Prospettive
assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000
Anche per il tar del veneto i comuni non possono imporre
contributi economici ai parenti di assistiti maggiorenni
Riportiamo integralmente la sentenza n. 1785/1999
pronunciata dal Tar del Veneto in
data 8 luglio 1999, depositata nella Segreteria della Prima Sezione il 3
novembre 1999.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima
Sezione, con l’intervento dei signori magistrati Gaetano Trotta, Presidente,
Rita Depiero, Consigliere e Angelo Gabbricci, primo Referendario-estensore ha
pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 3237/98, proposto da L., L. e
S.B. rappresentati e difesi dall’avv. M.S., con domicilio presso la Segreteria
del TAR Veneto, giusta art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, contro ASSL 16 di
Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall’avv. S.B., con domicilio presso la Segreteria del TAR Veneto,
giusta art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, per l’annullamento:
a) delle note
22 settembre 1998, n. 8984-A, 8985/A e 8986-A dell’ASSL 16, aventi ad oggetto
“compartecipazione alla spesa per inserimento in Istituto - B.B.”;
b) in parte qua, della deliberazione 26
settembre 1996, n. 1338, del direttore generale dell’ASSL 16;
c) degli
atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali ovvero
comunque connessi.
Visto il
ricorso con i relativi allegati;
visto
l’atto di costituzione in giudizio dell’ASSL 16;
viste le
memorie prodotte dalle parti;
visti gli
atti tutti di causa;
uditi
nella pubblica udienza del giorno 8 luglio 1999 - relatore il primo
referendario avv. Angelo Gabbricci - l’avv. M.S. per i ricorrenti e l’avv. S.B.
per l’Amministrazione resistente;
ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
I
ricorrenti L., L. e S.B. premettono di essere tutti fratelli di B.B., nato nel
1941, invalido civile al 100% ed interdetto perché affetto da sindrome di Down,
attualmente inserito presso una comunità alloggio convenzionata con l’ASSL 16
di Padova.
In
passato, sempre secondo quanto dai ricorrenti esposto, l’USSL di competenza
avrebbe richiesto loro un contributo per il mantenimento del fratello
nell’importo complessivo di L. 600.000, da essi regolarmente versato.
Tuttavia,
con le tre note 22 settembre 1998, n. 8984-A, 8985-A e 8986-A, separatamente
inviate ai tre interessati, veniva a ciascuno comunicato che, per la seconda metà
dell’anno 1998, la “quota di compartecipazione” alla spesa per il ricovero del
fratello, presso la rammentata struttura assistenziale, sarebbe ammontata,
rispettivamente a L. 936.000 per L.B., L. 6.722.000 per L. e L. 5.401.000 per
S. che, nella propria comunicazione, veniva altresì invitato a versare la quota
dovuta dallo stesso B. di cui egli è tutore.
A ciascuna
comunicazione era altresì accluso un conteggio che specificava il criterio di
calcolo utilizzato per determinare l’importo richiesto: criterio che, a sua
volta, si fondava sulle disposizioni contenute nel regolamento approvato con la
deliberazione 26 settembre 1996, n. 1338, del direttore generale dell’ASSL,
dove erano stati stabiliti i criteri di partecipazione dell’utente e dei suoi
familiari (art. 6) alla spesa per l’inserimento del disabile nella comunità
alloggio.
I B. hanno
proposto il ricorso in esame, sia contro le disposizioni recate nell’atto
generale, su cui si fondano le richieste di pagamento di contributo, sia contro
queste ultime, salvo il contributo direttamente a carico del ricoverato; si è
costituita l’ASSL 16, concludendo con la reiezione.
DIRITTO
Nessuna
questione viene dalla resistente sollevata circa la ricevibilità e
l’ammissibilità del ricorso: sicché, nonostante il lungo intervallo di tempo
trascorso, si deve ritenere che i ricorrenti abbiano avuto notizia della
deliberazione impugnata soltanto successivamente alla ricezione delle richieste
di corresponsione del contributo.
Ciò posto,
va tenuto presente che l’art. 6 del regolamento in questione dispone, al primo
comma, che «l’eventuale differenza tra l’importo della retta del ricovero e la
quota di partecipazione dell’utente, dovrà essere versata da parte dei parenti
“obbligati”, che sono tenuti a contribuire in proporzione al loro reddito,
all’USSL 16 o direttamente alla struttura residenziale».
Sempre lo
stesso art. 6 chiarisce, al II° comma, che, per parenti obbligati, «si
intendono quelli indicati all’art. 433 del Codice civile, tenuto presente il
disposto di cui al successivo art. 441»; la quota di partecipazione, poi, è
fissata nel 25% «della differenza tra il reddito annuo depurato della tassazione
IRPEF, percepito dai parenti obbligati e la quota esente, il cui importo verrà
annualmente definito».
Secondo i
ricorrenti, tuttavia, con la sua richiesta, fondata su tale previsione
regolamentare, l’ASSL avrebbe violato le previsioni civilistiche, sostituendosi
all’unico titolare del diritto agli alimenti, diritto «personalissimo, di
esclusiva titolarità dell’alimentando».
La censura
è fondata.
Il
ripetuto art. 6 deriva, infatti, l’obbligo partecipativo dei parenti
esclusivamente sulle disposizioni civilistiche che regolano l’istituto degli
alimenti, come è stato sostanzialmente confermato dell’azienda resistente nelle
sue difese.
Ciò posto,
va ricordato che l’art. 2900 c.c. prevede bensì che il creditore, per
assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i
diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi
trascura di esercitare. La stessa disposizione soggiunge, tuttavia, che ciò è
consentito soltanto per i diritti e le azioni che abbiano natura patrimoniale,
purché non si tratti di diritti ed azioni che, per loro natura o per
disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.
Ora,
sembra al Collegio di poter qualificare la domanda alimentare come strettamente
personale, in quanto correlata a rapporti di natura affettiva e familiare, sì
da escludere che il diritto agli alimenti possa essere esercitato da soggetti
diversi dall’alimentando, ovvero dal suo eventuale tutore, o protutore.
La
normativa civilista non consente pertanto all’Amministrazione, la cui posizione
di terzo creditore non è in questione, di fondare, immediatamente e
direttamente, la partecipazione dei parenti, alle spese per il ricovero
dell’assistito, sul loro obbligo alimentare.
Va altresì
osservato come la misura e le modalità di corresponsione degli alimenti, se non
sono consensualmente stabiliti tra l’obbligato ed il beneficiario, devono
essere comunque definiti con un provvedimento giurisdizionale (cfr. artt. 445 e
446 c.c.), e non possono dunque essere unilateralmente predeterminati – e, per
di più, con criteri che appaiono privi di riferimento legislativo – con un
provvedimento amministrativo, ciò che invece si verifica nella fattispecie:
sicché anche sotto questo profilo l’art. 6 deve ritenersi illegittimo.
L’assorbente
primo motivo deve pertanto essere accolto, e conseguentemente annullati gli
atti impugnati, salvo che con riguardo alla corresponsione della quota
riferibile al ricoverato B.B. sulla quale non vi è controversia: mentre sussistono
sufficienti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, 1ª Sezione, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla i
provvedimenti impugnati.
Compensa
integralmente le spese tra le parti.
Ordina che
la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così
deciso in Venezia nella Camera di consiglio addì 8 luglio 1999. Sentenza
depositata alla Segreteria della 1ª Sezione il 3 novembre 1999.
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