Prospettive assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000

 

Notiziario dell’Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale

 

 

Richieste del csa al comune di torino

 

In data 19 novembre 1999 il CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, ha inviato al Sindaco e al Vice Sindaco di Torino, al Presidente e ai Capi gruppo del Consiglio comunale, nonché agli Assessori ed ai Presidenti delle Commissioni consiliari, la seguente lettera.

Siamo lieti di constatare che lo stato di salute del bi­lancio comunale di Torino è quanto mai florido, come si può rilevare dalle spese decise in questi ultimi mesi per incrementare il settore delle arti e dell’arredo urbano:

• 6 miliardi e 782 milioni per il secondo intervento di riqualificazione di piazza Castello (“la Repubblica”, 21.4.1999);

• 7 miliardi per il restauro dell’avancorpo juvarriano di Palazzo Madama (“La Stampa”, 14.7.1999);

• 1 miliardo per il recupero del Salone delle guardie all’interno della Cavallerizza (“la Repubblica”, 21.7.1999);

• 4 miliardi per l’appalto per il museo del Cinema (“La Stampa”, 28.7.1999);

• 1 miliardo e mezzo circa per la copertura dello scavo archeologico di piazza S. Giovanni (“Informacittà”, n. 30 del 10.9.1999);

• 1 miliardo per l’ostensione della Sindone (“La Stampa”, 15.9.1999);

• 5 miliardi di contributo per gli interventi di restauro e pulizia delle facciate dei palazzi di via Po, piazza Castello e piazza Vittorio (“la Repubblica”, 24.9.1999);

• 400 milioni all’agenzia Turismo Torino per Luci d’Artista (“la Repubblica”, 12.10.1999);

• 300 milioni per la partecipazione nella società Multi Media Park per il parco multimediale nell’ex area Fert (“la Repubblica”, 24.9.1999);

• 700 milioni per la pulizia delle facciate di Palazzo degli Stemmi;

• 100 milioni per il restauro della veranda sud di Palazzo Madama (“la Repubblica”, 20.10.1999);

• 1 miliardo e 200 milioni per l’iniziativa Luci d’Artista (“la Repubblica”, 12.11.1999).

Non ultimo, il Sindaco ha ritenuto prioritario l’acquisto del Crocifisso del Giambologna per la somma di 4,2 miliardi (“La Stampa”, 12.11.1999).

Quanto sopra ci fa dedurre che nel bilancio comunale, che si va ad approvare nei prossimi giorni, sono senz’altro state inserite le risorse necessarie per:

1. dare attuazione alla mozione n. 51, approvata dal Consiglio comunale il 23 dicembre 1998, con la quale il Comune di Torino, nella persona dell’Assessore ai servizi sociali, Stefano Lepri, si impegna a realizzare i centri diurni e le comunità alloggio mancanti per gli handicappati intellettivi; 171 sono ancora ricoverati fuori Torino (si veda la ricerca di N. Negri e C. Saraceno, Il welfare municipale, mentre sono ormai quasi 6 anni che si trascina la “telenovela” della struttura di via degli Abeti 12, per aprire un centro diurno e una comunità alloggio.

2. Garantire corsi prelavorativi e di avvio al lavoro per gli handicappati intellettivi – anche dopo l’obbligo formativo – compreso se necessario il servizio di trasporto, che solo in questi ultimi mesi è stato negato dall’Assessore Paola Pozzi ad un giovane handicappato intellettivo che si era iscritto ai corsi prelavorativi, finito così in assistenza, a carico del Comune!

3. Assumere il personale educativo e domiciliare per garantire livelli minimi di assistenza. Nelle comunità alloggio per handicappati intellettivi gravi di via Sostegno, due educatori sono stati sostituiti dopo mesi e solo con trimestrali.

4. Prevedere, oltre al restauro di piazza Castello e piazza Vittorio, la ristrutturazione delle comunità alloggio e degli appartamenti destinati alle convivenze guidate per minori, giovani, handicappati e anziani, che versano in uno stato di degrado vergognoso: muri da imbiancare, suppellettili e arredi da sostituire; messa a norma delle misure di sicurezza dell’impianto elettrico (fili scoperti, scaldabagni non a norma, prese volanti...) e dei bagni in via Massena 11, dove tre giovani handicappati intellettivi hanno il bidè e il lavandino a misura di bambino! In quell’alloggio, prima di loro, c’era infatti una comunità alloggio per minori. Infine sarebbe opportuno dotare i propri servizi sociali di sedi finalmente idonee.

5. Non ricoverare i minori in istituto ed evitare che siano allontanati dalla loro famiglia d’origine solo per problemi economici e/o abitativi; rilanciare gli affidamenti familiari con il necessario supporto dei servizi sociali per deistituzionalizzare i minori già ricoverati e per ridurre i lunghi tempi di permanenza dei minori nelle comunità cittadine. Ad esempio in una comunità della Cooperativa Frassati un bambino aspetta da oltre due anni di essere affidato. Sostenere con il potenziamento degli organici e con campagne mirate gli affidamenti a rischio giuridico e le adozioni difficili di bambini già grandicelli, handicappati o malati. Non “dimettere” dalle comunità alloggio in cui sono ospiti, i giovani adolescenti giunti al 18° anno di età, se non hanno ancora un lavoro stabile e uno stipendio che permetta di vivere autonomamente e un appartamento in cui trasfe­-rirsi.

6. Assicurare livelli di vita decenti alle persone inabili e sprovviste dei mezzi necessari per vivere, che devono mangiare, vestirsi, pagare l’affitto e il riscaldamento... il tutto con 395.000 lire al mese.

7. Garantire alle persone adulte con limitata o nulla autonomia e, in particolare agli handicappati fisici motori, il servizio di aiuto personale per poter espletare le funzioni quotidiane indispensabili per condurre una vita dignitosa.

8. Provvedere con continuità ai bisogni delle persone senza fissa dimora: casa, fornitura di pasti, abiti... attivando anche le aziende sanitarie e i dipartimenti di salute mentale del territorio in modo che intervengano tempestivamente per fornire loro le cure sanitarie di cui necessitano.

Se il Sindaco deve governare come un buon padre di famiglia, vorrà sicuramente provvedere perché i suoi cittadini abbiano prima di tutto il necessario per vivere decorosamente.

Se la Città di Torino ha trovato le risorse per abbellire la Città, sicuramente non avrà difficoltà a destinare il 3% dei 48 miliardi di utili realizzati dalle Aziende municipali e il 3% dell’avanzo finale del bilancio comunale, che ammonta a 103 miliardi e 400 milioni (“Informacittà” n. 26 del 9.7.1999) per ridurre lo stato di bisogno dei suoi cittadini più deboli.

Inoltre, riteniamo che sia giunto il momento di:

• utilizzare i patrimoni e i redditi delle IPAB (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) per la destinazione per cui sono nate e cioè per assistere i poveri. Si tratta di un patrimonio che ammonta per la sola città di Torino a circa mille miliardi. Nonostante ripetuti tentativi, finora non siamo riusciti ad avere nessuna informazione utile dall’Amministrazione Comunale, che a tutt’oggi non sa o non vuole dire qual è l’ammonta-
re degli immobili, il loro utilizzo, il canone di affitto percepito, le somme devolute – come dovuto – all’assistenza.

• Smettere di gestire servizi e strutture per cronici non autosufficienti, malati psichiatrici e giovani psicotici per un importo di circa 10-15 miliardi all’anno; compito e spesa che devono essere svolti e sostenuti dalle ASL considerato che si tratta di persone malate, inguaribili, ma sempre curabili. In questo modo il Comune diventa anche complice dell’abbandono del servizio sanitario, che nega il diritto alla cura, senza limiti di durata e indipendentemente dall’età e dalla patologia, previsto dalle leggi vigenti per tutti i cittadini anche per i malati cronici non autosufficienti.

• Non dare sussidi assistenziali svincolati dalle politiche attive del lavoro.

Come sempre non è vero che mancano le risorse; manca la volontà politica di spenderle per chi più ne ha bisogno.

Vedremo, se con il prossimo bilancio, il Sindaco di Torino deciderà di fare il buon padre di famiglia e ne terremo conto per le prossime elezioni.

 

 

Il comune di torino non utilizza gli

ingenti fondi della comunità europea

 

Riportiamo il testo della lettera inviata dal CSA il 14 febbraio 2000 al Sindaco e al Vice Sindaco ed agli Assessori al lavoro ed ai servizi sociali del Comune di Torino.

Il 17 dicembre 1999, nel corso del convegno promosso dalla Provincia di Torino “Il Guado”, il rappresentante della Commissione DV5 di Bruxelles ha comunicato al pubblico presente che sono utilizzati al massimo nella misura del 30% i fondi messi a disposizione dalla Comunità europea.

Abbiamo segnalato il dato una prima volta all’Assessore ai servizi sociali nel corso dell’audizione della IV Commissione del 26 gennaio 2000, anche in relazione alla perdita di un consistente finanziamento, dovuto ad imperizia di chi ha presentato il progetto, che ha visto sfumare la realizzazione con fondi europei di un centro diurno per handicappati intellettivi in via Pi­nelli e abbiamo chiesto di assumere le iniziative necessarie per evitare il ripetersi di casi analoghi.

In quella stessa sede ci è stato altresì comunicato che il responsabile per la Città di Torino per tutti i progetti dell’Unione Europea è l’Assessore al lavoro.

Nell’incontro del 10 febbraio 2000 abbiamo appreso dallo stesso Assessore al lavoro che:

1. Il dato corrisponde al vero, ma a suo avviso non è grave che vi sia una perdita del 70 per cento di risorse, dovuta, peraltro, secondo le informazioni fornite sempre nel convegno del 17 dicembre 1999, a «incapacità di presentare progetti validi» all’Unione europea. Secondo l’Assessore al lavoro il Comune di Torino, con il suo 30 per cento di utilizzo, rientra nella media. E ciò dovrebbe bastare!

2. Il Comune di Torino non ha la possibilità di intervenire nella programmazione, che spetta alla Regione e, dunque, non può che limitarsi ad aspettare.

Sempre il 10 febbraio 2000, sul quotidiano “La Stampa” apprendiamo invece che l’europarlamentare Raffaele Costa, Consigliere comunale di Torino, si è attivato al fine di non disperdere i circa 700 miliardi che il Comune potrebbe ottenere dall’Unione europea per finanziare politiche attive del lavoro, se vi fosse il necessario interesse. In questo pacchetto, tra l’altro, dovrebbe rientrare anche il piccolo finanziamento per due progetti finalizzati all’inserimento lavorativo di giovani con handicap intellettivo, che l’Assessorato al lavoro ha già pubblicizzato nel convegno del 20 dicembre 1999, mentre nell’incontro del 10 febbraio 2000 abbiamo appreso che non esistono neppure come ipotesi di lavoro.

Ci appelliamo pertanto al Sindaco, affinché sia fatto tutto il necessario per ottenere in primo luogo i finanziamenti. In seconda istanza riteniamo doveroso, per la trasparenza amministrativa, che ci siano fornite informazioni scritte e dettagliate in merito; infine ci pare evidente che sia indispensabile rivedere la prassi finora attuata e chiediamo pertanto l’istituzione urgente di un gruppo di lavoro per analizzare gli errori e individuare le modalità operative necessarie per evitare che accadano nuovamente in futuro.

 

 

Finanziamenti della Regione Piemonte

per gli anziani malati

e per la reggia di venaria

 

Riproduciamo il volantino distribuito dal CSA e dai Comitati dei parenti ricoverati presso gli istituti “Crocetta”, “Lotteri”, “IRV”, davanti alla sede del Consiglio della Regione Piemonte l’8 febbraio 2000.

La Giunta Ghigo ha solo più 20 giorni per dimostrarci che gli anziani malati non autosufficienti contano almeno quanto la Reggia di Venaria.

Mercoledì 2 febbraio 2000 il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato per la prima volta, in cinque anni, un ordine del giorno a favore di una politica per gli anziani malati non autosufficienti, che pone le basi per migliorare significativamente le loro condizioni di vita nelle strutture in cui sono ricoverati.

Tuttavia, vi sono gravi fatti sui quali la Giunta Ghigo e l’Assessorato alla sanità non possono più rinviare le decisioni da assumere.

Chiediamo che si intervenga subito per:

1. Impedire che un pensionato paghi più di venti milioni all’Opera Pia Lotteri per colpa degli errori e delle disfunzioni dell’ASL 1, che ha impiegato ben 22 mesi a stabilire che la madre – anziana, malata cronica e non più autosufficiente – fosse finalmente valutata dall’unità valutativa geriatrica come “malata” e ottenere così il pagamento della quota sanitaria da parte dell’ASL 1; quota che intanto è stata “caricata” dall’Opera Pia Lotteri sulla retta alberghiera della ricoverata. Si ricorda che in base alla Delibera della Giunta Regionale n. 41/1995 l’UVG dell’ASL 1 doveva esprimersi al massimo entro 30 giorni!

2. Ridurre le rette alberghiere richieste agli anziani malati cronici non autosufficienti. All’Opera Pia Crocetta è stato applicato in una sola volta l’aumento del 26% passando da una quota di 60.000 lire al giorno a ben 75.500: di nuovo l’ASL 1 non ha provveduto a pagare la quota sanitaria prevista dalla delibera della Giunta Regionale e non sono stati riconosciuti neppure gli aumenti dell’Istat. Così l’Opera Pia Crocetta ha ritenuto più semplice rivalersi sui ricoverati, perché sicuramente più deboli e più semplici da intimidire. Ma nonostante l’enorme aumento delle rette le prestazioni medico-infermieristiche fornite ai ricoverati sono peggiorate; infatti sono stati inseriti i medici di base al posto del gruppo di medici interni e non c’è più la garanzia di intervento assicurata nell’arco della giornata e, soprattutto il sabato, la domenica e i giorni festivi.

È un’enorme ingiustizia considerato che i parenti – in base alle leggi vigenti – non sono neppure tenuti a versare contributi economici e accettano di impegnarsi sottoscrivendo contratti vessatori per paura che l’ente non ricoveri o dimetta il loro congiunto.

Proprio in questi giorni lo stesso Comune di Torino ha impegnato Sindaco e Assessore ai servizi sociali a non richiedere più contribuzioni ai parenti di assistiti maggiorenni. L’Assessore ai servizi sociali ci ha scritto di aver già provveduto al riguardo.

3. Approvare il documento dell’agenzia regionale della sanità che è il risultato ottenuto dopo oltre tre anni di incontri, manifestazioni, presidi, interrogazioni, audizioni e prevede finalmente che:

• gli anziani malati cronici non autosufficienti sono riconosciuti come soggetti malati e quindi di competenza della sanità;

• siano aumentate le prestazioni medico-infermieristiche e di assistenza nelle RSA, residenze sanitarie assistenziali, con la previsione della presenza del personale medico anche nei giorni di sabato e festivi;

• sia aumentata la quota a carico della sanità, considerato che sono persone gravemente malate, e sia quindi ridotta la quota a carico dei ricoverati. La nostra proposta è di una retta di L. 50.000 al giorno a partire dal 60° giorno di degenza e ci sembra già molto, perché in base alle leggi nazionali vigenti i malati non dovrebbero pagare assolutamente nulla!

Insieme agli altri duemila e più cittadini che hanno sottoscritto la nostra petizione chiediamo infine il ritiro immediato della delibera della Giunta regionale n. 70-1459 in base alla quale le case di cura convenzionate allo scadere dei 60 giorni di ricovero, predispongono le dimissioni o il trasferimento dell’ammalato, anche se il paziente non è guarito, come nel caso di un malato cronico e non autosufficiente.

In contrasto con le leggi vigenti, che stabiliscono il diritto alle cure sanitarie senza limiti di durata, con la delibera suddetta la Regione Piemonte prevede che, a partire dal 61° giorno di degenza dell’ammalato nelle case di cura convenzionate, la retta di degenza venga decurtata del 40 per cento pur in presenza delle stesse condizioni di bisogno di cura del paziente.

Per non ridurre i propri utili, le case di cura provvedono quindi a dimettere comunque i pazienti, anche se gravemente ammalati, dando luogo ad un pellegrinaggio tra una casa di cura e l’altra che termina solo con la morte dell’ammalato o con la decisione dei parenti di trasferirlo in una casa di riposo, inadeguata a prestare le cure sanitarie necessarie e per contro con l’impegno di sborsare ingenti somme.

È una sanità disumana e che non fa risparmiare la Regione: perché non si fa nulla per impedire questa sofferenza inutile? Basta con i vecchi malati trattati come pacchi. C’è più rispetto per gli animali che per gli esseri umani. Non diteci che mancano i soldi. Da Roma stanno per arrivare 2000 miliardi e una parte chiediamo che sia usata per questi cittadini.

Gli anziani ricoverati hanno pagato e pagano contributi assicurativi per avere diritto alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale e regionale. Pertanto è più che ragionevole chiedere che siano saldate dalla Regione le somme dovute dai familiari dei ricoverati dell’Opera Pia Lotteri e Crocetta. Si tratta di cifre ridicole per il bilancio sanità della Regione Piemonte, ma estremamente pesanti invece sul bilancio familiare di un pensionato!

Non accettiamo che si eseguano risparmi solo e sempre sui cittadini indifesi. Ad esempio, perché l’Assessorato alla sanità non colpisce le ASL che non applicano il prontuario farmaceutico deliberato dalla Giunta regionale nel novembre 1998 ma non ancora in vigore in molte realtà?

Ancora oggi l’ASL 1 paga circa il 50% in più per i farmaci degli anziani malati non autosufficienti ricoverati nelle strutture con le quali è convenzionata, mentre potrebbe acquistarli all’ingrosso e, come accade per gli ospedali, fornirli direttamente agli istituti di ricovero. In questo modo i ricoverati e i loro parenti sono costretti ad acquistare nelle farmacie esterne e a pagare pesanti ticket (fino a 150-200 mila lire al mese), pur avendo diritto ad ottenere gli stessi farmaci gratuitamente.

Non è questo un colossale spreco dovuto a incuria e a scarso interesse per il bene pubblico? Come può l’ASL 1 sostenere di non avere i soldi per gli istituti Lotteri e Crocetta e poi letteralmente buttare via milioni che potrebbe risparmiare?

Ci appelliamo a tutte le forze politiche del Consiglio regionale perché siano approvati i provvedimenti necessari, trovate le soluzioni tecniche e sia fatto comunque tutto il possibile perché alla fine a pagare non siano sempre e solo gli anziani malati non autosufficienti e i loro familiari.

 

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