi dalla Lapis.

«Secondo la ricerca dell'associazione, I'11 per cento (un ragazzo su 9) ha interrotto gli studi senza la licenza di scuola media inferiore; I'8,4% (uno su 12) non è nemmeno arrivato in prima media; il 6,7% (uno su 15) ha addirittura frequentato le lezioni meno di cinque anni e dunque non solo non ha adempiuto gli obblighi scolastici, ma non ha nem­meno finito le elementari.

«Tra i motivi che determinano una bassa scolarità nelle tre province del Sud, troviamo al primo posto la necessità per gli studenti di lavorare fin da giova­ni per contribuire al bilancio familiare».

(da la Repubblica del 7 settembre 1999)

 

EX TOSSICODIPENDENTI RIDOTTI IN SCHIAVITÙ: COOPERATIVA SOCIALE SOTTO ACCUSA

Una cooperativa sociale di Macerata, che ufficial­mente offriva lavoro a giovani ex tossicodipendenti, in realtà avrebbe sfruttato questi ragazzi tenendoli in stato di semi-schiavitù.

L'organizzazione, i cui componenti sono stati arre­stati con l'accusa di associazione per delinquere e riduzione in schiavitù, era composta da otto dirigen­ti, ciascuno dei quali era a capo di una squadra di dieci giovani tenuti a garantire mensilmente un certo livello di produzione.

Stando ai racconti delle vittime, i giovani venivano tenuti in stanze con inferriate, sottoposti a punizioni corporali se trasgredivano le regole e messi in con­dizione di non poter comunicare con i parenti.

(da Avvenire del 30 giugno 1999)

 

MORTO A 48 ANNI DOPO UNA VITA TRASCORSA IN ISTITUTI, MANICOMI E OSPEDALI

II 19 luglio 1999 è morto all'ospedale S. Luigi di Orbassano (Torino) il signor G., nato a Torino il 10 luglio 1951. I suoi genitori si erano conosciuti in sanatorio e non si erano sposati.

Fin dalla nascita, G. è ricoverato in istituto. Nessuno si preoccupa di trovargli una famiglia, né adottiva né affidataria. In quel periodo agli enti assi­stenziali era riconosciuto dalla legge una totale discrezionalità, discrezionalità che spesso determi­nava, come nel caso in esame, danni enormi e dura­turi per i bambini con genitori in gravi difficoltà.

Nei confronti di G. il disinteresse è stato totale: l'u­nica decisione è stata l'internamento in strutture a carattere di internato.

A 18 anni dall'istituto viene trasferito in manicomio e quindi in un ospedale per malati di tubercolosi, dove rimane per 20 anni fino alla morte.

(da La Stampa del 9 agosto 1999)

 

PER I FURBI PAGANO GLI ONESTI

Quante sono le migliaia di miliardi che lo Stato ogni anno non è in grado di recuperare nell'ampio fronte dell'evasione fiscale? La situazione è, a dir poco, catastrofica. La media delle somme recupera­te a confronto di quelle accertate come evase e sot­toposte a sanzione si è ridotta ad un inaccettabile, sfrontato 4,9%. Una catastrofe, è doveroso afferma­re da un lato, un invito implicito all'esercito dei furbi, sempre vegeto ed operante, a continuare in una scommessa che non appare certo vincente da parte dello Stato.

Ogni anno una pietra tombale, rallegrante il fronte dei furbi, viene messa sull'ipotesi di riscuotere cre­diti spettanti allo Stato. Sempre più fiscale con chi gli assicura le entrate con le trattenute su cui non si può discutere e gabbato da un esercito di furbi che trascorrono la propria vita utilizzando i molti servizi dello Stato garantiti dalla generosa lealtà di concit­tadini o da "impossibilità" di averli soci nell'evasione.

Commenta un giornalista: «Mettetevi nei panni dei tanti furboni che invocando a discolpa gli infiniti lacci e lacciuoli della macchina pubblica se ne infischiano dei principi, della correttezza, del dovere civico; se statisticamente è più facile che gli caschi in testa un frigorifero, chi glielo fa fare di pagare?».

Anzi. Li soccorre l'alleanza e la comprensione di compatti schieramenti politici. Quegli stessi che non sanno reperire risorse per un decente sostegno alle famiglie che, tra l'altro, non sono in grado di eva­dere.

(da La Famiglia, n. 196, luglio-agosto 1999)

 

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