Prospettive
assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000
Notiziario
dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
L’anfaa ha ottenuto
dalla Corte di appello di Genova
di poter difendere una minore
Dopo tante
sentenze discutibili ed in alcuni casi frutto di una cultura adultocentrica
che, troppo spesso, permea l’attività delle Corti d’appello di molti Tribunali
italiani, il 20 gennaio 2000, la Corte di appello di Genova ha finalmente
emesso una sentenza non solo dichiaratamente dalla parte dei bambini ma che
rappresenta un grande riconoscimento per l’ANFAA.
I fatti:
«Alla nascita di Maria (ovviamente nome di fantasia), il Tribunale per i
minorenni di Genova, viste le condizioni psicologiche, sociali e sanitarie
della madre, ne dispone immediatamente il ricovero in ospedale (anche in
funzione delle sue non buone condizioni di salute) e, non appena ristabilita,
l’affidamento a rischio giuridico di adozione; Maria ha due mesi.
«La madre
e suo marito (Maria è figlia di una relazione occasionale) riconoscono la
piccola e ne chiedono la restituzione opponendo appello presso il Tribunale per
i minorenni di Genova che però, per la palese inidoneità della famiglia (la
madre aveva già avuto altri 5 figli – da uomini diversi – che sono tutti in
adozione), respinge il primo appello.
«La
bambina comincia a stare meglio e ad ambientarsi nella “nuova famiglia” ma i
genitori presentano ricorso presso la Corte di appello di Genova.
«La
famiglia affidataria, a questo punto, si rivolge alla Sezione di Genova dell’ANFAA
per sapere cosa fare e la nostra Sezione, sentito il Magistrato del Tribunale
per i minorenni che segue il caso della bambina, presenta un “intervento
adesivo” all’opposizione del curatore speciale della minore con il patrocinio
dell’Avv. Figone di Genova».
Il 20
gennaio 2000, Maria non ha ancora un anno, la Corte si riunisce in udienza e
decide quanto segue: «L’appello proposto
dai genitori biologici è respinto» ma non solo... «È ammessa la costituzione della Sezione di Genova dell’ANFAA».
Per la
prima volta viene così riconosciuta la nostra figura di associazione per la
tutela dei diritti.
L’intervento del garante su minori,
violenza sessuale e diritto di cronaca
In data 2 dicembre
1999 l’ANFAA ha scritto a Stefano Rodotà - Garante per la protezione dei dati
personali, Mario Petrina - Presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti,
Lorenzo Del Boca - Presidente della Federazione nazionale della Stampa e al
Consiglio interregionale dell’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise
segnalando che su “la Repubblica” del
29 novembre 1999 era stata riportata la vicenda di una tredicenne psicolabile
rimasta incinta a seguito di uno stupro con il titolo “Violentata per strada,
l’assessore del paese deciderà sull’aborto”.
Secondo
l’ANFAA il testo dell’articolo, a firma della giornalista Michela Giuffrida,
non era rispettoso della dignità e della vita privata della minore. I numerosi
riferimenti al piccolo paese di provincia (Pozzallo), alla nonna interdetta,
alla madre conosciuta da tutti con il soprannome di “Furia”, l’indicazione
della scuola frequentata, permettevano una completa identificazione della
ragazzina.
A seguito
di questa segnalazione, il Garante ha emesso in data 13 dicembre 1999 il
seguente comunicato stampa: «Nelle ultime
settimane si sono verificati alcuni casi di violenza sessuale su minori, in
relazione ai quali, in molti servizi giornalistici di stampa e televisioni, le
giovani sono state identificate personalmente o mediante inequivocabili
riferimenti che ne rendevano agevole l’identificazione.
«Un tale comportamento, come il Garante ha avuto più
volte occasione di sottolineare, non si pone in contrasto soltanto con i limiti
stabiliti dal codice di deontologia messo a punto dal Consiglio Nazionale
dell’Ordine dei giornalisti e approvato dal Garante, ma può rappresentare
innanzitutto una violazione di norme penali precedenti, poste a tutela dei
minori e delle vittime della violenza sessuale.
«Si tratta, specificamente, dell’art. 13 del codice
di procedura penale per i minorenni (D.P.R. 448 del 1988) e dell’art. 734 bis
del codice penale introdotto dalla legge 15 febbraio 1996 n. 66 sulla violenza
sessuale, norme rafforzate dalla recente legge 3 agosto 1998 n. 269 sulla
pedofilia.
«Il Garante ha, pertanto, avviato accertamenti presso
gli uffici competenti anche per verificare se i nomi adoperati per indicare le
minori siano di fantasia o corrispondano effettivamente alle minori, e fa
appello agli organi rappresentativi dei giornalisti perché si facciano
anch’essi carico del rispetto delle norme giuridiche ed etiche della
professione».
Il ministro dini si adoperI
per stroncare il mercato dei bambini
A margine
di un Convegno internazionale sull’invecchiamento della popolazione organizzato
dal C.S.I.S. (Center for strategic and international studies) a Washington, il
Ministro degli Esteri Lamberto Dini il 25 gennaio 2000 ha affermato che «per un italiano adottare un bambino è
diventato difficilissimo» aggiungendo «purtroppo
le nostre leggi impongono un vero e proprio percorso ad ostacoli» (La Stampa, 26 gennaio 2000).
L’ANFAA ha
emesso un comunicato, ripreso da La
Stampa e da Il Giornale,
segnalando quanto segue: «Il Ministro dovrebbe
anzitutto attivarsi per attuare la Convenzione de L’Aja in materia di adozione
internazionale ratificata dall’Italia con la legge n. 476/1998, ma non ancora
operativa, per rendere trasparenti e corrette le adozioni e stroncare il
mercato dei minori. Infatti il regolamento attuativo è stato emanato con un
ritardo di sei mesi rispetto ai quattro previsti e non è ancora stata insediata
la Commissione per le adozioni internazionali, che è indispensabile per
l’attuazione della Convenzione e per contrastare il “fai da te”. Con l’entrata
in vigore della Convenzione le adozioni dovranno essere realizzate attraverso
Enti autorizzati e controllati dalla suddetta Commissione. Ancora oggi i
trafficanti continuano a guadagnare indisturbati sulla pelle dei bambini senza
famiglia.
«Nel 1998 sono stati disposti dai Tribunali per i
minorenni 2.662 affidamenti preadottivi. Di questi 881 riguardavano bambini
provenienti dalla Russia, 319 dalla Bulgaria, Paesi dove non operava nessun
Ente autorizzato. Le telefonate che arrivano, anche all’ANFAA, confermano che è
in atto una folle corsa per accaparrarsi un bambino a qualunque costo, con la
complicità dei trafficanti, approfittando del fatto che questa legge non è
ancora entrata in vigore.
«Chiediamo al Ministro Dini di attivarsi affinché la
Commissione venga insediata al più presto, assumendo tutti i provvedimenti
necessari per realizzare correttamente, nell’interesse dei bambini, le adozioni
internazionali nel nostro Paese».
La corte di cassazione non ha elevato
a 50 anni la differenza massima di età
fra adottantI e adottato
Contrariamente
a quanto molti mezzi di informazione hanno scritto, con questa sentenza della
Corte di Cassazione non è stata elevata a 50 anni la differenza massima di età
fra gli adottanti e l’adottato.
La Corte
di cassazione, sezione prima civile, con sentenza n. 01366/00 dell’8/2/2000 ha
fatto riferimento a precedenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno ribadito
il principio secondo cui i giudici possono «disporre l’adozione, valutando
esclusivamente l’interesse del minore, quando l’età dei coniugi adottanti
superi di oltre quaranta anni l’età dell’adottato, pur rimanendo la differenza
di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se
dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il
minore» (sentenza n. 303/1996 e n. 283/1999).
Sul caso
specifico il Tribunale per i minorenni di Catania dovrà valutare se la
differenza di età tra gli adottanti e l’adottata «sia giustificato dalla necessità di evitare alla minore un danno grave
e non altrimenti evitabile, per effetto del mancato inserimento in quella
specifica famiglia adottiva».
Intervenendo
su questa sentenza, in un intervento pubblicato sul “Sole 24 Ore” del 21
febbraio, Donata Nova Micucci ha affermato:
«Non è marginale il rischio che le precedenti
sentenze della Corte costituzionale e quella recente della Cassazione vengano
utilizzate da quanti, non avendo i requisiti previsti dalla attuale normativa,
decidono di procurarsi comunque un bambino, per poi chiedere, anche a distanza
di anni, la “sanatoria” ai Tribunali per i minorenni.
«Alla base di questi censurabili comportamenti c’è un
concetto arretrato di adozione, vista come strumento giuridico a disposizione
degli adulti che vogliono un bambino, a tutti i costi, e non come diritto per i
minori senza famiglia.
«Per rendere trasparenti le adozioni internazionali e
per stroncare il mercato dei bambini stranieri, è indispensabile che entri
finalmente in vigore in Italia la Convenzione de L’Aja, ratificata nel 1998 ma
non ancora operativa. Infatti il regolamento attuativo è stato emanato con sei
mesi di ritardo rispetto ai quattro previsti e non è ancora stata insediata la
Commissione per le adozioni internazionali, indispensabile per attuare la
Convenzione e per contrastare il “fai da te”.
«È anche necessario richiamare l’attenzione di tutti
sul fatto che attualmente il numero delle domande di adozione presentate da
coniugi aventi i requisiti previsti dalla attuale normativa, supera di gran
lunga quella dei minori adottabili: negli anni 1993-1998 sono state presentate
112.139 domande di adozione nazionale e nello stesso periodo le adozioni
pronunciate sono state 5.054! Le adozioni di minori stranieri sono state 12.430
a fronte di 90.304 domande.
«È evidente, in base a questi dati, che non è
assolutamente necessario aumentare ulteriormente la differenza di età fra gli
adottanti e l’adottato o estendere la possibilità di adozione ai singoli e ai
conviventi come purtroppo proposto da molti parlamentari. L’estensione del
numero delle persone che potrebbero presentare domanda di adozione, servirebbe
soltanto ad aumentare in misura considerevole il numero delle coppie
insoddisfatte. Sarebbe una norma fatta per illudere la gente, il che è un comportamento
censurabile, perché significa procurare inevitabili delusioni a persone che
offrono positive disponibilità.
«Al contrario, la differenza massima di età dovrebbe
essere diminuita dagli attuali 40 anni a 35: con questa proposta non si danneggerebbe
un solo bambino italiano e straniero, in quanto tutti continuerebbero ad essere
adottati, né più né meno di quanto avviene attualmente, ma con il vantaggio di
essere accolti da genitori più giovani, il che è senz’altro a parità di
condizioni, un dato positivo.
«Riducendo la differenza massima di età, sarebbe
anche minore il numero delle domande presentate ai Tribunali per i Minorenni e
da questi smistate ai servizi sociali, rendendo in tal modo possibile
effettuare valutazioni più approfondite delle capacità educative degli
aspiranti adottanti.
«Infine, non va comunque dimenticato, che l’art. 44
della normativa in vigore prevede, nei casi in cui non vi siano coppie
disponibili all’adozione in possesso dei requisiti previsti dalla stessa legge
184/1983, la possibilità di adozione “in casi particolari” anche da parte di
singoli o di coniugi con differenza di età superiore ai 40 anni, e ciò per
evitare al minore la permanenza in una situazione di privazione di cure
affettive ed educative».
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