Prospettive
assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000
Lettera aperta ai candidati
alla presidenza della regione piemonte
In occasione delle elezioni regionali del 16 aprile
2000, il CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, ha diffuso
la seguente lettera aperta ai candidati Enzo Ghigo e Livia Turco che
riproduciamo integralmente.
Chiediamo
ai candidati alla Presidenza della Regione Piemonte, Enzo Ghigo e Livia Turco, ai quali abbiamo sottoposto e sottoponiamo le
richieste che rivolgiamo anche alla
riflessione degli altri candidati, di cambiare radicalmente le strade
finora da essi percorse nei confronti della fascia più debole della
popolazione: bambini totalmente o parzialmente privi di famiglia, handicappati,
con particolare riguardo a quelli con limitata o nulla autonomia, persone senza
fissa dimora, anziani malati cronici non autosufficienti, ecc.
Basta con le belle parole: vogliamo garanzie sicure perché siano rispettate le esigenze ed i diritti di coloro che non sono in grado di autodifendersi a causa dell’età o della gravità delle loro condizioni di salute.
Le nostre critiche
all’operato di
ENZO GHIGO
– Sono
proseguite le dimissioni, molte volte selvagge, degli anziani cronici non
autosufficienti dagli ospedali e dalle cliniche private convenzionate, anche
quando i pazienti avevano ancora bisogno di cure sanitarie non praticabili a
domicilio.
– A seguito
di queste espulsioni, molto spesso i congiunti sono costretti a ricorrere a
strutture private (a volte anche abusive e sovente inadeguate) con il pagamento
di rette di 70-80 mila lire al giorno. Si ricorda che le leggi vigenti
stabiliscono fin dal 1955 che il Servizio sanitario nazionale deve fornire le
cure gratuite e senza limiti di durata anche a coloro che sono colpiti da
malattie inguaribili.
– Nei mesi
scorsi 400 persone, tutte degenti da più di 20 anni in strutture psichiatriche,
sono state dichiarate “guarite” e trasferite in istituti di assistenza essendo
state classificate come disabili o come casi geriatrici.
– Gli
anziani lungodegenti sono trasferiti ogni due mesi, come se fossero pacchi, da
una casa di cura convenzionata ad un’altra, in quanto, dopo 60 giorni di
degenza, la Regione Piemonte riduce del 40% l’importo della retta versata alle
stesse case di cura. Ovviamente, le case di cura private, volendo realizzare le
maggiori entrate possibili, dimettono i vecchi lungodegenti e li trasferiscono
in un’altra casa di cura privata. Questo spostamento, incivile e negativo per i
malati, viene fatto ogni due mesi.
– La
Regione Piemonte non ha dato il necessario impulso alle cure domiciliari,
favorendo così i ricoveri dei vecchi malati.
–
Assolutamente insufficienti sono i centri diurni sanitari istituiti per i
malati di Alzheimer.
– Permangono
gravissime le carenze:
a) dei centri diurni assistenziali
per handicappati intellettivi ultraquindicenni che, a causa della gravità delle
loro condizioni di salute, non sono in grado di svolgere alcuna attività
lavorativa retribuita;
b) delle comunità alloggio (8-10
posti al massimo) per i suddetti soggetti privi di famiglia o con genitori non
più in grado di sostenere la pesante usura psico-fisica che comporta la cura
dei propri congiunti in gravi difficoltà e spesso privi di autonomia.
– Non
è stata avviata nessuna iniziativa concreta per azzerare il numero dei minori
ricoverati in istituto e per la creazione delle necessarie alternative (aiuti
psico-sociali alle famiglie d’origine, affido, adozione).
– Niente
è stato fatto per impedire che i Comuni e le ASL, in contrasto con le leggi
vigenti, continuassero a pretendere contributi economici dai parenti di anziani
malati cronici, contributi ammontanti ogni anno a molte centinaia di milioni.
– Permane
una grande confusione a livello istituzionale in quanto la Regione Piemonte
nulla ha fatto per promuovere il consorziamento dei Comuni piccoli non in grado
di istituire l’indispensabile rete dei servizi assistenziali alternativi al
ricovero in istituto.
–
Continuano ad essere finanziati istituti che prevedono il ricovero di anziani
cronici non autosufficienti, handicappati intellettivi e fisici, dimessi dagli
ospedali psichiatrici.
– Assolutamente
insufficiente è l’offerta di assistenza domiciliare e praticamente inesistente
è il servizio di aiuto alla persona per i soggetti con limitata autonomia.
LIvia Turco
– In questi
mesi abbiamo cercato in tutti i modi di far capire al Ministro Livia Turco, e a
molti dei Parlamentari che sostengono la sua candidatura a Presidente della Regione
Piemonte, che vi è la necessità di sancire finalmente diritti esigibili per
quelle persone che, senza assistenza pubblica, non possono vivere, oppure che
rischiano di finire per sempre nel baratro dell’emarginazione.
– Abbiamo
chiesto che si superassero i limiti delle leggi fasciste, le sole ancora in vigore,
per dare finalmente dignità a quel 2-3 per cento di cittadini italiani per i
quali lo Stato ha il dovere di intervenire in base a quanto sancito dal 1°
comma dell’art. 38 della nostra Costituzione che stabilisce: «Ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e
all’assistenza sociale».
– Come
afferma il Cardinale Martini, Arcivescovo di Milano, nella pubblicazione
“L’etica dello Stato civile”, Centro Ambrosiano, 1999, «La prima ragione etica che richiede ed esige la realizzazione di uno
Stato sociale può essere individuata nel diritto inalienabile di tutti al
soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Si tratta di un diritto universale,
che riguarda ogni uomo per il solo fatto che è persona; come tale è un diritto
che si manifesta con tutta la sua urgenza nelle persone più deboli, bisognose,
povere. Proprio perché si tratta di un diritto inalienabile, ci troviamo di
fronte a una questione di giustizia e di verità: non è un problema la cui soluzione
possa essere lasciata solamente alla carità volontaria o alla libera iniziativa
di qualcuno, che pure sono importanti e chiedono di essere promossi e
valorizzati; è un dovere di stretta giustizia della società e perciò lo Stato,
che ha responsabilità di governo della società, deve comunque provvedere a che
sia adempiuto».
– C’è
dunque la necessità impellente che la legge della riforma dell’assistenza
obblighi gli Enti locali a:
• creare
centri di accoglienza in misura sufficiente al fabbisogno per i senza fissa
dimora, senza aspettare le decine di morti per freddo ogni anno;
• istituire
i servizi occorrenti per realizzare il diritto del minore ad una famiglia (la
sua in primo luogo, o quella affidataria o adottiva);
•
realizzare centri diurni assistenziali per gli handicappati intellettivi che
dopo la scuola elementare e media non possono essere avviati ai corsi di
formazione professionale e, quindi, al lavoro;
•
assicurare gli interventi necessari alle persone che vogliono uscire dal giro
della prostituzione, agli ex carcerati, ecc.;
• garantire
i necessari aiuti alle gestanti e madri in serie difficoltà perché possano
decidere consapevolmente il riconoscimento o meno del proprio nato;
• istituire
piccole comunità alloggio in misura sufficiente per impedire che i bambini e
gli adolescenti con famiglie problematiche, gli handicappati e gli anziani con
limitata autonomia siano ricoverati in istituto, anche a decine di chilometri
di distanza dalla famiglia;
•
assicurare gli interventi di aiuto economico, domiciliare e personale alle
persone handicappate o anziane con limitata autonomia, perché continuino a
restare presso il proprio domicilio.
Invece
tutto questo non è stato recepito dal Ministro Livia Turco che continua a
ritenere superato il concetto di assistenza limitatamente alle persone “inabili
e sprovviste dei mezzi necessari per vivere” e ritiene che i futuri servizi
sociali debbano occuparsi di tutta la popolazione, anche di chi sta bene
economicamente e potrebbe acquistare da solo i servizi di cui ha bisogno.
Il Ministro
Turco, il Governo ed i Parlamentari della maggioranza non hanno accettato di
rendere obbligatori gli interventi per garantire alle persone più deboli il
diritto all’assistenza. Infatti è stato respinto con il loro voto e quelli
degli oppositori l’emendamento presentato dagli On. Diego Novelli e Tiziana
Valpiana, che stabiliva che fossero obbligatorie per lo Stato le prestazioni
per le persone gravemente disagiate, e lasciava alla facoltà dei singoli Enti
locali l’opportunità di intervenire con risorse proprie per realizzare i
servizi sociali per tutta la popolazione.
La mancata
approvazione di questo emendamento significa che, ad esempio, sono state messe
sullo stesso piano le esigenze dei centri diurni per gli handicappati intellettivi
in situazioni di gravità, che rischiano di continuare a restare a carico delle
loro famiglie, e le attività di tempo libero organizzate per gli anziani (come
i corsi di ballo e le bocciofile).
Il fatto
che nel testo si sollecitino gli Enti locali ad intervenire prioritariamente (e
comunque compatibilmente con le risorse disponibili) per assicurare i livelli
essenziali delle prestazioni alle persone di cui al citato art. 38 della
Costituzione non dà nessuna garanzia di un diritto esigibile da parte degli utenti.
Quando si è
deciso di innalzare l’obbligo scolastico ai 15 anni si è affermato giustamente
un diritto all’accesso per tutti i giovani compresi in quell’età; le scuole,
dovendo assolvere un obbligo, hanno dovuto organizzarsi e lo Stato ha previsto
le necessarie risorse. È facile immaginare cosa sarebbe successo se si fosse
invece previsto solo una “priorità” sia per gli alunni, sia per le scuole: i
primi non si sarebbero sentiti in dovere di frequentare e le seconde non
avrebbero istituito i necessari servizi. Consapevoli di questa profonda
differenza, noi chiediamo semplicemente la stessa cosa per i servizi
assistenziali. Prioritario non è sinonimo di obbligatorio.
Chiediamo al Ministro Livia Turco di:
1. introdurre
il concetto di obbligatorietà nell’art. 22 del testo della legge di riforma
dell’assistenza;
2. fare in
modo che l’immenso patrimonio delle IPAB, Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, che ammonta a ben 37 mila miliardi, ed i relativi redditi siano utilizzati
esclusivamente per i poveri, secondo quanto previsto dalla legge Crispi del
1890;
3.
riconfermare la competenza del Servizio sanitario nazionale anche nei confronti
degli anziani colpiti da malattie invalidanti, e non autosufficienti, così come
prevedono le leggi vigenti;
4. prendere
posizione contro le dimissioni, spesso selvagge, dagli ospedali e dalle case di
cura private convenzionate degli anziani malati non autosufficienti, anche
quando necessitano di cure sanitarie, per non lasciarli morire fra atroci
sofferenze per mancanza delle cure necessarie, come quelli che finiscono nelle
pensioni lager, periodicamente denunciate (senza che cambi nulla).
Il CSA
ringrazia la Corte Costituzionale per aver respinto il referendum dell’On. Emma
Bonino sulla sanità, deleterio per i più deboli.
Aspettiamo impegni scritti dai candidati
www.fondazionepromozionesociale.it