Prospettive
assistenziali, n. 129, gennaio-marzo 2000
Consegnata al Ministro Livia Turco
una petizione sulle contribuzioni
assistenziali
In data 21 gennaio 2000 sono state inviate all’On.
Livia Turco, Ministro per la solidarietà sociale, le prime 4384 firme raccolte
dal CSA, Coordinamento sanità e assistenza, in merito alla petizione che
riportiamo integralmente:
In base al
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 221/1999, per l’accesso ai
servizi diurni e residenziali (comunità alloggio, residenze sanitarie
assistenziali, ecc.) degli handicappati con limitata o nulla autonomia e degli
anziani malati cronici non autosufficienti, i Comuni possono chiedere
contributi economici all’utente in base alle condizioni economiche dei propri
congiunti, conviventi o anche non conviventi.
Abbiamo
apprezzato la nota dei Suoi uffici del 15 ottobre 1999 prot. DAS/625/UL-607, in
base alla quale viene positivamente stabilito quanto segue:
1. le
disposizioni dei decreti 109/1998 e 221/1999 hanno esclusivamente lo scopo di
stabilire i criteri per la valutazione della condizione economica delle persone
che richiedono prestazioni sociali agevolate: inserimento in centri diurni di
soggetti con handicap e con limitata autonomia, accoglienza presso comunità
alloggio, ricoveri in istituto, frequenza asili nido e scuole materne comunali,
soggiorni di vacanza, ecc.;
2. i
suddetti decreti non possono essere utilizzati dai Comuni per pretendere
contributi economici dai congiunti, compresi i parenti tenuti agli alimenti, di
coloro che richiedono le già citate prestazioni sociali agevolate;
3. ciò
nonostante i Comuni, sulla base di una interpretazione pretestuosa dei decreti
109/1998 e 221/1999, potrebbero obbligare i parenti degli assistiti maggiorenni
al pagamento di contributi economici assumendo come riferimento il reddito
dell’intero nucleo familiare. Ad esempio, se due genitori hanno entrate
ammontanti a L. 4.800.000 mensili e il figlio handicappato ricoverato riceve fra
pensione e indennità di accompagnamento L. 1.200.000, i Comuni potrebbero
calcolare il reddito familiare complessivo in L. 6 milioni che, diviso per i 3
componenti della famiglia, farebbe risultare in L. 2 milioni la quota parte del
soggetto con handicap.
Premesso
quanto sopra, Le chiediamo, On. Ministro, di voler intervenire affinché il
decreto 221/1999 sia integrato da norme che stabiliscano in modo
incontrovertibile che devono essere presi in considerazione esclusivamente i
redditi dell’utente:
• per i servizi
di aiuto personale di cui all’art. 9 della legge 104/1992;
• per la
frequenza di centri diurni per handicappati gravi e gravissimi o per malati di
Alzheimer (esclusa l’indennità di accompagnamento);
• per
l’accoglienza in comunità alloggio e per il ricovero in istituto di
handicappati maggiorenni con limitata o nulla autonomia;
• per il
ricovero presso residenze sanitarie assistenziali, case protette, ecc. di
anziani malati cronici non autosufficienti.
Insieme alla petizione, sono state trasmesse al Ministro
le lettere di sostegno delle Associazioni operanti a livello nazionale, che
hanno aderito all’iniziativa.
Aperte a Torino altre tre rsa
gestite dalla sanità
Il CSA,
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, continua senza soste
la sua azione diretta a far riconoscere dal Ministero della sanità, dalle
Regioni e dalle ASL, Aziende sanitarie locali, che – com’è ovvio – gli anziani
colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza sono persone malate
che devono essere curate dal Servizio sanitario nazionale.
Dopo la
RSA, residenza sanitaria assistenziale, di Torino, Via Spalato, il cui
funzionamento è assicurato dall’ASL 2, il CSA è riuscito ad ottenere che le nuove
RSA di Torino, Via Tirreno, Via Plava e Via Botticelli vengano gestite dalle
ASL competenti in base alla localizzazione delle tre strutture.
Inaccettabile un villaggio
per i ragazzi in coma
Nell’articolo
“Il Paese per chi abita tra la vita e la morte”, apparso su Il Giornale del 10 dicembre 1999, viene
segnalata la creazione di un villaggio che ospiterà i ragazzi in coma.
È una di
quelle iniziative che in genere ricevono immediato consenso; d’altra parte
nessuno osa mettere in dubbio la buona fede di quella famiglia che, in memoria
del proprio figlio, vuole continuarne il ricordo attraverso quella che pensa
sia una “buona e lodevole azione”.
Purtroppo
non ci si sofferma su quelli che sono i diritti delle persone che di questa
buona azione, poi, dovranno farne le spese.
Infatti, è
facile capire che ciascuno di noi, nel caso dovesse trovarsi con un figlio in
gravi condizioni, desidererebbe due cose: poter contare su cure sanitarie
adeguate e praticate il più possibile vicino a casa. In Italia questo è previsto
dalle leggi, che però non sono applicate e rispettate da chi dovrebbe.
Dall’articolo
sembra di capire anche che i genitori di Luca sono stati in primo luogo
ingannati dai
medici con i quali sono entrati in contatto. Non è vero che per i malati in coma
non ci sia nulla da fare e che non ci siano strutture adeguate per ospitarli.
Come per tutti i malati (acuti, cronici, lungodegenti), le leggi nazionali
prevedono il diritto alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata, e
indipendentemente dal tipo di malattia; cure che devono essere fornite
all’interno degli ospedali e delle case di cura private convenzionate.
Purtroppo
la stragrande maggioranza dei cittadini, come i genitori di Luca, ignora i
diritti stabiliti dalle leggi e subisce passivamente le imposizioni delle
strutture sanitarie che si vogliono liberare dei pazienti scomodi.
In questo
panorama, cercare altri tipi di soluzione è quanto mai dannoso per i malati
coinvolti, che finiscono per non ricevere le cure di cui hanno diritto e necessità.
Invece di
posare la prima pietra di un nuovo villaggio vicino all’ospedale di Bellaria di
Bologna, bisognerebbe impegnarsi perché ogni ospedale del nostro Paese (e in primo
luogo quello di Bellaria) rispetti concretamente il diritto alle cure sanitarie,
che hanno anche le persone in coma, garantendo la loro permanenza all’interno
del settore sanitario.
Inoltre,
tenuto conto che non sono molti i casi di coma, anziché costruire strutture
apposite, è decisamente più semplice (e molto meno costoso) riservare
all’interno di ogni struttura ospedaliera un ambiente in cui i familiari
possano seguire i loro congiunti, pur nella garanzia dei necessari interventi
sanitari specialistici.
L’otto per mille alla chiesa cattolica:
un contributo prelevato
anche dai redditi dei dissenzienti
«Come mai la Chiesa cattolica introita ogni anno, con
l’otto per mille dell’IRPEF, parecchi miliardi nonostante il numero piuttosto
basso dei contribuenti che con la loro scelta espressa intendono aiutarla? Un
recente documento del Ministero delle finanze ha permesso di svelare il
mistero. Tutto dipende da una norma prevista nel Concordato tra lo Stato e il
Vaticano che, firmata dall’ex premier socialista Bettino Craxi nel 1984, non
figura nei vari modelli per la denuncia dei redditi ed è sconosciuta ai non
addetti ai lavori. Grazie a tale norma, la somma corrispondente alle
dichiarazioni non espresse (54%) viene divisa in base alle percentuali di
quelle espresse (45%).
«Ecco perché nel ’96 la Chiesa, cui soltanto il 36% dei
contribuenti ha dichiarato di voler assegnare la propria quota dell’otto per
mille, si è aggiudicata l’82,56% dell’intero monte premi, passando da 464 a
1.043 miliardi. La Chiesa evangelica valdese, l’Unione delle chiese avventiste
del 7° giorno e le Assemblee di Dio rinunciano in favore dello Stato alla
percentuale della quota loro spettante delle scelte non espresse».
(da L’incontro, n. 9, novembre 1999)
relazione della corte dei conti:
sprechi e corruzione
Nella relazione
tenuta a Roma il 17 gennaio 2000 per l’inaugurazione dell’anno giudiziario,
Vincenzo Apicella, Procuratore generale della Corte dei Conti, ha affermato che
ogni anno le pubbliche amministrazioni sperperano oltre 10.000 miliardi
pubblici attraverso sprechi e spese inutili o concorrendo a vere e proprie
truffe ai danni dello Stato. Apicella ha anche sottolineato i rischi derivanti
dalla “riduzione” del controllo di legittimità sugli atti e dalla farraginosità
dell’apparato normativo messo in crisi spesso dalla presenza di “troppe e a
volte inutili leggi”.
Dai dati
allegati alla relazione, nella quale si sottolinea che la piaga della
corruzione continua, risulta che sono 115.942 i giudizi di responsabilità
pendenti, i sequestri nel 1999 sono stati per oltre 283 miliardi, le condanne
nello stesso anno sono state per più di 111 miliardi.
Non è la
piaga di Tangentopoli a impensierire il Procuratore generale della Corte dei
Conti. «La grossa corruzione, tipo
Tangentopoli, non credo si riproduca – ha detto nella conferenza stampa
fatta al termine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario – esiste invece la media e piccola corruzione.
Le nostre Procure generali sono piene di denunce e di giudizi per queste
piccole e medie corruzioni che drogano nei lavori pubblici lo svolgimento
dell’attività dell’amministrazione».
Dito
puntato della Corte dei Conti anche contro gli sprechi nella gestione del
patrimonio immobiliare e mobiliare dello Stato: soltanto nel ’99, sono stati
persi 4.500 miliardi di risorse comunitarie, cui vanno “tranquillamente” ad
aggiungersi 10.000 miliardi di risorse “nostrane”.
Per la suora insultata
non ci sarà giustizia
Derisa e
dimenticata per ore sulla lettiga nei corridoi del Pronto Soccorso del
Policlinico di Roma, non saranno puniti i medici responsabili.
Da quanto
riferito dalla sorella due medici si sarebbero “palleggiati” la malata con
frasi del tipo: «Io non visito i
cattolici, fallo tu»; «Io le suore le visito soltanto se hanno il perizoma».
Erano presenti
due dottoresse che si sarebbero limitate a ridere per le squallide (a dir poco)
battute.
I
responsabili del Policlinico hanno sostenuto di non avere alcuna possibilità di
perseguire i colpevoli perché – cavilli incredibili – «non sono emersi riscontri oggettivi» e per il fatto che la
paziente «non ha mai presentato un
esposto alla magistratura».
È questa
la tutela della dignità delle persone malate prevista dal Policlinico di Roma?
Le offese
rientrano fra le competenze dei medici della struttura, fra l’altro pubblica?
I ritardi
ingiustificati di intervento sono ammessi?
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